CHRISTOPHER MARLOWE
IL DOTTOR FAUST

DRAMATIS PERSONAE

IL CORO
IL DOTTOR FAUST
WAGNER, suo famulo
VALDES, CORNELIO, amici di Faust
TRE STUDENTI
IL BUFFONE
ROBIN, stalliere
RALPH
DICK
IL PAPA
RAIMONDO DI UNGHERIA
BRUNO
DUE CARDINALI
L'ARCIVESCOVO Di REIMS
UN OSTE
MARTINO, FEDERICO, gentiluomini di corte
BENVOLIO, CARLO, imperatore di Germania
IL DUCA DI SASSONIA
UN MERCANTE DI CAVALLI
UN CARRETTIERE
UN'OSTESSA
IL DUCA DI ANHOLT
LA DUCHESSA DI ANHOLT
UN VECCHIO
ELENA
L'ANGELO BUONO
L'ANGELO CATTIVO
MEFISTOFELE
LUCIFERO
BELZEBÙ
I SETTE PECCATI MORTALI
Diavoli. Spiriti sotto varie forme. Vescovi, monaci, soldati e signori dei seguiti.


ATTO PRIMO

PROLOGO

Entra il Coro.

Coro
Non più marciando a' campi al Trasimeno
dove fu Marte coi Cartaginesi
crudeli, né scherzando in brio d'amore
nelle corti dei re, dove lo stato
è capovolto, non nel fasto d'alte
audaci azioni, ora la nostra Musa
vuol dispiegare il suo verso divino.
Solo evocar di Fausto le vicende
e tristi e liete - questo ora dobbiamo.
Mite giudizio concedete. Noi
per lui narriamo la sua fanciullezza.
Di basso ceppo è nato, nella terra
di Germania, in città chiamata Roda.
E quando gli anni maturaron, venne
a Vittemberga, poiché viva cura
in educano posero i congiunti.
E tanto egli avanzò in teologia,
quand'ebbe tutto raspollato il campo
ferace della scienza, che ben presto
ebbe concesso il nome di dottore.
Fra tutti il primo, dolce argomentava
sui punti sacri di teologia.
Fin quando, infatuato dal sapere,
salirono le sue ali di cera
oltre il limite - ed ecco le disciolsero
i Cieli, e decretarono il suo crollo.
Poiché, precipitando in demoniache
attività, e ormai sazio dei doni
aurei di scienza, con vorace voglia
tutto si volge alla magia dannata
Nulla più dolce di quell'arte crede
ch'egli antepone alla letizia estrema:
e questi è l'uomo che allo studio siede.

SCENA I

FAUST nel suo studio.

Faust
O Faust, decidi bene
gli studi tuoi, comincia a meditare
a fondo quel che tu professerai.
Se già dottore sei, sii dunque in vista
teologo, ma pure scendi al fine
ultimo d'ogni scienza, e vivi e muori
sui torni d'Aristotile. Tu sola,
tu m'hai rapito, Logica divina!
[Legge]
Bene disserere est finis logices.
Argomentare bene, è il fine estremo
di codest'arte? E non può germinare
forse, da lei, miracolo più grande?
Dunque non legger più, l'hai colto, il fine;
più grande oggetto il mio spirito chiede!
[in greco] addio! Venga più caro
Galeno, poiché è scritto:Ubi philosophus
desinit, ibi incipit medicus.
O Faust, sii dunque medico, ed ammassa
oro, raggiungi l'immortalità
per una cura tua meravigliosa!
[Legge]
Summum bonum medicinae sanitas.

Scopo estremo dell'arte è la salute
del nostro corpo? E non hai tu raggiunto
forse anche questo? Nel tuo consueto
discorso non si scoprono aforismi?
Non furon poste le tue prescrizioni
in alto come lapidi, per cui
interi borghi elusero il flagello
e mille disperate malattie
ebbero cura? E ancora, tuttavia,
tu sei soltanto Faust, soltanto un uomo!
Potessi fare gli uomini immortali,
o, quando muoion, sollevarli ancora
su alla vita, allor l'arte varrebbe!
Ancora, addio! Dov'è Giustiniano?
[Legge]
Si una eademque res legatur duobus,
alter rem, alter valorem rei etc.
Volgare esempio di meschino lascito!
Exhaereditare filium non potest pater nisi...
Ahimè, non più che questo è l'argomento
delle famose Istituzioni, il corpo
universale della legge! Un tale
studio s'addice a un sordido sgobbone
che solo miri al guscio delle cose;
per me, troppo servile e illiberale!
Tutto vagliato, il meglio
è la teologia. Qui di Girolamo
schiudo la bibbia; o Faust, medita bene:
[Legge]
Stipendium peccati mors est.
Ah!
La morte è lo stipendio del peccato.
Ah questo è duro!
Si peccasse negamus, fallimur
et nulla est in nobis veritas.

Quando diciamo: In noi non è peccato,
inganniamo noi stessi, e verità
alcuna in noi non parla. E dunque, è chiaro
che dobbiamo peccare, e in conseguenza
di ciò, morire.
Dover morire di un'eterna morte!
Come chiamare mai questa dottrina
del "Che sarà sarà", quel che dev'essere,
questo sarà? Addio, teologia!
Oh queste sovrumane arti dei maghi
e questi libri di necromanzia
sono divini: cerchi, linee, simboli,
lettere e cifre; queste son le cose
che Faust anela nel profondo cuore!
Qual mondo di progresso e di delizie,
di potere, d'onore e onnipotenza
è qui promesso all'ingegnoso mago!
Quanto si muove fra i due queti poli
l'avrò in mio pugno; re ed imperatori
solo nel chiuso cerchio dei domini
hanno potere, né potrebber mai
destare i venti, o lacerar le nubi.
Ma chi si spinge in questo, il suo potere
come l'umano spirito dilaga
ed un esperto mago è un semidio!
Qui stanca il tuo cervello,
Faust, ghermirti una divinità!
Wagner!

Entra WAGNER.

Tu va', ricordami agli amici
a me più cari, Valdes di Germania
e il buon Cornelio; caldamente prègali
che vengano a trovarmi.

Wagner
Andrò, signore. [Esce]

Faust
Il lor colloquio mi sarà d'aiuto
più grande che le mie fatiche tutte,
se pure ansassi in più veloce affanno.

Appaiono l'Angelo buono e l'Angelo cattivo.

L'Angelo buono
O Fausto! Via quel libro maledetto,
e non fissarlo più, che non seduca
l'anima tua, ti cumuli sul capo
l'ira greve d'Iddio! Ma leggi, leggi
tu le Scritture; è una bestemmia, questa!

L'Angelo cattivo
Avanti, audace in questa arte famosa,
o Faust! Qui dentro è tutto contenuto
il magico tesoro di Natura:
Sii tu nel mondo quel che Giove è in cielo,
dominatore, e re degli elementi!
[Escono]

Faust
Di quale ebbrezza quest'idea m'inonda!
Dagli spiriti avrò quel che più anelo,
sciogliere mi farò tutti i miei dubbi,
compiere quale folle impresa io brami?
In cerca d'oro li farò volare
nell'India, e della perla rifulgente
predar l'oceano, nei più ignoti canti
frugare il nuovo mondo, a ricercarmi
frutti gustosi, elette squisitezze;
leggere mi farò misteriose
dottrine, e rivelar tutti i segreti
dei re stranieri; farò sì che intorno
alla Germania gettino un immane
muro di bronzo, e pieghino il veloce
Reno a cerchiar la bella Vittemberga;
farò che tutte l'aule siano colme
di seta, e vada infine rivestito
di magnifiche vesti ogni studente.
Soldati leverò con quel denaro
che mi daranno, e dalle nostre terre
caccerò fuori il principe di Parma [1]
e solo regnerò sulle province!
E voglio ancora, pei focaci scontri
delle battaglie, macchine più strane
dell'ignea chiglia al ponte alto d'Anversa [2]
far inventare ai demoni servili!

[Chiama verso l'interno]

Entrano VALDES e CORNELIO


Venite; Valdes e Cornelio, io chiedo
letizia dalla vostra saggia voce!
O Valdes, dolce Valdes, e Cornelio,
sappiate che i consigli vostri m'hanno
vinto alla fine, a praticar magia
e l'arte degli arcani; anzi non solo
le vostre voci, ma il divino sogno
della mia mente che ogni saldo oggetto
respinge ormai, e un incessante assillo
è in me, un desìo di magico operare!
Oscura e trista è la filosofia,
giurisprudenza e medicina sono
per dei cervelli gretti, e delle tre
la più triviale è la teologia,
spregevole, noiosa, dura, vile:
la magia, è lei che m'ha rapito!
Perciò vogliate, dolci amici, in questo
tentativo aiutarmi; ed io che ho fatto
arenar con acuti sillogismi
tutti i pastori del tedesco clero,
e trassi a sciami alle mie conferenze
il più nobile fior di Vittemberga
come intorno a Museo [3], quando discese
all'Averno, venian l'ombre infernali;
tanto destro sarò come fu Agrippa [4]
mago dell'ombre che l'Europa ammira.

Valdes
Faust, questi libri, la tua mente acuta
e la nostra esperienza, muoveranno
a venerarci tutte le nazioni.
Come gl'Indiani dalla pelle bruna
ai signori spagnoli fanno omaggio,
così noi tre, quanti demòni sono
negli elementi, avremo servitori.
Come leoni ci proteggeranno
quando vorremo, o in forma d'alemanni
cavalleggeri dalle lance acute,
o di giganti di Lapponia, ai nostri
fianchi trottando; a volte, sotto forma
di donne, o di fanciulle non sposate,
le eteree ciglia infuse di bellezza
più sovrumana, che non hanno i seni
bianchi della regina dell'amore.
Da Venezia trarran le ragusee
eccelse, e il vello d'oro dall'America
che ogni anno impingua sempre più i forzieri
del vecchio re Filippo; sol che sappia,
il savio Faust, risolversi all'impresa.

Faust
O Valdes, sono tanto risoluto
come tu sei alla vita!
Non pormi dunque tale condizione!

Cornelio
I magici portenti ti faranno
far voto di studiare sol quest'arte.
Colui ch'è saldo nell'astrologia,
ricco di varie lingue, e a perfezione
conosce le virtù dei minerali,
tutti i principi tiene, che richiede
l'arte dei maghi: e dunque non temere,
Fausto, che tu sarai certo famoso;
più consultato diverrai per questo
mistero, che l'antico iddio di Delfo.
Promettono i demòni che potranno
inaridir gli oceani, e poi ghermire
i tesori dei naufraghi stranieri,
e tutte le ricchezze che celate
furono lungo i tempi dai maggiori
nelle massicce viscere del mondo;
e dimmi, Faust, di quale cosa mai
saremo allora poveri?

Faust
Di nessuna, Cornelio! E questo l'anima
mi penetra di gioia! Ora venite
e qualche prova datemi dell'arte;
ch'io possa esorcizzare
in qualche folto bosco, e avere infine
codeste gioie, in possessione piena.

Valdes
Allora, verso un bosco solitario
affrettati, e con te porta Bacone
il saggio e Alberto [Magno], il Nuovo Testamento
ed il Salterio; e di quant'altro occorre
t'informeremo noi, prima di andare.

Cornelio
Valdes, fa' prima ch'egli sappia bene
le parole dell'arte, e poi, quand'abbia
appreso tutti i riti, allora solo
la sua destrezza metterà alla prova.

Valdes
Prima t'istruirò nei rudimenti,
e poi sarai di me più destro ancora.

Faust
Venite dunque a desinare insieme!
E poi disuteremo ogni essenziale
cosa: perché, prima che dorma, questa
notte, le forze mie metterò a prova.
Stanotte io debbo esorcizzare, a prezzo
anche della mia vita! [Escono tutti]

 

SCENA II
Dinanzi alla casa di Faust. Entrano due Studenti.

Primo Studente
Vorrei sapere cos'è accaduto di Faust, che soleva far risuonare del suo "sic probo!" le nostre aule.

Entra WAGNER.

Secondo Studente
Oh, lo sapremo subito; guarda, giusto vien qui il suo famulo.

Primo Studente
Ehi, dunque, amico! Dov'è il tuo padrone? Wagner. Lo sa Iddio in cielo.

Secondo Studente
Come, tu non lo sai?

Wagner
Sì, lo so; ma questo che c'entra?

Primo Studente
Avanti, amico, lascia star le buffonate e dicci dov'è.

Wagner
Ma ciò non segue necessariamente per forza d'argomentazione, e voi che avete una licenza dovreste ammetterlo; dunque riconoscete il vostro errore, e state attenti.

Secondo Studente
Insomma, non vuoi dircelo?

Wagner
V'ingannate ancora, perché ve lo dirò; e tuttavia, se non foste degli zucconi, non m'avreste mai fatto una tale domanda. Perché non è forse egli un corpus naturale? E quest'ultimo non è mobile? Allora perché farmi una tale domanda? Se non fosse che io sono per natura flemmatico, lenta all'ira, ed incline alla lascivia (all'amore, volevo dire), avreste fatto bene a non avvicinarvi di quaranta passi a quella stanza d'esecuzione [5], sebbene non dubiti di vedervi ambedue impiccati per le prossime assise. Avendo così trionfato su di voi, assumerò le arie d'un puritano, e comincerò a parlare così: "In verità, miei cari fratelli, il mio padrone è in casa a pranzo con Valdes e Cornelio, e questo vino, se potesse parlare, ne informerebbe le vostre signorie; e così il Signore vi benedica, vi preservi, e vi conservi, fratelli miei cari, cari miei fratelli." [Esce]

Primo Studente
Ah Faust! Ed ora temo ciò che a lungo
previdi, che in quell'arte maledetta
tu sia caduto, per cui sono infami
quei due nel mondo.

Secondo Studente
Fosse pure un estraneo, a me per nulla
legato, eppure proverei dolore
per l'anima che rischia. Andiamo dunque,
informiamo il Rettore. Al suo consiglio
severo, potrà forse ravvedersi.

