Verso la fine degli anni ottanta il Franzoni probabilmente iniziò la sua sperimentazione artistica: il momento era propizio, poiché tutta la pittura lombarda stava cercando di uscire dalle secche del realismo naturalista, sempre più stanco e ripetitivo. Il rinnovamento partì dagli ambienti dell'area simbolista, in particolare dai divisionisti, tenaci assertori delle teorie coloristiche più avanzate: il Franzoni probabilmente ne venne a conoscenza, verso il 1886, nel vivace cenacolo artistico e intellettuale che si raccoglieva attorno alla baronessa Antonietta Saint Léger* sulle isole di Brissago. Si ricordano in particolare i nomi di Daniele Ranzoni, di Gaetano Previati e di Vittore Grubicy; non è facile, in assenza di documenti precisi, capire quanto pesarono queste amicizie. È certo invece che il primo ad accorgersi della ricerca di Franzoni fu il combattivo teorico del divisionismo, e vivace assertore del simbolismo, Vittore Grubicy che nel 1891 in una noticina pubblicata su di una rivista milanese scriveva:
"L'amico Locarnese, il paesista Franzoni - giovane colto e appassionato per l'arte sua - ha impresa ad adottare ed a propugnare l'uso della tavolozza basata unicamente sui tre colori fondamentali: giallo, rosso e bleu. Con questi egli si compone metodicamente i derivati e ritiene che tale tavolozza possa rispondere a tutte le esigenze del pittore. Mentre in teoria noi non saremmo alieni dall'accettare il principio di semplificazione a cui vorrebbe ricondurci il Franzonzi, riteniamo con certezza che l'uso esclusivo di tale tavolozza non sarebbe pratico pel pittore." (13)
Il mese dopo, commentando alcune opere esposte alla Permanente di Milano, ritorna sull'argomento:
''Il Franzoni ha esposto dei piccoli paesaggi, eseguiti colla semplificazione della tavolozza ai tre colori: giallo, rosso, bleu col bianco e nero di riserva. Semplifichi pure la tavolozza, l'amico Franzoni, dipinga come gli pare e gli piace ed avrà sempre ragione, purché ci metta sempre nel suo lavoro que!la bella passione, quell'entusiasmo che salta fuori cosi brillante qua e la nei suoi studietti."
L'attenzione che il Grubicy ebbe per il pittore locarnese dimostra che il Franzoni ebbe interessi comuni a quelli dei simbolisti e più in particolare dei divisionisti. Sul piano tecnico ovviamente parte delle sue teorie derivapo dallo studio delle identiche fonti scientifiche, (Chevreul e soprattutto Rood**, con la sua dimostrazione della luminosità dei colori accostati) anche se la sua ricerca, fondata sull'utilizzazione e la sapiente gradazione dei colori primari, con tutta la gamma dei complementari per ottenere il massimo di luce, porta ad esiti del tutto differenti. È differente ad esempio la stesura della materia, lavorata e impastata nel Pranzoni, a puntini o filamenti di colori puri accostati nella maggior parte dei divisionisti; o la struttura delle opere di paesaggio, impostata su piani essenziali generalmente orizzontali, tradizionali e naturalistici, e costruita unicamente sull'equilibrio delle masse colorate, mentre nei divisionisti è tipica l'onnicomprensiva e simbolica torsione curvilinea.
Molte sono tuttavia le analogie tra il pensiero del Franzoni e quello dei simbolisti, del Grubicy in particolare: entrambi ad esempio attribuivano al colore un uguale significato simbolico ed ideale, (e ciò nel solco della migliore tradizione scapigliata propagata con acutezza dal Dossi, ed iniziata dal Cremona e dal Ranzoni) ritenendolo un mezzo privilegiato per esprimere un'impressione intima e lirica di fronte alla natura, un simbolo visibile di un'armonia superiore, lo strumento utile per realizzare un giorno l'Arte Assoluta, né musica né poesia né pittura; entrambi ritenevano possibile il superamento dell'impressione diretta e brutale della realtà oggettiva attraverso segni astratti, indeterminabili a priori, in grado di liberare lo spirito, le idee interiori che costituiscono a vera percezione della realtà. Come non ricordare quanto il Franzoni dipingeva, il suo pensiero estetico, purtroppo conosciuto solo frammentariamente, rileggendo certi scritti del Grubicy?
