JOHANN SPIES (?)
STORIA DEL
DOTTOR FAUST
ben
noto mago e negromante,
di come si promesso al diavolo
per un determinato periodo della
sua vita,
di quali straordinarie avventure
egli fu protagonista o testimone
in questo tempo, fino al momento
in cui ricevette la ben meritata
mercede.
Per la maggior parte desunta dai
suoi scritti raccolti, quale esempio
orrendo per tutti i superbi, i saccenti
e gli empi, un esempio
disgustoso oltre che amichevole
ammonimento, e approntata
per la stampa.
Giacobbe IV.
Siate sottomessi a Dio,
combattete
il diavolo, cosicchŽ
egli fugga da voi.
CUM GRATIA ET PRIVILEGIO
Stampato a Francoforte sul Meno
da Johann Spies
1587
PREFAZIONE
Dedico questo
libro al nobile, eccellente e stimato Caspar Kolln, scrivano alla curia di
Magonza ed a Hieronimus Hoff, tesoriere nella contea di Kšnigstein, ed a tutti
i cari signori e buoni amici che finora mi hanno dimostrato il loro favore.
Vi rendo saluto e
omaggio, nobili, eccellenti, amati signori e amici, augurandovi la grazia
divina.
Da molti anni si
racconta in Germania una grande saga popolare sul dottor Johann Faust, ben noto
mago e negromante e sulle sue avventure e perci˜ molti richiesero la storia di
Faust, oggetto di tanto interesse, cos“ come era avvenuta nelle case dei suoi
ospiti e amici, e come era ricordata dai molti cronisti che descrivono questo
mago e le sue arti diaboliche e la sua tremenda fine; io
stesso mi sono stupito pi di una volta del fatto che nessuno avesse ancora
raccolto con ordine questa storia tremenda e che avesse perso l'occasione di comunicare a tutta la cristianitˆ un
ammonimento esemplare con la stampa. Non ho nemmeno tralasciato di
chiedere a studiosi e gente di cultura se per caso questa storia era stata
scritta da qualcuno giˆ prima di oggi ma non potei sapere nulla di sicuro
finchŽ essa non mi fu inviata poco tempo fa da un buon amico di Spira, insieme
alla cortese richiesta di pubblicarla e di diffonderla per mezzo della pubblica
stampa quale ammonimento a tutti i cristiani in quanto
un tremendo esempio del diabolico
inganno, della morte del corpo e dell'anima.
Io ho affrontato
il lavoro e le spese tanto pi volentieri in quanto spero, con il presente
libro, di rendere prezioso servizio a tutti coloro che accettano gli
ammonimenti; questo infatti un notevole e orrendo
esempio non soltanto dell'invidia,
dell'inganno e della crudeltˆ del diavolo nei confronti del genere umano, ma vi
si pu˜ anche avvertire visibilmente fino a dove la sicurezza, l'arroganza e la curiositˆ conducono un uomo e quale sia la causa certa della
perdita di Dio, della fratellanza con cattivi spiriti e della corruzione del
corpo e dell'anima. Ho voluto per˜ cari signori e amici, dedicare alla vostra
attenzione e trascrivere in vostro onore questa storia non perchŽ voi la
dobbiate usare come ammonimento per gli altri, mi ben nota infatti la vostra
attenzione e il vostro rispetto verso Dio, la vera religione e il dogma
cristiano e verso l'ubbidienza derivata dalla pratica e dalla esperienza
quotidiana, bens“ come pubblica testimonianza del particolare amore e
dell'amicizia che cominciata tra di noi in parte nella scuola di Ursel, in
parte nel lungo periodo di convivenza e vita in comune, un'amicizia mantenuta
ancora oggi, e voglia Dio che essa si conservi e rimanga intangibile per tutto
il tempo della nostra vita qui sulla terra e nella patria eterna.
Da parte mia sono
del tutto incline, come le Signorie Vostre, a non voler trascurare nulla per
mantenere questa nostra splendida amicizia. Riconosco quindi di essere
colpevole e mi propongo di soddisfare e di servire le Signorie Vostre anche con
altri e molti servigi e con tutto ci˜ che io possiedo; poichŽ io per˜ in questo
momento non conosco nulla di meglio che sia adatto e creato dalla benedizione
divina per il nutrimento temporale e beni corporali delle Signorie Vostre, e
non so di cosa voi abbiate bisogno, vi ho voluto onorare con questo piccolo
libretto della mia stamperia; inoltre so da precedenti discorsi che le Signorie
Vostre avevano giˆ da tempo richiesto questa storia.
Vi prego perci˜
di accettarla con un minimo di benevolenza e di volerla prendere per buona e di
rimanere comunque amici miei e di essermi favorevoli.
Auguro a Vostro
Onore e a Vostra Grazia di mantenere voi e le vostre case sotto la protezione
dell'onnipotente.
Data - Francoforte sul Meno, Luned“ 4
settembre - Anno 1587
Servo Vostro
Johann Spies
stampatore.
PREFAZIONE AL
LETTORE CRISTIANO
PoichŽ tutti i
peccati per loro natura sono dannati e portano in sŽ la ineluttabile ira e
punizione di Dio cos“ avviene che a causa delle dissimili circostanze un
peccato pu˜ essere pi grande e pi grave dell'altro; e infatti esso viene
punito da Dio sia sulla terra che nel giorno del giudizio, pi severamente
degli altri; come dice lo stesso Cristo nostro Signore, Matteo, 11, Tiro Sidone e Sodoma saranno
colpite da una punizione meno severa di Corazim, Bethsaida e Cafarnao. Senza alcun dubbio tuttavia la magia e la negromanzia
sono i peccati pi grandi e pi gravi davanti a Dio e davanti a tutto il mondo.
Anche Samuele
definisce il grave e ripetuto peccato di re Saul un peccato di magia, empietˆ e
idolatria, I Samuele, 15; e lo spirito Santo non pu˜ descrivere tutti i peccati di Saul
altrimenti che con queste due parole: empietˆ e magia, per mezzo delle quali un
uomo si allontana da Dio, si dˆ ai diavoli ed agli idoli e con tutta la volontˆ
e la serietˆ di cui capace serve questi invece di Dio; infatti Saul rinneg˜
completamente Dio, ed ag“ con grande spavalderia contro la sua parola e i suoi
comandamenti e contro la sua propria coscienza, fino al momento in cui perse
ogni speranza in Dio e chiese consiglio al diavolo in persona, a Endor per
mezzo di una veggente, I Samuele, 28.
Ma non forse
atroce e terribile che un uomo ragionevole, fatto da Dio a propria immagine e
tanto stimato in corpo e anima e con tante ricche doti, abbandoni
vergognosamente l'unico, vero Dio e creatore, al quale deve per tutta la vita
ogni sorta di onore e ubbidienza, e si conceda ad uno spirito creato da Dio, ma
non ad uno spirito buono e santo, come lo sono i cari angeli in cielo che sono
fatti di giustizia e purezza innate, bens“ ad un
cattivo spirito maledetto, bugiardo, assassino, che non ha nulla a che vedere
con la giustizia e la purezza e che stato cacciato dal cielo nell'abisso
infernale a causa dei suoi peccati ed condannato alla dannazione eterna del
corpo e dell'anima?
Cosa si pu˜ dire
di pi tremendo e atroce di un uomo? Anche il diavolo diventato uno spirito
rinnegato, invertito e dannato non solo a causa della sua superbia e per aver
rinnegato Dio, ma anche perchŽ uno spirito astioso, invidioso e corruttore,
nemico accertato e dichiarato di Dio e del genere umano, che non concede nŽ a
Dio il suo onore presso gli uomini, nŽ agli uomini di Dio benevolenza e
beatitudine, bens“ lo impedisce in tutti i modi e con tutti i mezzi a sua
disposizione, ed allontana l'uomo da Dio. Subito dopo la sua caduta infatti
egli ha dato dimostrazione di queste sue attitudini ai nostri progenitori, non
soltanto trasgredendo il chiaro comando di Dio, facendolo apparire diverso da
come lui lo aveva pensato ed anzi incolpando Dio di essere geloso della pi
alta beatitudine concessa alla creatura umana, ma anche inducendo Eva in tal
modo alla disubbidienza a Dio e ment“ e ingann˜ tanto e cos“ a lungo che infine
riusc“ a indurre al peccato non soltanto Eva ma anche, per mezzo della donna,
lo stesso Adamo, ed il suo potere cos“ grande che egli gett˜ nella rovina
temporale ed eterna non soltanto questi due, ma tutto il genere umano. E
sebbene Dio in seguito abbia avuto pietˆ degli uomini e sia venuto in loro
aiuto con la feconditˆ della donna, ed abbia stabilita una certa inimicizia nei
confronti della serpe diabolica, il diavolo non rinunci˜ a perseguitare il
genere umano e a sedurlo e ad istigarlo a tutti i peccati che portano ad una
punizione eterna e temporale, come scritto in I Pietro, 5: Il vostro nemico, il diavolo,
gira all'intorno come il leone ruggente in cerca di qualcuno da divorare.
ALBRECHT D†RER – IL DIAVOLO (1498)
Infatti, anche se
per caso manca il bersaglio umano e viene respinto e scacciato, egli non
rinuncia ma continua a cercare e se si imbatte in una sicura preda raccoglie
intorno a sŽ sette fra i pi cattivi spiriti, ritorna a lui e vi stabilisce la
sua dimora; e con un uomo di questo tipo egli molto pi cattivo di prima, Luca, 11.
Ecco perchŽ il
buon Dio ci mette in guardia cos“ seriamente e cos“ fedelmente dai trucchi,
dalle astuzie e soprattutto dalle magiche negromanzie del diavolo, e ci
proibisce di usarne prospettandoci una grandissima ed estrema punizione,
affinchŽ non esista fra il popolo alcun mago e nessuno possa chiedere consiglio
ad alcun mago, Levitico, 19: Non dovete rivolgervi agli indovini e non dovete fare ricerche
con gli astrologhi, per non venirne contaminati; giacchŽ io sono il Signore,
vostro Dio, Deuteronomio, 18: Tu non devi imparare le atrocitˆ di questi popoli e cio non
devi avere accanto a te nŽ colui che lascerebbe andare suo figlio o sua figlia
nel fuoco, nŽ un indovino, nŽ un perdigiorno o uno che bada al canto degli
uccelli o un mago o evocatore di demoni o indovino o astrologo o colui che
interroga i morti, giacchŽ colui che compie tali azioni rappresenta un vero
abominio per il Signore e proprio in ragione di tale abominio Nostro Signore te
lo indica come esempio. Anche Dio minaccia i maghi e i negromanti e i loro
seguaci della pi severa punizione e ne comanda l'applicazione all'autoritˆ, Levitico, 20: Se un uomo o una donna sarˆ
indovino o astrologo, dovranno essere uccisi, li si deve lapidare, il loro
sangue ricada sopra di loro. Chi poi ha letto questo tipo di storie, avrˆ
trovato scritto che, se l'autoritˆ non esegue il proprio compito, sarˆ il
diavolo stesso a fare giustizia dei negromanti. Zoroastro, ritenuto un Misraim
figlio di Cam, fu bruciato vivo dal diavolo stesso. Un altro mago che si era
arrogato il diritto di far rivivere davanti agli occhi di un principe curioso
la distruzione della cittˆ di Troia, fu involato vivo dal diavolo, Johannes
Franciscus Picus. Nello stesso modo fu premiato per la sua magia un conte di
Matiscona: Hugo Cluniacensis.
Un altro mago di
Salisburgo volle evocare ogni sorta di serpenti in una fossa, ma fu trascinato
nella fossa da un grande e vecchio serpente e ucciso: Wierus de Praestigiis Daemonum, li. 2, cap. 4. In summa: il
diavolo premia i propri servi come il boia la propria vittima; gli esorcisti
fanno raramente una buona fine, come possibile vedere anche per il dottor Johann Faust, che vive ancora nei pensieri
degli uomini; egli ha concluso il patto e l'alleanza con il demonio, ha vissuto molte avventure straordinarie, in
ignominia e vizio orrendi con gozzoviglie, ebbrezza, fornicazione ed ogni altra
voluttˆ, finchŽ il diavolo non gli ha reso la sua giusta mercede e non gli ha
tirato il collo nel pi orrendo dei modi.
E non ho ancora
detto abbastanza; infatti tutto ci˜ seguito dalla punizione e dannazione
eterna, in quanto tali esorcisti infine devono scendere nell'abisso infernale
dal diavolo, il loro idolo, e devono essere dannati in eterno; come dice Paolo,
Galati, 5: chi
esercita la idolatria e la magia, non guadagnerˆ il regno di Dio; ed Apocalisse
21: il mago,
l'idolatra e il mentitore si troveranno nel pantano tra il fuoco e lo zolfo e
vivranno una seconda morte. Ci˜ accade se si scherza e ci si trastulla con il
diavolo; e colui che prova gioia del male altrui cerca di danneggiare e
corrompere il corpo e l'anima degli uomini con la sua magia. Il risultato non
pu˜ essere affatto diverso se un uomo abbandona il proprio Dio e Creatore, rinnega
Cristo, suo intercessore, annulla il vincolo stabilitosi con la santissima
Trinitˆ nel Santo Battesimo, mette a repentaglio tutti i doni e le buone azioni
di Dio insieme alla salvezza e al benessere del proprio corpo e della propria
anima, invita il diavolo ad essere suo ospite,
intraprende alleanze con lui, e cerca dunque nello spirito menzognero e
assassino veritˆ e fede, in un nemico consapevole e dichiarato insegnamento e
buon consiglio, e nella dannata vendetta infernale la propria speranza, felicitˆ
e benedizione. GiacchŽ questa non
una debolezza umana, pazzia e abbandono, o come dice san Paolo, un tentativo
umano, bens“ una malvagitˆ propriamente diabolica, una follia voluta e un
grottesco irrigidimento che mai e poi mai si scandaglia a fondo con il
pensiero, a maggior ragione non pu˜ essere espresso con parole, tanto pi che
un cristiano, al solo sentirle nominare deve rabbrividire e spaventarsi. Ma i
pii cristiani devono sapersi proteggere da tali seduzioni e illusioni del
diavolo e riflettere con queste storie all'ammonimento di Giacobbe, 4: siate sottomessi a Dio,
opponetevi al diavolo, cosicchŽ egli fugga da voi, avvicinatevi a Dio, cosicchŽ
egli si avvicini a voi, ed Efesini, 6: rafforzatevi nel Signore e nella potenza della sua
forza, ritraetevi nella corazza di Dio, cosicchŽ possiate resistere agli astuti
assalti del demonio. Dovete anche mettervi di fronte all'esempio di Cristo, che
si sottrae al demonio con la parola di Dio e supera ogni tentazione. Ma affinchŽ tutti i cristiani, anzi tutti gli uomini
ragionevoli conoscano meglio il demonio e il suo agire e imparino a guardarsi
da lui, ho voluto portarvi dinnanzi agli occhi, seguendo il consiglio di molte
persone sagge e consapevoli, il tremendo esempio del dottor Johann Faust e quale tremenda fine ebbe la sua magia. AffinchŽ nessuno sia indotto da questa
storia ad essere troppo curioso e a seguirne l'esempio, le forme di scongiuri e tutto ci˜
che qui altrimenti potrebbe essere dannoso, stato tralasciato ed eluso con
cura, ed stato scritto soltanto tutto ci˜ che pu˜ essere utile ad ammonire ed
emendare.
Voglia tu,
lettore cristiano, comprendere ci˜ nel modo migliore ed usarne cristianamente,
anche in riferimento all'esemplare latino di cui ho tenuto conto. Confidando in
Dio.
MATTHIAS GR†NEWALD
– IL DEMONIO (1512-1516)
I ¥ NASCITA E
STUDI DEL DOTTOR JOHANN FAUST, IL BEN NOTO MAGO
Il dottor Faust
era figlio di contadini e nativo di Rod, ed aveva una particolare predilezione
per Wittenberg, presso Weimar; i suoi genitori erano gente cristiana e timorata
di Dio, e un suo cugino che risiedeva a Wittenberg, era un cittadino facoltoso;
era stato lui a crescere e considerare come un figlio il dottor Faust. Essendo
egli senza eredi, adott˜ Faust come proprio figlio ed erede e lo avvi˜ agli
studi ed alla teologia; costui rifiut˜ tale opera benedetta da Dio e misconobbe
la parola del Signore. Non dobbiamo peraltro biasimare questi genitori ed
amici; genitori che, come tutti i genitori per bene, avrebbero indubbiamente
desiderato il realizzarsi di una vita improntata al bene e alla virt. Essi
vanno quindi giustificati e non devono essere implicati in questa storia, anche
perchŽ non hanno visto nŽ vissuto gli orrori di questo figlio senza Dio. é
certo che i genitori del dottor Faust (come ben si sapeva a Wittenberg) si
erano rallegrati di tutto cuore che questo cugino lo adottasse come figlio, ma
quando essi avvertirono in lui ingegno e memoria sorprendenti, naturale che
si preoccupassero per lui cos“ come Giobbe nel I capitolo ebbe gran cura che i
propri figli non si macchiassero di colpe contro Dio. é perci˜ abbastanza
frequente che genitori credenti abbiano figli senza timor di Dio e senza senno
come Caino, Genesi 4, Ruben, Genesi 49, Assalonne, Re 15 e 18.
Racconto queste
cose poichŽ intendo cos“ discolpare i genitori di Faust agli occhi dei molti
che li accusano di incuria, e non soltanto di aver agito in modo abietto ma
anche di avergli impartito una cattiva educazione, cio di avergli concesso
ogni sorta di stravaganze in giovent e di non averlo costretto ad uno studio
diligente come compete ai genitori.
E cos“ dicasi per
gli amici: quando essi intuirono i suoi pazzi disegni, il suo disinteresse per
la teologia e il suo interesse dichiarato anche pubblicamente per le scienze
occulte, dovevano metterlo in guardia e consigliarlo a rinunciarvi. Ma si
tratta soltanto di fantasticherie: essi non devono infatti venir coinvolti in
quanto non hanno colpa. Ci˜ va precisato fin dall'inizio della storia. PoichŽ
il dottor Faust aveva rivelato una mente adatta allo studio e veloce
nell'apprendere, fu messo alla prova durante i suoi esami alla presenza dei
retori, con altri 16 maestri, li super˜ tutti in retorica, abilitˆ, ingegno, ed
avendo dimostrato di aver raggiunto un buon livello di cultura divenne dottore
in teologia. Tuttavia era anche sciocco, folle e tracotante, tanto vero che
da sempre era soprannominato lo speculatore; queste sue caratteristiche lo
portarono a frequentare cattive compagnie, a nascondere le Sacre Scritture
dietro la porta e sotto il banco, avviandolo a una vita tenebrosa e senza Dio
(come ben mostrerˆ questa storia). Vi un giusto detto ÇChi vuole andare al
diavolo non si fa trattenere nŽ aiutareÈ.
Il dottor Faust
si sent“ attratto da chi si occupava di scritti caldei, persiani, arabi e
greci, figuris characteribus, conjuractionibus, incantationibus e da tutto ci˜
che pu˜ essere definito scongiuro e magia. Ma tutti gli scritti menzionati sono
soltanto artes dardaniae, canti di negromanzia, veneficium, vaticinium,
incantatio, e tutto ci˜ con cui si pu˜ definire tali libri, parole, nomi. Il
dottor Faust ne fu entusiasta e si dedic˜ giorno e notte allo studio di tali
libri e non volle pi farsi chiamare teologo ma divenne un laico, si defin“
dottore in medicina, divenne un astrologo e matematico e per bontˆ un medico.
All'inizio aiut˜ il prossimo con i farmaci, le erbe, le radici, le acque, le
pozioni, le ricette e i clisteri; poichŽ egli inoltre era colto e molto esperto
nelle Sacre Scritture, conosceva molto bene le regole di Cristo: chi conosce la
volontˆ del Signore e non la segue sarˆ battuto due volte, item, nessuno pu˜
servire due padroni. Item, tu non devi tentare il Signore Dio tuo. Ma gett˜
tutto al vento, e si arrog˜ il diritto di essere superiore all'Altissimo,
temerarietˆ della quale non pu˜ essere affatto giustificato.