Primo Studente
Nulla può richiamano adesso, temo!

Secondo Studente
Ma tenteremo quel che noi possiamo.
[Escono]


SCENA III
Folto d'alberi. Entra FAUST ad evocare gli spiriti.

Faust
Ora che l'ombra fosca della notte,
cercando anela il volto d'Orïone
piovigginoso, balza su dal mondo
antartico nel cielo, e il firmamento
appanna col suo piceo respiro,
avanti, Faust, inizia i sortilegi,
vedi se a te, che tanti sacrifici,
tante preghiere hai loro dedicate,
obbediranno i demoni. Ecco il nome
di Gèova incluso in un arcano cerchio
espresso in anagramma progressivo
e regressivo; qui, abbreviati, i puri
nomi dei santi, e le figure d'ogni
aggregato [6] dei cieli; ed ecco i simboli
dell Zodiaco e delle stelle erranti
che ad apparire forzano gli spiriti.
Più non temere dunque, sii tenace,
e tenta il sommo che magia può dare!
Sint mihi dei Acherontis propitii! Valeat numen triplex Jehovae! Ignis, aeris, aquae, terrae spiritus, salvete! Orientis princeps Belzebub, inferni ardentis monarcha, et Demogorgon, propitiamus vos, ut appareat et surgat Mephistophilis!

Dall'alto scende un drago.


Quid tu moraris? Per Jehovam, Gehennam, et consecratam aquam quam nunc spargo, signumque crucis quod nunc facio, et per vota nostra, ipse nunc surgat nobis dicatus Mephistopbilis!

T'ordino di apparire in forma nuova!
Troppo sei spaventoso per servirmi;
vattene, e torna come un vecchio frate
minore; questa forma sacrosanta
ad un demonio calza a perfezione.
[Mefistofele esce]
Ah vedo, in questi miei detti divini
è una qualche virtù; chi non vorrebbe
possedere quest'arte? E com'è docile
codesto Mefistofele, ed appare
pieno d'ubbidienza e d'umiltà!
Davvero è grande la virtù dell'arte
e degli incanti miei. Eccoti dunque
laureato esorcista, se tu puoi
dettar comandi al grande Mefistofele.
Quin redis, Mephistophilis, fratris imagine!

Rientra MEFISTOFELE in veste di frate francescano.

Mefistofele
Ebbene, Faust, cosa vuoi tu ch'io faccia?

Faust
T'ordino di servirmi finch'io viva,
far tutto ciò che ti vorrò ordinare,
fosse dall'orbe suo stornar la luna,
o fare che l'oceano inghiotta il mondo.

Mefistofele
Sono soltanto un servo di Lucifero,
senza un permesso non potrei seguirti;
non più di quel ch'ei voglia noi possiamo.

Faust
Ma non t'ingiunse forse di apparirmi?

Mefistofele
No, venni qui di mio proprio volere.

Faust
Non ti chiamaron le parole magiche
ch'io dissi? Parla!

Mefistofele
Sì, questa fu la causa; e tuttavia
per accidens, soltanto. Appena udiamo
uno che strazia il tome del Signore
e abiura le scritture sacre, e Cristo
che lo redense, voliam giù! sperando
di conquistarne l'anima gloriosa;
e non verremmo s'egli non usasse
ditali mezzi, per cui corra il rischio
d'esser dannato; e quindi la più corta
strada per evocarci, è d'abiurare
la Trinità con ostinato cuore
e supplicare il principe d'inferno.

Faust
Questo è compiuto!
Ed io sostengo questo saldo assioma:
Fuori di Belzebù non v'è signore,
a Lui solo mi voto; "dannazione",
questa parola non può sbigottirmi,
ché inferno o eliso per me son tutt'uno:
il mio spirito sia coi savi? antichi!
Ma delle umane anime lasciando
le inezie vane, suvvia, dimmi invece:
Cos'è questo Lucifero, tuo capo?

Mefistofele
Archimandrita e duce degli spiriti.

Faust
Ma non fu questi, un tempo, uno degli angeli?

Mefistofele
Sì, Faust, e sommamente Dio l'amava.

Faust
Allora, perché è principe dei diavoli?

Mefistofele
Oh, per audace orgoglio ed insolenza;
e Dio lo subissò giù dalla dolce
faccia del cielo.

Faust
E voi, che a lui v'unite, che siete dunque?

Mefistofele
Spiriti infelici:
Lucifero con sé ci trasse, a Dio
Lucifero ci fé ribelli e ostili,
Lucifero ci stringe a sé, legati
in una sola, eterna dannazione.

Faust
Dove siete dannati?

Mefistofele
Nell'inferno.

Faust
E come dunque tu ne resti fuori?

Mefistofele
Ma questo è inferno, e non ne resto fuori!
Credi tu forse che io, che vidi il volto
di Dio, e gustai le gioie senza fine
del cielo, non sia sempre tormentato
da diecimila inferni, or che son privo
dell'esultanza eterna? O Fausto! Lascia
queste domande frivole, che a un tratto
sferzan d'angoscia il mio spirito affranto!

Faust
E come! dunque il grande Mefistofele
tanto angustiato, se gli furon tolte
le gioie dell'Eccelso? E impara allora
da Faust questa virile sua fermezza,
sprezza le gioie che in eterno hai perse.
Va', porta queste nuove al gran Lucifero:
poi che Faust s'è votato ad un'eterna
morte, per disperati suoi pensieri
contro di Giove, digli che abbandona
l'anima a lui, con tale condizione:
che per ventiquattr'anni io risparmi
e viva immerso in ogni voluttà;
che t'abbia pronto sempre alla mia voce,
per darmi tutto ciò ch'io ti richieda,
per dirmi tutto quello ch'io domandi,
per trucidare i miei nemici, e porgere
mano agli amici; e sempre mi si appaghi.
Va' dunque, torna al tuo grande Lucifero!
Ma vieni a mezzanotte, nel mio studio,
a dirmi quel che il tuo capo decide.

Mefistofele
Andrò, Faust.
[Esce]

Faust
Oh tante anime avessi quante stelle
vi sono, le darei per Mefistofele!
Per lui sarò potente imperatore
del mondo, e un ponte lancerò sull'onda
dell'aria tenue a valicar l'oceano
con le mie bande; i monti che recingono
il litorale d'Africa, unirò
tutti, e farò che quella terra tocchi
la Spagna, ed ambedue siano vassalle
della corona mia. L'imperatore
non avrà vita che per mia clemenza
e così ogni potente di Germania.
Ora che ho colto quanto più anelavo
su quest'arte starò in meditazione
nell'attesa che il mio Mefisto torni.
[Esce]

SCENA IV [6]

Una strada.
Entrano WAGNER ed il Buffone.

Wagner
Ehi tu, ragazzo, vien qua!

Il Buffone
Ma sentilo, "ragazzo"! Sanguediddio, "ragazzo"! Certo ne hai visti parecchi di ragazzi con un tal pizzo come questo mio; "ragazzo", sentilo!

Wagner
Dimmi, messere, hai delle entrate?

Il Buffone
Sì, ed uscite anche. Lo vedi bene.

Wagner
Ahimè, povero schiavo! Guarda come la miseria scherza nella sua nudità! Il meschino è senza lavoro, e così affamato, penso, che darebbe l'anima al diavolo per una spalla di montone, anche rossa e cruda.

Il Buffone
Come? La mia anima al diavolo per una spalla di montone, anche se fosse cruda? Un corno, amico bello. Per la Madonna, dovrei averla ben arrostita, e, sopra, una bella salsa, a pagar così caro.

Wagner
Amico, vuoi essere il mio tirapiedi e servirmi, ed allora ti farò andare come un qui mihi discipulus?

Il Buffone
Come, così in versi?

Wagner
No, canaglia, in broccato e cappuccio.
Il Buffone
Fior cappuccio? Ma questo è buono ad uccider pidocchi: allora, se vi servo, diventerò pidocchioso.

Wagner
Per questo lo sarai sempre, sia che tu accetti o no. Ed invece, o citrullo, se tu immediatamente non t'impegni con me per sette anni, io muterò tutti i pidocchi che hai addosso in spiriti familiari [7], e ti farò fare a brani.

Il Buffone
Oh signore, potete risparmiarvi la fatica, perché essi sono così familiari con me, come se ci stessero a pensione, vi giuro.

Wagner
Bene, amico, lascia i tuoi scherzi e prendi questi fiorini.

Il Buffone
Perdinci, subito, signore! E vi ringrazio anche!

Wagner
Bene, e dunque sii avvisato che in qualunque momento e dovunque ti trovi, il diavolo potrà venire ad acciuffarti.

Il Buffone
Ohé, riprenditi i tuoi fiorini, io non li tocco.

Wagner
Eh no, ormai sei ingaggiato, e subito farò venire due diavoli che ti portino via .... Banio, Belcher!

Il Buffone
Bachio! E venga Bacchio, che lo abbacchierò io. Non ho paura del diavolo.

Entrano due Diavoli, ed il Buffone corre qua e là urlando.

Wagner
Dunque, messere, vuoi servirmi adesso?

Il Buffone
Sì, sì, mio buon Wagner, ma manda via i diavoli!

Wagner
Spiriti, via! Ed ora seguimi, marrano!

[I Diavoli escono]

Il Buffone
Che, se ne sono andati? Venga loro il canchero! Hanno delle unghiacce schifose! C'era un diavolo ed una diavolessa. Vi dirò come si fa a conoscerli: tutti i diavoli hanno corna, e tutte le diavolesse zampe fesse.

Wagner
Vieni dunque.

Il Buffone
Ma dico - mi sentite? - se vi servo, m'insegnerete a far spuntare Bani e Belcheri?

Wagner
T'insegnerò a cambiarti in qualunque cosa: in un cane, in un gatto, in un sorcio, o in un ratto, o in qualunque cosa.

Il Buffone
Come, un cristiano in un cane o gatto, sorcio o ratto! No davvero, monsignore. Se dovete cambiarmi in qualche cosa, fatelo nella forma di una leggiadra e vispa pulcetta, che possa essere qua e là e in ogni dove. Oh, solleticherò il nicchio delle belle ragazze! Starò sempre lì in mezzo, in parola!

Wagner
E va bene, grullo, andiamo!

Il Buffone
Sì, ma.... mi sentite, Wagner?

Wagner
Ancora?... Banio e Belched

Il Buffone
Oh signore! Vi prego, signore, Banjo e Beicher lasciateli a cuccia.

Wagner
Tanghero, chiamami mastro Wagner, e fa' che il tuo occhio sinistro resti fisso diametralmente sul mio calcagno destro, che tu possa quasi vestigias nostras insistere.
[Esce]

Il Buffone
Misericordia, parla un gergo olandese! Ebbene, andrò con lui: lo servirò, non m'importa.
[Esce]


ATTO SECONDO

SCENA I

FAUST nel suo studio.

Faust
Ora, Faust, tu devi!
Devi essere dannato, più non puoi
salvarti. E dunque, ormai che vale questo
meditare su Dio, sul Paradiso?
Via da me queste vane fantasie,
tempo è di disperare. E tu dispera
di Dio, soltanto in Belzebù confida!
Or non indietreggiare: sii tenace,
o Faust! Perché ondeggiare irresoluto?
Ahimè, qualcosa nel mio orecchio suona:
"Abiura la magia, ritorna a Dio!"
Oh sì, di nuovo torna Faust a Dio!
A Dio? Egli non t'ama...
Il Dio che servi è il tuo proprio appetito
in cui l'amor di Satana germoglia;
a lui solleverò dunque un altare
ed una chiesa, gli offrirò del sangue
tiepido di bambini neonati.

Entrano i due Angeli.

L'Angelo cattivo
Avanti, Faust, in questa arte gloriosa!

L'Angelo buono
Oh lascia, dolce Faust, quell'arte infame.

Faust
Preghiera, contrizione, pentimento
a che valgono dunque?

L'Angelo buono
Sono mezzi
per sollevarti ancora verso il cielo.

L'Angelo cattivo
Anzi, illusioni - frutti della luna:
privan di senno chi più vi s'affida.

L'Angelo buono
Rifletti al Cielo e alle celesti dose!

L'Angelo cattivo
No, Faust! Pensa alla gloria! All'opulenza!

[Gli Angeli escono]

Faust
All'opulenza!
Ah sì, il dominio d'Embden [8] sarà mio!
E quando Mefistofele m'è accanto,
quale divinità può darmi affanno?
O Faust, tu sei sicuro: non crearti
più dubbio alcuno, ormai. Meflsto, vieni,
liete novelle portami dal grande
Lucifero; non è già mezzanotte?
Appari dunque, vieni, Mefistofele!
Veni, veni, Mephistophile!

Entra
MEFISTOFELE

Dimmi, che chiede dunque il tuo Lucifero?

Mefistofele
Che Fausto servirò mentr'egli viva,
sol che paghi con l'anima l'ingaggio.

Faust
Ma per averti l'ha già posta al rischio.

Mefistofele
Ora dovrai legarcela in solenne
forma, e col sangue tuo scrivere l'atto;
Lucifero vuol tale garanzia,
e se la neghi, tornerò in inferno.

Faust
Rimani, Mefistofele! Ma dimmi,
qual bene mai verrà per il tuo sire
da quest'anima mia?

Mefistofele
Amplia il suo regno.

Faust
E ci tenta così, per questo fine?

Mefistofele
Solamen miseris socios habuisse doloris.

Faust
Ma come, voi che torturate gli altri,
può rodervi un'angoscia?

Mefistofele
E grande, come
quella che soffre l'anima dell'uomo.
Ma dimmi, Faust, avrò l'anima tua?
Ed io sarò tuo servitore, e schiavo,
e saprò darti più che tu non abbia
acume a domandare.

Faust
Ecco, la cedo.

Mefistofele
Trafiggi allora con fermezza il braccio,
e vincola così l'anima tua
che possa reclamarla il gran Lucifero
un certo giorno, come propria. Allora
tu sarai grande al pari di Lucifero.