" ...se il mio cervello è tormentato da un'idea astratta, mistica, indefinita nelle sue parti, la cui bellezza estetica - per me - risiede appunto in questa sua indeterminazione simbolica: se nel mio cervello questa idea, col cercare di incorporarsi e di manifestarsi, respinge con insistenza ogni immagine positiva che richiami alla realtà, e non trova la sua espressione se non mantenendosi in una specie di visione complessiva fluttuante, sintetica, di forme e di colori, che lascino appena intravedere il simbolismo o ideismo musicale o quasi sopraterreno del mio pensiero; perché non mi sarà permesso di tentare la ricerca di un linguaggio, d'una formula più tassativanente appropriata, invece di valermi delle solite formule, che servirebbero bensì a esprimermi secondo le consuetudini, ma non mi soddisfano, perché parmi che qualsiasi richiamo alla realta debba contrastare o distruggere la natura della immagine che io accarezzo nella mia mente? Dunque cercherò qualche mezzo che mantenga al mio pensiero il suo carattere vago, oscillante di visione o di sogno indeterminato che sintetizzi forme, linee e colore, in modo da escludere qualsiasi divagazione sui dettagli e costringa la mente de! riguardante a lasciarsi cullare dal simbolismo decorativo complessivo de!la mia idea." [Foletti, pp. 40-44]

* Questa donna intelligente e colta, dalla vita avventurosa e dai molti amori, nasce nel 1856 (incerto il luogo, forse Pietroburgo); i suoi genitori, di modeste origini, hanno accesso alla corte dello Zar. Diciassettenne, colpita da TBC, si reca per curarsi in Italia dove conosce il primo marito, un napoletano, dal quale si separa presto. Secondo matrimonio (pure in Italia) con un attempato diplomatico tedesco: l'unione è di breve durata. Terzo sposalizio (1881) ancora nella penisola, stavolta con un ricco barone irlandese, Richard de Saint-Léger. Tempo dopo i coniugi vengono ad abitare in Ticino e soggiornano anche alla famosa "Baronata", già dell'anarchico Bakunin. Poi nel 1885 essi acquistano per 21000 fr. le due isole di Brissago, dette anche "dei conigli".
Sull'isola maggiore i Saint-Léger fanno costruire una villa e iniziano a trasformare il luogo in uno splendido parco arricchito di numerose rarità botaniche. Pochi anni dopo finisce anche il terzo matrimonio: Richard torna in Italia e la baronessa rimane sull'isola, si circonda di numerosa servitù e inizia a ricevere un gran numero di ospiti, artisti, intellettuali, personalità politiche. Antonietta organizza anche convegni di fama int. e trova il tempo di compiere viaggi in diverse parti d'Europa. Poi sopravviene il declino: sparisce la sua bellezza, crescono i fastidi finanziari, accumulandosi i debiti causati dalla sua prodigalità e dalla vita turbinosa. Nel 1927 è costretta a vendere le isole all'industriale germanico Max Emden e a ritirarsi, con un unico servitore a Moscia (Ascona). Ben presto è obbligata a vendere le sue preziose suppellettili, ma non può evitare, nel 1940, lo sfratto. Allora trova rifugio nell'Asilo dei vecchi di Intragna dove muore il 24 gennaio 1948. Sepolta dapprima nel cimitero di quel villaggio, la salma della baronessa viene traslata nel 1972 in un angolo boschivo della "sua" isola.
[Silvano Pezzoli]

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Né en 1831, mort en 1902, cet américain conduisit des recherches scientifiques approfondies et fit paraître en 1879 une étude intitulée : Modern Chromatics, puis en 1881 : Student’s Textbook of Colour,ouvrage dans lequel il simplifie les théories d’Helmut van Helmotz. Reprenant les théories de James Clerk Maxwell à l'originede la mesure quantitative des couleurs ou : "colorimétrie". Ses livres exercèrent une grande influence sur les impressionnistes, et fut sans doute à l'origine des techniques utilisant "le mélange optique" de ceux qui furent comme les traitait Gauguin et Bernard avec ironie (et un peu de mépris) "Le Ripipoint" qui était personnifié selon Émile Bernard par Pissarro, mais qui pouvait aussi bien à Seurat qu'à Signac..
Ogden Rood qui mit au point le cercle de couleurs complémentaires contrastées précises. Visitant une exposition d'art moderne avec son fils, celui-ci raconte : "Nous vîmes des tableaux d'un tas de français qui se disent impressionnistes, certains d'un certain Monet, d'autres d'un type nommé Pissarro et de nombreux autre."
[Bernard Vassor]