II ¥
COME IL DOTTOR FAUST, UN MEDICO, HA EVOCATO IL DIAVOLO
Come stato
detto prima era giunto il momento per il dottor Faust di amare ci˜ che non si
doveva amare, egli lo voleva, giorno e notte, e, prese per sŽ ali di aquila,
volle esplorare tutte le profonditˆ del cielo e della terra; la sua curiositˆ,
libertˆ e imprudenza inoltre lo sollecitarono e lo stimolarono tanto che egli,
a un certo momento, si ripromise di mandare ad effetto parecchie formule
magiche, figure, cabale e scongiuri in quanto voleva evocare davanti a sŽ il
diavolo. Giunse alfine in una fitta selva, come del resto molti informano, che
si trova presso Wittenberg, chiamata il bosco di Spess come il dottor Faust
stesso ha poi reso noto. In questo bosco verso sera in un crocicchio di quattro
vie egli fece con un bastone parecchi cerchi torno torno l'uno accanto
all'altro in modo che i due cerchi estremi si congiungessero racchiudendo un
grande cerchio. Evoc˜ quindi il diavolo nella notte tra l'ora nona e l'ora
decima. Il diavolo ridendo sotto i baffi, mostr˜ a Faust le terga, e pens˜:
ÇBene render˜ il tuo cuore e il tuo coraggio gelidi come ghiaccio, ti
sbeffegger˜, cosicchŽ non mi apparterrˆ soltanto il tuo corpo ma anche la tua
anima, e tu sarai il prescelto; dove non voglio andare io, invier˜ te come mio
messaggeroÈ; ci˜ accadde e il diavolo derise Faust in modo meraviglioso e lo
fece impazzire.
MATTHIAS GR†NEWALD – IL DEMONIO (1512-1516)
Ma quando il
dottor Faust lo evoc˜, il diavolo non si mostr˜ subito accondiscendente,
infatti fece iniziare nel bosco un tale scompiglio, come se tutto stesse per
sprofondare e gli alberi si piegarono fino a terra; poi il diavolo si scaten˜ a
tal punto che parve che il bosco fosse pieno di diavoli che apparivano intorno
e dentro al cerchio del dottor Faust, subito dopo apparvero delle carrozze
provenienti dai quattro angoli del bosco che, dirigendosi verso il cerchio,
prendevano forma di palle di fuoco. Poi esplose un gran fragore come un colpo
di fucile, e poi apparve un bagliore e invisibili flauti riempirono il bosco di
dolci musiche e canti e ritmi di danza; poi apparvero molti cavalieri
giostranti con lance e spade; il dottor Faust fu tentato di scappar fuori dal
cerchio tanto erano stati lunghi questi momenti.
Ma alla fine
rimase, portando a termine il suo proposito temerario e blasfemo
riconfermandosi nella propria precedente convinzione: qualsiasi ne fosse il
risultato, e cominci˜ come prima ad evocare il diavolo. In seguito a questo
tentativo il diavolo gli offr“ una tremenda visione: si mostr˜ come un grifone
o un drago aleggiante e roteante sopra al cerchio; quando il dottor Faust fu
sul punto di esorcizzarlo la bestia lo bland“ chiedendo pietˆ.
HIERONYMUS BOSCH – DETTAGLIO
DELL'INFERNO (1490)
Subito
dopo cadde dall'alto una stella infuocata dell'altezza di tre o quattro braccia
tese che si mut˜ in un globo ardente che atterr“ il dottor Faust. Tuttavia
questi si compiacque del suo proposito e ritenne importante che il diavolo gli
fosse sottomesso; il dottor Faust si vant˜ infatti coi suoi compagni, che il
capo della terra sottostasse e ubbidisse a lui. A tali millanterie gli studenti
risposero che essi non conoscevano un capo superiore all'imperatore, al papa o
al re.
Il dottor Faust
replic˜ allora: Çil mio capo superiore a loroÈ e lo dimostr˜ citando
l'epistola di Paolo agli Efesini, il principe di questo mondo, sulla terra e
sotto il cielo ecc.
Evoc˜ quindi
questa stella per una prima, seconda e terza volta; dopo di che si lev˜ una
lingua di fuoco delle dimensioni di un uomo, ricadde, formando sei piccole
faci; una di esse balz˜ in aria, subito seguita dalla seconda, finchŽ,
fondendosi, assunsero l'aspetto di un uomo di fuoco che gir˜ intorno al cerchio
per un quarto d'ora.
Ben presto il
diavolo (e spirito) assunse l'aspetto di un monaco dal saio grigio, che parl˜
con Faust e gli chiese cosa desiderasse. Il dottor Faust desiderava che egli
apparisse a casa sua l'indomani a mezzanotte; ma il diavolo per un attimo
rifiut˜. Il dottor Faust evoc˜ allora il sommo spirito maligno in modo che egli
potesse soddisfare il suo desiderio e attuarlo. Le richieste furono infine
esaudite dallo spirito.
III ¥
SEGUE LA DISPUTA DEL DOTTOR FAUST AVUTA CON LO SPIRITO
Il mattino
seguente al suo ritorno a casa il dottor Faust evoc˜ lo spirito nel suo studio
e quando gli apparve, gli espose i propri desideri. E non c' troppo da
stupirsi che uno spirito, quando Dio priva l'uomo della sua protezione, lo
faccia tanto soffrire. Ma, come dice il proverbio, persone siffatte vedranno
prima o poi, o qui o lˆ, il diavolo. Il dottor Faust ripetŽ nuovamente le
formule della cabala, evoc˜ lo spirito ancora una volta e gli impose diverse
regole; primo che questi deve essergli sottomesso e ubbidiente in tutto ci˜ che
egli chiede e desidera e questo per tutta la vita e fino alla morte del dottor
Faust; secondo, che qualsiasi cosa egli pretenda non deve negargliela; terzo,
che non gli deve precludere la veritˆ rispondendo in modo falso a tutte le sue
domande. Ma lo spirito rifiut˜ di accettare queste condizioni spiegando di non
avere pieni poteri se il suo Signore, colui che regnava sopra di lui, non
glieli avesse concessi e disse: Caro Faust, non posso decidere di esaudire il
tuo desiderio nŽ in mio potere il farlo, bens“ del dio degli Inferi. Il
dottor Faust replic˜: come devo intendere queste parole? Che tu non puoi
avvalerti a sufficienza di questo potere? Lo spirito rispose: No! Allora il
dottor Faust parl˜ di nuovo: Caro, dimmene la ragione; tu devi sapere, disse
allora lo spirito che fra di noi esiste una autoritˆ e una gerarchia come sulla
terra, cio noi abbiamo governanti e reggenti e servitori, come me per esempio,
e noi chiamiamo il nostro regno la legione. Sebbene il diavolo Lucifero,
cacciato per orgoglio e superbia, sia stato l'unico artefice della propria
disgrazia, ha tuttavia istituito una legione e un governo dei diavoli; noi lo
chiamiamo principe d'Oriente poichŽ egli aveva la sua signoria a Levante; in
realtˆ i suoi dominii si estendono anche a occidente, nel meriggio e a
settentrione. PoichŽ Lucifero, l'angelo caduto, ha la sua signoria e il suo
principato anche sotto la volta celeste, noi dobbiamo mutar sembiante nel
venderci agli uomini e sottometterci a loro, poichŽ l'uomo non potrebbe, pur
con tutto il suo potere e le sue arti, cadere schiavo di Lucifero se non fosse
che quest'ultimo invii uno spirito come sono stato inviato io. Infatti noi non
riveliamo mai all'uomo l'intima realtˆ della nostra condizione e nemmeno il
modo con cui siamo governati, e questi ne viene a conoscenza solo dopo la sua
morte, se muore dannato. Il dottor Faust spaventato rispose: Io non voglio
essere dannato per causa tua. Lo spirito rispose: Se tu non lo vuoi, non hai
bisogno di preghiere, se non preghi, allora verrai con me, se non verrai non
conoscerai la veritˆ, tuttavia tu devi venire e nessuna preghiera ti aiuterˆ,
il tuo cuore disperato ti ha giocato un brutto scherzo. Il dottor Faust ribattŽ
a queste parole: san Valentino ti dia malattia e crisma, ti tolga da questa
strada. PoichŽ a queste parole lo spirito voleva fuggire, il dottor Faust
cambi˜ umore, divenne ambiguo e lo evoc˜ in modo che dovesse riapparire di
nuovo all'ora del vespro per ascoltare ci˜ che gli avrebbe nuovamente
richiesto. Cosa che lo spirito gli promise e poi scomparve. é ora giunto il
momento di analizzare il cuore e il pensiero dell'empio Faust, poichŽ il
diavolo si comport˜ con lui, come si suol dire, come Giuda, cos“ come avrebbe
fatto anche nell'inferno, e tuttavia Faust si intestard“ nel suo proposito.
VISIONI DELL'INFERNO IN UNA
MINIATURA DEL XV SECOLO
IV ¥
L'ALTRA DISPUTA DI FAUST CON LO SPIRITO CHIAMATO MEFISTOFELE
A sera, all'ora
del vespro, tra le 3 e le 4, riapparve a Faust lo spirito alato e gli offr“ i
suoi servigi e la pi assoluta sottomissione poichŽ gliene era stato dato
potere dal suo Signore, e disse al dottor Faust: Io ti porto la mia risposta,
ora tu devi darmi la tua, ma prima voglio conoscere quale desiderio ti ha spinto
ad impormi di apparire ora. Il dottor Faust allora gli rispose ma lo fece con
incertezza e arrecando danno alla sua anima; egli non voleva infatti ulteriori
dilazioni, giacchŽ non voleva essere un uomo bens“ un diavolo con fattezze
umane oppure una parte di esso e pretese dallo spirito ci˜ che segue:
Primo: che
desiderava ricevere per sŽ e mantenere le doti, la forma e la sostanza di uno
spirito.
Secondo: la piena
obbedienza e disponibilitˆ dello spirito stesso.
Terzo: la sua
sottomissione incondizionata come da un servo.
Quarto: la
immediata apparizione nella sua casa ad ogni evocazione.
Quinto: la
assoluta invisibilitˆ dello spirito evocato e che questi non doveva mostrarsi
ad altri che a lui a meno che questa non fosse la sua volontˆ e il suo comando.
Sesto: ove fosse
necessario mostrarsi, Faust avrebbe di volta in volta indicato le sembianze.
Lo spirito
rispose a Faust di accettare questi sei punti e di eseguire prontamente ogni
suo ordine ed in cambio pretendeva a sua volta il soddisfacimento di alcuni
desideri e se egli li avesse adempiuti non avrebbe pi avuto difficoltˆ; le
condizioni dello spirito erano le seguenti:
Primo: che egli,
Faust, giurasse di voler essere unicamente suo, dello spirito, si intende.
Secondo: di
sancire questo voto, per dargli maggior valore, con un patto di sangue,
promettendosi cos“ a lui.
Terzo: di essere
nemico di tutti coloro che credono in Cristo.
Quarto: di
abiurare la fede cristiana.
Quinto: di non
lasciarsi corrompere da chi vorrˆ convertirlo.
Per contro lo
spirito concederˆ a Faust molti anni per realizzare i suoi desideri, ma quando
questi anni saranno trascorsi, Faust dovrˆ essere portato via da lui. E se
infine egli terrˆ fede a tutti questi punti, vedrˆ realizzato ogni suo
desiderio e soltanto cos“ potrˆ ottenere le sembianze e i poteri di uno
spirito. L'orgoglio e la superbia del dottor Faust crebbero a tal punto che,
sebbene avvertisse in parte di aver peccato, non volle pensare alla salvezza
della sua anima, ma promise al maligno di ubbidire ed accettare tutte le
condizioni. Pens˜ che il diavolo non era cos“ nero come lo si dipinge e nemmeno
l'inferno cos“ caldo come si racconta.
V ¥ IL
TERZO COLLOQUIO DEL DOTTOR FAUST CON LO SPIRITO E LA SUA PROMESSA
Dopo che il
dottor Faust ebbe fatto questa promessa, chiese allo spirito di comparire il
giorno successivo di prima mattina; gli raccomand˜ inoltre che tutte le volte
che gli chiedeva di apparirgli, egli doveva assumere le sembianze di un frate
francescano munito di un campanellino con il quale doveva ripetutamente suonare
e con ci˜ segnalare il suo arrivo. Chiese poi allo spirito quale fosse il suo
nome e come doveva essere chiamato. Lo spirito rispose di chiamarsi
Mefistofele. Proprio in questo momento, questo uomo rinunciando a Dio, cadde in
disgrazia del suo stesso Dio e Creatore e divenne un tristo compagno del
diavolo e tale sventura non che il risultato del suo superbo orgoglio,
disperazione, audacia e presunzione, come accadde ai Giganti, di cui narrano i
Poeti, che riuniscono le montagne e vogliono combattere contro Dio, s“, come
accadde all'angelo cattivo, che si oppose a Dio e pertanto a causa della sua
superbia e arroganza fu cacciato da Dio. Quindi chi vuol salire in alto, tanto
pi in basso cade. Dopo di ci˜ il dottor Faust, dando prova di grande audacia e
temerarietˆ, offr“ al maligno la sua sottomissione mediante un patto scritto e
la confessione, cosa tremenda e spaventosa, e tale obbligazione fu trovata
nella sua casa dopo la sua miserabile morte. Voglio ricordare tali cose come ammonimento
ed esempio a tutti i pii cristiani affinchŽ essi non cedano al demonio e non
permettano la rovina del corpo e dell'anima come alla fine accadde al dottor
Faust che ha rovinato il suo stesso famulo e servitore con questo patto
infernale. Quando entrambe le parti strinsero il patto, il dottor Faust prese
un coltello appuntito, si punse una vena della mano sinistra e in veritˆ si
dice che su tale mano fosse comparsa una scritta profonda e sanguinante: O homofuge, cio: Oh, uomo, fuggi da lui e
agisci bene.
VI ¥
IL DOTTOR FAUST FECE SCORRERE IL SUO SANGUE IN UNA CIOTOLA, LA POSE SUI CARBONI
ARDENTI E SCRISSE CIñ CHE SEGUE
Io Johann Faust,
dottore, dichiaro e confermo pubblicamente quanto contiene questa mia lettera
autografa: dopo aver intrapreso lo studio degli elementi, con le mie sole doti
naturali, quelle che mi erano state benignamente concesse dall'alto, non
trovando in me stesso tale capacitˆ e non potendola avere dagli uomini, ho
fatto voto di sottomissione al presente spirito inviato cost“ e che ha nome
Mefistofele, suddito dei principe degli inferi in Oriente, e l'ho scelto
affinchŽ mi istruisca e mi insegni tali cose; lui a sua volta si obbligato
verso di me ad essermi sottoposto ed ubbidiente in tutto. Per contro io gli
prometto e giuro che, una volta trascorsi 24 anni dalla data di questa lettera,
egli potrˆ fare di me ci˜ che vorrˆ a suo piacimento, avrˆ potere sul corpo e
sull'anima, sulla carne e sul sangue fino all'eternitˆ. Con questo patto io
rinuncio a vivere come tutti quelli che qui vivono, all'esercito celeste e a
tutti gli uomini, e cos“ sia. Per rendere definitivo il patto e per dargli
maggior credito ho redatto questo contratto con la mia propria mano, e lo ho
siglato e avallato con il mio proprio sangue ed affermo di averlo stilato in
pieno possesso di tutti i miei sensi congiuntamente a ragione, pensiero e
volontˆ.
Firma, Johann
Faust, esperto conoscitore degli elementi e della dottrina teologica.
VII ¥
VERSI E RIME DA PRONUNCIARE CONTRO LA CAPARBIETË DEL DOTTOR FAUST
Chi trova piacere
in orgoglio e superbia,
e vi cerca
amicizia e coraggio
e agisce in tutto
e per tutto diabolicamente,
si sta scavando
da solo la fossa,
dove infine
precipiterˆ con anima, corpo e beni.
Item:
Chi si cura
soltanto del presente,
e non pensa
all'eternitˆ,
questi si arrende
giorno e notte al demonio,
che ha grande
cura della sua anima.
Item:
Chi si lascia
volontariamente bruciare nel fuoco
oppure vuole
saltare in un pozzo,
lasciate pure che
faccia, tanto non pu˜ pi salvarsi.
VIII ¥
IL DIAVOLO APPARE A FAUST
Nel terzo
colloquio lo spirito e famulo di Faust gli apparve in modo molto ridicolo e con
i seguenti gesti. Gir˜ per la casa come un uomo di fuoco sprizzando livide
fiamme. Poi segu“ un gran trambusto e un vociare come quello dei monaci quando
cantano e nessuno sa di che canto si tratti. Tale magia piacque molto al dottor
Faust, che, per non interrompere il fenomeno e per viverne sino alla fine gli
sviluppi, non sollecit˜ la comparsa del famulo nel suo studio. Subito dopo si ud“
un clangore di lance, spade ed altre armi, tanto che pens˜ che si volesse
prendere d'assalto la sua casa. Subito dopo si ud“ uno strepito di cani e
cacciatori; i cani rincorsero un cervo fin dentro lo studio del dottor Faust
dove fu atterrato dai cani. Quindi apparve nella stanza del dottor Faust un
leone e un drago, che lottavano: per quanto il leone si difendesse
coraggiosamente, fu sopraffatto e inghiottito dal drago. Il famulo del dottor
Faust ammise poi di avere proprio visto un drago con il ventre giallo, bianco e
maculato e le ali e il dorso neri, metˆ coda tortile come il guscio di una
chiocciola, tanto grande che la stanza a stento lo conteneva ecc. Inoltre
furono visti entrare un bel pavone insieme alla femmina, lottarono e di l“ a
poco si riconciliarono nuovamente. Poi si vide un toro infuriato correre
dentro, verso il dottor Faust che si spavent˜ non poco; ma appena prima di
raggiungerlo, cadde a terra innanzi a lui e scomparve. A questo punto apparve
una grande, vecchia scimmia che porse la mano a Faust, gli salt˜ addosso, lo
am˜, quindi corse fuori dalla stanza. Subito dopo una grande nebbia invase la
stanza tanto che il dottor Faust non vedeva pi nulla, appena per˜ la nebbia si
dirad˜, apparvero davanti a lui due sacchi, l'uno conteneva oro, l'altro
argento. Infine si udirono le dolci voci di innumerevoli strumenti musicali, un
organo, poi un armonium, poi arpe, liuti, violini, trombe, citere, cormoni,
flauti a becco e simili (ognuno con quattro voci), tanto che Faust credette
proprio di essere in cielo ma era invece con il diavolo. Il fenomeno dur˜ una
intera ora, tanto che il dottor Faust si riconferm˜ a tal punto nella sua
decisione da essere certo che non se ne sarebbe giammai pentito. Si pu˜
comprendere dunque che il diavolo offriva una cos“ dolce musica affinchŽ il
dottor Faust non abbandonasse il suo proposito ma, al contrario, lo volesse
attuare con maggior convincimento e pensasse: sino ad ora non ho visto nulla di
malvagio, nŽ di sgradevole, ma solo cose belle e piacevoli. Poi Mefistofele, lo
spirito, si present˜ a Faust nello studio sotto le spoglie di un monaco. Il
dottor Faust gli disse: i tuoi gesti e le tue trasformazioni mi hanno dato
grande gioia e sono state un preludio molto interessante; continua cos“ e sarai
nelle mie grazie. Mefistofele rispose: oh, questo non nulla, io voglio
servirti in altre imprese in modo che potrai vedere in me ben pi grande
abilitˆ e maggior saggezza e avrai tutto ci˜ che pretenderai da me. Solo, tu
devi darmi ora la promessa e l'impegno del tuo atto di sottomissione per
iscritto. Faust gli diede la obbligazione e gli disse: ecco la lettera.
Mefistofele prese la lettera e volle che il dottor Faust ne prendesse una
copia, cosa che l'empio Faust fece prontamente.
IX ¥
DOVERI DELLO SPIRITO VERSO IL DOTTOR FAUST
Come Faust ebbe
promesso al maligno tali atrocitˆ con un patto scritto con il proprio sangue,
certo che fu abbandonato da Dio e da tutta la schiera celeste. Nel frattempo
egli ha informato le proprie azioni, non come un giusto e pio padre di
famiglia, ma come il diavolo che, come dice Cristo, trova accoglienza e rifugio
soltanto quando vive in un uomo.
Il diavolo
infuri˜ in lui e vi prese dimora, e, come dice il proverbio, il dottor Faust
invit˜ il diavolo a banchetto.
Il dottor Faust
alloggiava nella casa del suo pio cugino che gli era stata lasciata in ereditˆ
per disposizione testamentale. Aveva costantemente presso di sŽ un giovane
discepolo con le funzioni di famulo, un insolente adulatore, detto Christoph
Wagner, al quale questa parte piaceva molto; inoltre il suo signore e padrone
lo lusingava dicendogli che voleva fare di lui un uomo abile e sapiente. E tale
allettante promessa attraeva il giovane in quanto la giovent , di primo
acchito, pi incline al male che al bene.