Faust
[si ferisce il braccio]
Guarda, Mefisto! Per amore tuo
incido questo braccio, e col mio sangue
l'anima impegno a Satana signore
supremo e re dell'ombra eterna! E vedi
come già cola dal mio braccio il sangue;
oh sia propizio a questo mio volere!

Mefistofele
Ma scrivi in forma d'una donazione.

Faust
Così farò. [Scrive] Ma vedi, ora il mio sangue
s'aggruma, non riesco a scriver oltre.

Mefistofele

Ti porterò del fuoco che lo sciolga.
[Esce]

Faust
Questo arrestarsi del mio sangue, cosa
potrebbe presagire? Esso non vuole
ch'io distenda quest'atto? Perché mai
scorrere più non vuole, sì ch'io possa
scrivere ancora? "Faust ti cede l'anima..."
Ah, già si ferma! E perché mai non devi?
Non è la tua, quest'anima? Ed allora
scrivi, di nuovo: "Faust ti cede l'anima"!

Rientra MEFISTOFELE con un braciere.

Mefistofele
Ecco del fuoco, Faust, ponilo sopra.

Faust
Così, già ricomincia a scorrer chiaro. Avrò presto finito. [Scrive]

Mefistofele [a parte]
Ah, cosa non farei per guadagnarmi l'anima sua!

Faust
Consummatum est; l'atto è compiuto,
a Lucifero l'anima ho legato.
Ma sul mio braccio, qui, che vedo scritto?
Homo, fuge! Ma dove mai fuggire?
Se a Dio, mi caccerà giù nell'inferno.
I miei sensi m'ingannano; qui nulla
è scritto... oh sì, lo vedo chiaro, è scritto:
Homo, fuge! Ma Faust non fuggirà.

Mefistofele
[a parte, poi esce]

Per lui qualcosa cercherò, a svagarlo.

Entrano Demòni che danno a FAUST corone ed un abito sontuoso. Ballano, poi tornano via.

Faust
E che vuol dire questo giuoco d'ombre?

Mefistofele
Nulla; blandisce solo la tua mente;
prova è di ciò che la magia può dare.

Faust
Potrò evocare, a mio piacere, spiriti?

Mefistofele
Sì, e far più grandi cose che non queste.

Faust
E questo dunque mille anime vale.
Eccoti, prendi questa pergamena
che lega anima e corpo in donazione:
ma dovrai compier tutti quegli articoli
che fra noi due s'è convenuto.

Mefistofele
Giuro
per l'Inferno e Lucifero che i patti
ora scambiati andranno a compimento.

Faust
Ascolta dunque me che leggo: A queste
condizioni seguenti: Primo, che Faust possa essere uno spirito in forma e sostanza.
Secondo, che Mefistofele sia servo a lui, ed ai suoi cenni.
Terzo, che Mefistofele compia per lui, o gli rechi, qualunque cosa egli mai desideri.
Quarto, che egli sia inrvisibile nella sua casa, e nella sua stanza.
Ultimo, che egli apparirà al suddetto Giovanni Faust ogni momento, in qualunque forma od aspetto egli vorrà.
Io, Giovanni Faust di Vittemberga, dottore, con quest'atto di donazione do corpo ed anima a Lucifero, Principe dell'Oriente, ed al suo ministro Mefistofele ed inoltre do loro pieno potere, quando saranno passati ventiquattro anni, e se i punti soprascritti saranno rimasti inviolati, di venir a prendere o di portare il detto Giovanni Faust, corpo ed anima, carne, sangue e beni, nella loro dimora dovunque sia. Di mia mano Giovanni Faust."

Mefistofele
E dimmi, Faust, è questo che mi dai
un atto proprio tuo?

Faust

Sì, certo, prendi, e Satana te ne dia bene.

Mefistofele
Ed ora
domanda, Faust, a me quello che brami.

Faust
Ti chiederò, dapprima, dell'inferno.
Dimmi dov'è, quel che si dice inferno?

Mefistofele
È sotto i cieli.

Faust
Oh certo, e tutto il resto anche. Ma dove?

Mefistofele
Nelle viscere giù degli elementi
dove noi siamo torturati, e dove
siamo in eterno; non ha mura Dite
e in un sol luogo non è circoscritto;
ma lì dove noi siamo è inferno, e dove
è questo inferno, dobbiamo esser sempre:
e in breve, quando il mondo andrà dissolto
nell'ora in cui ciascuna creatura
è giudicata, allora quello spazio
che non è cielo, sarà tutto inferno.

Faust
Credo che sia una favola.

Mefistofele
Sì, pensalo, finché l'esperienza
non muterà d'un tratto il tuo pensiero.

Faust
Ma credi tu che Faust sarà dannato?

Mefistofele
Sì, di necessità. Ché questo è l'atto
con cui tu cedi a Satana il respiro.

Faust
Ed anche il corpo! Ma che importa questo?
Così pazzo mi credi, da pensare
che v'è un'angoscia, dopo questa vita?
No, sono cantafavole, storielle
buone per le vecchine!

Mefistofele
Eppure io sono
proprio l'esempio a dimostrar l'opposto:
sono dannato, e nell'inferno adesso.

Faust
Oh via! Se questo è inferno, volentieri
vorrò dannarmi: e the, tu dormi, mangi
e poi cammini, e vai dottoreggiando!
Ma più di questo non parliamo! Rapido
cerca per me una moglie, la più bella
fanciulla di Germania; io sono ingordo
di lussurie, e lascivo. Non potrei
viverne senza.

Mefistofele
Ebbene, tu l'avrai
codesta moglie!
[Fa apparire una diavolessa]

Faust
E che vuol dire, questo?

Mefistofele
Ecco la moglie, Faust. La chiedi ancora?

Faust
Questa è, davvero, una baldracca in fregola!
No, non voglio più moglie.

Mefistofele
E dunque, Faust!
Il matrimonio è solo una burletta
esteriore, e se tu m'ami, ad esso
non devi più pensare. Io sceglierò
per te le più fulgenti cortigiane;
le guiderò al tuo letto ogni mattino;
colei che eleggerà la tua pupilla,
l'avrà il tuo cuore, e fosse pura come
Penelope, sapiente come Saba,
o bella come il fulgido Lucifero
prima della caduta. Ed ora prendi
questo mio libro, meditalo bene.
[Gli dà un libro]
Ripeti queste righe, ed avrai l'oro;
traccia solo quel cerchio sul terreno
ed avrai tuoni, fulmini, uragani,
e turbini; pronuncia per tre volte
queste parole nel tuo cuor devoto
ed ecco appariranno genti in arme
pronte a compire quel che tu comandi.

Faust
Grazie, Mefisto, per codesto libro
dolce. L'avrò più caro della vita.
[Escono]


SCENA II

FAUST nel suo studio, e MEFISTOFELE.

Faust
Quando contemplo i cieli, mi ravvedo
e maledico te, malvagio demone,
perché di queste gioie m'hai predato!

Mefistofele
A voler ciò, fu la tua stessa brama,
o Faust; e tu ringrazia ora te stesso.
Ma pensi tu che tanta gloria è in cielo?
Neppure a mezzo è bello come te,
come ogni uom che respira sulla terra.

Faust
E come puoi provarlo?

Mefistofele
Fu creato per l'uomo; e in conseguenza
questi sarà di tanto più eccellente.

Faust

Oh, se creato fu per l'uomo, allora
fu creato per me. Vuoi rinunciare
a codest'arte magica, e pentirmi.

Entrano i due Angeli.

L'Angelo buono
Pentiti, e ancora Dio t'avrà pietà.

L'Angelo cattivo
Demonio sei: Dio non avrà pietà.

Faust
Chi mormora all'orecchio mio, ch'io sono
un diavolo? Ma fossi pure un diavolo,
ancora Iddio può aver misericordia;
avrà pietà di me, pur che mi penta!

L'Angelo cattivo
Oh sì, ma Faust non potrà mai pentirsi.

[Escono i due Angeli]

Faust
Incallito è il mio cuore, io non potrei
pentirmi; appena nomino la fede,
la salvazione, il cielo, che un'orrenda
romba di voci nel mio orecchio echeggia:
O Faust, tu sei dannato! Allora spade,
veleni e cappii, lame avvelenate
e pistole e pugnali innanzi agli occhi
mi vedo avvicendarsi, h'io m'uccida.
E già da lungo tempo, ahimè, l'avrei
finita con me stesso, se non fosse
che il piacere dolcissimo m'acqueta
questa profonda mia disperazione.
Ma al cieco Omero non feci io cantare
per me l'amor di Paride, e la morte
di Enone? E quegli che levò le mura
di Tebe al suono estatico dell'arpa
melodiosa, non fec'io suonare
insieme a Mefistofele? Perché
dovrei morire, allora, o disperarmi
meschinamente? Io sono risoluto
e fermo: Faust non vorrà mai pentirsi.
Oh vieni, Mefistofele, di nuovo
argomentiamo, ragioniamo ancora
della divina astrologia. Tu dimmi:
vi sono molte sfere oltre la luna?
Ed i corpi celesti forman tutti
un solo globo, come la sostanza
di questa terra che vi sta nel centro?

Mefistofele
Quanti son gli elementi, e tanti i cieli
su dalla luna all'orbe ch'è più alto;
rimane ognuno incluso nelle sfere
degli altri cieli mutualmente, e insieme
così congiunti, muovono su un solo
asse; l'estremità di questo è detta
il gran polo del mondo. E dunque i nomi
di Marte o Giove, o quello di Saturno
non son fittizi: sono stelle erranti.

Faust
Ed hanno tutte lo stesso movimento,
situ et tempore?

Mefistofele
Tutte muovono da oriente ad occidente in ventiquattro ore intorno ai poli del mondo; ma differiscono nei loro moti sull'asse dello zodiaco.

Faust
Problemucci sì futili, perfino
Wagner saprebbe scioglierli. Ma forse
non ha Mefisto abilità più grande?
Chi ignora il doppio moto dei pianeti?
Che, il primo, si completa in un sol giorno;
e il secondo, così: Saturno in anni
trenta, Giove in dodici, Marte in quattro, il Sole, Venere e Mercurio in un anno; e la Luna in ventotto giorni. Queste sono storie per novellini! Ma dimmi, ha ciascuna sfera un'essenza dominante o Intelligentia?

Mefistofele
Sì.

Faust
Quanti cieli o sfere vi sono?

Mefistofele
Nove: i sette pianeti, il firmamento e il cielo supremo.

Faust
Ma non vi è un coelum igneum et cristallinum?

Mefistofele
No, Faust, queste sono cantafavole.

Faust
Bene, scioglimi allora questo solo dubbio: perché le congiunzioni, le opposizioni, gli aspetti, le ecclissi non sono regolari, ma in alcuni anni ne abbiamo di più, in altri di meno?

Mefistofele
Per inaequalem motum respectu totius.

Faust
Bene, nient'altro. Ora dimmi chi ha creato il mondo.

Mefistofele
Non lo dirò.

Faust
Via, dolce Mefistofele, dimmelo.

Mefistofele
Non m'irritare.

Faust
Schiavo, non ti sei forse impegnato a dirmi ogni cosa?
Mefistofele
Sì, che non offendesse il nostro regno.
E questa offende. Faust, tu sei dannato;
solo all'inferno tu dovrai pensare.

Faust
Ah Fausto, pensa a Dio che fece il mondo!

Mefistofele
Ricordati!
[Esce]

Faust
Sì, vattene, dannato
spirito, torna nell'inferno orrendo!
Sei stato tu che l'anima del misero
Faust hai dannata! Non è troppo tardi?

Entrano i due Angeli.

L'Angelo cattivo
Troppo tardi!

L'Angelo buono
Mai troppo tardi a ravvederti, Faust!

L'Angelo cattivo
Ti sbraneranno i diavoli, se tenti.

L'Angelo buono
Pentiti, non potranno mai sfiorarti.


[Escono]

Faust
Ah Cristo
mio Redentore, mia salute, oh vogli
salvare tu l'affranta anima mia!

Entrano LUCIFERO, BELZEBÙ e MEFISTOFELE.

Lucifero
Cristo non può salvarti, perché è giusto.
Giusto diritto io solo ho su dite.

Faust
Oh, chi sei tu che appari così orrendo?

Lucifero
Lucifero, e costui
è signore in inferno accanto a me.

Faust
Faust, a ghermirti l'anima son giunti!

Belzebù
No, siam venuti a dirti che ci offendi.

Lucifero
Contro la tua promessa invochi Cristo.

Belzebù

Tu non dovresti più pensare a Dio.

Lucifero
Pensa al demonio.

Faust
Non lo farò mai più; voi perdonatemi
solo una volta, e Faust giura che mai
volgerà l'occhio al cielo, mai vorrà
più nominare Iddio, levar preghiere;
ma brucerò le sue Scritture, e i suoi
ministri ucciderò, farò che i miei
spiriti ne distruggano le chiese.

Lucifero
Così ti mostrerai servo fedele
e avrai per questo grande ricompensa.

Belzebù
Faust, siamo venuti in persona dall'inferno a mostrarti qualche visione che ti svaghi: siedi, e vedrai apparirti i sette peccati mortali nei loro veri aspetti.

Faust
Questa visione mi sarà gradita come ad Adamo il paradiso, il primo giorno della sua creazione.

Lucifero
Non parlar di paradiso o di creazione, ma osserva o spettacolo. Va', Mefistofele, falli entrare.

Entrano i Sette Peccati Mortali.

Belzebù
Ed ora, Faust, chiedi il loro nome e la loro natura.

Faust
Ecco. Chi sei tu, il primo?

L'Orgoglio
Io sono l'Orgoglio. Sdegno d'aver genitori. Sono come la pulce d'Ovidio: posso insinuarmi in ogni secreto cantuccio d'una ragazza; a volte come una parrucca poso sulla sua fronte; poi come una collana le pendo attorno al collo; poi come un ventaglio di piume le bacio le labbra; ed infine mutandomi in una camicia ricamata faccio quel che mi piace. Ma oibò che puzza è qui! Non dirò una parola di più, se il pavimento non vien profumato e coperto d'arazzi.

