CONVINCENTE ESORDIO DI DANIELE GATTI ALL'OPERNHAUS
DI ZURIGO CON ELEKTRA DI RICHARD STRAUSS

Elektra, andata in scena per la prima volta a Dresda nel 1909, segna l’inizio della collaborazione (durata vent’anni) tra Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal.
Il testo è sostanzialmente fedele alla tragedia di Sofocle dal punto di vista drammaturgico, ma la conoscenza da parte dello scrittore viennese dei testi psicanalitici (in particolare di Rohde, Breuer e Freud) ebbe un potente influsso nello scavo psicologico dei personaggi, affetti da nevrosi tremende e travolti dalla violenza barbarica delle loro passioni.
Il modello sofocleo subisce quindi una dilatazione parossistica che fa scaturire nella partitura musicale effetti sonori di una violenza fino a quel tempo inaudita, ancor più marcata che nella precedente opera di Strauss Salome (1905), su testo di Oscar Wilde.
Elektra è ridotta dalla madre Clitemnestra e dal patrigno Egisto (efferati uccisori di Agamennone, padre di Elektra) a una condizione di bestia rabbiosa fuori della reggia di Micene. Essa diviene il simbolo della vendetta, agitata da una volontà spietata e da un’indomabile energia che si placa soltanto nella sua morte dopo l’annientamento dell’odiata coppia regale per mano del fratello Oreste.
Daniele Gatti, al debutto come direttore musicale ad interim dell’Opernhaus (nella stagione 2012/2013 gli subentrerà Fabio Luisi), grazie anche a una formidabile performance dell’orchestra, ha reso limpida e leggibile in ogni sua parte l’intricata partitura, nella quale Strauss con la sovrapposizione delle dissonanze e le audaci armonie sconfina a tratti nell’atonalità, con esiti – come scrisse Otto Erhardt  – che difficilmente sarebbero stati superati in seguito dai più accesi atonalisti.
Grazie a un acuto senso del teatro, a una tensione al calor bianco nei momenti più drammatici dell’opera (pervasi da un clima allucinato e incandescente), alla sottigliezza delle sfumature, agli abbandoni melodici nei non pochi momenti lirici, Gatti ha saputo valorizzare al meglio la regia di Martin Kusej, che, pur risalendo alla stagione 2003/2004, non ha perso incisività e smalto. Raramente il degrado morale è stato reso con tanta spietata efficacia, grazie anche alle scene cupamente grigie di Rolf Glittenberg. Come pochi altri registi, Kusej riesce a trasformare le figure mitiche in creature dei nostri giorni, affini a noi e al nostro sentire.
Nel complesso di alta caratura il cast. Su tutti, Eva Johansson nel terribile ruolo di Elektra: timbro magnifico, linee vocali compatte, pianissimi e acuti sempre nitidi, fraseggio incisivo e vario…
Agnes Baltsa (Clitemnestra) compensa la lieve usura della sua voce con una presenza scenica veramente regale. Notevoli anche Emily Magee (Crisotemide), Martin Gantner (Oreste) e Rudolf Schasching (Egisto), senza dimenticare le cinque ancelle, i comprimari e il coro.
Calorosa l’accoglienza da parte del pubblico. Numerose le repliche.