Come detto innanzi,
il dottor Faust non aveva nella sua casa altri che il suo famulo e il suo
cattivo spirito Mefistofele, che gli appariva sempre sotto le sembianze di
monaco; egli lo evocava nel suo studiolo che teneva sempre sbarrato. Il dottor
Faust aveva alimenti e provviste in abbondanza. Quando voleva bere un buon
vino, lo spirito glielo portava dalla cantina da lui prescelta: disse infatti
una volta al suo signore che avrebbe creato dolorosi vuoti nelle cantine del
principe elettore ed anche del duca di Baviera e del vescovo di Salisburgo.
Similmente ogni
giorno egli disponeva anche di ottimo cibo, poichŽ aveva tali poteri magici che
non appena apriva la finestra e nominava qualunque volatile che desiderava
avere per pranzo, questi volava da lui alla finestra. Allo stesso modo il suo
spirito gli portava i migliori piatti, tutti molto raffinati dalle signorie
circonvicine, dalle corti dei principi e dei conti. Lui e il suo giovane famulo
andavano vestiti in modo vistoso con abiti che il suo spirito si procacciava
acquistandoli o rubandoli di notte a Norimberga, Augsburg o Francoforte in
quanto i merciai non sono soliti stare di notte nella botteguccia; e anche i
conciatori e i ciabattini dovettero subire lo stesso trattamento. Insomma era
tutta merce rubata e indebitamente sottratta, si trattava quindi di un modo di
vivere niente affatto dignitoso, anzi empio, tanto vero che nostro signore il
Cristo per bocca di Giovanni chiam˜ il diavolo ladro e assassino, cosa che si
dimostrata vera; il diavolo promise inoltre che gli avrebbe dato venticinque
corone la settimana, in un anno fanno milletrecento corone, e questa sarebbe
stata la sua rendita annuale.
X ¥ IL
DOTTOR FAUST SI VOLLE SPOSARE
Il dottor Faust
perseverava in una vita epicurea, non credeva all'esistenza di Dio,
dell'inferno e del diavolo, riteneva che corpo e anima morissero insieme e la
lussuria lo incalzava a tal punto da indurlo a prendere moglie. Interrog˜
sull'argomento lo spirito, che osteggiava il matrimonio in quanto istituzione
divina, e gli chiese se poteva sposarsi. Il cattivo spirito ribattŽ
chiedendogli cosa voleva farne di se stesso; Item: se aveva dimenticato il suo
impegno, oppure se non voleva mantenerlo, avendo infatti promesso di essere
nemico di Dio e degli uomini; pertanto egli non poteva ammogliarsi, in quanto
non era possibile servire due padroni come Dio e il diavolo. PoichŽ il
matrimonio opera dell'Altissimo, noi vi siamo contrari, e siamo invece
favorevoli all'adulterio e alla lussuria.
Fai quindi
attenzione, Faust, che se vuoi sposarti verrai senz'altro annientato da noi.
Caro Faust, considera inoltre quanta inquietudine, dissapori, ira, odio e
disunione nascono dal matrimonio. Il dottor Faust ponder˜ a lungo il pro e il
contro, come accade a tutti i cuori empi che non sanno intraprendere nulla di
buono e il diavolo li conduce e li guida. Infine, ripensandoci, chiam˜ a sŽ il
monaco, giacchŽ indubbia norma di vita dei monaci e delle monache, di non
sposarsi, pertanto loro severamente proibito farlo. Anche il monaco del dottor
Faust cerc˜ tenacemente di dissuaderlo, Faust allora gli rispose: ÇIo mi voglio
sposare, accada quel che accada.È A tali parole un uragano invest“ la sua casa
come se volesse distruggerla, le porte uscirono dai cardini e le stanze si
empirono di fumo come se un incendio le stesse riducendo in cenere. Il dottor
Faust fugg“ a perdifiato gi per la scala; ma un uomo lo risospinse nella
stanza impedendogli di muovere mani e piedi e ve lo tenne mentre il fuoco
divampava improvvisamente intorno a lui. Egli invoc˜ allora l'aiuto del suo
spirito promettendogli di rimettersi ai suoi consigli, al suo volere, al suo
operato. Allora gli apparve il diavolo in persona, ma cos“ terribile e
spaventoso che non poteva guardarlo e gli rispose dicendo: ÇE ora come la pensi?
Rispondi!È Il dottor Faust si giustific˜ dicendo di non essere venuto meno alla
promessa fattagli fidanzandosi con lui, in quanto non aveva previsto una simile
situazione, ma implorava comunque la sua grazia e il suo perdono. Satana gli
disse brevemente: ÇE va bene, persisti nel tuo proposito, ti dico, persistiÈ e
scomparve. Subito dopo apparve Mefistofele e disse: ÇSe tu persisterai nel tuo
proposito, prometto di soddisfare il tuo piacere in altro modo, tanto che mai
pi desiderio alcuno ti turberˆ. PoichŽ non puoi vivere casto, porter˜ al tuo
letto ogni notte una donna, qualsivoglia desideri, per averla vista in questa o
in altra cittˆ, ed essa soddisferˆ le tue brame come tu vorrai, sotto le
spoglie e le forme che desidererai.È Tale idea piacque a tal punto al dottor
Faust che il suo cuore esult˜ di gioia e si pent“ dei suoi propositi iniziali.
Fu subito preso da un tale desiderio che giorno e notte desiderava le pi belle
donne e la lussuria dell'oggi non spegneva quella del domani.
XI ¥
DOMANDA DEL DOTTOR FAUST AL SUO SPIRITO MEFISTOFELE
Dopo aver
praticato con il diavolo tali vergognosi e orrendi atti di libidine, come sopra
si detto, il dottor Faust ricevette dal suo spirito un grande libro,
contenente ogni sorta di magia e negromanzia, con cui potŽ sollazzarsi anche
nel suo diabolico connubio. Questa artes dardanias fu rinvenuta pi tardi presso il
suo famulo Christoph Wagner.
Ben presto fu
spinto da un'insana curiositˆ a chiamare il suo spirito Mefistofele con cui
voleva avere un colloquio e gli disse: ÇServo mio, dimmi, che spirito sei tu?È
Lo spirito gli
rispose e disse: ÇFaust, mio signore, io sono uno spirito alato che esercita i
suoi poteri sotto la volta celeste.È
ÇCome avvenuta
la caduta del tuo signore Lucifero?È
Lo spirito disse:
ÇIl mio signore Lucifero stato un angelo bello creato da Dio, una creatura
divina e so anche che gli angeli come lui sono divisi in tre ordini gerarchici:
serafini, cherubini e troni; i primi hanno potere sugli angeli, gli altri
governano e proteggono gli uomini, i terzi contrastano la potenza di noi
diavoli e sono chiamati angeli-principi e angeli-forti. Li si chiama anche
angeli dei grandi miracoli, ambasciatori di grandi nuove e angeli che hanno
cura del genere umano. Anche Lucifero era uno dei begli angeli, un arcangelo,
dei quali uno era chiamato Raffaele e gli altri Gabriele e Michele. Questo in
breve il mio racconto.È
XII ¥
UNA DISPUTA SULL'INFERNO E SUL SUO ANTRO
Il dottor Faust,
avendo sognato un giorno l'inferno, interrog˜ il suo cattivo spirito su questo
argomento, su come fosse la dimora del re degli inferi, come fosse stata creata
e dove fosse situata. Lo spirito lo inform˜ che non appena il suo signore fu
cacciato, allora e solo allora nacque per lui e con lui l'inferno, che
tenebra, ed lˆ dove Lucifero, cacciato e consegnato in attesa del giudizio
finale, si trova stretto in catene. Lˆ non vi null'altro che tetra caligine,
fuoco, mefitiche esalazioni di pece e zolfo. Nemmeno noi diavoli conosciamo
esattamente l'aspetto e le strutture dell'inferno e nemmeno come esso sia stato
creato da Dio, poichŽ esso non ha nŽ inizio nŽ fine; e questo il mio breve
racconto.
XIII ¥
UN'ALTRA DOMANDA DEL DOTTOR FAUST SULLE GERARCHIE DEI DIAVOLI E SUL LORO
PRINCIPATO
Lo spirito
dovette anche rendere edotto Faust della dimora, delle gerarchie e della
potenza dei diavoli. Lo spirito rispose e disse: ÇFaust, mio signore, dimora di
noi tutti sono l'inferno e i suoi quartieri; essi sono vasti e grandi come il
mondo. Nell'estensione compresa fra inferno, mondo e i confini inferiori del
cielo esistono dieci dominii o reami di cui sei sono i pi importanti e
potenti; essi hanno nome: l. Lacus mortis, 2. Stagnum ignis, 3. Terra
tenebrosa, 4. Tartarus, 5. Terra oblivionis, 6. Gehenna, 7. Herebus, 8. Baratrum,
9. Stix, 10. Acheron. In quello governano i diavoli ed chiamato Flegetonte.
Questi dominii sono raggruppati in 4 reami retti da: Lucifero a oriente,
Belzeb a settentrione, Belial al meridione, Astarotte a occidente. Questa
gerarchia rimarrˆ fino al giudizio di Dio. Ora conosci i nostri governi.È
XIV ¥
CHE ASPETTO AVEVANO GLI ANGELI PRIMA DI ESSERE STATI CACCIATI?
Il dottor Faust
volle avere un nuovo colloquio col suo spirito. Desiderava infatti conoscere
quali sembianze avesse il suo signore quando viveva nel regno dei cieli. Questa
volta lo spirito lo preg˜ di attendere tre giorni; il terzo giorno gli diede
questa risposta: ÇIl mio signore Lucifero, cos“ chiamato perchŽ fu cacciato
dallo splendore dei cieli, fu agli inizi un angelo di Dio, un Cherubino, che ha
visto dal cielo tutta la divina opera della creazione, e la sua bellezza,
autorevolezza, dignitˆ e rango erano tali da renderlo superiore ad ogni altra
creatura di Dio, all'oro ed alle gemme ed era cos“ fulgente di luce divina da
oscurare il sole e le stelle. Tanta era la sua perfezione, quando fu creato, da
essere prescelto per i pi alti compiti direttivi. Ma allorquando, superbo ed
arrogante, pretese di innalzarsi al di sopra dell'oriente, fu cacciato da Dio
dalla dimora celeste e confinato nel magma infuocato che mai si spegne per
l'eternitˆ e divampa con costante furore. Cos“ colui che si fregiava di tutti i
poteri celesti, spinse il creatore, sfidandolo con la propria arroganza, ad
ergersi giudice e a condannarlo agli inferi da cui non gli sarˆ pi possibile
sfuggire per l'eternitˆ.È Il dottor Faust, udito questo racconto dallo spirito,
trasse amare conclusioni e considerazioni, si ritir˜ taciturno nella propria
stanza, e prostrato sul letto pianse, singhiozz˜ e si disper˜ in cuor suo e pens˜
a quale grandezza, destino e divino ruolo avrebbe avuto in eterno questo
angelo, se non fosse stato cacciato per sempre da Dio per la propria superbia e
tracotanza. ÇO me misero,È disse allora Faust, Çmi dolgo perchŽ io pure sono
una creatura di Dio e la superbia della mia carne e del mio sangue hanno spinto
il mio corpo e la mia anima alla dannazione, hanno stimolato la mia
intelligenza e i miei sensi tanto che io, creatura divina, ho rinnegato Dio e
mi sono lasciato corrompere dal diavolo a cui ho venduto anima e corpo. Io non
posso perci˜ pi sperare in alcuna grazia, e come Lucifero finir˜ condannato
alla dannazione e al pianto eterni - Ahim, Ahim, cosa ho fatto di me stesso -
Ah, se non fossi mai nato!È Cos“ il dottor Faust si lamentava e al tempo stesso
si privava della speranza di poter tornare in grazia di Dio attraverso il
pentimento. Se egli infatti avesse riflettuto sulle rivelazioni del diavolo non
avrebbe potuto fare altro che riguadagnare il cielo, e cercare di ottenere la
grazia e il perdono divini, in quanto non agire una grande penitenza, ma se
fosse rientrato nel corpo mistico, tornando ad osservarne i precetti, se avesse
resistito al diavolo, per quanto giˆ gli dovesse il corpo, allora la sua anima
sarebbe stata salva. Ma egli si perse nel dubbio e il suo pensiero ed il suo
agire furono quelli di un uomo senza fede e senza speranza.
XV ¥
UNA DISCUSSIONE DEL DOTTOR FAUST CON IL SUO SPIRITO MEFISTOFELE RIGUARDO AI
POTERI DEL DEMONIO
Il dottor Faust,
come la sua pena fu un poco quietata, interrog˜ il suo spirito Mefistofele sui
poteri e le astuzie del demonio per tentare e dominare il mondo, e come e
quando avessero avuto inizio. Lo spirito replic˜: ci˜ che dovrei risponderti,
mio signore, potrebbe apparirti molesto e indurre a ripensamenti, poichŽ ci˜
in contrasto col nostro accordo, non dovresti impormi di farlo, tuttavia ti
soddisfer˜.
Non appena
l'angelo ribelle fu cacciato, divenne nemico di Dio e di tutti gli uomini, e si
ripromise di esercitare su questi ultimi ogni sorta di tirannia, tanto allora
come ora, e infatti puoi ben vederlo quotidianamente come vi sia chi si
anneghi, chi si impicchi, chi si pugnali e chi venga pugnalato, chi disperi e
cos“ via. Fin dal momento della creazione il diavolo invidi˜ all'uomo di essere
creatura di Dio, per questo lo tent˜ subito e indusse al peccato Adamo ed Eva
facendoli cadere in disgrazia di Dio con tutti i loro discendenti. Qui caro
Faust inizi˜ l'offensiva e il dominio di Satana, successivamente tent˜ Caino,
poi spinse il popolo ebreo ad adorare altri dei, a sacrificare ad essi, a
peccare di lussuria con donne profane.
Fu un nostro
spirito a spingere al suicidio l'ormai folle Saul. Asmodeo, lo spirito, uccise
sette uomini con i piaceri della carne. Thagon, ne port˜ 30.000 alla perdizione,
cos“ che essi furono abbattuti e persero la protezione divina, come anche
Belial che eccit˜ il cuore di Davide inducendolo a censire il suo popolo
provocando la morte di 60.000 uomini.
Un altro di noi
spinse re Salomone ad adorare i falsi dei. Molti dei nostri spiriti circuiscono
l'uomo spingendolo al male. Noi operiamo in tutto il mondo e con ogni sorta di
astuzia ed inganni allontaniamo gli uomini dalla fede e concentriamo tutti i
nostri sforzi per costringerli a peccare, unico nostro desiderio. Siamo contro
Ges, tentiamo i suoi figli sino alla morte, possediamo i cuori dei re e dei
principi del mondo, siamo contro la dottrina di Ges, i suoi divulgatori, i
suoi seguaci. E ci˜, caro Faust, lo puoi vedere. Il dottor Faust gli disse:
ÇAllora tu mi hai posseduto? Dimmi la veritˆÈ e lo spirito: ÇS“, perchŽ no? Non
appena abbiamo visto le ansie che turbavano il tuo cuore, e non appena abbiamo
capito che per queste non potevi rivolgerti ad altri che al diavolo, noi le
rendemmo talmente incalzanti e cocenti da non darti tregua nŽ di giorno nŽ di
notte, ed indurti in ogni tua azione a sentire l'esigenza di richiedere l'aiuto
della magia. Quando ci evocasti ti rendemmo cos“ ardito e imprudente, da
lasciarti guidare dal diavolo piuttosto che rinunciare a realizzare i tuoi
desideri. Poi ti importunammo al punto da mettere radici nel tuo cuore, e da
impedirti di abbandonare i tuoi propositi come ad esempio quello di riuscire ad
avere uno spirito. Portammo poi ancora tanto oltre le tue brame fino a
costringerti a darti a noi, anima e corpo, come hai potuto verificare di
persona, signor Faust.È Çé vero,È disse il dottor Faust. ÇOra non posso pi
tornare indietro; mi sono imprigionato da solo. Se io avessi avuto Dio nei miei
pensieri e lo avessi pregato, e non avessi permesso al diavolo di albergare
nella mia anima, non mi sarebbe accaduta una tale sventura. Ah! cosa ho fatto.È
Rispose lo spirito: ÇAttento dunque!È Faust si allontan˜ triste da lui.
XVI ¥
UNA DISPUTA SULL'INFERNO, CHIAMATO GEHENNA, DI COME SIA STATO CREATO, CHE
ASPETTO ABBIA E DI CHE PENE VI SI COMMININO
Nel cuore del
dottor Faust vi era sempre un inespresso pentimento e il cruccio per il destino
della propria anima dal momento che si era dato al diavolo. Ma il suo
pentimento era come quello di Caino e Giuda, infatti, seppur pentito, egli
aveva rinunciato alla grazia di Dio distruggendosi ogni possibilitˆ di
riconciliazione, e fece come fece Caino che dubitava che gli potessero essere
perdonate le colpe tanto le riteneva grandi e cos“ Giuda ecc. Il dottor Faust
guardava spesso al cielo ma non poteva scorgervi nulla perchŽ nella sua mente
persisteva l'immagine del diavolo e dell'inferno, ovvero pensando a quel che
aveva fatto, sperava di potersi arricchire talmente con dispute, domande,
colloqui avuti con lo spirito, da poter un giorno raggiungere il pentimento, la
continenza, la grazia. Ma tutto era inutile perchŽ il diavolo lo aveva ormai
stretto in pesanti catene. PoichŽ il dottor Faust aveva sognato tante volte
l'inferno, in un colloquio con lo spirito riprese nuovamente l'argomento. Pose
pertanto alcune domande allo spirito; ÇPrimo: che cosa l'inferno, secondo:
come stato creato e strutturato, terzo: quali erano le sofferenze e le pene
dei dannati, quarto e ultimo: se questi ultimi sarebbero mai potuti tornare in
grazia di Dio ed essere tolti dall'inferno.È Lo spirito non rispose ad alcuna
domanda, anzi disse: ÇSignor Faust dovresti lasciar perdere questa disputa e
queste domande sull'inferno e la sua importanza; cosa intendi fare di te
stesso, caro? Se tu potessi salire verso il cielo io dovrei risospingerti
nell'inferno, poichŽ sei mio ma appartieni anche a questa stalla. Perci˜, caro
Faust, differisci le tue conoscenze sull'inferno e chiedi altre cose; poichŽ,
credimi, ci˜ che ti dovrei raccontare, ti potrebbe far scorgere tali
pentimenti, amarezze e preoccupazioni che tu stesso non vorresti avere mai
fatto questa domanda. La mia opinione quindi ancora di lasciar perdere.È
Il dottor Faust
rispose: ÇVoglio saperlo o non vivo pi, devi dirmelo.È ÇVa bene,È disse lo
spirito, Çte lo dico, in fondo non mi dˆ un gran disturbo. Tu vuoi sapere come
sia l'inferno? L'inferno ha diversi aspetti, ciascuno con una propria logica
ragione. Ad esempio l'inferno viene comunemente detto arido e assetato perchŽ l'uomo
non vi pu˜ trovare alcun ristoro o frescura. Si ritiene inoltre che esso sia
una valle non lontana da Gerusalemme, ed giusto. Ma questa valle di una
tale vastitˆ e profonditˆ che la Gerusalemme che fronteggia soltanto quella
celeste, con i suoi abitanti e il trono del cielo, e i dannati devono vivere
per sempre nel deserto di questa valle senza poter guadagnare le soglie di
questa Gerusalemme. L'inferno viene detto "piazza", ma una piazza
tanto grande che i dannati che la abitano non possono vederne la fine.
L'inferno viene detto ardente perchŽ vi deve ardere tutto ci˜ che vi giunge,
come una pietra in una fornace; e come la pietra che ardendo nel fuoco non si
brucia nŽ si distrugge, ma diventa soltanto pi dura, cos“ l'anima del dannato
brucerˆ in eterno in un fuoco che non potrˆ distruggerla ma le provocherˆ
soltanto tormento. L'inferno si chiama anche pena eterna perchŽ non ha inizio
nŽ speranza di fine. Si chiama anche tenebra, buia come il buio di una torre,
poichŽ senza luce nŽ bagliori, infatti non vi si pu˜ scorgere nŽ il sole, nŽ
la luna, nŽ la grandezza di Dio. Il buio della notte pi cupa e tenebrosa,
sarebbe giˆ come luce, se il dannato potesse sperarvi. L'inferno ha un dirupo
che si chiama Chasma; ed un baratro di infinita e insondabile profonditˆ
sempre scosso da terremoti e continuamente flagellato dai venti; l'inferno
costituito anche da una uscita ora larga, ora stretta, poi ancora larga e cos“
via; l'inferno chiamato anche pietra, una pietra dalle forme emblematiche del
sasso, scopulus,
rupes e cautes, ecco cosa . Dio non concep“
l'inferno come il cielo che sta sopra una erta rocciosa circondato e protetto
da mura e da terra, bens“ come una voragine il cui duro fondo irto di rocce
appuntite come le cime dei monti. L'inferno chiamato anche carcer, poichŽ il dannato vi deve
restare prigioniero per l'eternitˆ. Inoltre chiamato damnatio, perchŽ l'anima vi viene
giudicata e condannata al carcere eterno e il giudizio dei colpevoli e dei
malfattori viene esercitato come in qualunque pubblico tribunale.