Faust
Sei un'orgogliosa canaglia davvero! E chi sei tu, la seconda?

L'Avarizia
Sono l'Avarizia, generata da un vecchio spilorcio in una sacca di cuoio; e potessi ora aver ciò che voglio, questa casa, voi e tutto si cambierebbero in oro, per potervi rinserrare nel mio forziere. Ah mio dolce oro!

Faust
E chi sei tu, la terza?

L'Invidia
Io sono l'Invidia, e nacqui da uno spazzacamino e da un'ostricaia. Non so leggere, e perciò vorrei veder bruciati tutti i libri. Mi struggo a veder gli altri mangiare. Oh venisse una carestia su tutto il mondo, che tutti crepassero e restassi io sola! Allora vedresti come ingrasserei! Ma tu siedi, ed io debbo restarmene in piedi? Vien giù, maledizione!

Faust
Fuori, cagna invidiosa! Ma chi sei tu, quarta?

La Rabbia
Sono la Rabbia. Non ebbi né padre né madre; balzai fuori dalla bocca d'un leone quando non avevo ancora un'ora; e da quel momento ho corso su e giù il mondo con questo paio di spade, colpendo me stessa quando non trovavo con chi azzuffarmi. Io nacqui nell'inferno, e badate bene, perché qualcuno di voi sarà mio padre.

Faust
E chi sei tu, la quinta?

La Gola
Sono la Gola. I miei genitori sono morti, e per il diavolo non un quattrino m'hanno lasciato, tranne un misero lascito che mi permette trenta pasti al giorno e dieci spuntini... una miseria, per la mia disposizione. Oh, io discendo da un ceppo regale! Mio padre era un Prosciutto Salato, e mia madre una Botte di Claretto. I miei padrini furono Pietro Aringasaiata e Martino Carnesecca; ma la madrina, oh, fu una vecchia gentildonna. Si chiamava Margherita Birradimarzo. Ed ora che conosci tutto il mio lignaggio, Faust, m'inviterai a cena?

Faust
No.

La Gola
Allora il diavolo ti strozzi!

Faust
Strozzati tu, ghiottona! E tu la sesta, chi sei?

L'Accidia
Ahimè! Sono l'Accidia. Sono nata su una proda a solatio, dove fin da allora me ne sono stata sdraiata; e m'hai fatto gran torto a levarmi di là: e fammici portar di nuovo dalla Gola e dalla Lascivia! Aaah! [sbadiglia] Non dirò una parola di più per tutto l'oro dei mondo.

Faust
E tu chi sei, Madama Civetta, la settima ed ultima?

La Lascivia
Chi, io, signore? Sono una che preferisce un pollice di carne cruda a una canna di baccalà fritto. E il mio nome è Lascivia.

Lucifero
Via all'inferno, via! In marcia!

[Escono i Sette Peccati Mortali]

Faust
Oh, come questo mi rallegra il cuore

Lucifero
Ogni sorta di gioia è nell'inferno.

Faust
Potessi mai veder l'inferno, e poi
tornate salvo, quale gioia avrei!

Lucifero
Tu lo vedrai. Qui manderò per te
a mezzanotte. Scorri questo libro
intanto, leggi ben da cima a fondo,
e potrai tramutarti in quella forma
che più ti piacerà.

Faust
Grazie, Lucifero!
Come la vita mia lo terrò caro.

Lucifero
Ed ora, Faust, addio.

Faust
Gran Lucifero, addio! Vieni, Mefisto.

[Escono tutti da diverse parti]


SCENA III

Il cortile di un'osteria.
Entra lo stalliere ROBIN, con un libro in mano.

Robin
Oh quest'è magnifica! Qui ho rubato uno dei libri magici del dottor Faust, e, parola, voglio tirar qualche circolo per mio proprio uso [traccia circoli sul terreno]. Ora voglio far ballare dinanzi a me tutte nude le ragazze della parrocchia, e così vedrò più di quel che ho visto o sentito finora.

Entra RALPH, chiamando Robin.

Ralph
Robin, per favore, vieni di là; c'è un signore che aspetta di avere il suo cavallo, e vuole che gli si spazzoli e pulisca la sua roba; e per questo sta sbraitando in tal modo con la padrona, che ella mi ha mandato a cercarti. Ti prego, vieni.

Robin
Scostati, scostati, o salterai per aria, sarai fatto a brani, Ralph! Scostati, che ho per le mani un certo lavoro terribile.

Ralph
Ehi, che fai con quel libro? Non sai leggere!

Robin
Sì perdio, il padrone e la padrona vedranno che so leggere, egli per quanto riguarda la sua fronte, ed ella per il suo studiolo privato [9]; o la mia arte fa fiasco, o ella è nata per starmi sotto.

Ralph
Ma che libro è questo, Robin?

Robin
Che libro? Caspita! Il più intollerabile [10] libro di stregherie che fu inventato finora da un diavolo solforoso.

Ralph
E con esso puoi fare scongiuri?

Robin
Con questo, posso far come se niente fosse tutte queste cose: primo, ubriacarti d'ippocrasso [11] in qualunque osteria d'Europa, senza pagar scotto. Questa è una delle mie prodezze magiche.

Ralph
Ma il signor curato dice che questa è cosa da niente.

Robin
Vero, Ralph. Ma per di più, Ralph, se ti va a genio Annetta Schidione la nostra sguattera, allora a mezzanotte potrai rimestartela quante volte vorrai.

Ralph
Oh, magnifico, Robin! Potrò avere Annetta Schidione, e tutta per me? A questa condizione camperò il tuo diavolo a pan di segala finché vive, e senza spese.

Robin
Basta, mio caro Ralph; andiamo a pulire i nostri stivali, che guarda qua son tutti sporchi, e poi a far stregherie in nome del diavolo.
[Escono]


ATTO TERZO

PROLOGO

Entra il Coro.

Coro
Il saggio Faust
a rivelar gli arcani delle stelle
nel libro dell'eccelso firmamento
di Giove incisi, in alto si levò
a scalare la vetta dell'Olimpo;
di là, in un cocchio fulgido di fiamma
che, al giogo astrette, traggon poderose
cervici di dragoni, egli contempla
le nuvole, le stelle ed i pianeti
e le zone del tropico, e gli spazi
del cielo, giù dal cerchio luminoso
della bicorne luna alla suprema
sfera del primum mobile; e con questo
cielo rotando in vortice nel giro
concavo che descrivono i due poli,
verso occidente con veloce volo
sfrecciano i draghi, e in otto giorni soli
lo traggono di nuovo alla sua terra.
Ma breve tempo nella casa quieta
egli rimase, a riposar le sue
ossa stremate dopo la fatica,
e nuove imprese con ardore nuovo
ancora lo sospingono. Montato
sul dorso d'un dragone – l'ali aguzze
fendendo l'aria lieve – or se n'è andato
a fare saggi di cosmografia
che delinea le coste ed i reami.
E prima, credo, scenderà su Roma
ad ammirare il Papa ed i costumi
della sua corte, e un po' partecipare
alla festa solenne di San Pietro
che questo giorno viene celebrata.
[Esce]


SCENA I
Negli appartamenti privati del Papa.
Entrano FAUST e MEFISTOFELE.

Faust
Gentile Mefistofele, or che abbiamo
con gran diletto vista la città
di Treviri grandiosa, tutta cinta
da cime aeree, da rocciose mura,
da fondi specchi d'acqua per fossati,
di certo inespugnabili ad un principe
che venga per conquista; e da Parigi
poi, osteggiando il regno della Francia,
vedemmo il Meno traboccar nel Reno,
che folte ha rive di feraci vigne
e di foreste; e dopo, la Campania
felice, fino a Napoli: le case
son belle qui a vedersi, lussuose,
le strade ben diritte, e lastricate
di bei mattoni; e lì, la tomba d'oro
vedemmo di Marone il savio, e quella
strada ch'egli tagliò, lunga d'un miglio
traverso una pietrosa rupe, in una
notte soltanto; e poi, verso Orïente
a Venezia, ed a Padova; ed in una
di queste s'alza un tempio sontuoso
a minacciar le stelle con le sue
ambiziose guglie, e le strutture
d'infinite pietruzze colorate
son ricoperte, e tutta un'opra strana
d'oro è la volta. In tal modo, finora,
passai il mio tempo. Ma ora dimmi, a quale
tappa noi siamo? E non m'hai tu condotto
tra le mura di Roma, come io volli?

Mefistofele
Sì, Faust, e questo, se vuoi averne prova,
è il palazzo magnifico del Papa.
A nostro alloggio ho scelto ché non siamo
ospiti consueti – i suoi privati appartamenti.

Faust
Spero che ci accolga bene Sua Santità.

Mefistofele
Sì o no, è tutt'uno,
poiché noi non faremo cerimonie
con la sua cacciagione. Ma ad avere
solo un concetto delle grandi gioie
che Roma offre ai tuoi occhi, ora tu devi
sapere, Faust, che questa Roma sorge
su sette colli, che le fondamenta
ne reggono: e trascorre proprio in mezzo
l'onda ratta del Tevere e divide
con sinuose sponde la città.
S'inarcano su d'esse quattro ponti
superbi, ed apron facile il passaggio
verso ogni parte. E sopra uno, ch'è detto
Ponte Angelo, s'eleva poderoso
molto un castello, dove tu vedrai
d'artiglieria tal copia, che i cannoni
doppi gettati in bronzo sono tanti
quanti giorni vi sono dentro il giro
di un anno; ed alle porte è un obelisco
alto, che portò Cesare dall'Africa.

Faust
Per tutti i regni dell'inferno, e Stige
ed Acheronte, e il fiammeggiante lago
di Flegetonte, ch'arde eterno, io giuro
che già m'invade un desiderio grande
di contemplare i luoghi, i monumenti
di questa Roma fulgida. Ora vieni,
andiamo dunque!

Mefistofele
No, Faust, rimani. Tu di certo brami
vedere il Papa, e prender qualche parte
alla solenne festa di San Pietro.
Vedrai una truppa di tignosi frati
che nel ventre ripone il sommo bene.

Faust
O dolce amico, tu mi dai letizia.
Mentre ch'io sono al mondo, ch'io mi sazi
di tutto quel che inebria il cuore umano.
E questi miei ventiquattro anni, i soli
di libertà, li spenderò in piaceri,
in allegrie, perché il mio nome possa,
fin quando duri la mia viva spoglia,
stupire fin le terre più lontane.

Mefistofele
Ben detto, Faust. Ma vieni, stammi accanto,
che ben presto verranno.

Faust
No, fermati,
prima ch'io venga, dammi ciò che chiedo.
Tu sai, nel giro di otto giorni appena
vedemmo già la faccia della terra,
del cielo, e dell'inferno; e così in alto
nell'etere s'alzavano i dragoni
he, se guardavo in giù, sembrava il mondo
non più spazioso d'una mano. E poi
vedemmo i regni della terra, e tutto
quel che poteva darmi gioia, io vidi.
Ora tu in questa cerimonia, lascia
ch'io sia un attore, e questo papa gonfio
di boria, veda la perizia mia.

Mefistofele
Come tu credi, Faust. Ma prima attendi
di vedere il magnifico corteo
mentre di qui vanno passando. Dopo,
quello che credi escogita, a burlare
il Papa con tua magica bravura
e fiaccare la pompa della festa;
restino dunque i monaci e gli abati
siccome tante scimmie, e il suo triregno
come buffoni additino; i rosari
sbatacchierai sulle pelate zucche
dei frati, o affibbierai vistose corna
sulle cocuzze ai cardinali. Tutte
le burle che tu immagini, saranno
compiute, Faust. Ma vengono! Quest'oggi
ti renderà famoso in tutta Roma.

Entrano i cardinali ed i Vescovi, alcuni col pastorale, altri con le mazze, Monaci e Frati cantando litanie processionali. Infine il Papa, RAIMONDO D'UNGHERIA, e BRUNO condotto in catene.

Il Papa
Piegate al suolo il mio sgabello.

Raimondo
Sassone Bruno [12], curvati, e sul tuo
dorso incedendo il Santo Padre ascenda
di Pietro il seggio, il rango pontificio.

Bruno
Borioso Lucifero, quel grado
spetta a me solo; ma così mi prostro
dinanzi a Pietro, non dinanzi a te.

Il Papa
A Pietro e a me ti chinerai strisciando,
prostrato alla papale dignità.
Suonin le trombe, ché così sul dorso
di Bruno a questa di San Pietro sede
ascende di San Pietro il nuovo erede.
[Le trombe squillano, mentre egli sale al trono.]
Così, come con piedi di bambagia
vanno gli dei ben prima di punire
con mano ferrea i miseri mortali,
dal sonno ora si desta la vendetta
nostra, e colpisce con la morte il tuo
tentativo esecrando. Voi signori
cardinali di Padova e di Francia,
affrettatevi al sacro Concistoro,
e nelle Decretali leggerete
ciò che, per il Concilio di Trento,
riserba il sacro Sinodo a colui
che s'è assunto il potere pontificio
senza elezioni, senza il vero assenso:
andate, e riferite senza indugio.

Primo Cardinale
Andiamo, mio signore.
[Escono]

Il Papa
Sire Raimondo!

Faust
Presto, Mefistofele,
seguili al Concistoro. E mentre sfogliano
i libri loro di superstizioni,
infondi in essi subita indolenza
in un sonno accidioso; fa' che dormano
così profondo, che nei loro aspetti
possiamo tutti e due parlare al Papa,
gonfio rivale dell'Imperatore:
ad onta della loro santità
libereremo Bruno, ed in Germania
lo porteremo.

Mefistofele
Io vado, Faust.

Faust
E tutto in un baleno!
Il papa dovrà bene maledire
ch'io sia venuto, questo giorno, a Roma.
[Escono Faust e Mefistofele.]

Bruno
O papa Adriano, rendimi giustizia!
Io venni eletto dall'Imperatore.