ÇSi chiama anche pernicies
ed exitium, dallo sfacelo cui vanno incontro
le anime dannate alla pena eterna.
ÇSi chiama anche confutatio, damnatio e condemnatio, cio rifiuto e segregazione
dell'anima nel baratro dato che l'uomo vi si getta volontariamente come uno che
salito su un picco a grande altezza insiste a guardar gi nella valle fino a
perdere l'equilibrio; talora la disperazione preclude all'uomo il raziocinio ed
egli non vede la realtˆ, e quindi se egli cade, tanto pi in fondo deve finire
quanto pi in alto si era elevato, giacchŽ era salito con l'intenzione di
buttarsi. La stessa cosa accade alle anime dannate gettate nell'inferno, chi
pi ha peccato tanto pi in fondo deve cadere. é comunque impossibile con un
atto speculativo della mente umana capire cosa sia l'inferno e in quale modo
l'ira divina si sia estrinsecata in codesto regno costruito e creato per i
dannati; poichŽ esso ha molti nomi e fra gli altri: luogo della vergogna,
abisso, vendetta, baratro e imo degli inferi. Le anime dei dannati infatti non
solo vivono il lamento e la pena del fuoco eterno, ma devono anche sopportare
l'onta, l'umiliazione e lo scherno della assenza di Dio e dei suoi santi,
perci˜ questo luogo viene chiamato luogo della vergogna e della vendetta.
L'inferno un insaziabile abisso che costantemente tende al possesso di nuove
anime, seducendole e spingendole alla dannazione, se dannate ancora non sono.
Quindi, dottor Faust, visto che hai voluto sapere cosa l'inferno, arrangiati
a capirlo. Sappi inoltre che l'inferno l'angoscia della morte, il calore del
fuoco, la tenebra della terra, l'oblio di ogni bene, per cui mai fine fu
pensata dalla mente divina, essa ha supplizi e lamenti e un eterno fuoco
inestinguibile; dimora di tutti i draghi, i vermi, i mostri degli inferi,
dimora dei demoni cacciati, puzzo di acqua, zolfo e pece e di tutti gli
elementi combustibili: e questa la mia prima e seconda risposta. Come terzo
punto mi chiami a informarti del pianto e dei dolori che i dannati devono e
dovranno sopportare nell'inferno, ma per questo potresti vedere le Scritture
che a me sono precluse. Comunque come l'inferno penoso da vedersi e da
descriversi, anche insopportabilmente penoso come condizione e voglio
renderti pienamente edotto di ci˜ che affrontano. I dannati, come ti ho giˆ
dettagliatamente raccontato, vengono quivi tutti accolti, poichŽ, come vero
che ti parlo, l'inferno, il ventre delle donne e la terra non sono mai sazi,
quindi non vi sarˆ mai nŽ fine nŽ tregua. I dannati tremeranno e si
lamenteranno dei loro peccati e della loro malvagitˆ e leveranno grida
lamentose per l'orrore della dannazione e del puzzo infernale. Si udranno
invocazioni a Dio, lamenti, tremiti, paure, grida amare di dolore, urla e
pianti. E come potranno non gridare le loro angosce, i loro dolori, i loro
tormenti quando saranno al cospetto dei santi, dei beati, dei timorati di Dio
cui saranno dovuti gioia ed onore eterno, mentre ad essi eterno dolore?
ÇSi udranno
allora pianti e lamenti che supereranno tutti gli altri, e ci˜ perchŽ non
essendo uguali tutti i peccati, anche le pene saranno difformi. I dannati si
lamenteranno del gelo insopportabile, del fuoco inestinguibile, della tenebra
profonda, del puzzo, dell'eterna flagellazione, della presenza dei diavoli,
della privazione di ogni bene. Le loro pene li porteranno chi al pianto, chi
allo stridor di denti, chi ad odorare indicibili lezzi, chi a gridare dal
dolore, chi ad udire urla terrificanti, chi al tremore delle mani e dei piedi.
Essi si morderanno la lingua dal dolore e desidereranno la loro morte, e
volentieri morirebbero, ma la loro morte fuggirˆ da loro, il loro martirio e la
loro pena diverranno ogni giorno pi grandi e pi insopportabili. E cos“, mio
signore Faust, dopo la prima e la seconda ha avuto soddisfazione la tua terza
domanda.
ÇIn quarto e
ultimo luogo mi poni anche una domanda riguardante Dio, e cio se Dio
riprenderˆ in sua grazia i dannati oppure no. Ebbene, qualsiasi sia l'effetto,
io ti risponder˜, e come giˆ prima quando abbiamo considerato l'inferno, la sua
essenza e come sia stata creata dall'ira divina, vediamo se anche ora possiamo
dare valide spiegazioni. Sappi per˜ che la risposta che ti dar˜ in seguito,
caro signor Faust, ti sarˆ molesta, dato il patto che hai fatto. Tu mi chiedi
infatti se i dannati dell'inferno possono nuovamente ottenere il perdono e la
grazia di Dio, e qui devo rispondere di no, perchŽ tutti coloro che Dio ha
cacciato e che sono nell'inferno devono bruciare eternamente nell'ira e nella
disgrazia divina, devono rimanervi per sempre e per essi non vi pi speranza,
s“, perchŽ se essi potessero tornare in grazia di Dio, come noi spiriti
speriamo ed aspettiamo costantemente, se ne rallegrerebbero ed attenderebbero
pieni di speranza questo momento.
ÇMa come i
diavoli nell'inferno possono sperare ben poco di giungere alla grazia essendo
caduti ed essendo stati cacciati, cos“ poco possono sperarvi i dannati; poichŽ
non vi nulla da sperare, non saranno esaudite nŽ le suppliche, nŽ le preci,
nŽ i sospiri, ma la loro coscienza verrˆ ridestata e gettata innanzi ai loro
occhi.
ÇCos“ quando un
imperatore, re, principe, conte od altro notabile si lamenterˆ, saprˆ che se
non avesse fatto il tiranno, e governato con arroganza per tutta la vita, ora
otterrebbe il perdono di Dio, ed altrettanto il ricco se non fosse stato
tracotante, l'adultero e l'epicureo se non fossero stati osceni, adulteri e
lascivi.
ÇIl crapulone, il
giocatore, il bestemmiatore, il ladro, lo spergiuro, il borsaiolo e l'assassino
penseranno che se quotidianamente non avessero soddisfatto i loro istinti con i
piaceri lussuriosi della carne, con banchetti e libagioni, se non avessero
giocato, bestemmiato Dio, spergiurato, mentito, rubato ed ucciso, potrebbero
ancora sperare nella grazia, ma i loro peccati sono troppo grandi per poter
essere perdonati, e perci˜ devono sopportare queste punizioni e tormenti
infernali, devono essere dannati in eterno e non possono sperare da Dio alcun
perdono o grazia. Devi quindi sapere, mio signor Faust, che per i dannati non
giungerˆ mai il momento in cui potranno venir liberati da tale tormento.
Infatti se essi potessero avere una speranza di libertˆ anche soltanto pari a
quella di chi voglia prosciugare il mare goccia a goccia, giorno dopo giorno, o
di chi aspetti che scompaia una montagna di sabbia alta fino al cielo perchŽ
ogni anno un piccolo uccello ne asporta un granellino non pi grande di un
chicco di fagiuolo, potrebbero giˆ rallegrarsi; ma qui non v' alcuna speranza
che Dio si ricordi di loro, nŽ che di loro possa avere pietˆ: essi giaceranno
negli inferi, immobili come gambe di morto, la morte e la loro coscienza li
struggeranno, e la sicurezza e la disperata fiducia che essi hanno posta in Dio
non solo non verranno esaudite, ma nemmeno ascoltate.
ÇS“, se tu ti
potessi rifugiare nell'inferno finchŽ tutte le montagne cadessero una
sull'altra in un mucchio e fossero sospinte da un luogo all'altro, finchŽ tutte
le pietre venissero spinte in mare, vi meno speranza di una soluzione di
quanto ve ne sia di far passare un elefante o un cammello nella cruna di un
ago, o di contare una ad una le gocce della pioggia.
ÇCos“ mio caro
signor Faust ti ho dato la quarta ed ultima risposta, sappi comunque che se
tornerai nuovamente su questi argomenti, io sar˜ sordo alle tue istanze, e
poichŽ non sono tenuto a darti tali spiegazioni, sollevami per l'innanzi dal
peso di tali dispute e domande.È
Il dottor Faust
lasci˜ lo spirito col cuore pieno di dubbi e di turbamenti, i suoi pensieri
correvano dall'una all'altra cosa, e quanto aveva udito lo tormentava giorno e
notte, egli era pieno di incertezze, ma, come giˆ detto, il demonio lo aveva
talmente posseduto, indurito, accecato e imprigionato, che ogniqualvolta egli
voleva ripensare in solitudine alle parole di Dio, questi gli appariva sotto le
sembianze di una donna stupenda, che lo abbracciava e gli si concedeva in ogni
sorta di peccaminosa intimitˆ tanto da fargli immediatamente scordare le parole
divine e lo spingeva nell'uragano del suo folle progetto.
XVII ¥
UN ALTRO COLLOQUIO DEL DOTTOR FAUST CON IL SUO SPIRITO
Il dottor Faust
evoc˜ di nuovo il suo spirito e pretese che questa volta gli accordasse un
colloquio.
L'argomento della
domanda contrariava lo spirito che si era sempre rifiutato di rispondere, ma
questa volta, pur mostrando disappunto, volle accondiscendere, a patto che non
si tornasse pi sull'argomento e disse: ÇCosa vuoi da me?È e il dottor Faust:
ÇVoglio conoscere la tua opinione in merito: se tu fossi come me uomo creatura
di Dio, cosa faresti per piacere a Lui e agli altri uomini?È Lo spirito sorrise
e disse: ÇMio caro Faust, se io fossi un uomo come te, mi inchinerei a Dio, e
fin che avessi respiro mi adoprerei per non scatenare l'ira divina contro di me
rispettando fino all'impossibile la legge, gli ordini e i divini insegnamenti,
e pur di essere gradito a Dio vorrei soltanto invocarlo, lodarlo, onorarlo,
apprezzarlo per essere sicuro che dopo la mia morte otterr˜ la mia eterna
gioia, la gloria, la santitˆ.È
Il dottor Faust
rispose: ÇMa io non ho fatto tali cose.È ÇCerto,È disse lo spirito, Çtu non le
hai fatte ma hai tradito il tuo creatore che ti ha dato la parola, la vista,
l'udito per capire la sua volontˆ e vedere la eterna beatitudine ed hai fatto
mal uso del magnifico dono della tua intelligenza; hai rifiutato Dio e tutti
gli uomini, e non devi incolpare altri che la tua sfacciata e superba
tracotanza, se hai perso la pi bella gemma che ti ornava e l'onore di poterti
rifugiare in DioÈ.
ÇQuesto purtroppo
vero,È disse il dottor Faust Çma tu, Mefistofele, vorresti essere uomo al
posto mio?È ÇS“,È disse lo spirito, Çe se pure avessi giˆ peccato vorrei
nuovamente tornare in grazia di Dio.È Rispose Faust: ÇAllora anch'io avrei
fatto ancora in tempo a ravvedermi?È ÇCerto,È disse lo spirito, Çpur con le tue
gravi colpe avresti potuto tornare in grazia di Dio, ma ora troppo tardi, ora
l'ira divina incombe su di te.È ÇLasciami in pace,È implora il dottor Faust e
lo spirito risponde: ÇE anche tu lasciami in pace risparmiandomi queste
domande.È
SEGUE
ORA LA SECONDA PARTE DI QUESTI RACCONTI DEDICATI ALLE AVVENTURE DI FAUST ED
ALTRI QUESITI
XVIII
¥ QUANDO IL DOTTOR FAUST NON POTƒ PIô PRETENDERE DALLO SPIRITO RISPOSTE SUGLI
ARGOMENTI DIVINI, DOVETTE DEDICARSI AD OPERE BUONE E SI DEDICñ
ALL'APPRONTAMENTO DI CALENDARI E DIVENNE AL CONTEMPO BUON ASTRONOMO ED
ASTROLOGO BEN EDOTTO DAL SUO SPIRITO SULLA CONOSCENZA DEGLI ASTRI E SULL'ARTE
DI COMPILARE ALMANACCHI. ED ERA VERAMENTE BEN INFORMATO DI TANTE COSE
Tutto quel che
egli aveva scoperto e scritto raccolse le lodi di tutti i matematici. Ed anche
gli almanacchi che egli invi˜ ai pi grandi principi e signori erano la
dimostrazione pratica di come fossero redatti sulla scorta delle informazioni
avute dallo spirito, infatti tutte le previsioni che vi erano scritte, si
avverarono puntualmente. Furono altrettanto apprezzati i suoi calendari e i
suoi almanacchi che a differenza di quelli degli altri astrologhi riportavano
solo eventi di cui Faust aveva perfetta conoscenza, e se egli scriveva nebbia,
vento, neve, umido, caldo, tempesta, grandine ecc., tutto si avverava. I suoi
calendari non erano come quelli di molti astrologhi buffoni che prevedevano
solo cose risapute e generiche come freddo e gelo nell'inverno e nell'estate
caldo, tuono, e temporali, anzi, come giˆ detto, essi riportavano esattamente
giorno e ora di tutto ci˜ che sarebbe accaduto, avvertendo cos“ questo o quel
signore di una carestia o di una guerra o della morte ecc.
XIX ¥
UNA DOMANDA O DISCUSSIONE SULL'ARTE DELL'ASTRONOMIA E ASTROLOGIA
Dopo che per due
anni il dottor Faust si fu dedicato alla compilazione di almanacchi e
calendari, chiese al suo spirito quali possibilitˆ offrivano, nella astronomia
e astrologia, i normali metodi di indagine dei matematici.
Lo spirito gli
rispose: ÇMio signor Faust risaputo che tutti gli studiosi degli astri e dei
cieli non possono con sicurezza adottare alcuno schema particolare, e che
esistono momenti occulti della creazione divina che gli esseri umani non
possono vedere e tanto meno studiare, come facciamo noi spiriti che, muovendoci
nell'etere delle volte celesti siamo diventati, col tempo, ricchi di esperienza
sulla fatalitˆ divina. Io, signor Faust, potrei darti uno schema eterno, anno
dopo anno, e scrivere per te almanacchi e calendari o metterti a conoscenza
delle nascite, e come hai potuto vedere io non ti ho mai mentito. é ben certo
che gli antichi che hanno vissuto cinquecento o seicento anni or sono hanno
praticato e conosciuto cos“ profondamente tale arte da predire tali avvenimenti
a cui i posteri daranno conferma e spiegazione quando, dopo tanto tempo,
giungerˆ il grande anno. Oggi invece i nuovi astrologi, molto meno esperti,
fanno le loro predizioni, poi accada quel che accada.È
XX ¥
DELL'INVERNO E DELL'ESTATE
A Faust pareva
strano che Dio avesse posto sul nostro pianeta le cause dell'alternanza
dell'estate e dell'inverno, si propose quindi di interrogare lo spirito sul
significato e sull'origine di queste stagioni. Lo spirito soddisfece la sua
curiositˆ molto brevemente: ÇMio signore Faust, non puoi tu come fisico capire
tali avvenimenti dagli astri? Sappi allora che negli astri, dalla luna alle
stelle, tutto fuoco, viceversa la terra fredda e gelida, quindi tanto pi
basso risplende il sole, tanto pi vi sarˆ caldo e cos“ si origina l'estate, se
il sole alto allora si avrˆ il freddo e con esso l'inverno.È
XXI ¥
DISPUTA DEL CORSO DEL CIELO, DELLA SUA MAGNIFICENZA, DELLA SUA ORIGINE
Il dottor Faust
(come si giˆ detto prima) non poteva pi cimentare lo spirito con problemi
divini e celesti, e ci˜ gli procurava immenso dolore e lo angustiava giorno e
notte, ed egli quindi, chiedendo delle creature divine e della loro creazione
per avere migliori notizie e con le buone maniere, non chiese apertamente di
conoscere la gioia dei beati e degli angeli come fece a proposito delle pene
degli inferi, poichŽ sapeva bene che su questi argomenti non sarebbe pi stato
ascoltato dallo spirito, quindi, per conoscere ci˜ che lo interessava, doveva
falsare lo scopo della sua domanda; perci˜ egli decise di interrogare
pretestuosamente lo spirito chiedendogli se queste conoscenze di astronomia,
astrologia e fisica potevano essere necessarie a uno studioso. Chiese quindi
allo spirito di essere edotto sul corso dei cieli, sulla loro origine, sulle
loro peculiaritˆ.
ÇMio signor
Faust,È rispose lo spirito, Çil Dio tuo creatore ha creato anche il mondo e
tutti gli elementi che stanno sotto la volta celeste; Dio all'inizio cre˜ il
cielo e lo cre˜ con l'acqua, poi separ˜ l'acqua dall'acqua e chiam˜ cielo il
firmamento. Il cielo quindi sferico ed dotato di un moto circolare, e
poichŽ deriva dall'acqua ha la compattezza e la struttura di un cristallo sin
nelle sue parti pi alte e dentro vi stanno puntate le stelle e partendo dalla
volta celeste il mondo viene diviso in quattro parti: oriente, occidente,
mezzogiorno e mezzanotte. Il cielo ha una rivoluzione tanto veloce che il mondo
si infrangerebbe se non lo impedissero i pianeti con il loro moto contrario. Il
cielo anche creato col fuoco e dove le nubi non lo mitigassero con la
frescura dell'acqua, il fuoco e la calura brucerebbero tutte le cose
sottostanti. All'interno del cielo, dove stanno le stelle, sono anche i sette
pianeti e precisamente: Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna.
Tutti i cieli hanno un loro movimento, solo il cielo del fuoco rimane fermo.
L'universo costituito dai quattro elementi fuoco, aria, terra, acqua: cos“ la
terra, le sue creature ed ogni cielo traggono da questi elementi la propria
materia e i propri caratteri e precisamente il cielo pi alto di fuoco,
quello di mezzo e quello di basso hanno la trasparenza e levitˆ dell'aria,
quindi un cielo splendente, gli altri due sono aerei. Il cielo di mezzo
possiede luce e calore a causa della vicinanza del sole, quello sottostante
per˜ freddo e buio perchŽ non raggiunto dal riflesso luminoso del sole, bens“
da quello opaco della terra in questo mondo cupo che noi spiriti e diavoli
viviamo da quando siamo stati cacciati. In questo cielo originano gli uragani,
i tuoni, i fulmini, la grandine, la neve e le intemperie, ed per questo che
noi conosciamo le condizioni atmosferiche ed il tempo che farˆ durante l'anno.
La volta celeste serra l'acqua e la terra con dodici cerchi, che prendono la
dizione di "cieli".È Lo spirito lo ragguagli˜ infine sulla posizione
e successione dei pianeti e di quanti gradi distino fra di loro i pianeti.
XXII ¥
IL DOTTOR FAUST CHIEDE COME DIO HA CREATO IL MONDO E COME é NATO IL PRIMO UOMO
E LO SPIRITO, SECONDO LA SUA NATURA, GLI DË UNA RISPOSTA COMPLETAMENTE ERRATA
Al dottor Faust,
triste e con l'animo turbato, appare lo spirito che cerca di consolarlo e gli
chiede cosa gli accaduto e quali siano i suoi dubbi e i suoi problemi, ma
Faust tace. Lo spirito allora insiste ed esige di essere messo a parte dei
turbamenti, perchŽ, se possibile, vuol essere d'aiuto. Il dottor Faust
risponde: ÇIo ti ho voluto al mio servizio e i tuoi servigi mi costano cari,
per˜ non posso esigere da te la disponibilitˆ che si conviene a un qualunque
servo.È Lo spirito replica: ÇMio signor Faust, tu sai che non ti ho mai
contrariato, anzi, mi sono sempre posto ogni volta al tuo servizio come tu
desideravi, sebbene spesso non fossi tenuto a rispondere alle tue domande,
quindi, signor Faust, dimmi anche ora cosa desideri conoscere.È
Lo spirito aveva
cos“ riguadagnato il cuore del dottor Faust che gli chiede di conoscere come
Dio cre˜ il mondo e il primo uomo, ed egli rispose dando al dottor Faust una
informazione falsa e blasfema: ÇIl mondo, mio caro Faust, non ha mai avuto
origine e mai avrˆ fine, e cos“ il genere umano che con esso coesiste fin dalla
eternitˆ; la terra si costituita da sola e il mare si spontaneamente
separato da essa e, come fossero due entitˆ pensanti, si sono amichevolmente
accordate: la terra voleva in suo dominio dal mare, campi, prati, boschi, erba
e foglie, dal canto loro le acque chiedevano i pesci e tutto ci˜ che vive sotto
la loro superficie. Solo l'uomo e il cielo Dio volle creare, perchŽ gli
dovessero sottostare. é cos“ che da un unico elemento nacquero quattro
elementi: l'aria, il fuoco, l'acqua, e la terra. Ed ora non ho pi altro da
dirti.È
Il dottor Faust
medit˜ a lungo su queste rivelazioni, diverse da quelle che Mos aveva fatto
nel primo capitolo della Genesi e da lui ritenute pi valide e non si sent“ soddisfatto di
quanto aveva udito.
XXIII
¥ DI COME FURONO PRESENTATI AL DOTTOR FAUST, COL LORO VERO ASPETTO, TUTTI GLI
SPIRITI INFERNALI, TRA CUI I SETTE PIô FAMOSI CHIAMATI PER NOME
Quando il
principe e vero maestro del dottor Faust volle mostrarglisi, il dottor Faust si
spavent˜ non poco del suo aspetto orripilante, e nonostante si fosse in piena
estate, emanava dal diavolo un tal gelo che Faust temette di rimanere
assiderato. Il diavolo, di nome Belial, gli si rivolse: ÇDottor Faust, sei
stato svegliato nel cuore della notte perchŽ io, leggendo nei tuoi pensieri, ho
visto che avresti desiderato vedere gli spiriti degli inferi, almeno i pi
importanti ed per questo che io sono qui coi miei servi e i miei consiglieri
fra i pi importanti cos“ che tu possa vederli come desideri.È Il dottor Faust
rispose: ÇVa bene, e dove sono dunque?È ÇQui fuori,È disse Belial che era
apparso al dottor Faust come un orso irsuto e nerissimo con le orecchie dritte
e rosse e il grugno rosso come brace, denti enormi e bianchissimi e una coda
lunga tre braccia e le spalle dotate di tre ali remiganti. Quindi, uno dopo
l'altro tutti gli spiriti entrarono nella stanza del dottor Faust tanto da non
potere neppur prendervi posto insieme, e Belial di volta in volta ragguagliava
il dottor Faust su chi fossero e che nome avessero. Entrarono dapprima i sette
spiriti pi importanti: Lucifero, il vero padrone del dottor Faust, che gli si
era venduto, ed aveva l'aspetto di un uomo alto, villoso ed irsuto, rosso di pelo
come gli scoiattoli e come questi, con la coda ritta di sopra al dorso; poi
venne Belzeb, bucefalo, chiaro di pelo, ma molto irsuto, con due orribili
orecchie, la coda di vacca e due grandi ali ispide come i cardi dei campi, per
metˆ verdi e per metˆ gialle vampanti fiumi di fuoco. Poi entr˜ Astarotte, il
serpe, che non avendo piedi avanz˜ dritto sulla coda che aveva il colore degli
orbettini, il ventre, sormontato da due piccoli arti intensamente gialli, era
enorme, bianco giallastro, il dorso aveva un colore bruno castagna e portava
pungenti aculei e setole lunghe quanto un dito, come i ricci. Poi entr˜
Satanasso, bianchissimo e irsuto, con la testa d'asino e la coda di gatto e gli
unghioni lunghi un braccio.
Anubi, con la
testa di cane, bianco con marezzature nere e nero con marezzature bianche, gli
arti e le orecchie pendule erano del cane, ed era alto quattro braccia. Dopo di
che entr˜ Diticano, lungo circa un braccio, aveva l'aspetto di una gran pernice
e il collo era verde e bigio. L'ultimo fu Dracus, con quattro arti, il ventre
giallo e verde, il dorso blu e marrone e la coda rossa come il fuoco. E cos“,
in quest'ordine e con questo aspetto apparvero i sette pi Belial, l'ottavo,
loro capo. Anche gli altri apparvero sotto analoghe spoglie di animali come
porci, caprioli, cervi, orsi, lupi, scimmie, castori, bufali, montoni, camosci,
cinghiali, asini e simili ed erano tanti che molti dovettero prendere posto
fuori dalla stanza.
Il dottor Faust
si riemp“ di stupore e di meraviglia a questa apparizione e chiese ai sette
presenti come mai non avessero scelto altri aspetti per mostrarsi ed essi
risposero che questo era il loro vero aspetto nel regno degli inferi, ma che
comunque avrebbero potuto assumere, per mostrarsi al genere umano, tutti gli
aspetti che avessero voluto.
A questo punto il
dottor Faust disse che la presenza dei sette diavoli maggiori era sufficiente e
preg˜ pertanto di accomiatare gli altri, quindi chiese che gli dessero una
prova delle loro possibilitˆ trasformandosi ciascuno in diverse specie di
animali, uccelli, serpi e mammiferi. Il fenomeno strabili˜ molto il dottor
Faust e gli piacque a tal punto che chiese se anche a lui fosse concesso di
farlo. I diavoli gli risposero affermativamente e gli lasciarono uno scritto
magico che gli permetteva di effettuare la sua prova, cosa che fu fatta per
l'appresso. Prima che i diavoli si congedassero definitivamente il dottor Faust
potŽ chiedere come e perchŽ fossero stati creati gli insetti molesti e i
parassiti in genere; essi risposero che i parassiti erano comparsi dopo la
caduta dell'uomo per molestarlo e dargli danno e che anche loro i diavoli
potevano mutarsi non solo in animali ma anche in insetti. Il dottor Faust rise
e desider˜ vedere tali cose il che accadde. Non appena scomparvero i diavoli,
la casa del dottor Faust fu completamente invasa da ogni specie di insetti,
formiche, sanguisughe, locuste, grilli e cavallette che iniziarono a
tormentarlo senza che lui per quanto adirato potesse fare nulla: le formiche lo
tormentavano aggredendolo da ogni parte, le api lo pungevano, le mosche lo
solleticavano al collo, le pulci lo pungevano, i pidocchi lo molestavano sul
cranio e fra gli indumenti, i ragni gli camminavano sul corpo, i vermi gli
strisciavano addosso e le vespe lo straziavano. Egli era a tal punto e
inverosimilmente tormentato da questa torma di insetti che giustamente pens˜
che fossero tutti dei diavoli minori. A questo punto Faust, non sopportando pi
oltre, fugg“ dalla stanza, e non appena fu fuori ogni tormento cess˜ e gli insetti
scomparvero tutti quanti istantaneamente.
XXIV ¥
IL DOTTOR FAUST VISITA L'INFERNO
Erano ormai
trascorsi otto anni e Faust continuava a rimandare di giorno in giorno la
realizzazione del suo disegno pi importante, passando il tempo in ricerche,
disquisizioni, quesiti ed ammaestramenti; ma era la visita all'inferno che lo
faceva fremere, all'un tempo, di desiderio e di terrore tanto che un giorno
egli chiese al suo servo Mefistofele di portargli il proprio capo Belial,
oppure Lucifero.
Gli fu inviato il
diavolo Belzeb, uno degli spiriti sub-celesti, che gli chiese cosa volesse e
Faust rispose che desiderava essere condotto all'inferno da uno spirito per
vederne e conoscerne l'aspetto, le strutture, la logica e la sostanza ed essere
riaccompagnato sulla terra dopo a visita. Belzeb rispose che ci˜ si poteva
fare e che sarebbe stato ai suoi ordini allo scoccar della mezzanotte. Cos“,
quando fu notte fonda e buio pesto, gli apparve Belzeb con le terga
completamente serrate da una protuberanza ossea a mo di scanno, in cui prese
posto Faust e si part“.
Ora uditemi bene
come il diavolo gli tolse la facoltˆ di vedere e di pensare mentre lo conduceva
all'inferno: il demone si alz˜ nell'aria, e l“ il dottor Faust fu preso dalla
piacevole sensazione di stare in un bagno caldo e si addorment˜ profondamente.
Quando Faust si dest˜, si trovavano su un picco montuoso nel mezzo di una
grande isola cosparsa di pece e vapori di zolfo e squassata continuamente da
fulmini e immense vampate, il cui fragore aveva destato Faust. A questo punto
Belzeb, che aveva assunto le parvenze di un drago, si lanci˜ col dottor Faust
nel baratro, dove, nonostante gli incandescenti livori del fuoco, Faust, non
solo non prov˜ dolore nŽ altre sensazioni moleste, ma percep“ la piacevole frescura
di uno zefiro primaverile. Il dottor Faust ud“ anche una dolce musica in cui si
fondevano le voci di tutti gli strumenti musicali, ma di cui non potŽ scorgerne
alcuno, tanto era il bagliore del fuoco, e nel contempo non aveva possibilitˆ
di fare domande, perchŽ ci˜ gli era stato categoricamente proibito fin
dall'inizio del viaggio. Frattanto altri tre demoni, che come Belzeb avevano
assunto le sembianze di draghi, principitarono a precederli nel volo, e come
furono scesi pi in basso furono aggrediti da un gran cervo alato che con le
immense corna ed accanito furore tent˜ di disarcionare Faust che temette di
precipitare nel baratro; ma i tre draghi che volavano innanzi allontanarono il
cervo.
Pi gi nel
baratro, non si fanno pi intorno a Faust animali alati, ma vipere, vipere
indicibilmente grandi, per cui vennero in suo aiuto orsi alati che dopo una
aspra lotta misero in fuga le vipere rendendogli pi sicuro e spedito il
cammino. Sceso pi oltre, si fa innanzi un toro alato che esce dalla breccia antica
di una buia spelonca e rampando furiosamente aggredisce il dottor Faust
disarcionandolo con un cozzo tremendo che lo ribalta con l'arcione e la
cavalcatura facendolo piombare nel baratro. Durante la caduta il dottor Faust
era atterrito nel non vedere pi la sua guida e pens˜ che fosse ormai giunta la
sua ultima ora, ma una vecchia scimmia grinzosa lo afferr˜ nel precipizio e
sostenendolo lo salv˜. Frattanto una fitta caligine copr“ l'inferno, ed egli
per un attimo non potŽ scorgere pi nulla, poi apparve una nube sormontata da
due grandi draghi che trainavano un cocchio su cui la vecchia scimmia lo pos˜.
Poi, per circa un quarto d'ora, cadde una profonda tenebra e il dottor Faust
non potŽ pi individuare la sagoma nŽ della carrozza nŽ dei draghi, che si
dirigevano sempre correndo verso il basso. Egli rivide destrieri e carrozze non
appena scomparve questa nebbia fitta, fetida e tenebrosa, ma a questo punto
l'aria si emp“ di fulmini la cui violenza vinse il coraggio del dottor Faust e
lo fece tremare. Nel frattempo si era giunti a un gran lago tempestoso nel
quale i draghi si tuffarono, ma il dottor Faust non si sent“ bagnato quando le
onde si richiusero sopra di lui, avvert“ invece un gran caldo, perse destrieri
e carrozze e precipit˜ sempre pi a fondo in quelle orrende acque, finchŽ si
ferm˜ su un picco alto e appuntito. Su questo picco egli sedette stremato e
scrut˜ intorno, ma non riusc“ a vedere ed udire nulla e nessuno; guardava
ancora fisso nel baratro quando avvert“ una brezza, ma attorno a lui non v'era
null'altro che acqua.
Il dottor Faust
disse fra sŽ: ÇEd ora cosa vuoi fare, cos“ abbandonato dagli spiriti degli
inferi, o marcire qui o precipitarti nel baratro fra l'acqua.È Il dottor Faust
in preda alla collera ed alla disperazione e ad una paura tanto grande quanto
insensata si gett˜ nel baratro infuocato gridando: ÇO spiriti delle tenebre
eccovi il mio olocausto a cui la mia mente mi ha costretto e che io ho ben
meritato.È
Mentre
precipitava si ud“ un tremendo fragore che squass˜ la rupe e la montagna tutta,
tanto da parere il rombo di enormi cannoni. Quando tocc˜ il fondo del
precipizio egli scorse nel fuoco molti uomini di stato, imperatori, re,
principi, signori, condottieri e guerrieri in armi a migliaia. Tra le fiamme
scorreva un rivo d'acque gelide, da cui molti bevevano, altri cercavano
ristoro, altri vi erano immersi; molti passavano dal gelo a bruciare sul fuoco.
Il dottor Faust entrato fra le fiamme volle afferrare una di quelle anime ma
essa gli sfuggiva dalle mani ogni qualvolta pensava di averla afferrata.
Ben presto per˜
il calore fu tale da impedirgli di rimanere pi a lungo in quel luogo, fu qui
che volgendo intorno lo sguardo vide riapparire il suo drago Belzeb con lo
scanno sul dorso, su cui si accomod˜ per riguadagnare nuovamente le alture non
potendo sopportare pi a lungo gli uragani, le nebbie, il fuoco, il fumo, lo
zolfo, il caldo, il gelo, i lamenti, le grida, lo stridor di denti, il dolore,
la pena.
Il dottor Faust
mancava da casa da gran tempo, ma il suo famulo sapendo che voleva visitare
l'inferno, pens˜ che si fosse trattenuto pi a lungo, perchŽ era tanto il suo
desiderio di conoscere, che avrebbe anche potuto rimanere fuori in eterno. Nel
frattempo per˜, giunta la notte, il dottor Faust fu di nuovo a casa; essendosi
addormentato nel suo scanno, lo spirito lo infil˜ dormiente nel suo letto, e
quando il mattino successivo il dottor Faust rivide la luce del giorno, ne fu
abbagliato come se fosse stato per parecchio tempo nella fitta tenebra di una
cella segreta, infatti per tutto quel tempo non aveva visto altro che gli
infuocati fiumi dell'inferno con tutto il loro ardore tormentoso. AllorchŽ il
dottor Faust, disteso nel suo letto, ripens˜ all'inferno, dapprima ricord˜ con
certezza di esservi disceso, ma immediatamente dopo fu assalito dal dubbio che
le atrocitˆ da lui viste fossero soltanto vuote apparenze frutto di un
sortilegio del diavolo, il che poteva anche essere; comunque, anche se quanto
da lui visto non fosse stato il vero inferno, non avrebbe certo cercato di
rivederlo.
Questi fatti sono
la cronaca di quanto il dottor Faust ha visto, o ha creduto di vedere,
nell'inferno, cos“ come egli stesso ha annotato su un manoscritto trovato dopo
la sua morte riposto in un libro che gli apparteneva.
XXV ¥
COME IL DOTTOR FAUST HA VISITATO IL FIRMAMENTO
Anche questa
storia fu trovata presso di lui, in un manoscritto indirizzato ad un suo caro
amico, certo Giovanni Vittorio, medico a Lipsia, in cui raccontava quanto
segue: Caro signore e fratello, ben ricordo ancora, come anche voi del resto,
la nostra giovinezza e i nostri studi, di quando si stava insieme a Wittenberg
e di come voi vi occupaste sin dall'inizio di medicina, astronomia, astrologia,
geometria, diventando poi un ottimo fisico. Io invece, che come ben sapete
avevo interessi diversi dai vostri, ho studiato teologia, divenendo peraltro in
questa scienza esperto quanto voi nelle vostre, al punto che mi avete
consultato parecchie volte quando avevate necessitˆ di informazioni ed io, come
dite anche nel vostro scritto, non ve le ho mai rifiutate, anzi vi invito anche
ora a cercarmi ogni qual volta lo riteniate necessario. Vi ringrazio anche
degli elogi di cui mi fate tributo affermando che i miei calendari ed
almanacchi godono i favori non solo di pochi cultori, ma di larghi strati di
pubblico, dalla piccola borghesia, ai principi, nobili e conti e di ci˜ devo
darvi conferma.
Nel vostro
scritto mi pregate anche di informarvi del mio viaggio nei cieli e fra i corpi
celesti, viaggio di cui voi avete avuto notizia e di cui mi chiedete conferma
perchŽ vi sembra impossibile che ci˜ possa mai accadere, ed aggiungete inoltre
che deve esserci sotto o lo zampino del diavolo, o qualche stregoneria.
Comunque la pensiate ci˜ accaduto veramente nei modi in cui vi dir˜ appresso,
come mi avete pregato di fare. Una volta in cui non riuscivo a dormire perchŽ
compilando i miei calendari ed oroscopi pensavo a come si potesse trarre dai
libri e dalle conoscenze comuni, attraverso una logica razionale, il modo di
conoscere e studiare il firmamento, nonostante sia invisibile all'umanitˆ e
agli studiosi perchŽ creata e posta nel mezzo dei cieli, sento alzarsi un
tremendo vortice di vento che si abbatte contro la mia casa tanto che si
spalancarono tutti i serrami ed io stesso fui preso da una grande paura,
contemporaneamente odo una voce cavernosa che mi dice: ÇSarˆ data soddisfazione
ai tuoi desideri e ai crucci angosciosi del tuo cuore.È Al che io rispondo: ÇSe
posso soddisfare quel che ora il mio pi grande desiderio allora vengo con voi.È
Mi fu risposto: ÇGuarda nella strada oltre la loggia.È Guardai e vidi una
carrozza avvolta da chiare e bianche fiamme volare dietro due draghi, ed
essendovi in cielo la luna ebbi anche modo di ben osservare i destrieri. Essi
avevano ali brune e nere maculate di bianco e cos“ pure il dorso, verdi e
gialli maculati di bianco il ventre, il capo, il tronco. La voce ordin˜ di
nuovo: ÇPrendi posto dunque e parti.È Io ribattei: ÇTi seguo, ma solo se potr˜
fare tutte le domande che vorr˜.È ÇS“,È rispose la voce, Çper questa volta ti
permesso.È Balzai allora in carrozza, presi posto sul sedile e si part“.
I draghi alati
puntarono verso l'alto e la carrozza si mosse con gran fragore, come se
corresse su pietre, e le ruote nella loro corsa vomitavano lingue di fuoco.
Tanto pi si saliva e tanto pi l'aria diventava buia, tanto da parermi di
passare dalla luminositˆ del giorno alla tenebra di una caverna, e tentavo di
scrutare, dall'alto dei cieli, gi in basso verso la terra. Il mio spirito e
servo che sedeva al mio fianco sulla carrozza not˜ il mio turbamento. Io gli
chiesi: ÇO mio Mefistofele, ma dove siamo diretti ora?È ed egli: ÇNon ti far
trarre in inganno,È rispose. E si and˜ sempre pi in alto. Ed ora voglio
raccontarvi ci˜ che vidi. PoichŽ era marted“ quando partii, ed era marted“
quando fui nuovamente a casa, il mio viaggio dur˜ otto giorni. Otto giorni in
cui non dormii e del resto non ebbi sonno, nŽ fame, nŽ sete per tutto il tempo
in cui rimasi fuori. Viaggiai sempre invisibile. Quando spunt˜ l'alba del
giorno seguente chiesi a Mefistofele: ÇMio caro, puoi pur sapere quanta strada
abbiamo giˆ percorso visto che posso desumere, guardando il mondo, che questa
notte ho fatto molta strada.È Mefistofele rispose: ÇMio Faust, sinora abbiamo
percorso quarantasette miglia in altezza.È Pi tardi guardai gi il mondo,
quando fu giorno, e vidi molte regioni, e reami e principati e fiumi e mari
tanto da poter vedere quasi tutta la superficie terrestre, Asia, Africa,
Europa. A questo punto chiesi al mio servo: ÇMostrami ora ed indicami una per
una col proprio nome, le varie regioni e principati.È
Egli si accinse a
farlo e mi disse: ÇGuarda, qui a mancina l'Ungheria, quest'altra la Prussia.