Il Papa
E per quest'atto noi lo deporremo;
chi l'obbedisce sarà maledetto,
e tu con lui sarai scomunicato,
interdetto dal sacro privilegio
e dalla società tutta dei santi.
Troppo borioso ci cresce, nel potere
levando oltre le nubi il capo altero,
e sulla chiesa incombe come guglia
di torre: ma la sua fiera insolenza
la prostreremo giù. Come Alessandro,
nostro progenitore, pose il piede
sul collo a Federico di Germania,
ed alla nostra lode aggiunse questa
sentenza aurata: "Sugli imperatori
incederà l'erede di San Pietro
e il piede calcherà sul dorso orrendo
del serpe velenoso, e prostrerà
il drago ed il leone, e senza tema
respingerà il mortale basilisco";
così noi prostreremo l'arrogante
scismatico, e la nostra autorità
lo deporrà dal suo trono regale.

Bruno
Eppure Giulio innanzi a Sigismondo
giurò, per sé ed i suoi successori,
fede agli imperatori come ai propri
legittimi sovrani.

Il Papa
Papa Giulio abusò di nostra Chiesa,
i suoi decreti non avran valore
alcuno. E non è forse interamente
accolto in noi, il potere sulla terra?
E per ciò stesso non possiamo errare
quand'anche lo volessimo. Tu guarda
la mia cintura d'oro, ove ben fisse
stanno le sette chiavi, suggellate
con i sette sigilli, quale emblema
d'un settemplice imperio che ci viene
dal Cielo, per disciogliere e legare,
stringere stretto, dar giudizio e pena,
dissigillare o sigillare, e tutto
ciò che ci piace. E tu e lui e tutto
il mondo piegherà, o dovrà temere
della nostra scomunica tremenda,
grave come le pene dell'inferno.

Entrano FAUST e MEFISTOFELE sotto l'aspetto dei cardinali.

Mefistofele
E dimmi, Faust, non siamo ben conciati?

Faust
Certo, Mefisto. Mai non fu servito
da tali cardinali il Santo Padre
quali noi siamo. Ma mentre che dormono
là, dentro il Concistoro, salutiamo
la reverenda Sua Paternità.

Raimondo
Guarda, signore, i cardinali tornano.

Il Papa
O benvenuti, padri miei severi,
ditemi dunque, che decide il nostro
sacro concilio sull'Imperatore
e sopra Bruno, come ricompensa
del loro ultimo intrigo contro il grado
nostro, e la dignità del Santo Padre?

Faust
Tre volte sacrosanto protettore
della chiesa di Roma, per totale
pieno accordo del sinodo dei preti
e de' prelati, questo è decretato:
Bruno e l'imperatore di Germania
scismatici saranno proclamati,
lollardi [13] audaci che superbi attentano
alla pace universa della Chiesa.
E questo Bruno, se di suo consenso
senza oercizione dei signori
germanici, tentò d'imporsi il triplice
diadema, e porsi sopra il santo seggio
macchinando per voi la morte, è detto
così negli statuti: venga subito
dannato come eretico, e bruciato
a morte, sopra un rogo di fascine.

Il Papa
E questo basta. Ed ora voi prendetelo
sotto custodia vostra, conducetelo
subito al Ponte Angelo, e sia chiuso
nella più forte torre. E noi domani
sedendo in Concistoro col collegio
tutto dei nostri gravi cardinali
decideremo di sua vita o morte.
Ora prendete pure il suo triregno
e posto sia tra l'oro della Chiesa.
Di nuovo in fretta andate, miei cortesi
signori cardinali, e ricevete
l'apostolica mia benedizione.

Mefistofele
Mai diavolo così fu benedetto!

Faust
Andiamo presto, caro. Ai cardinali
per tutto questo toccherà un malanno.

[Escono Faust e Mefistofele con Bruno.]

Il Papa
Andate ora, portate un lauto pranzo
che noi possiamo celebrar la festa
di San Pietro, e col principe Raimondo
re d'Ungheria, brindare alla recente
e felice vittoria.
[Escono.]


SCENA II

Negli appartamenti del Papa.
Squilli di tromba, mentre il banchetto è portato. Poi entrano MEFISTOFELE e FAUST nel loro vero aspetto.

Mefistofele
Vieni ora, Faust, preparati alla beffa:
i sonnacchiosi cardinali stanno
per giudicare Bruno, e noi l'abbiamo
spedito via di qui; sopra un cavallo
dalla falcata audace, sì veloce
come il pensiero, ora trasvola le Alpi
verso il suolo ferace di Germania
a rivedere il mesto Imperatore.

Faust
Ed oggi il Papa dovrà maledire
la loro accidia, per la quale Bruno
e il suo triregno scivolaron via:
ed ora perché Faust possa allietare
il suo cervello, e prender qualche svago
dalla loro follia, tu dolce amico
incantami, ch'io possa andare in giro
invisibile a tutti, e possa fare
ciò che mi piace, e non mi veda alcuno.

Mefistofele
Sarai contento; subito inginocchiati:
Mentre sulla tua testa
impongo la mia mano
e t'incanto con questa
magica verga, indossa
prima questa cintura
e resterai invisibile
a quanti attorno stanno.
Ed i sette pianeti
e l'aria foscheggiante,
e l'inferno, e i forcuti
capelli delle Furie,
di Pluto il fuoco azzurro
ed Ecate triforme
con magici scongiuri
t'avvolgano, e nessuno
occhio vedere possa
ormai la tua persona.
A scorno d'ogni loro santità
fa' quel che credi, e non potran vederti.

Faust
Grazie; e badate adesso, santi frati,
ch'io non pizzichi i vostri cocuzzoli spennati.

Mefistofele
Sta' zitto, Faust, i cardinali giungono.

Entra il Papa col seguito, ed i Cardinali con un libro.

Il Papa
Benvenuti, signori cardinali;
prendete i vostri posti. Sir Raimondo
ecco, sul vostro seggio. E voi servite,
frati, e badate che sia tutto pronto
come alla nostra festa si conviene.

Primo Cardinale
Sua sacra Santità vuole anzitutto
esaminare qui la decisione
del reverendo sinodo, per Bruno
e per l'Impero?

Il Papa
A che varrebbe?
Non già vi dissi forse, che domani
presiederemo il concistoro, e lì
stabiliremo la sua punizione?
Or non è molto qui siete venuti
a dirmi come fosse stabilito
che Bruno e il maledetto Imperatore
siano dannati dal concilio santo
come lollardi odiosi, come vili
scismatici: e perché vorreste dunque
che esaminassi ancora questo libro?

Primo Cardinale
Vostra Grazia s'inganna. Non ci ha dato affatto tale incarico.

Raimondo
Non lo negate! Qui testimoniamo
tutti, che Bruno vi fu consegnato
or ora, con la sua tripla corona
perché fosse al sicuro, ben serbata
nel tesoro apostolico.

I due Cardinali
Per il sacrato Paolo, e chi li ha visti?

Il Papa
Sì, per san Pietro! Vi farò la pelle
se non lo porterete in un baleno:
buttateli in prigione, caricateli
di ceppi! Falsi preti, per codesto
odioso tradimento, sia dannata
l'anima vostra alle miserie eterne.

[Escono persone del seguito con i due Cardinali.]

Faust
Eccoli a posto; ed ora, alla spanciata!
Mai ebbe il Papa sì gaia brigata.

Il Papa
Signore mio arcivescovo di Reims
sedete qui con noi.

L'Arcivescovo
Ringrazio, Padre.

Faust
Mangia, ti strozzi il diavolo se schivi

Il Papa
Come? Chi aria? Occhio all'intorno, frati!

Un Frate
Creda, Sua Grazia, qui non v'è nessuno.

Il Papa
Signor Raimondo, servitevi dunque.
A monsignore di Milano io debbo
questo raro presente.

Faust
Ed io ringrazio!
[Afferra il piatto.]

Il Papa
Oh che succede? Chi mi arraffa il pranzo?
Canaglie, perché dunque non parlate?
Mio buon sire Arcivescovo, ecco un piatto
assai goloso, che mi fu mandato
da un cardinale in Francia.

Faust
E acchiappo anch'esso!
[Afferra il piatto.]

Il Papa
Ma quali traditori
mi servono, ch'io debba sopportare
di tali insulti? Datemi del vino.

Faust
Sì, ve ne prego, sono tutto a secco.

Il Papa
Messer Raimondo, brindo alla salute.

Faust
Ed io ricambio a vostra signoria!
[Afferra il calice.]

Il Papa
Anche il vino è sparito? Ma guardate,
tangheri, ritrovatemi quest'uomo
che mi fa tale offesa! O per la nostra
sacra persona, morirete tutti.
Vi prego, miei signori, conservate
pazienza in questo pranzo maledetto.

Un Arcivescovo
Se Vostra Grazia mi permette, io penso
si tratti qui di un'anima sfuggita
dal Purgatorio, e viene a domandare
il perdono da Voi.

Il Papa
Può esser vero.
Andate dunque, comandate ai preti
d'intonare l'ufficio dei defunti.
Che cerchin d'acquietare la violenza
di quei noioso spirito.
[Uno del seguito esce.]
Ed ancora una volta, servitevi, signore.
[Si fa il segno di croce.]


Faust
E come! Ogni boccone
sarà dunque condito da una croce?
No certo, prendi questo!
[Dà un colpo al Papa.]

Il Papa
Ah sono ucciso! Aiuto, miei signori
venite ad aiutarmi, trascinate
fuori di qui il mio corpo! E maledetta
sempre per questo sia l'anima tua!

[Escono il Papa ed il seguito.]

Mefistofele
Ed ora, Faust, che fare? perché, credi ai mieidetti,
con cero, libro e squilla saremo maledetti.

Faust
Cero, libro e campana, – campana, libro e cero, –
su e giù, per dannar Faust dentro l'inferno nero.

Entrano i Frati con campana, libro e candela per l'ufficio dei defunti.

Primo Frate
Venite, fratelli, attendiamo al nostro dovere con buona devozione.
[Cantano in questo modo:]
Maledetto colui che rubò a sua Santità il pranzo dalla tavola! Maledicat Dominus!
Maledetto colui che dette a sua Santità un ceffone sulla faccia! Maledicat Dominus!
Maledetto colui che affibbiò a Frate Sandelo una botta sulla zucca! Maledicat Dominus!
Maledetto colui che disturba la nostra sacra litania! Maledicat Dominus!
Maledetto colui che arraffò il vino di sua Santità! Maledicat Dominus! Et omnes sancti! Amen!

[Mefistofele e Faust bastonano i Frati, gettan mortaletti a loro, ed escono.]


SCENA III

Una strada, vicino ad un'osteria.
Entrano ROBIN e DICK, con un coppa.


Dick
Per la miseria, Robin, faremmo meglio a vedere se il tuo diavolo può accollarsi l'affare di questa coppa rubata, perché lo sguattero dell'oste l'abbiamo alle calcagna.

Robin
Non pensarci! Fallo venite; se ci segue lo stregherò come mai fu stregato in vita sua, in parola. Fammi vedere la coppa.

Entra l'Oste.

Dick
È qui. Eccolo che arriva! Ora, Robin, ora o mai mostra la tua arte.

L'Oste
Oh, siete qua? Sono contento d'avervi trovati, siete un bel paio di compari. Per favore, dov'è la coppa che avete rubata alla taverna?

Robin
Come, come? Noi rubare una coppa? Bada a quello che dici! Noi non abbiamo l'aspetto di ladri di coppe, te lo assicuro.

L'Oste
Non negate. Tanto so che l'avete addosso e vi frugherò.

Robin
Frugarmi? Certo, tutto ciò che vuoi! [A parte a Dick] Acchiappala, Dick. Vieni, vieni, frugami, frugami pure!

[L'Oste lo perquisisce.]

L'Oste
[a Dick] Sotto tu, amico, fatti frugare anche tu ora!

Dick
Sì, sì, fai pure! Chiappa la coppa, Robin! Non temo la tua perquisizione, io; ce ne infischiamo delle tue coppe, sta' certo.
[L'Oste lo perquisisce.]

L'Oste
Eh, non fate gli spacconi con me, perché son certo che la coppa è fra voi due.

Robin
No, ora mentisci, è fuori portata.

L'Oste
Peste a voi! Sono certo che fu la vostra furfanteria a rubarla; andiamo, tiratela fuori.


SCENA III

Robin
Ma sentilo! E quando? Puoi dirlo? Dick, fammi un cerchio e stammi stretto dietro, e non ti muovere per la tua pelle. Oste, avrai subito la tua coppa. Chiudi il becco, Dick. [Legge] O per se, o Demogorgon, Belcher e Mefistofele!

Appare MEFISTOFELE.

Mefistofele
Voi principi del regno dell'inferno,
come son molestato dagli incanti
di queste due canaglie! M'hanno tratto
qui da Costantinopoli! E soltanto
pel gusto di due tangheri dannati.
[L'Oste esce.]

Robin
Per la Vergine, messere, avete fatto davvero un viaggio da romper l'ossa. Volete prendere per cena una spalla di montone, e qualche quattrino in scarsella, e tornarvene?

Dick
Sì, sì, ve ne prego con tutto il cuore, messere, perché in realtà v'abbiamo chiamato solo per burla.

Mefistofele
Ad espiare l'atto temerario
e maledetto, sii tu trasformato
per primo in una forma disgustosa,
per gli, atti tuoi scimmieschi, in una scimmia.

Robin
Benone! Una scimmia! Vi prego, signore, lasciatemelo portare in giro a mostrar qualche giochetto.

Mefistofele
E lo potrai: sii tu mutato in cane
e portalo sul dorso; andate, via!

Robin
Un cane! Magnifico! e le sguattere guardino bene le minestre, perché ora mi caccerò subito in cucina. Vieni, Dick, vieni.
[Escono i due Zanni.]

Mefistofele
Ora con le fiamme dell'eterno fuoco mi farò ali e volerò veloce, dritto verso il mio Faust, alla corte del Gran Turco.
[Esce.]


ATTO QUARTO

PROLOGO

Entra il Coro.