Laggi vi la Sicilia, la Polonia, la Danimarca, l'Italia e la Germania. Domani
vedrai l'Asia, l'Africa, item la Persia, la regione dei Tartari, l'India e
l'Arabia. E poichŽ soffia il vento, vediamo ora la Pomerania, la Russia e la
Prussia, insieme alla Polonia, alla Germania, all'Ungheria e all'Austria.È
Infatti il terzo giorno potei vedere la grande e la piccola Turchia, la Persia,
l'India e l'Africa. Vidi innanzi a me Costantinopoli, il mare persiano e
costantinopolese, vidi molte navi ed eserciti in armi avanzare e retrocedere e
Costantinopoli mi appariva come un piccolo borgo di tre case e gli uomini non
pi alti di un palmo. Quando intrapresi il viaggio si era di luglio e faceva un
gran caldo, e volgendo lo sguardo or qua or lˆ da est ad ovest, da sud a nord
vidi che in un luogo pioveva, in un altro infuriava un temporale, un altro era
flagellato dalla grandine e in un altro ancora era bel tempo; vidi insomma
tutto quanto accadeva nel mondo. Dopo che furono trascorsi otto giorni da
quando mi trovavo nello spazio volsi gli occhi verso l'alto e scrutando molto
lontano vidi il cielo ruotare cos“ velocemente quasi volesse spezzarsi in cento
pezzi e distruggere il mondo e il cielo era talmente luminoso da non poterlo
guardare molto a lungo ed era talmente caldo che avrei potuto bruciare se il
mio servo non mi avesse protetto con un po' di vento. Le nubi che noi vediamo
dalla terra sono sode e compatte come rocce e nuraghi e limpide come cristalli
e la pioggia che ne sgorga, fino a quando cade sulla terra talmente limpida
da essere trasparente. Le nuvole si muovono nel cielo velocemente e corrono
sempre da levante a occidente ed tanta la loro forza che portano nel loro
corso il sole, la luna, le stelle ed per questo che noi vediamo questi corpi
celesti muoversi da est a ovest. Essendo noi pi vicini al sole lo vedevo
grande come il fondo di una botte, era comunque pi grande della terra e io non
potevo vederne la fine. La luna inoltre riceve di notte la sua luce dal sole,
dopo che esso tramontato, per questo che di notte risplende di tanta luce e
vi cos“ chiaro in cielo; di notte sulla terra buio, ma nel cielo come
fosse giorno. E cos“ io vidi pi di quanto desiderassi. Una stella era pi
grande di metˆ terra, un pianeta grande quanto la terra: gli spiriti si
trovavano sotto il cielo, lˆ dove era l'aria. Durante la discesa guardai la
terra che mi pareva il tuorlo di un uovo, grande un palmo, e l'acqua che la
circondava aveva una estensione doppia. Cos“ giunsi a casa nella notte
dell'ottavo giorno e dormii per tre giorni consecutivi; dopo di che compilai
uno dei miei calendari ed almanacchi secondo quanto avevo visto. Io non v'ho
taciuto nulla, secondo i vostri desideri, ed ora consultate i vostri libri per
vedere se le cose non stiano come ve le ho raccontate, e riceviate i miei
cordiali saluti.
Dottor Faust
l'astrologo.
XXVI ¥
IL TERZO VIAGGIO DEL DOTTOR FAUST IN VARI REAMI E PRINCIPATI E IMPORTANTI CITTË
E PAESI
Il dottor Faust
il sedicesimo anno intraprese un viaggio, o meglio un vagabondaggio ed ordin˜
al suo spirito Mefistofele di accompagnarlo ovunque egli desiderasse.
Mefistofele allora si tramut˜ in destriero alato dall'aspetto di dromedario
pronto a recarsi dove il dottor Faust gli ordinasse. Nel suo vagabondaggio
Faust err˜ per ogni dove, nei principati della Pannonia, Austria, Germania,
Boemia, Slesia, Sassonia, Meissen, Turingia, Franconia, Svevia, Baviera,
Lituania, Livonia, Prussia, Russia, Frisia, Olanda, Vestfalia, Silandia,
Brabante, Fiandra, Francia, Spagna, Portogallo, Italia, Polonia, Ungheria e
torn˜ infine in Turingia, viaggi˜ per 25 giorni ma ancora non gli riusc“ di
vedere tutto ci˜ che avrebbe voluto; per questo intraprese un nuovo viaggio
montando la sua cavalcatura e giunse in prossimitˆ di Treviri, cittˆ che
desider˜ visitare soprattutto per le sue caratteristiche alto-franconi; egli fu
immediatamente colpito da un palazzo di meravigliosa fattura, edificato in
cotto e talmente ben fortificato da non temere alcun assalto nemico; egli vide
inoltre la chiesa in cui avevano sepoltura Simeone e il vescovo Popione,
edificata con pietre di incredibili dimensioni e ferro. Dopo di che si diresse
a Parigi, in Francia, dove ammir˜ molto l'universitˆ e l'antica scuola. Poi
Faust potŽ intraprendere tutti i viaggi verso cittˆ e campagne che desider˜
vedere; fra le altre si diresse a Magonza, lˆ dove il Meno confluisce nel Reno,
ma non vi si trattenne a lungo e si diresse verso la Campania nella cittˆ di
Napoli. Qui egli vide una moltitudine di chiese, conventi e case tanto grandi e
cos“ ben ornate da lasciarlo meravigliato. Qui vide anche un magnifico castello
con relativo borgo fortificato costruito con criteri talmente nuovi da renderlo
il pi importante fra tutte le analoghe costruzioni italiane che esso supera
sia per l'altezza, la grandezza, la robustezza delle strutture che per la
bellezza degli ornamenti, della torre, delle mura del palazzo e delle stanze.
Presso la cittˆ vi un colle chiamato Vesuvio che coperto di vigne, ulivi e
alberi da frutto di tale sorta e produce un vino di cos“ eccellente qualitˆ da
meritarsi il nome di vino greco. Di l“ appresso capit˜ a Venezia e fu colpito
dal vederla circondata dal mare e dal vedere i commercianti che trasportavano
sulle barche ogni tipo di merce, dai generi voluttuari a quelli di prima
necessitˆ e lo colp“ inoltre il fatto che in una siffatta cittˆ che non pu˜
produrre alcunchŽ, vi fosse tuttavia tanta abbondanza. Egli ammir˜ anche i
grandi palazzi, le torri slanciate e le magnifiche decorazioni delle chiese
fondate e innalzate in mezzo all'acqua. Egli, sempre in Italia, si dirige
successivamente verso Padova per visitarne l'Universitˆ. Questa cittˆ difesa
da un triplice muro circondato da fossati in cui corrono acque profonde.
All'interno delle mura vi la cittadella fortificata con parecchie costruzioni
fra cui una bella cattedrale e un municipio talmente bello da non esservene
alcuno in nessuna altra parte del mondo da poterglivisi paragonare. La chiesa
intitolata a sant'Antonio tale da non avere l'uguale in tutta Italia. Da qui
egli and˜ a Roma che sorge su un fiume chiamato Tevere, che scorre nel mezzo
della cittˆ. Sulla riva destra la cittˆ si estende in sette colli ed ha undici
porte od accessi. Poi vi il Vaticano, un colle su cui sorge la cattedrale e
il tempio di San Pietro. L“ sorge il palazzo del papa che circondato da un
meraviglioso giardino e appresso la chiesa del Laterano in cui viene conservata
ogni sorta di reliquie; essa anche chiamata Chiesa Apostolica ed certamente
una chiesa preziosa e famosa nel mondo.
Vide inoltre
numerose rovine di templi pagani, colonne ed archi la cui descrizione sarebbe
lunghissima, ma che il dottor Faust ebbe modo di ammirare come e quanto gli
piacque. Egli penetr˜, invisibile, anche nella residenza papale ove vide una
gran schiera di servi e cortigiani e una tal quantitˆ di piatti e cibi
destinati al papa da fargli esclamare, rivolto al suo spirito: ÇPer Bacco,
perchŽ il diavolo non mi ha fatto anche papa?È Qui, il dottor Faust vide
albergare tutte le passioni che lo avevano tormentato, orgoglio, insolenza,
superbia, presunzione, ingordigia, lussuria, adulterio, e tutte le perversioni
del papa e della sua ciurmaglia tanto che egli disse: ÇMi ritenevo un porco o
una troia del diavolo, ma ancora me ne manca; questi curiali sono invece tutti
porci e grossi ed anche giˆ pronti per essere cotti e arrostiti.È
PoichŽ di Roma
egli aveva udito tanto parlare, rimase colˆ, invisibile, per tre giorni e tre
notti nei palazzi papali e da quel momento non avrebbe nŽ mangiato nŽ bevuto
cos“ bene. Una volta egli si pose, invisibile, dinnanzi al papa, il quale si fa
il segno di croce prima di accingersi a pranzare, ogni volta che ci˜ accadeva
Faust gli soffiava in viso. Una volta inoltre il dottor Faust scoppi˜ in una
risata cos“ fragorosa che fu udito in tutta la sala, poi simul˜ un pianto
dirotto. PoichŽ i presenti non si capacitavano dell'accaduto, il papa li
convinse che vi era un'anima dannata che chiedeva l'indulgenza che egli
concedeva imponendo peraltro una penitenza. Il dottor Faust rise di tutto ci˜ e
gli piacque molto la messa in scena. Quando gli ultimi piatti furono portati
alla mensa papale, il dottor Faust, che aveva fame, alz˜ una mano, e subito
piatti e vivande volarono da lui che subito, insieme al suo spirito, si ritir˜
su un colle di Roma, chiamato Campidoglio, ove mangi˜ tutto quanto
allegramente.
Egli ordin˜ poi
al suo spirito di portargli il miglior vino della mensa papale, insieme ai
boccali ed alle brocche d'argento in cui era contenuto. Quando il papa assistŽ
alla sparizione di tutte queste sue cose, ordin˜ di suonare quella stessa notte
tutte le campane, di officiare messe e recitar preghiere per le anime dei morti
e con grande ira condann˜ Faust, o meglio la sua anima, a bruciare nel fuoco
del purgatorio. Il dottor Faust aveva nel frattempo fatto piazza pulita del
cibo e delle bevande pontificie. Le stoviglie d'argento furono per˜ ritrovate e
recuperate dopo la sua partenza. Quindi giunse la mezzanotte e Faust fu ben
sazio per tutti questi cibi, riprese il volo e riguadagn˜ con il suo spirito le
alte quote. Giunse cos“ a Milano che gli parve subito luogo ideale per una
salubre residenza in quanto vi un clima temperato, fresche acque, sette
bellissimi laghi, e numerosi fiumi e corsi d'acqua. Lˆ vide anche bei templi,
solidi e ben costrutti, e regge alto-franconi. Gli piacque molto l'alto borgo
con le sue fortificazioni e il bell'ospedale di Nostra Signora.
Egli visit˜ poi
Firenze ed ammir˜ gli artistici ornamenti del suo vescovado, le belle arcate e
le volte di Santa Maria, i ben curati giardini, le chiese che affiancano il
castello che impreziosito da bei camminamenti con una torre completamente in
pietra e marmo, e il portone bronzeo fregiato con le storie del nuovo e del
vecchio Testamento. Le campagne intorno alla cittˆ danno buon vino e sono
abitate da gente colta e operosa. Item giunse a Lione in Francia, cittˆ sita
tra due monti e circondata da due fiumi. L“ sorge un tempio di eccellente
fattura e una bella colonna riccamente scolpita. Da Lione si dirige a Colonia
sul Reno dove si trova un monastero detto ÇVecchio monasteroÈ, dove sono
sepolti i tre re che hanno cercato la stella di Cristo. Quando il dottor Faust
vide le sepolture disse: ÇO buoni uomini, come mai avete viaggiato in modo cos“
errato per cui dovendo andare verso Betlemme in Giudea siete invece approdati
cost“; oppure dopo la vostra morte siete stati gettati nel mare e siete stati
sospinti nel fiume Reno e vi hanno ripescati a Colonia dove siete stati
sepolti?È Nello stesso luogo vi anche il tempio di Sant'Orsola e delle
undicimila vergini. Il dottor Faust fu inoltre colpito dalla bellezza delle
donne di questa cittˆ. Non lontano di lˆ vi la cittˆ di Aquisgrana, sede
imperiale, in cui vi un tempio tutto di marmo voluto dall'imperatore Carlo
Magno per l'incoronazione di tutti i suoi successori. Da Colonia ed Aquisgrana
si dirige nuovamente in terra italiana, verso Ginevra, per visitare la cittˆ,
cittˆ che della Savoia, in Svizzera; bella, grande ed operosa. Ha buone e
fruttifere vigne, ed sede di un episcopato. Egli and˜ anche a Strasburgo e
qui apprese l'origine del nome che gli derivava dalla gran quantitˆ di vie,
vicoli e strade e lˆ vi un vescovato. Da Strasburgo and˜ a Basilea, nella
Svizzera, dove il Reno taglia obliquamente la cittˆ; il suo spirito lo informa
che la cittˆ deve il suo nome al fatto di essere stata abitata in tempi remoti
da un basilisco - e per questo fu chiamata Basilea. Le mura della cittˆ sono
costruite in cotto e circondate da profondi fossati, la regione estremamente
fertile e in essa si possono ancora vedere costruzioni molto antiche. In questa
cittˆ vi anche una universitˆ; nessuna chiesa colp“ Faust per la propria
bellezza tranne il convento dei certosini. Da qui egli pass˜ a Costanza, alla
cui porta si erge un bel ponte, gettato sopra il fiume Reno. Il lago appresso,
lo spirito che informa Faust, lungo ventimila passi e largo quindicimila.
La cittˆ ha preso il nome da Costantino. Da Costanza si diresse a Ulma, il cui
nome deriva dalle piante dei campi. Appresso scorre il Danubio, e un altro
fiume ancora chiamato Blau, attraversa la cittˆ. Ulma ha un bel monastero
annesso alla parrocchia di Santa Maria, iniziata nell'anno 1377, un edificio
bello ed armonioso, di indubbi pregi artistici; quasi impossibile vederne uno
simile; vi sono eretti cinquantadue altari con altrettante prebende; vi anche
un ricco ed artistico tabernacolo. Quando il dottor Faust volle andarsene da
Ulma, il suo spirito gli disse: ÇMio signore, visitate la cittˆ, come volete e
sappiate che essa si annessa tre contee con denaro contante ed ha comprato
tutti i loro privilegi e le loro libertˆ.È Lasciata Ulma, una volta raggiunto
con il suo spirito un punto alto nel cielo, vide da lontano molte campagne e
cittˆ, e fra queste ne vide una grande vicino alla quale sorgeva un grande
castello fortificato, qui allora si diresse, ed era WŸrzburg, la capitale
vescovile della Franconia vicino alla quale scorre il fiume Meno. Qui si
produce un buon vino forte e generoso e la campagna ricca di cereali. In
questa cittˆ vi sono molti ordini religiosi come i frati questuanti, i benedettini,
i frati di Santo Stefano, i certosini, i frati di San Giovanni e gli ordini
tedeschi. Item sorgono quivi tre chiese di certosini oltre il duomo vescovile.
Gli ordini di frati questuanti sono quattro, cinque i conventi di monache e due
gli ospedali. Vi anche una cappella di Santa Maria che ha accanto al portone
un edificio meraviglioso. Il dottor Faust, dopo aver visitato attentamente la
cittˆ, si introdusse di notte anche nel castello del vescovo, ispezion˜ per
ogni dove, trov˜ qui ogni sorta di provviste; quando poi visit˜ la rocca, vide
una cappella scavata nella roccia. Inoltre trov˜ molte cantine, e qui assaggi˜
e prov˜ ogni tipo di vino, poi, ripartito di nuovo giunse a Norimberga. Durante
il tragitto lo spirito si rivolse a lui: ÇFaust, sappi che Norimberga deriva il
proprio nome dall'imperatore Claudio Tiberio Nerone; da Nerone infatti stata
chiamata Norimberga.È La cittˆ ha due parrocchie, la chiesa di San Sebaldo con
il sepolcro del santo e la chiesa di San Lorenzo, dove sono conservate le
insegne imperiali, cio il mantello, la spada, lo scettro, il pomo e la corona
del grande imperatore Carlo Magno. Vi anche una stupenda fontana dorata che
si trova sulla piazza del mercato ed chiamata la fontana bella, sotto cui si
trova o dovrebbe trovarsi la lancia con cui Longino ha trafitto il costato di
Cristo e oltre a questa una reliquia della Santa Croce.
La cittˆ ha 528
vicoli, 116 pozzi, 4 orologi grandi e 2 pi piccoli con relative sonerie, 6
porte grandi e 2 piccole, 11 ponti in pietra, 12 colli, 10 mercati ben
disposti, 13 bagni comuni, 10 le chiese in cui si professa il culto. La cittˆ
ha inoltre 68 mulini che regolano l'afflusso dell'acqua, 132 capitanerie,
circondata da 2 grandi mura con profondi fossati, 380 torri, 4 bastioni, 10 farmacie,
68 sentinelle, 24 postazioni o osservatori, 9 guardie comunali, 10 dottori in
giurisprudenza e 14 in medicina. Arriv˜ ad Augsburg da Norimberga di prima
mattina, ed albeggiava appena; egli chiese al suo servo da dove Augsburg avesse
tratto il nome e questi rispose: ÇAugsburg ha avuto diversi nomi; appena sorta
fu detta Vindelica poi Zizaria, poi Eisenburg e infine dall'imperatore
Ottaviano Augusto fu chiamata Augusta.È PoichŽ il dottor Faust la aveva giˆ
visitata in precedenza, pass˜ oltre e si diresse a Regensburg. Volendo anche
qui proseguire senza sostare lo spirito lo informa: ÇMio signore, a questa
cittˆ sono stati dati sette nomi, cio: Ratisbona, nome che porta tuttora,
Tiberia, Quadrata, Hiaspolis, Reginopolis, Imbripolis e Ratisbona. E precisamente
Tiberia in quanto cittˆ di Tiberio, figlio di Augusto, Quadrata, perchŽ cittˆ
dai quattro lati, Hiaspolis per la rozza parlata del contado, Reginopolis in
quanto cittˆ di re, Imbripolis per i fiumi e per le barche, e infine Ratisbona
per la pioggia. Questa cittˆ murata solida e ben costrutta, presso di lei
scorre il Danubio in cui confluiscono 60 fiumi, quasi tutti navigabili. Qui,
nell'anno 1115 fu costruito un ponte ad arcate bello e famoso e una chiesa
dedicata a San Remigio, da ritenersi un'opera d'arte. Il dottor Faust non si
trattenne a lungo colˆ, anzi se ne and˜ via celermente non prima per˜ di aver
commesso un furto nel visitare la cantina dell'oste ÇAll'alta frascaÈ. Dopo di
che volse i suoi passi verso Monaco, in Baviera, una terra veramente
principesca. La cittˆ di moderna impostazione, ha belle e larghe strade,
eleganti edifici. Da Monaco si diresse a Salisburgo, cittˆ vescovile della
Baviera che pure ebbe, dalla sua fondazione, diversi nomi. La regione ricca
di stagni, bassi colli, laghi, montagne dove prospera abbondante selvaggina. Da
Salisburgo si rec˜ a Vienna in Austria, cittˆ che intravide giˆ a notevole
distanza e di cui, come lo inform˜ lo spirito, non facile trovarne una pi
antica. Essa deve il suo nome a Flavio, console della regione. Questa cittˆ
circondata da un grande e vasto fossato come difesa esterna, misura trecento
passi nel cerchio delle mura, ed ben fortificata. Generalmente tutte le case
sono dipinte e accanto alla residenza imperiale stata eretta una universitˆ.
Questa cittˆ governata da 18 notabili.
Item al tempo
della vendemmia ci si avvale dell'aiuto di 1200 cavalli. Le sue cantine sono
spaziose e con solide fondamenta, le strade sono lastricate con pietra dura, le
case hanno begli alloggi e stanze, larghe scuderie ed ogni sorta di altri
ornamenti.
Partito da Vienna
e portatosi verso l'alto del cielo, vide da lass una cittˆ, molto lontana,
Praga, capitale della Boemia; la cittˆ grande e divisa in tre settori: la
vecchia, la nuova e la piccola Praga. La piccola Praga comprensiva del lato
sinistro e del Colle dove si trova la corte regale, e di S. Vito, il duomo
vescovile. La vecchia Praga in pianura ed in essa si possono ammirare grandi
e meravigliosi edifici. Da questa cittˆ si raggiunge la piccola Praga passando
sopra un ponte che ha 24 arcate. La cittˆ nuova separata dalla vecchia da un
profondo fossato che pure tutto recinto da mura; proprio qui si trova il
collegium dell'universitˆ. La cittˆ inoltre circondata da un bastione.
Il dottor Faust
riprende il viaggio a mezzanotte e quando, vedendo nuovamente una cittˆ, scese
di quota, vide che era Cracovia, la capitale della Polonia sede di una bella e
dotta scuola e residenza reale in Polonia; essa ha ricevuto il nome da Craco,
arciduca polacco. Questa cittˆ ha alte torri ed circondata da mura e fossati;
parecchi degli stessi fossati sono circondati da specchi di acqua. La cittˆ ha
sette porte e molte belle grandi chiese.
Questa regione ha
grandi, maestosi ed alti picchi e montagne, su una delle quali atterr˜ il
dottor Faust; di queste una tanto alta che si pensa che sorregga il cielo; il
dottor Faust potŽ vedere ogni cosa, anche della cittˆ, senza per altro entrarvi
bens“, invisibile, viaggiando intorno alle mura. Dalla collinetta su cui il
dottor Faust ripos˜ la notte, egli, sollevandosi in quota si diresse verso
oriente, e viaggi˜ ancora attraverso molti reami, cittˆ e campagne.
Viaggi˜ inoltre
qualche giorno per mare dove non vide altro che cielo e acqua e arriv˜ infine
in Tracia o Grecia, dalle parti di Costantinopoli, che l'imperatore turco
chiam˜ in seguito Teucros; qui l'imperatore turco tiene la corte, molte sono le
sue gesta di cui pi avanti si darˆ una ampia narrazione; egli decise quindi di
recarsi dall'imperatore turco Solimano. Costantinopoli prende il nome dal
grande imperatore Costantino. La cinta esterna di questa cittˆ abbellita da
grandi merlature, torri e maestosi palazzi; la si pu˜ chiamare una nuova Roma
tanto pi che il mare vicino sia all'una che all'altra cittˆ. Costantinopoli
ha undici porte e tre palazzi con gli appartamenti reali; il dottor Faust
ammir˜ per qualche giorno la potenza, il fasto e la munificenza della corte
principesca. Una sera mentre l'imperatore turco sedeva a tavola e banchettava,
il dottor Faust inscen˜ un sortilegio per burlarsi di lui: improvvisamente ai
margini della sala dove era l'imperatore, cominciarono a scorrere grandi fiumi
di fuoco tanto che tutti accorsero cercando di spegnere le fiamme. Nel
frattempo si udirono tuoni e lampi. Poi con un incantesimo costrinse
l'imperatore turco a rimanere seduto nella sala, nessuno infatti riusc“ a
trasportarlo in altro luogo. Nel frattempo la sala divenne chiara come se vi
albergassero i soli, mentre il dottor Faust avanzava al cospetto dell'imperatore
sotto le sembianze del papa di cui portava gli abiti, le insegne e i gioielli,
rivolgendosi a lui con queste parole: ÇSalute a te, imperatore, che ti sei
degnato di far comparire alla tua presenza il tuo Maometto.È Dopo tali brevi
parole egli scomparve. L'imperatore rincorse in ginocchio questo incantesimo,
invoc˜ poi Maometto, lo lod˜ e gli disse quanto apprezzava di essere stato
ritenuto da lui degno di comparirgli dinnanzi. Al mattino del giorno successivo
il dottor Faust si rec˜ al castello imperiale, dove l'imperatore tiene le mogli
e le concubine; nessuno ha il permesso di passeggiare all'interno del castello,
nessun altro se non eunuchi che sorvegliano le donne. Egli, in virt della sua
magia, immerse il castello in una nebbia talmente fitta che non si potŽ vedere
pi nulla. Poi il dottor Faust prese le stesse sembianze e gli abiti prima
assunti dal suo spirito e si spacci˜ per Maometto; visse quindi sei giorni in
questo castello circondato dalla nebbia per tutto il tempo che egli ebbe qui la
sua dimora; il turco ordin˜ al suo popolo di festeggiare questi giorni con
molte cerimonie. Il dottor Faust mangi˜, bevve, fu di buon umore e soddisfece i
piaceri dei sensi dopo di che part“ volando verso le alte sfere celesti coperto
dalle insegne e gioielli papali e molti poterono vederlo.
Quando il dottor
Faust fu di nuovo in cammino e la nebbia si dirad˜ il turco si rec˜ nel
castello, fece chiamare e interrog˜ le sue donne chiedendo loro chi fosse stato
in quel luogo, dato che il castello era stato per lungo tempo circondato dalla
nebbia.
Esse lo
informarono che era stato il dio Maometto, che durante la notte aveva voluto
accanto a sŽ ognuna di loro; le aveva possedute e aveva predetto che dal suo
seme sarebbe nato un grande popolo di eroici guerrieri. Il turco gio“, come di
un grande dono, del fatto che egli avesse dormito con le sue donne. Poi fu
curioso di sapere da loro se Maometto aveva dimostrato, nel possederle, la sua
potenza e se si era comportato in modo umano. - S“, esse risposero, era andata
proprio cos“: egli le aveva amate, abbracciate e aveva dimostrato di essere
tanto esperto nelle arti amatorie che sarebbero state ben liete di soddisfare
ogni giorno il piacere del dio.
Inoltre
riferirono che egli aveva giaciuto nudo e con sembianze umane accanto a loro,
di lui non avevano potuto comprendere soltanto la lingua. I sacerdoti dissero
all'imperatore turco che non doveva credere nell'apparizione di Maometto bens“
in un fantasma, ma le donne dissero che sia che fosse stato un fantasma o no egli
si era intrattenuto con loro amichevolmente e di notte aveva dato
magistralmente prova della sua virilitˆ una o anche sei volte, anzi di pi.
Tali fatti impensierirono talmente l'imperatore turco da lasciarlo sconvolto.
Il dottor Faust si diresse verso nord nella grande capitale Alkairo Memphis che
prima era stata chiamata Cajrum, dove ha castello e dimora imperiale il sultano
d'Egitto. In Egitto il fiume Nilo si divide in questo punto; esso il pi
grande fiume di tutto il mondo e quando il sole entra nella costellazione del
cancro, questo fiume bagna ed inonda tutta la terra di Egitto. Da qui egli si
diresse di nuovo verso oriente, poi verso nord e verso Ofen e Sabatz in
Ungheria. La cittˆ di Ofen ed era la capitale reale di Ungheria; essa una
terra fertile e ovunque vi tanta acqua che se vi si affonda del ferro esso
diviene rame. Vi sono per ogni dove miniere di oro, argento e di ogni sorta di
metalli. Gli ungheresi chiamano la cittˆ Start, in tedesco si dice Ofen; essa
notevolmente fortificata ed dotata di un castello di notevole bellezza. Da
qui egli si dirige a Magdeburgo e Lubecca in Sassonia. Magdeburgo una sede
vescovile, in questa cittˆ vi uno degli orci di Cana in Galilea, orci in cui
Cristo aveva trasformato in vino dell'acqua. Anche Lubecca una sede vescovile
in Sassonia. Da qui ritorn˜ verso Erfurt in Turingia dove vi una universitˆ.
Da Erfurt egli torna di nuovo a Wittenberg dopo che era stato assente un anno e
mezzo e ritorn˜ quindi a casa dopo aver visto tante terre che impossibile
descrivere per intero.
XXVII
¥ DEL PARADISO
Quando il dottor
Faust and˜ in Egitto, dove visit˜ la cittˆ del Cairo, e sorvol˜, ad alta quota,
molti reami e paesi, come l'Inghilterra, la Spagna, la Francia, la Svezia, la
Polonia, la Danimarca, l'India, l'Africa, la Persia ecc., giunse sino alla
terra dei mori, prendendo sempre terra, per riposare, su alte montagne, rupi o
isole. Egli si rec˜ anche nella nobile isola di Bretagna dove vi sono molti
fiumi, sorgenti calde, e una quantitˆ di metalli, compreso il giaietto e molte
altre pietre che il dottor Faust ha poi portato via con sŽ. Le Orcadi sono
isole del grande mare che si estende al di qua della Bretagna, esse sono
ventitrŽ di cui dieci deserte e tredici abitate. Il Caucaso fra l'India e la Scizia
l'isola pi alta per l'altezza delle sue cime dalle quali il dottor Faust
poteva dominare un gran tratto di terra e di mare; essa ricca di alberi del
pepe che sono comuni come da noi i cespugli di ginepro. Creta, isola della
Grecia, situata in mezzo al mare di Candia, dominio dei veneziani, essa
produce il malvasia; ed piena di capre ma manca di cervi. Qui non vi sono
animali nocivi nŽ vipere, nŽ lupi, nŽ volpi, vi si possono trovare soltanto
grandi ragni velenosi. Faust visit˜ ed osserv˜ a lungo questa e molte altre
isole che lo spirito Mefistofele gli ha meticolosamente mostrato.
E affinchŽ io
arrivi al dunque: questo stato il vero motivo per cui il dottor Faust si
spinto a tali altezze: non soltanto per poter vedere dall'alto larghi tratti di
mare, reami e terre che erano tutt'intorno, bens“ la speranza che da qualcuna
delle numerose ed alte cime delle isole, si potesse vedere il paradiso; per˜
non parl˜ di questo argomento con il suo spirito nŽ aveva del resto il permesso
di farlo. Fu cos“ che presso l'isola del Caucaso che sovrasta con l'altezza
della sua cima tutte le altre isole, pens˜ che non doveva mancargli molto per
vedere il paradiso. Da questa cima dell'isola del Caucaso egli vide per intero
l'India e la Scizia; e da oriente fino a occidente vide da lontano un chiarore,
come un sole splendente; era un fiume di fuoco che come un incendio sorgeva
dalla terra e lambiva il cielo senza che se ne potesse vedere la fine, era come
una piccola, alta isola.
Egli vide
inoltre, nella valle, scaturire dalla terra quattro grandi fiumi: uno diretto
verso l'India, l'altro verso l'Egitto, il terzo e il quarto verso l'Armenia.
Egli avrebbe desiderato conoscere il senso profondo di questa visione; perci˜
pens˜ di interrogare lo spirito a tal proposito, cosa che fece con molto
spavento in cuore. Lo spirito rispose benevolmente e disse: Çé il paradiso; ad
oriente si estende un giardino che Dio ha arricchito di tutte le delizie e
questi fiumi di fuoco sono le mura che Dio ha posto a circondare il giardino.
Ma lˆ tu vedi una luce luminosissima che la spada infuocata dell'angelo che
sorveglia questo giardino e vi ancora tanta strada per giungervi quanta tu
non ne hai ancora fatta; tu avresti potuto vedere meglio quando eri in alto ma
non lo hai fatto.
ÇQueste acque che
si dividono in quattro parti, sono le acque che sgorgano dalla sorgente che
in mezzo al paradiso ed hanno il nome di Gange o Phison, Gihon o Nilo, Tigri ed
Eufrate; e tu ora vedi che si trova sotto il segno della Bilancia e dell'Ariete,
giunge fino al cielo e su questo muro di fuoco vi l'angelo Cherubino con la
spada infuocata che ha ordine di custodirlo: ma nŽ tu, nŽ io, nŽ alcun uomo pu˜
arrivarvi.È
XXVIII
¥ DI UNA COMETA
Un tempo fu vista
ad Eisleben una cometa che era incredibilmente grande. Molti amici del dottor
Faust gli chiesero allora la ragione del fenomeno. Egli rispose loro e disse:
ÇAccade spesso che la luna nel cielo muti posizione e il sole si trovi ad
essere sotto la terra. Quando poi la luna giunge nelle sue vicinanze, il sole
cos“ potente e forte che toglie lo splendore alla luna facendola diventare
tutta rossa. Quando poi la luna sale di nuovo verso l'alto assume svariati
colori e per un prodigio dell'altissimo partorisce una cometa e sono molteplici
le sembianze e il significato che Dio dˆ alle comete. A volte portano sommosse,
guerre o eventi funesti, come peste, morte repentina e altre malattie. A volte
straripamenti, nubifragi, terremoti, carestie e simili. Per causa quindi di
tali congiunture e movimenti della luna e del sole nasce un mostro come la
cometa, accidente mediante il quale i cattivi spiriti, una volta conosciuto il
disegno di Dio, scatenano i loro Poteri. Questa stella fra le altre come un
figlio di prostituta e i suoi genitori sono, come sopra detto, sole e luna.È
XXIX ¥
DELLE STELLE
Un famoso dottore
di Halberstadt invit˜ il dottor Faust ad essere ospite suo, e prima che fosse
servito il pranzo, guardando fuori dalla finestra, fiss˜ attentamente il cielo
che, come accade di solito in autunno, era pieno di stelle. Questo dottore, che
era medico ed anche esperto astrologo, aveva invitato il dottor Faust perchŽ
gli potesse far conoscere le molteplici varietˆ dei pianeti e delle stelle. Si
accost˜ pertanto col dottor Faust alla finestra e guardando il chiarore del
cielo e la gran moltitudine di stelle, gli chiese le ragioni, i significati e
le caratteristiche dei vari raggruppamenti degli astri e del perchŽ le stesse
cadono. Il dottor Faust rispose: ÇMio anfitrione e caro amico, sappiate innanzitutto
che la pi piccola stella del cielo, il cui splendore a noi quaggi appare
appena come quella di un grande cero, pi, grande di un principato. Cos“ vi
assicuro, come io stesso ho potuto vedere, che la larghezza e l'estensione del
cielo di dodici volte quella della terra. Dal cielo non visibile terra
alcuna, ma qualche stella pi grande di questa regione; taluna grande come
la cittˆ, talaltra grande come le terre del regno romano, un'altra ancora
grande come la Turchia e, dei pianeti, ve ne uno grande come tutto il mondo.È
XXX ¥
UNA DOMANDA RIGUARDO ALLA CAPACITË DEGLI SPIRITI DI TORMENTARE GLI UOMINI
ÇCi˜ vero, mio
signor Faust,È dice questo dottore, Çma ditemi ora che aspetto hanno gli
spiriti di cui si dice che tormentano gli uomini non solo di giorno ma anche di
notte?È Il dottor Faust risponde: ÇDi giorno gli spiriti si occultano fra le
nubi pi alte perchŽ non possono esporsi al sole e quanto pi chiaro splende il
sole, tanto pi alti hanno i loro ricettacoli poichŽ il giorno e la luce, come
tale, sono a loro preclusi per preciso ordine divino; ma di notte, quando
buio fondo, essi vivono fra noi uomini. PoichŽ la luce del sole, anche quando
essa non visibile, illumina il primo cielo come di giorno, tanto che, pur
nella profonditˆ della notte, anche se le stelle non risplendono, noi uomini
possiamo vedere il cielo. Da ci˜ consegue che gli spiriti, non potendo
affrontare la luce del sole che nel frattempo salito in alto, si fanno pi
prossimi a noi sulla terra, vivono presso gli uomini e li spaventano con brutti
sogni, grida ed incubi orrendi e paurosi. A riprova di ci˜ resta il fatto che,
quando voi uscite nel buio della notte senza una luce, siete colti da tante
apprensioni e pensieri angosciosi, mentre di giorno tutto ci˜ non accade. Cos“
pure uno si spaventa nel sonno pensando di avere uno spirito presso di sŽ che
cerca di prenderlo o che si aggira nella sua casa; nel sonno sono frequenti
queste sensazioni. Tutto questo ci accade perchŽ gli spiriti di notte ci sono
vicini e ci fanno paura e ci tormentano con ogni sorta di incantesimi e
turbamenti.È
XXXI ¥
UN'ALTRA DOMANDA RIGUARDO ALLE STELLE CHE CADONO SULLA TERRA
Per ci˜ che
riguarda il fenomeno della luminositˆ delle stelle e della loro caduta sulla
terra, non vi nulla di originale in quanto esso accade ogni notte. Infatti
quando vediamo dei frammenti infuocati, essi sono dei corpi che si staccano
dalle stelle e che noi chiamiamo lapilli, sono duri, neri e verdastri. Ma la
opinione che sia una stella a cadere, soltanto un pensiero degli uomini; si
vedono spesso infatti grandi cascate di fuoco precipitare di notte verso il
basso ma non sono, come pensiamo, stelle che cadono, ma soltanto frammenti
delle stelle: inoltre le stelle non sono uguali fra loro, ma ve ne qualcuna
pi grande dell'altra e ci˜ sta alla base del fatto che un lapillo pi grande
dell'altro. Ed giusta opinione che nessuna stella cada se non per portare una
punizione di Dio; tali stelle portano con sŽ tutte le nuvole del cielo
provocando cos“ nubifragi, diluvi e distruzione di paesi e genti.
XXXII
¥ DEL TUONO
Nel mese di
agosto scoppi˜ a Wittenberg una sera un grande temporale, con un furibondo
tuonare e lampeggiare. Trovandosi il dottor Faust sulla piazza del mercato con
altri dottori, fu da questi sollecitato a parlare dell'origine del tuono ed
egli cos“ rispose: ÇQuando sta per scoppiare un temporale dapprima inizia il
vento, da ultimo, quando ha tuonato per un certo tempo, iniziano a cadere
scrosci di pioggia. Questo deriva dal fatto che i quattro venti del cielo,
cozzando l'uno contro l'altro spingono insieme le nuvole, oppure nello stesso
luogo la nuvola nera si mescola con rovesci di pioggia, come anche possibile
vedere ora sopra la cittˆ che coperta da una nera nuvolaglia. Perci˜ quando
si alza il temporale vi si uniscono gli spiriti che si fronteggiano dalle
quattro direzioni del cielo tanto che il cielo stesso rimbomba di colpi e
questo noi lo chiamiamo tuono o temporale. Se poi il vento molto intenso,
allora il tuono non vuole pi andarsene e rimane a lungo; oppure se ne va via
velocemente; evenienza che permette di capire da quale direzione soffia il
vento che porta il temporale, tanto che spesso un temporale viene da
mezzogiorno, a volte dall'alba, dal tramonto e da mezzanotte.È
SEGUE
ORA LA TERZA PARTE DELL'AVVENTURA DEL DOTTOR FAUST E CIñ CHE EGLI HA FATTO E
OPERATO CON LA SUA NEGROMANZIA IN MOLTE CORTI POTENTI, ED INFINE LA SUA
DISPERATA E SPAVENTOSA FINE E DIPARTITA
XXXIII
¥ UNA STORIA DELL'IMPERATORE CARLO V E DEL DOTTOR FAUST
L'imperatore
Carlo, il quinto della dinastia con questo nome, era arrivato a Innsbruck con
la sua corte, dove si era recato anche il dottor Faust, che era conosciuto da
molti nobili e conti e aristocratici che avevano pi volte ammirato la sua arte
e abilitˆ ed erano gli stessi che lui aveva aiutato a guarire da molti malanni
e sindromi dolorose con medicine e ricette. Questi nobili signori lo invitarono
e lo accompagnarono a corte, a pranzo, e quando l'imperatore Carlo lo vide, gli
chiese chi fosse. Allora gli fu detto che egli era il dottor Faust.
L'imperatore tacque fino alla fine del pranzo; ci˜ accadde in estate dopo la
festa di san Filippo e san Giacobbe. Dopo pranzo l'imperatore convoc˜ Faust nel
suo appartamento, gli anticip˜ che gli era ben noto che egli era un esperto di
negromanzia e che aveva uno spirito indovino, e che desiderava quindi avere una
prova delle sue capacitˆ e gli prometteva sulla sua corona imperiale che non
gli sarebbe accaduto nulla. Il dottor Faust allora accondiscese da buon suddito
al volere di sua maestˆ imperiale. ÇAllora ascoltami,È disse l'imperatore, Çio
ho riflettuto molto sulle mie origini, sul grande potere raggiunto dai miei
predecessori, potere dal quale io provengo e sarˆ inesauribile sorgente per i
miei successori, ho dedotto anche che stato Alessandro l'imperatore pi
importante e pi grande di tutti e che per tutti costituisce lustro e decoro,
infatti, come ci tramanda la storia, egli possedeva tante ricchezze e un regno
cos“ grande, che cosa impossibile a me e a chi verrˆ dopo di me,
riconquistarne uno uguale. Ho sempre desiderato poter vedere e conoscere il suo
aspetto fisico, il suo portamento e il gestire suo e della sua sposa; perchŽ io
possa riconoscere in te un maestro esperto nella tua arte e possa giudicare il
tuo operato, mio vivo desiderio che tu mi risponda in merito.È ÇSignore
nobilissimo,È rispose il dottor Faust, Çper dare seguito, come suddito, al
desiderio della Vostra maestˆ imperiale, di vedere la persona di Alessandro
Magno e della sua sposa, come sono stati in vita, voglio farli apparire ben
visibili grazie al potere che mi concesso dal mio spirito; ma la Vostra
maestˆ deve sapere che le loro spoglie mortali non possono essere viste nŽ
risorgere dal regno dei morti, cosa che sarebbe impossibile; ma gli
antichissimi spiriti che videro il vero Alessandro e la sua sposa, quelli
possono assumerne le sembianze e tramutarsi in essi; con l'opera di questi
spiriti che io voglio mostrare alla Vostra maestˆ imperiale il vero aspetto di
Alessandro.È
Dopo di che Faust
usc“ dalle stanze dell'imperatore e si consult˜ con lo spirito, e poi rientr˜
di nuovo nella stanza dell'imperatore, e gli disse che poteva esaudire i suoi
desideri solo alla condizione che la sua maestˆ imperiale non gli avrebbe
chiesto nulla, nŽ avrebbe parlato all'ombra di Alessandro; cosa che
l'imperatore promise. Il dottor Faust, a questo punto, spalanc˜ la porta e
subito apparve l'imperatore Alessandro che entr˜ nella pi perfetta
riproduzione della propria immagine, cio come un omettino grasso e pingue, con
la folta barba rossa o fulva, con guance rosse e uno sguardo grifagno come se
avesse gli occhi di basilisco. Egli avanz˜ verso l'imperatore Carlo,
completamente rivestito dall'armatura e si inchin˜ davanti a lui in una
profonda riverenza, l'imperatore volle alzarsi e accoglierlo ma il dottor Faust
glielo imped“. Subito dopo che Alessandro, fatta una riverenza, fu uscito dalla
porta, entr˜ dietro di lui la sua sposa che fece all'imperatore una uguale
riverenza.