Coro
Quand'ebbe Faust, con suo grande diletto,
visto le rarità più insigni, l'alte
corti dei re, trattenne il suo vagare;
così fece ritorno alla sua casa.
E quelli che di sua vita lontana
avean dolore, e voglio dire i cari
amici, i suoi compagni più vicini,
gioivano con voci affettuose
del suo ritorno; e nel chiedere e udire
quant'era occorso nel suo viaggio strano
per la terra e per l'etere, chiedevano
molte ardue cose dell'astrologia,
che Faust chiariva con acume dotto,
sì ch'ebbero rispetto del suo senno
e meraviglia. Ed ora la sua fama
vasta s'espande per ciascuna terra.
E tra quei che l'ammirano, è pur Carlo
quinto, l'Imperatore. Al suo palazzo
ora i nobili accolgono il gran mago.
E quel che fece lì, sperimentando
con l'arte sua, non voglio dire; i vostri
occhi rappresentato lo vedranno.


SCENA I

Una sala nella Corte dell'Imperatore ad Innsbruck. Entrano da parti diverse MARTINO e FEDERICO.

Martino
Olà, ufficiali, gentiluomini!
Presto alla sala di ricevimento
pronti al servizio dell'Imperatore.
Buon Federico, cura che le sale
siano subito libere. Al salone
viene Sua Maestà. Vai dentro dunque
e vedi che sia pronto il trono augusto.

Federico
Ma dov'è Bruno il nostro papa, il quale
venne da Roma in groppa ad una furia?
Non sarà dunque con l'imperatore?

Martino
Oh certo, e con lui viene il dotto Faust,
il mago di Germania, meraviglia
di Vittemberga e della terra intera
per l'arte di magia. Ed egli intende,
dinanzi a Carlo, di evocar la serie
di tutti i forti suoi progenitori;
di far venire innanzi a Sua Maestà
l'ombre regali e le guerresche immagini
di Alessandro e la sua leggiadra amante.

Federico
Dov'è Benvolio?

Martino
Ronfa a meraviglia,
ve l'assicuro. S'è sborniato in pieno
col vin del Reno, a furia di boccali,
la notte scorsa per brindare a Bruno
così amorevolmente
che per tutt'oggi resterà nel letto
il dormiglione!

Federico
Oli, guarda guarda,
s'apre la sua finestra. Diamogli una voce.

Martino
Olà, Benvolio!

Appare BENVOLIO alla finestra, in berretta da notte, abbottonandosi i panni.

Benvolio
Che demonio avete?

Martino
Parla piano, messere, che il demonio
davvero non ti senta; ché alla corte
appena adesso è giunto Faust, e mille
Furie stan pronte ai suoi calcagni, a fare
quel che al dottore piacerà di più.

Benvolio
E a me, che importa?

Martino
Ma vieni dunque, lascia quella stanza;
vedrai quel mago far sì strane cose
dinanzi al Papa ed all'Imperatore,
come in Germania non s'è mai veduto.

Benvolio
Non ha abbastanza il Papa di magia?
Era poc'anzi in groppa ad un demonio;
e se tanto l'ha preso a benvolere
perché, con lui, non va di nuovo a Roma?

Federico
A vederti lo svago, di', verrai?

Benvolio
No certo.

Martino
Rimarrai tu costassù
alla finestra,  ad occhieggiar dall'alto?

Benvolio
Sì, se non m'addormento nell'attesa.

Martino
Viene l'Imperatore ad ammirare
le strane cose che magia può fare.

Benvolio
Bene, andate voi a riceverlo: per stavolta mi contento di cacciar la testa fuori da una finestra; perché si dice che se un uomo è brillo durante la notte, nessun diavolo può fargli danno la mattina. E se ciò è vero, posseggo nella zucca un incanto che saprà farlo filar così bene, v'assicuro, come lo stesso stregone.
[Escono Federico e Martino.]


SCENA II

Sala del trono alla Corte.
Squilli di trombe. Entrano CARLO imperatore di Germania, BRUNO, il DUCA DI SASSONIA, FAUST, MEFISTOFELE, FEDERICO, MARTINO e persone del seguito.

L'imperatore
Mago famoso, meraviglia umana,
sapientissimo Faust, sii benvenuto
in questa corte. La tua grande impresa
di scioglier Bruno dal suo dichiarato
nemico, e nostro, rende più sublime
la tua magia, che se potessi avere
con poderose formule incantate
ai tuoi comandi docile la terra.
Di Carlo sii per sempre il prediletto.
E se quel Bruno che ora hai riscattato
un giorno in pace porterà la tiara
e siederà sul seggio di San Pietro
contro la sua disdetta, e tu sarai
famoso per l'Italia intera, colmo
d'onore nella corte di Germania.

Faust
Carlo sovrano, queste
gentili tue parole piegheranno
il povero dottore, fino al limite
delle sue forze, ad onorarti e amarti;
ai piedi del divino Bruno io pongo
questa mia vita. Ed ora, a darne prova,
se piace a Vostra Grazia, ecco il dottore
è pronto a dispiegare, con la forza
dell'arte, gli incantesimi dei maghi:
e giungeranno a penetrar le porte
d'ebano dell'inferno, tra le fiamme
eterne, dai loro antri scuoteranno
le implacabili Furie, ad eseguire
quel che la Grazia Vostra mi richiede.

Benvolio
[dalla finestra]
Sangue d'un cane, che roba terribile! Ma, pesta e ripesta, gli credo poco: egli sembra un mago come il Papa un fruttivendolo.

L'imperatore
O dottor Faust, seguimi attento, allora.
Più d'una volta, mentre nel mio studio
io me ne stavo, e intorno era silenzio,
sentii levarsi in me tanti pensieri
di gloria, dei maggiori miei lontani,
com'essi un tempo vinser tante imprese
con il valore, e tante mai ricchezze
raccolsero, piegaron tanti regni,
che noi che li seguiamo, e quei che un giorno
avranno, dopo noi, questo potere,
non giungeremo mai, temo, a quel grado
di fama eccelsa, di dominio immenso;
ed Alessandro il grande è tra quei re,
la meraviglia della possa umana;
delle sue glorie la splendente luce
riflette i raggi a folgorare il mondo,
sì che, se pure solo il nome io sento
di lui, d'un tratto l'anima mi duole
perché mai non lo vidi. Se tu dunque,
se tu potessi, per virtù dell'arte
evocare quest'uomo dalle cupe
volte sotterra, ove intombato giace,
quel duce glorioso! e insieme a lui
evocare l'amante sua leggiadra,
e l'uno e l'altra nelle forme vere
coi loro gesti, nelle vesti loro
che indossarono quando erano in vita,
oh allora avresti tu appagato il giusto
mio desiderio; e m'avrai dato eterno
motivo di esaltarti mentre io vivo.

Faust
Vostra Maestà potrà vederli subito. Fuori, mio Mefistofele. Al suono solenne delle trombe guida dinanzi all'Imperatore il grande Alessandro e la sua bella amante.

Mefistofele
Vado.

Benvolio
E va bene, messer dottore, se i vostri diavoli non vengono fuori in fretta, mi troverete ben addormentato. Perdio! Mi mangerei di rabbia, a pensare che sono stato finora un tal somaro, da stare a sbadigliare dinanzi al procuratore del diavolo senza veder niente.

Faust
Ti farò presto sentire qualcosa, se la mia arte non mi tradisce. Signore, debbo avvertire Vostra Altezza che quando i miei spiriti evocheranno le ombre regali di Alessandro e di colei che fu sua amante, Vostra Grazia non rivolga al Re alcuna domanda. Che in silenzio vengano e si dileguino.

L'imperatore
Sia come a Faust piace. Non chiedo di più.

Benvolio
Sì, sì, ed io pure; tu porta Alessandro e la sua amante dinanzi all'Imperatore, ed io sarò Atteone e mi farò cervo.

Faust
Ed io sarò Diana, e subito ti appiopperò le corna.

Squilli di trombe. Entrano da un lato l'IMPERATORE ALESSANDRO, dall'altra DARIO. S'incontrano, Dario è rovesciato, Alessandro lo uccide; ghermisce la sua corona, e fa l'atto di allontanarsi; la sua amante gli viene incontro, egli l'abbraccia, e pone sul capo di lei la corona di Dario; e tornando indietro, ambedue salutano l'imperatore, che scendendo dal suo trono vorrebbe abbracciarli. E FAUST vedendolo subito lo trattiene. Allora cessa il suono delle trombe, e s'ode una melodia.

Faust
Voi vi smarrite, mio grazioso Sire.
Questi non son che Ombre, e non sostanze.

L'imperatore
Oh, perdonami, Faust, i miei pensieri
sono tanto ebbri del glorioso, aspetto
del Re, che in queste braccia avrei voluto
serrarlo. Ma se non mi è dato, Faust,
parlare loro, a soddisfare in pieno
i miei pensieri desiosi, lascia
che ti domandi: ho udito che la bella
donna, mentre viveva sulla terra,
sul collo aveva un neo minuto, od una
macchia. Come vedrò se questo è vero?

Faust
Vostra Maestà può andar franco, e vedere.

L'imperatore
Ecco, lo vedo bene. E in tale vista tanto mi rallegri quasi avessi acquistato un altro regno.

Faust
Andate dunque!
[Le ombre svaniscono.]
O guarda, guarda, Sire, quale mai bestia è questa
strana, che sporge il muso fuori dalla finestra?

L'imperatore
Che immagine bislacca! Voi, duca di Sassonia,
guardate lì, due corna rameggianti
fitte in modo stranissimo sul capo
del giovane Benvolio!

Il Duca
Ma come, è morto, o dorme?

Faust
Dorme, sì, ma non sogna le sue corna.

L'imperatore
Questa è burla perfetta! Ed ora noi
lo chiameremo, lo ridesteremo.
Olà, Benvolio!

Benvolio
Il canchero vi prenda!
Lasciatemi dormire ancora un poco.

L'imperatore
Anzi, non so davvero biasimarti se dormi molto, con una tale zucca.

Il Duca
Benvolio, su! L'Imperatore chiama.

Benvolio
L'Imperatore? Dove? Oh Cristo, la mia testa!

L'imperatore
Lascia stare, se le tue corna reggono, non c'è da temere per la tua testa, è difesa a sufficienza.

Faust
Come! Che succede, ser cavaliere, come, appeso per le corna? Questo è tremendo! Ma via, ma dunque, tirate almeno dentro la vostra testa, non fate che tutta la terra vi ammiri!

Benvolio
Per Cristo, dottore, questa è una vostra canagliata?

Faust
Oh, non dite così, sere! Il dottore
non ha talento, abilità, dottrina
per presentare a questi gentiluomini
e per guidare innanzi al grande Carlo
il re Alessandro, forte e bellicoso.
Se Faust lo compie, e voi siete ben fermo
a divenire intrepido Atteone
sotto forma di cervo. E dunque, sere,
se a Vostra Maestà torna gradito,
evocherò una muta di segugi
a braccarlo in tal modo, che l'intero
suo vallettame assai difficilmente
potrà scampare dalle loro zanne
sanguinolenti questa sua carcassa.
Oh Belimòte, Argìron, Astaròtte!

Benvolio
Ferma, fermati! Cristo, evocherà sul momento una caterva di demonii! O mio buon signore, intercedi! Sanguediddio, non posso più sopportare questi tormenti!

L'imperatore
Via, mio buon dottore, lasciate ch'io vi preghi di ritogliere quelle sue corna. Egli ha scontato il suo castigo in modo sufficiente.

Faust
Mio grazioso Signore, non tanto per l'offesa fatta a me, quanto per allietare Vostra Maestà con qualche burla, ho voluto rendere pan per focaccia a questo insolente cavaliere. Questo solo desideravo, e sono ben disposto a far sparire le sue corna. Mefistofele, muta il suo aspetto.
[Mefistofele fa sparire le corna] Ed ora, mio buon signore, che ho compiuto il mio dovere, umilmente prendo commiato.

L'imperatore
Siate felice, dunque, dottore. Ma prima di partire, siate certo, avrete una generosa ricompensa.

[Escono l'imperatore, i cavalieri ed il seguito.]

Faust
Ora, Mefisto, l'incessante corsa
del tempo, che fuggendo col suo piede
calmo e silente, accorcia i giorni e il filo
della mia vita, vuol pagati gli anni
ultimi; e dunque, dolce amico, ancora
affrettiamoci verso Vittemberga.

Mefistofele
E vuoi tu andare a piedi, od a cavallo?

Faust
[indicando il verziere]
Oh no, fin quando abbia passato:
quel dolce prato gaio, me ne andrò
camminando sul verde.
[Escono]


SCENA III

Dinanzi all'ingresso della casa di Faust.
Entrano FAUST ed un Mercante di cavalli.


Il Mercante
Vi scongiuro, Vossignoria, accettate questi quaranta dollari.

Faust
Amico, tu non puoi comprare un cavallo così buono per un prezzo tanto basso. Io non ho gran bisogno di venderlo, ma se ti piace, per altri dieci dollari in più puoi prenderlo, perché vedo che l'hai proprio a cuore.

Il Mercante
Vi scongiuro, signore, accettate questi. Io sono un poveraccio, ed ultimamente ho perduto molto coi cavalli, e questo affare mi rimetterà in sesto di nuovo.

Faust
Bene, non voglio mercanteggiare con te, dammi il denaro. Ora, compare, debbo dirti che tu puoi condurlo su siepi e fossati senza risparmiarlo. Ma – mi senti? – in nessun caso non lo portare all'acqua.

Il Mercante
Come, messere, non all'acqua? Non avrà dunque mantello ad ogni acqua? [14]

Faust
Sì, l'avrà, ma non spingerlo nell'acqua; sovra fossati e siepi o dove tu vuoi, ma non all'acqua. Va', di' allo stalliere di consegnartelo, e ricorda quel che ti ho detto.

Il Mercante
State sicuro, signore. O giorno felice, ora sono un uomo a posto per sempre!
[Esce.]

Faust
Che sei tu dunque, Faust, se non un uomo
condannato a morire? Ed ecco il tempo
che t'è concesso trae verso la fine.
Nei miei pensieri germina l'angoscia
dalla disperazione! E tu annega
queste tue pene in un placido sonno.
Storie! Cristo chiamava a sé il ladrone
sopra la crdce; e dunque, Faust, riposa,
acquieta i tuoi pensieri!
[Si adagia per dormire.]

Rientra il Mercante di cavalli, tutto inzuppato.

Il Mercante
Oh, che dottore furfante era questo? Stavo spingendo il mio cavallo nell'acqua, perché pensavo che ci fosse entro qualche mistero, e d'un tratto non mi resta sotto che in mucchietto di paglia, e quasi quasi annegavo. Sì, ma ora vado a svegliarlo, e mi faccio restituire i miei quaranta dollari. Ehi, tanghero dottore, ciarlatano rognoso! Messer dottore, svegliati ed alzati, e rendimi il mio denaro, che il tuo cavallo s'è cambiato in un fascio di fieno, messer dottore! [Afferra Faust per una gamba, e questa si stacca] Ahimè, sono perduto! Che farò ora? Gli ho strappata una gamba!

Faust
Aiuto, aiuto! Il furfante mi ha assassinato!

Il Mercante
Assassinato o no, ora che ha una gamba sola correrò più presto di lui, e andrò a buttare questa in un fossato o dove sarà. 
[Scappa via.]

Faust
Fermatelo, fermatelo, fermatelo!... Ah! Ah! Ah! ho di nuovo la mia gamba, e il mercante un fascio di fieno per quaranta dollari!

Entra WAGNER.

Oh guarda, Wagner, che notizie porti?

Wagner
Se non vi spiace, il duca di Anholt richiede insistente la vostra presenza, ed ha mandato alcuni suoi uomini a fornirvi di provviste per il viaggio.

Faust
Il duca di Anholt è un nobile signore, uno col quale non debbo essere avaro delle mie abilità. Andiamo!
[Escono.]


SCENA IV

Un'osteria.
Entrano ROBIN, DICK, il Mercante di cavalli, un Carrettiere.

Il Carrettiere
Venite, sgnori miei, vi condurrò alla migliore birra d'Europa. Eilà ostessa! Ma dove sono queste puttane?

Entra l'Ostessa.

L'Ostessa
Che c'è? Che vi manca? Oh benvenuti, miei vecchi clienti!

Robin
Perdinci, Dick, lo sai perché me ne sto così mutolo?

Dick
No, Robin, perché?

Robin
Mi tiene ancora sul conto per diciotto denari; ma sta' zitto, vediamo se mi ha dimenticato.

L'Ostessa
Chi è costui the se ne sta sulle sue con tanta spocchia? come, un mio vecchio cliente?

Robin
Oh salve, ostessa! Spero che al mio conto non siano spuntate le ali.

L'Ostessa
No certo, non c'è pericolo, perché vedo che non hai troppa fretta di scioglierlo.

Dick
Eh, ostessa, dico, portaci della birra.  -

L'Ostessa
Vi servo subito. Occhio alla sala, tu!
[Esce]

Dick
Venite, amici, che faremo aspettando che madama ritorni?

Il Carrettiere
Per la Vergine, ti dirò un'eccellente storia di come un mago mi servì. Conoscete il dottor Fauster?

Il Mercante
E come, che possa crepare! Vi è qualcuno qui che ha motivo di ricordarsene. Anche a te fece qualche stregheria?

Il Carrettiere
Vi dico come mi servì, ecco: mentre andavo a Vittemberga l'altro giorno con un carico di fieno, costui mi incontra e mi chiede quanto doveva darmi per tanto fieno, quanto ne avrebbe potuto mangiare; ora io, compari, penso che un poco gli basterà, e gli dico di prenderne quanto crede per tre quattrini; così mi dette subito i pìccioli, e cominciò a mangiare. E com'è vero che sono un cristiano, non terminò se non quando ebbe ingozzato tutto il mio carico di fieno!

Tutti
Oh mostruoso! Mangiare un intero carico di fieno!

Robin
Sì, sì, ma può essere, perché ho sentito di uno che mangiò un carico di ceppi.

Il Mercante
Ma sentite ora, compari, sentite che bel servizio fece a me, quel furfante; andai da lui ieri a comprare un suo cavallo, e a nessun costo voleva venderlo per meno di quaranta dollari. E così, compari, siccome sapevo che era un buon cavallo da saltar fossi e steccati e mai stancarsi gli detti i quattrini. E mentre prendo il cavallo, quel dottor Fauster mi consiglia di cavalcarlo notte e giorno senza risparmio. "Ma" – dice – "per nessuna ragione non lo portare nell'acqua." Ora i, compari, pensavo che il cavallo avesse qualche rara qualità ce egli non voleva farmi conoscere, e che feci? Detto fatto lo spingo in un gran fiume, e quando sono proprio in mezzo, il mio cavallo sfuma, e mi trovo a cavalcioni su un fascio d fieno.

Tutti
Ah, ah, bravo il dottore!

Il Mercante
Ma ora sentite come gli resi pane per focaccia. Corro dunque a casa sua e lo trovo che dorme. Urlo e sbraito nei suoi orecchi, niente poteva svegliarlo. Allora lo afferro per la gamba, e tanto tiro, che gli strappo netta la gamba! Ed ora l'ho con me all'osteria.

Dick
Il dottore ha dunque una gamba sola? Sono contento, gli sta bene, perché uno dei suoi diavoli mi cambiò in una scimmia.

Il Carrettiere
Ancora da bere, ostessa!

Robin
Sentite, andiamo qui accanto a bere un poco, e poi a scovare il dottore!
[Escono tutti.]


SCENA V

La Corte del Duca di Anholt.
Entrano il DUCA DI ANHOLT, la DUCHESSA, FAUST e MEFISTOFELE.

Il Duca di Anholt
Vi ringrazio, dottore, per queste visioni deliziose. Né so come dare giusta rimunerazione ai Vostri meriti grandi, che han fatta sorgere nell'aria quel castello incantato; quella vista mi deliziò tanto, che niente al mondo ormai potrà piacermi di più.

Faust
Mio buon signore, mi considero già altamente ricompensato solo se Vostra Grazia ha gradito ciò che ho saputo fare. Ma forse, graziosa Signora, voi non avete trovato alcun diletto in queste fantasie. Perciò vi prego, ditemi qual è la cosa che più desiderate: pur che sia al mondo, sarà vostra. Ho inteso che le donne incinte hanno inquiete voglie di cose rare e delicate.

La Duchessa
È vero, dottore, e poiché voi siete tanto gentile voglio dirvi ciò che il mio cuore desidera. Che se ora fosse estate, come è gennaio, tempo morto dell'anno, nessun ci migliore gradirei che un piatto d'uva matura.

Faust
Oh, non è che un giuoco. Va', Mefistofele! [Mefistofele esce]
Signora, farò più di questo per farvi lieta.
Ritorna MEFISTOFELE con l'uva.
Ecco, gustate ora quest'uva, dovrebbe esser buona, viene davvero da una terra lontana.

Il Duca
Questo mi sorprende più di tutto! In questo dell'anno, che ogni albero è sterile dei suoi frutti, da dove mai vi sono venuti questi grappoli maturi?

Faust
Ricordi Vostra Grazia che l'anno è diviso in due zone sulla faccia della terra, e così quando da noi è inverno, nell'emisfero opposto è l'estate, in India, in Saba o nelle altre terre dell'oriente lontano, dove maturano le frutta due volte in un anno. E di là, vedete, per mezzo di un mio veloce spirito io ebbi quest'uva.

La Duchessa
E davvero, sono i più dolci grappoli che mai abbia gustato.

Faust
Sono lieto che vi piaccia tanto, signora.

Il Duca
Venite, ringraziamo quest'uomo sapiente per le sue cortesie.

La Duchessa
Sì, mio signore, gliene sarò riconoscente finché vivo.

Faust
Vi ringrazio umilmente, signora.

Il Duca
Venite dunque, dottore, venite a ricevere la vostra ricompensa.
[Escono]


ATTO QUINTO

SCENA I

Nella casa di Faust. Entra WAGNER.

Wagner
Il padrone, cred'io, sente venire
la morte. Fece testamento, e diede
a me le sue ricchezze, la sua casa,
i beni, e tutte le stoviglie d'oro,
e ben dugento lucidi ducati.
Ma cosa intenda, non so già capire.
Ché se la morte avesse alle calcagna
non si darebbe così allegro tempo.
Or siede a cena insieme agli studenti
a far bisboccia ch'io mai vidi uguale.
Ma vengono. La festa par finita.
[Esce]

Entrano FAUST, MEFISTOFELE, e due o tre Studenti.


Primo Studente
Dottor Faust, nella nostra discussione sulle belle donne, chi mai fosse la più bella in tutto il mondo, noi abbiamo concluso che Elena di Grecia fu la più meravigliosa dama che mai sia vissuta: per questo, messer dottore, se voi foste così buono con noi da farci vedere quella incomparabile donzella di Grecia, noi ve ne resteremo davvero molto obbligati.

Faust
Signori,
poiché non è bugiardo affetto, il vostro,
e mio uso non è dare rifiuto
alle domande giuste di chi m'ama,
ebbene, ora vedrete la divina
signora incomparabile di Grecia;
non meno adorna e fulgida di quando
ser Paride con lei varcava i mari
e ad Ilio ricca il danno e la rovina
conduceva. Voi dunque rimanetevi
muti, ché rischio è qui nelle parole.

S'ode una melodia, ed ELENA passa sulla scena.

Secondo studente
È questa Elena bella, che sospinse
i Greci a travagliare Ilio la trista?
Troppo bambino è questo mio intelletto
a lodar chi nel mondo è meraviglia.

Terzo studente
Non mi sorprende che gl'irati Greci
con guerra di dieci anni perseguissero
di tal regina il ratto, il cui splendore
divino passa ogni comparazione.

Primo studente
Amici, ora che abbiam visto l'orgoglio
della Natura, il solo paragone
dell'eccellenza, andiamo; e per codesta
impresa gloriosa, Fausto sia
felice e benedetto eternamente!

Faust
Signori, addio; a voi lo stesso augurio.

[Gli Studenti escono. Entra un Vecchio.]

Il Vecchio
Ah dottor Fausto, se potessi ancora
guidarti sul sentiero della vita,
la dolce via su cui tu colga il fine
che ti darà la pace celestiale!
O dolce Faust, rinnega l'arte infame,
questa magia che trae verso l'abisso
il cuore ammaliato, ti rapisce
ogni salvezza. E se tu già peccasti
da uomo, non perseverare ancora
come un demonio; ancor l'anima tua
non è indegna d'amore, se per l'uso
non divenga il peccato in te natura.
Poi verrà tardi, Fausto, il pentimento,
dalla vista del Cielo andrai bandito.
Le pene dell'inferno, potrà mai
ridirle alcuno? E forse questa mia
esortazione sembrerà ben aspra,
tutta sgradita; ma così non sia,
figliuolo. Non ti parlo in odio o rabbia,
ma con tenero amore, pietoso
del tuo danno futuro. Una speranza
è in me: che il mio rimprovero benigno
freni il tuo corpo, l'anima redima.

Faust
Spezzati, cuore, sangue mio, zampilla,
e questo sangue méscilo col pianto,
il pianto dell'angoscia che si pente
della tua vile orribile lordura
che ti corrompe l'anima col lezzo
di colpe infami, di peccati tanto
nauseabondi, che misericordia,
o Faust, non v'è che li cancelli, e solo
pietà del tuo divino Salvatore
potrà lavar la colpa, il sangue suo.
Dove sei, Fausto? Misero che hai fatto?
Tu sei dannato, Faust, tu sei dannato:
dispera e muori!
[Mefistofele gli Porge un pugnale.]
Già l'inferno esige
il suo diritto, e rugge: "Fausto, vieni,
è quasi giunta l'ora!". E Faust verrà
a scioglierti il suo debito.

Il Vecchio
Ferma, buon Fausto, ferma i disperati
tuoi passi! Vedo un angelo librarsi
sopra il tuo capo, ed ha una fiala colma
della grazia divina, ed egli lieto
di riversarla entro l'anima tua:
chiama dunque pietà, non disperare.

Faust
Ah dolce amico, io sento
un conforto venir dalle parole
tue, nell'anima mia piena d'angoscia.
Lasciami a meditare i miei peccati.

Il Vecchio
Con dolore ti lascio, Fausto; io temo
colui che insidia il tuo misero cuore.
[Esce]

Faust
O maledetto, ov'è dunque pietà?
Mi pento, e già dispero: ecco l'inferno
che lotta con il cielo a insinuarsi
ancora nel mio petto. E che farò
per evitare il cappio della morte?

Mefistofele
Ah traditore! L'anima ti afferro
per ribellione al mio sovrano. Ancora
abiura, o squarcio a brani la tua carne.

Faust
Ecco, mi pento se gli mossi offesa!
O dolce Mefistofele, scongiura
Lucifero, che questa presunzione
ingiusta mi perdoni, e col mio sangue
darò conferma al voto che gli feci.

Mefistofele
Avanti, dunque!
E con sincero cuore, o più tremende
pene cadranno sulla tua perfidia.

[Faust si ferisce il braccio, e scrive su una pergamena col suo sangue.]

Faust
Tormenta, dolce amico, quel codardo
gobbo vecchio, che osava distornarmi
dal tuo sovrano; coi tormenti crucialo
più atroci che possegga il nostro inferno.

Mefistofele
Ha grande fede; e non potrei colpire
l'anima sua, ma a tormentar la carne,
il che è ben poco, aguzzerò l'ingegno.

Faust
Solo una cosa, buon amico, lascia
che, implori ora da te, ch'io possa almeno
saziar la brama ardente del mio cuore,
ch'io possa almeno avere per amante
quella divina Elena ch'io vidi,
e spenga nei suoi dolci amplessi i tanti
pensieri che mi stornano dal voto,
ed in eterno lo conservi.

Mefistofele
O Faust, codesto, e tutto ciò che chiedi
l'avrai da me, in un battere di ciglia.

Ritorna ELENA e attraversa la scena accompagnata da due amorini.

Faust
È questo il viso che le mille navi
spinse, e bruciò le torri eccelse d'Ilio?
Elena, fammi eterno con un bacio.
[Essa lo bacia.]
L'anima, sugge la sua bocca: guarda
dove essa vola! Vieni, Elena, vieni,
l'anima mia ridammi! Qui soltanto
vivrò, ché il paradiso è sul tuo labbro,
e tutto è fango ov'Elena non sia.

Entra il Vecchio.

Paride diverrò, e per amor tuo
non Troia, Vittemberga andrà a rapina!
Combatterò col fiacco Menelao,
col tuo color sull'elmo mio piumato,
saprò ferire Achille nel tallone
e ad Elena verrò poi per un bacio!
Oh bella più che l'aere della sera
vaga nel manto d'infinite stelle,
più fulgida sei tu del fiammeo Giove
quand'egli apparve a Sèmele infelice,
più amabile del re del cielo, nelle
braccia lascive d'Aretusa azzurra:
e nessun'altra mai sarà mia amante!
[Escono]

Il Vecchio
O maledetto Fausto, miserabile,
respingi tu la grazia dell'eterno
e vuoi sfuggire al trono del giudizio!

Entrano i Demòni.

Satana vuoi tentarmi col suo orgoglio:
poi che in questa fornace Dio mi prova,
con fede trionferò su te, perverso!
O superbi, guardate: su di voi
sconfitti, a disprezzare il vostro stato
in un riso s'accende il firmamento!
[Escono]


SCENA II

Lo studio di Faust. Rumoreggia il tuono. Entrano in alto LUCIFERO, BELZEBÙ e MEFISTOFELE.

Lucifero
Così sorgiamo dal profondo abisso
a visitare i sudditi del regno,
l'anime nere che il male suggella
figli dinferno; e fra di queste, Faust,
veniamo a te siccome spetta al primo;
con noi portiamo la condanna eterna
che all'anima t'incombe; il tempo è giunto
che la richiede.

Mefistofele
Questa cupa notte
qui sarà l'infelice, in questa stanza.

Belzebù
E noi staremo accanto, a tener d'occhio
com'egli agisca.

Mefistofele
E come mai potrebbe
se non in dissennata frenesia?
Poiché da pazzo s'è goduto il mondo,
ora nel cuore il sangue si dissecca
per lo strazio, l'uccide la coscienza
e il suo cervello delirante foggia
un mondo d'insensate fantasie
a frodare il demonio; e tutto in vano
ché ai suoi piaceri smisurati, è giusto
condimento il dolore. Ecco venire
egli e il famulo suo Wagner. Le estreme
sue volontà dettava. Ed ora viene.

Entrano FAUST e WAGNER.

Faust
Wagner, hai letto il testamento; dimmi
che te ne pare?

Wagner
Immensamente buono,
signore, e vo' impegnare qui umilmente
tutta la vita, tutto il mio servizio
per vostro amore.

Entrano gli Studenti.

Faust
Ed io ti sono grato.

Wagner
Signori, siate benvenuti. [Wagner esce.]

Primo Studente
Ma, Faust, il tuo aspetto sembra mutato.

Faust
Ah, signori!

Secondo Studente
Cosa ha dunque Faust?

Faust
Ah, mio dolce compagno di stanza, fossi vissuto con te, vivrei ancora! Ma ora debbo morire in eterno. Guardate, signori, non viene, non viene ancora?

Primo Studente
Oh, caro Faust, che vuoi dire questa paura?

Secondo Studente
Tutta la nostra letizia s'è mutata in tristezza?

Terzo Studente
Egli è malato di troppa solitudine.

Secondo Studente
Se è così, chiameremo, i medici, e sarai curato.

Terzo Studente
Non è che un eccesso di solitudine, Faust, non temere.

Faust
Un eccesso di peccato mortale, che ha dannato insieme corpo ed anima.

Terzo Studente
No, Faust, guarda al cielo; ricorda che la misericordia di Dio è infinita.

Faust
Ma il peccato di Faust non potrà mai trovare perdono. Il serpente che tentò Eva potrà essere salvato, non io. Oh signori, ascoltatemi con pazienza, e non tremate alle mie parole! Sebbene il mio cuore ansimi e tremi, se ricordo che sono stato studente qui, son già trent'anni... Oh non avessi mai visto Vittemberga, mai letto un libro! E le meraviglie che io feci le sa tutta la Germania, sì, tutto il mondo; per esse Faust ha perduto la Germania ed il mondo; sì, e lo stesso cielo, il cielo, la dimora di Dio, il trono dei beati, il regno della felicità; e deve restare in inferno per sempre – l'inferno, oh, l'inferno per sempre! Dolci amici, che sarà di Faust, se resta nell'inferno per sempre?

Secondo Studente
Ma invoca Dio, Faust!

Faust
Dio, che Faust ha abiurato! Dio, che Faust ha bestemmiato! Oh mio Dio, vorrei piangere! Ma il diavolo mi succhia dentro le lacrime. Sgorgasse fuori sangue, invece di lacrime! Sì, vita ed anima..., ah, mi ferma la lingua! Vorrei sollevare le mani, ma guardate, me le tengono, me le tengono!

Tutti
Chi, Faust?

Faust
Lucifero e Mefistofele. Ah signori, io detti loro la mia anima per la mia arte!

Tutti
Dio non voglia!

Faust
Dio non voleva, infatti, ma Faust ha voluto; per il vano piacere di ventiquattro anni Faust ha perduto la gioia eterna e la felicità. Io scrissi loro un atto di donazione col mio sangue: il termine è spirato, questo è il momento, ed essi mi trascineranno via.

Primo Studente
Ma perché, Faust, non ci dicesti tutto prima, che i sacerdoti avrebbero pregato per te?

Faust
Ho pensato spesso di farlo, ma il diavolo minacciava di dilaniarmi, se avessi nominato Iddio; di portarmi via corpo ed anima, se appena avessi dato ascolto alla religione; ed ora è troppo tardi. Signori, andate via, se non volete perire con me.

Secondo Studente
Oh che possiamo fare per salvare Faust?

Faust
Non pensate a me, ma salvate voi stessi, ed andate.

Terzo Studente
Dio mi darà forza. Io resterò con Faust.

Primo Studente
Non tentare Iddio, dolce amico; ma andiamo nella stanza vicina, e preghiamo per lui.

Faust
Oh sì, pregate per me, pregate per me; e qualunque rumore udrete non venite da me, perché nulla può salvarmi.

Secondo Studente
Tu prega. Noi supplicheremo Dio di avere pietà dite.

Faust
Addio, signori: se vivrò fino al mattino, verrò da voi; e se no, Faust è andato all'inferno.

Tutti
Faust, addio.
[Gli Studenti escono.]

Mefistofele
[dall'alto]
No, Faust, speranza non hai più di cielo.
Dispera dunque, sol pensa all'inferno,
lì sarà tua dimora, lì starai.

Faust
Demonio maledetto, m'hai tentato
tu, ladro dell'eterna mia letizia!

Mefistofele
Sì, lo confesso, Faust, e ne gioisco!
Io fui, che quando andavi sulla via
del cielo, volli chiuderti il cammino;
quando guardasti il libro a meditare
sulle Scritture, io volsi quelle pagine
e ti guidai lo sguardo...
E come, piangi? È troppo tardi ormai!
Dispera! Addio! Folli nel mondo ridono
che piangere dovranno nell'inferno.

[Escono Lucifero, Belzebù e Mefistofele.
L'orologio batte le undici.]


Faust
Ah Faust!
Non hai che un'ora misera di vita
e poi sarai dannato, eternamente!
Oh fermatevi, voi sfere del cielo
che senza pace andate, affinché il tempo
possa finire, e mai venir la mezza-
notte; o pupilla
della lieta Natura, sorgi dunque
o Sole, sorgi ancora, e fa' che resti
un giorno eterno; o fai tu che quest'ora
sia un anno, un mese, sia una settimana
o un giorno solo mi penta e salvi!
O lente, lente currite, noctis equi! [15]
Ma le stelle si muovono, ed il tempo
corre, quell'ora presto suonerà,
verrà il demonio, e Faust sarà dannato.
Oh mi solleverò fino al mio Dio!
Chi mi trascina giù? oh guarda, il sangue
di Cristo scorre e inonda il firmamento!
Ed una sola goccia mi potrebbe
salvare. Ah Cristo!... Non straziarmi il cuore
se imploro Cristo mio! Lo chiamo ancora!
Risparmiami, Lucifero! E dov'è
ora il demonio, dove? Ecco è sparito!
E vedi come Dio stende le braccia
e aggrotta quelle sue ciglia adirate!
Montagne e rocce, venite, venite,
piombatemi sul capo, nascondetemi
dalla tremenda collera di Dio!
No, no!
Io cercherò di subissarmi
a capofitto nella terra: o terra,
apriti! Oh no, non mi darà riparo!
Stelle che brillavate alla mia nascita
e che mi avete dato questa morte
e questa dannazione, or sollevate
voi Faust in alto come densa nebbia
nel grembo a quelle nubi tempestose,
che quando giù vomiterete poi
nell'aria, possan le mie membra uscire
dalle fumose bocche, ma la mia
anima possa ascendere nel cielo!
[Suona l'orologio.]
Ah, mezz'ora è passata! E passerà
tutta, ben presto! O Dio,
se dell'anima mia pietà non senti,
per Cristo almeno, che m'avea redento
col sangue suo, disponi all'incessante
angoscia qualche fine; sia dannato
mille anni, centomila, e poi mi salvi!
Oh, non è posto limite ai dannati!
Perché non fosti tu una creatura
senz'anima? O perché sarà immortale
questa che hai? Ah tu, metempsicòsi
pitagorèa, se tu fossi vera
quest'anima da me s'involerebbe
ed io potrei mutarmi in qualche bruto
animale! Felici, gli animali
tutti! Perché, se muoiono,
l'anime loro presto si dissolvono
negli elementi; ma la mia vivrà
per essere cruciata eternamente.
Maledetti coloro che mi fecero!
No, Faust, tu devi maledir te stesso,
maledire Lucifero tu devi
che ti privò del dolce paradiso.
[Suona mezzanotte.]
Oh, suona! Suona! Corpo ora dissolviti
in aria, o vivo ti trarrà in inferno
Lucifero! E tu cangiati in minute
gocciole, anima mia, e giù precipita
nell'oceano, che mai non ti si trovi!
Tuono. Entrano i Demòni.
Mio Dio, mio Dio, oh non guardare tanto
feroce su di me! Serpenti e vipere
lasciate ch'io respiri
ancora un poco almeno! Inferno orrendo,
non spalancarti! Non venir, Lucifero!
Io brucerò i miei libri! Ah, Mefistofele!
[Escono i Demòni con Faust.]


SCENA III

Una stanza accanto allo studio di Faust.
Entrano gli Studenti.

Primo Studente
Venite, amici, andiamo
da Fausto. Non fu mai vista una notte
così tremenda, fin da quando sorse
il mondo. E grida orribili, e lamenti
tali non si sentiron mai. Preghiamo
il Cielo ch'egli sia sfuggito al rischio.

Secondo Studente
Oh Dio ci guardi! Vedi le sue membra
straziate dalla mano della morte!

Terzo Studente
Spezzato dai demòni che serviva.
Ché tra la mezzanotte e l'ora prima
udii, mi parve, le sue grida, e urlando
chiedeva aiuto. E tutta in fiamme parve
nell'orrore dei dèmoni la casa.

Secondo Studente
Ebbene, amici, se codesta fine
solo al ricordo fa tremare il cuore
d'ogni cristiano, eppure ricordiamo
ch'ei fu studente qui, che per ingegno
meraviglioso fu tanto ammirato
in ogni scuola. A queste lacerate
membra diam sepoltura. E gli studenti
tutti, vestiti in nera ombra di lutto,
attenderanno al mesto funerale. [Escono.]


EPILOGO

Entra il Coro.

Il Coro
Spezzato è il ramo che potea levarsi
ardito e schietto, ed arsa è la corona
d'alloro del dio Apollo, che a codesto
dotto una volta verdeggiò nel cuore.
Andato è Faust: la sua fine infernale
pensate; e il suo diabolico destino
convinca il saggio a riguardar turbato
quanto è fuor della Legge, il cui mistero
adesca l'uomo dall'audace mente
ad atti che l'Eccelso non consente.
[Esce]

Terminat hora diem, terminat author opus.



NOTE

[1] Il principe, poi duca, di Parma fu il governatore generale spagnolo dei Paesi Bassi, allora parte dell'impero, dal 1579 al 1592.

[2] Gli abitanti dei Paesi Bassi il 4 aprile 1585 con una nave in fiamme fecero breccia nei ponte costruito dal duca di Parma per completare il blocco d'Anversa.

[3] Vedi Eneide, VI, 666-7.

[4] Cornelio Agrippa di Nettesheim, che si riteneva evocasse i morti.

[5] La camera da pranzo, dove "si giustiziano" le vivande.

[6] Esistono due versioni del testo di questa scena: qui si segue or l'una ora l'altra.

[7] Folletti.

[8] La città principale della Frisia Orientale.

[9] Allusione alle corna del marito e alle segrete parti della moglie.

[10] Papera per: incomparabile.

[11] Vino in cui siano stati a macerare, o abbiano bollito, cannella, zucchero, garofani, museo, ecc.

[12] Immaginario antipapa, a cui, per una curiosa coincidenza, vien fatta fare la fine di Giordano Bruno, non ancora giustiziato al tempo in cui fu scritto il dramma (vedi oltre).

[13] Nome di eretici inglesi seguaci di Wyclif.

[14] Antico proverbio che vale: esser pronto a ogni cosa.

[15] Adattato da Ovidio, Amores, I, xIII, 40.