Essa indossava un
abito di velluto blu adornato di oro e di perle. Era estremamente bella e aveva
guance rosse e bianche come il latte e il sangue, longilinea e con un bel viso
rotondo. Frattanto l'imperatore pensava: ÇOra ho visto le due persone che
maggiormente desideravo vedere da lungo tempo; e non posso affatto sbagliare,
lo spirito ha assunto tali forme, e non mi ha ingannato, come la donna ha
svegliato il profeta Samuele.È Per poter accertare che quanto vedeva
corrispondeva a veritˆ, all'imperatore sovvenne di aver spesso sentito dire che
la sposa di Alessandro aveva dietro la nuca una grande verruca, and˜ quindi
verso di lei per vedere se la poteva scorgere anche ora. Vide infatti la
verruca che essa portava con disinvoltura come un bastone e subito dopo scomparve.
Con ci˜ fu soddisfatto il desiderio dell'imperatore.
XXXIV
¥ IL DOTTOR FAUST FECE CRESCERE CON UN INCANTESIMO PALCHI DI CORNA DI CERVO IN
CAPO AD UN CAVALIERE
Subito dopo che
il dottor Faust ebbe soddisfatto il desiderio dell'imperatore Carlo, si
affacci˜ di sera su una merlatura, dopo che alla corte avevano annunciato il
pranzo, e vide uscire e entrare la gente di corte, poi vide gi negli
alloggiamenti dei cavalieri, uno di essi giacere dormiente nel vano della
finestra, poichŽ faceva molto caldo. La persona, che dormiva lˆ, non l'ho
voluta chiamare per nome, poichŽ si tratta di un cavaliere di nobili natali.
Egli per magia con l'aiuto del suo spirito Mefistofele gli fece crescere sulla
testa corna di cervo. Quando il cavaliere si svegli˜ e trasse la testa dalla
finestra si accorse della burla. Nessuno fu angosciato di pi del buon signore,
infatti le finestre in alto erano chiuse ed egli con le sue corna di cervo non
poteva nŽ indietreggiare nŽ andare avanti. Quando l'imperatore seppe di ci˜ ne
rise e si divert“ molto, ma infine il dottor Faust liber˜ il malcapitato
dall'incantesimo.
XXXV ¥
IL CAVALIERE SI VOLLE VENDICARE DEL DOTTOR FAUST, MA NON GLI RIUSCí
Il dottor Faust
prese congedo dalla corte dove la gratitudine gli era stata dimostrata con
molti doni. Dopo che ebbe percorso un miglio e mezzo di strada si accorse di
sette cavalli che erano fermi in un bosco e che lo attendevano.
C'era infatti il
cavaliere, a cui aveva dato fastidio l'avventura delle corna di cervo a corte.
I cavalli riconobbero il dottor Faust e perci˜ corsero verso di lui con gli
speroni e i rostri indossati. Il dottor Faust cap“ subito le intenzioni e si
butt˜ nella macchia e corse presto lontano da loro.
Subito essi si
accorsero che tutta la macchia era piena di cavalieri armati che si facevano
loro contro, perci˜ dovettero darsela a gambe, ma ciononostante furono fermati
e circondati. Dovettero chiedere la grazia al dottor Faust, che li lasci˜
liberi ma con un incantesimo fece crescere a tutti sulla fronte un corno di
capra, che vi rimase per un mese e invece sulla fronte delle cavalcature
comparvero corna di vacca. Questa fu la loro punizione. E cos“ ebbe ragione
dell'attacco del cavaliere.
XXXVI
¥ IL DOTTOR FAUST DIVORA UN CARICO DI FIENO, INSIEME AL CARRO ED AI CAVALLI DI
UN CONTADINO
Egli giunse una
volta a Gotha, una piccola cittˆ dove aveva degli affari. Era il mese di giugno
e ovunque si immagazzinava il fieno; egli, del tutto ubriaco, and˜ a
passeggiare di sera con alcuni suoi conoscenti. Quando allora il dottor Faust e
la compagnia da lui guidata arrivarono alla porta della cittˆ e passeggiavano
intorno al fossato incrociarono un carro carico di fieno. Il dottor Faust si
pose allora sulla carreggiata in modo che il contadino gli dovette
necessariamente rivolgere la parola per chiedergli di scansarsi e di sostare a
fianco della carreggiata. Il dottor Faust che era ubriaco, gli rispose: ÇOra
voglio vedere se io devo scansare te o tu devi scansare me; ascoltami,
fratello, non hai tu udito dire che un carro di fieno deve farsi da parte per
lasciare il passo a un uomo?È Il contadino si adir˜ molto per questo e rivolse
a Faust molte parole ingiuriose a cui il dottor Faust di nuovo rispose: ÇCome,
villico, tu mi vorresti fare arrabbiare? Non fare troppi discorsi oppure ti
mangio il carro di fieno e i cavalli!È Il contadino gli rispose allora: ÇVa
bene! E allora divora anche la mia merda.È Il dottor Faust oper˜ subito un
incantesimo in modo che al contadino improvvisamente paresse che egli aveva una
bocca grande come una tinozza e inghiott“ dapprima i cavalli, il fieno e poi il
carro. Il contadino spaventato e impaurito corse subito dal borgomastro e lo
inform˜, con rispetto del vero, di tutto quanto era accaduto. Il borgomastro
sorrise e and˜ con lui per accertare questa storia. Quando per˜ arrivarono
davanti alla porta trovarono cavallo e carrozza con i finimenti in piedi come
prima e compresero che Faust l'aveva soltanto ingannato.
XXXVII
¥ IL DOTTOR FAUST ESAUDISCE IL DESIDERIO DI TRE NOBILI CONTI CONDUCENDOLI NELL'ARIA
VERSO MONACO A VEDERE GLI SPONSALI DEL FIGLIO DEL PRINCIPE DI BAVIERA
Tre nobili conti
che non si possono qui nominare e che in quel periodo studiavano a Wittenberg,
datisi convegno, discutevano fra loro dello sfarzo e della regalitˆ con cui
sarebbe stato celebrato il matrimonio del principe di Baviera a Monaco ed
esprimevano il desiderio di potervi prendere parte almeno per mezz'ora. Durante
questo colloquio, a uno dei signori venne una idea, e ne parl˜ cos“ agli altri
due: ÇCugini miei, vogliatemi seguire, voglio darvi un buon consiglio in modo
da poter assistere al matrimonio e poi essere di nuovo qui a Wittenberg per la
notte; la mia proposta questa: noi andiamo dal dottor Faust, gli esponiamo la
nostra richiesta, gli rendiamo omaggio e gli chiediamo se ci vorrˆ essere di
aiuto in questo caso; egli non vorrˆ certamente rifiutarcelo.È Tutti furono
d'accordo su questo punto e andarono subito da Faust, gli esposero il loro
desiderio, gli fecero un regalo e gli imbandirono un grandioso banchetto: egli
ne fu molto contento e promise di aiutarli. Quando giunse il giorno del
matrimonio del principe di Baviera, il dottor Faust convoc˜ questi conti nella
sua casa, ordin˜ a loro di vestirsi nel modo migliore con tutti gli ornamenti
che essi avevano. Poi prese un grande mantello, lo stese nel giardino che aveva
presso casa, vi mise seduti i conti e si pose nel mezzo, poi ordin˜ loro
cortesemente che nessuno, per tutto il tempo che sarebbero stati fuori,
pronunciasse una sola parola anche nel palazzo di Baviera e a chiunque avesse
voluto parlare con loro essi non dovevano rispondere. Essi promisero di
ubbidire a tutto questo. Con tale promessa il dottor Faust si mise a sedere,
formul˜ i suoi esorcismi e presto spir˜ un grande vento che alz˜ il mantello,
lo sollev˜ e lo port˜ per l'aere tanto che essi arrivarono all'ora giusta a
Monaco alla corte del principe di Baviera. Essi passavano invisibili nell'aria
senza che nessuno li potesse scorgere. Ma quando essi entrarono nelle sale del
palazzo di Baviera, il marescalco li vide, allora disse al principe di Baviera
che tutti i principi, conti e signori erano giˆ seduti al tavolo ma rimanevano
ancora fuori tre signori con un servo appena giunti e li si doveva senz'altro
invitare. Il vecchio principe di Baviera acconsent“ e rivolse a loro la parola,
ma essi non potevano dire nulla. Ci˜ accadde di sera all'inizio del banchetto
altrimenti, grazie ai poteri di Faust, vi avrebbero potuto assistere,
invisibili, per tutto il giorno senza fastidio alcuno. Come giˆ detto il dottor
Faust aveva seriamente proibito loro di parlare con chicchessia durante il
giorno e se egli avesse detto (anche soltanto): ÇBene,È tutti avrebbero dovuto
prendere il mantello e sarebbero scomparsi istantaneamente. Quando l'arciduca
di Baviera parl˜ con loro essi non gli diedero alcuna risposta, poi fu porto
loro il catino per le mani e un conte trasgredendo l'ordine di Faust ringrazi˜.
Il dottor Faust grid˜ subito: ÇBene.È Istantaneamente scomparvero i due conti
che indossavano giˆ il mantello, ma il terzo, che tard˜, fu fatto prigioniero e
gettato in un carcere. Gli altri due conti ritornarono verso la mezzanotte a
Wittenberg, ed erano molto rattristati per la disavventura del cugino. Il
dottor Faust li consol˜ dicendo che lo avrebbe liberato all'alba del mattino
seguente. Il povero conte fatto prigioniero era veramente spaventato temendo di
essere stato abbandonato poichŽ era stato chiuso in prigione ed era
strettamente sorvegliato. Gli fu chiesto che cosa era accaduto e che relazione
avesse con gli altri tre che erano scomparsi. Il conte pens˜: se io li tradisco
ne avr˜ solo cattive conseguenze. Egli quindi non rispose a nessuno e quel
giorno non si ottenne da lui alcuna risposta e infine si giunse alla decisione
che lo si sarebbe interrogato il giorno seguente con la tortura fino a che
avesse parlato. Il conte pens˜: se il dottor Faust oggi non mi libererˆ, domani
sar˜ torturato e punito e dovr˜ necessariamente parlare. I suoi compagni
tuttavia si consolarono subito per il fatto che il dottor Faust si attenne
strettamente alla sua promessa e riusc“ nel suo intento. Appena si fece giorno,
il dottor Faust era giˆ accanto al prigioniero, con un incantesimo fece cadere
i guardiani in un profondo sonno, dopodichŽ con le sue arti apr“ porta e
serratura, port˜ quindi all'istante il conte a Wittenberg dove furono tributati
moltissimi onori al dottor Faust.
XXXVIII
¥ IL DOTTOR FAUST PRENDE A PRESTITO DENARO DA UN EBREO, E GLI DË IN PEGNO IL
SUO PIEDE TAGLIANDOSELO IN PRESENZA DELL'EBREO
Si dice che un
veggente o un mago non aumenti le proprie ricchezze in un anno nemmeno di tre
soldi. Ci˜ accadde anche al dottor Faust. Grandi furono le promesse del suo
spirito ma molte erano false in quanto il diavolo uno spirito bugiardo. Egli
larg“ al dottor Faust la destrezza necessaria a raggiungere autonomamente la
ricchezza poichŽ soltanto in questo modo il denaro non si sarebbe dileguato.
Non erano ancora
trascorsi gli anni concessi ma la promessa era valida per i quattro anni
successivi al suo giuramento in modo da non avere pi in seguito alcun bisogno
di denaro e di beni. Item: egli aveva avuto da mangiare e da bere grazie alla
sua arte in tutte le corti dei potenti, come sopra detto. Il dottor Faust
dovette ammettere che questo era vero, e non potŽ pertanto contraddirlo,
d'altro canto pensava anche a come era divenuto sapiente. Dopo aver avuto tale
colloquio con lo spirito, egli and˜ a banchetto un giorno con dei cari amici e,
non avendo pi denaro con sŽ, fu costretto a chiederlo a un ebreo. And˜ da lui
e prese 60 talleri a prestito per un mese. Quando il tempo fu scaduto e l'ebreo
attendeva il suo denaro con gli interessi, il dottor Faust non aveva di che
pagarlo; l'ebreo allora and˜ un giorno in casa sua e gli chiese il dovuto. Il
dottor Faust gli disse: ÇEbreo, non ho il denaro e non so nemmeno dove
procacciarmene ma per assicurarti il pagamento voglio tagliarmi una parte del
corpo, sia esso un braccio o una gamba e lasciartela come pegno, all'esplicita
condizione per˜ che me la riconsegnerai non appena verr˜ da te con il denaro
per pagarti.È L'ebreo che era senza dubbio un nemico dei cristiani, pens˜ fra
sŽ: costui deve essere un uomo temerario per dare come pegno del denaro le sue
membra; e ne fu contento. Il dottor Faust prese allora una sega e con questa si
tagli˜ il piede e lo diede all'ebreo (l'operazione era per˜ un semplice trucco)
alla condizione che, non appena egli fosse tornato con il denaro per pagarlo,
egli avrebbe restituito la sua gamba e gliela avrebbe rimessa di nuovo a posto.
L'ebreo fu ben contento di questo contratto e se ne and˜ con la gamba. Ma a un
certo momento egli se ne stanc˜ e pens˜: cosa me ne faccio della gamba di un
povero diavolo? la porto a casa e puzzerˆ ed difficile da conservare, fra
l'altro il fatto che egli non abbia potuto cautelarsi con me se non con le sue
proprie membra un pegno cos“ gravoso da farmi ritenere che non mi darˆ pi
nulla in seguito. Con tali e simili pensieri (come ammise pi tardi lo stesso
ebreo) giunse sulle rive di un corso d'acqua e vi gett˜ la gamba. Il dottor
Faust sapeva benissimo che sarebbe successo tutto questo e dopo tre giorni and˜
dall'ebreo e lo volle pagare. Allora l'ebreo gli espose tutte le sue
considerazioni e conclusioni. Ma il dottor Faust voleva essere subito
soddisfatto secondo le condizioni del patto. Se l'ebreo voleva essere libero
doveva dargli ancora 60 talleri e cos“ il dottor Faust riebbe ancora la sua
gamba come prima.
XXXIX
¥ IL DOTTOR FAUST INGANNA UN MERCANTE DI CAVALLI
La stessa cosa
accadde ad un mercante di cavalli a un mercato di bestiame; Faust fece apparire
per incantesimo un bellissimo cavallo, con cui cavalc˜ fino alla fiera chiamata
Pfeiffering che si teneva una volta all'anno e qui trov˜ molti compratori per
il suo cavallo. Alla fine lo vendette per 40 fiorini, ma raccomand˜ al mercante
di cavalli di non cavalcarlo sopra specchi d'acqua. Il mercante volle tuttavia
verificare che cosa egli intendesse con tali parole; cavalc˜ in uno stagno, il
cavallo scomparve ed egli si trov˜ seduto su un fascio di paglia, tanto che
quasi anneg˜. Il compratore, che sapeva bene dove abitava colui che glielo
aveva venduto, vi si rec˜ furente e trov˜ il dottor Faust sul letto che dormiva
e russava. Il mercante di cavalli gli afferr˜ allora un piede e cominci˜ a
stiracchiarlo, ma il piede gli rimase in mano e il mercante cadde in mezzo alla
stanza; il dottor Faust prese a gridare e a lamentarsi tanto che il mercante si
spavent˜, si diede alla fuga, cos“ velocemente che se ne vide solo la polvere e
non pens˜ a nient'altro che al fatto di avergli strappato il piede dal corpo.
Cos“ il dottor Faust tenne il suo denaro.
XL ¥
IL DOTTOR FAUST DIVORA UN CARICO DI FIENO
Il dottor Faust
arriv˜ in una cittˆ chiamata Zwickau, dove si teneva una riunione di dotti e,
uscendo una volta con loro a passeggiare dopo cena, incontr˜ un contadino che
conduceva un carro pieno di grumereccio; egli allora gli chiese di poterne
mangiare a sazietˆ, e quanto voleva per il foraggio. Tutti gli astanti
pattuirono il compenso in un soldo oppure in un pfennig; il contadino pens˜ che
volessero semplicemente burlarsi di lui. Ma il dottor Faust cominci˜ a mangiare
cos“ di gusto che tutti gli astanti dovettero ridere; e grazie a uno dei suoi
soliti illusionismi fece credere al contadino di avere giˆ divorata metˆ partita.
Se il contadino voleva che gliene rimanesse almeno una metˆ, doveva ottemperare
al volere del Faust. Quando poi il contadino arriv˜ al suo paese aveva di nuovo
tutto il suo grumereccio come prima.
XLI ¥
UNA CONTESA FRA DODICI STUDENTI
A Wittenberg davanti
alla sua casa ebbe inizio un litigio di sette studenti contro cinque; ci˜
sembr˜ ingiusto al dottor Faust il quale accec˜ tutti loro in modo che nessuno
potesse pi vedere l'altro. Scoppiando di rabbia si ritrovarono ciechi l'uno
contro l'altro; ovunque si alz˜ una gran risata per la strana battaglia e i
paceri dovettero condurli a casa uno dopo l'altro. A casa per˜ i loro occhi
tornarono a vedere.
XLII ¥
UNA AVVENTURA CON MOLTI CONTADINI
Il dottor Faust
beveva in una osteria dove a molti tavoli erano seduti soltanto contadini che
avevano bevuto giˆ fin troppo e facevano una tale gazzarra con canti e strepiti
che non si potevano udire nemmeno le proprie parole. Il dottor Faust disse
allora a un tale che lo aveva nominato: ÇFate attenzione, voi, che presto vi
porr˜ un freno.È PoichŽ i contadini urlavano e cantavano sempre pi forte, egli
fece loro un sortilegio: tutti rimasero con la bocca aperta senza emettere
suono alcuno e si guardarono l'un l'altro poichŽ improvvisamente era caduto un
gran silenzio; un contadino usc“ allora dalla stanza e si accorse di aver
riacquistato la parola. In breve lˆ dentro non rimase nessuno dei molti
contadini che vi erano.
XLIII
¥ IL DOTTOR FAUST VENDETTE CINQUE SCROFE, A SEI FIORINI L'UNA
Il dottor Faust
architett˜ nuovamente un imbroglio; fece comparire cinque scrofe ben ingrassate
e le vendette a sei fiorini l'una, con la condizione che l'acquirente delle
scrofe non le facesse entrare nell'acqua.
Il dottor Faust
ritorn˜ tosto a casa. Non appena le scrofe si insudiciarono nel fango, il
porcaro le condusse in uno stagno dove esse scomparvero e rimasero a
galleggiare sull'acqua solo delle fascine di paglia. Il compratore dovette
quindi andarsene scornato poichŽ non sapeva pi chi fosse il venditore.
XLIV ¥
AVVENTURE CAPITATE AL DOTTOR FAUST ALLA CORTE DEL PRINCIPE DI ANHALT
Il dottor Faust
giunse una volta dal conte di Anhalt, (ora una famiglia di principi), che gli
dimostr˜ il suo favore in ogni modo; ci˜ avvenne in gennaio. A tavola si
accorse che la contessa era incinta. Quando furono consumati i cibi consueti
della cena e furono portate in tavola le specialitˆ, il dottor Faust,
rivolgendosi alla contessa, disse: ÇGentile signora, ho udito sempre dire che
le donne incinte hanno, di alcune cose in particolare, un acuto desiderio,
prego la Signoria Vostra di volermi far conoscere ci˜ che desidererebbe
mangiare.È La principessa gli rispose: ÇMio signore, non voglio tacervi ci˜ che
desidero; in questo momento desidererei essere in autunno e mangiare a sazietˆ
uva fresca e frutta.È
Il dottor Faust
le rispose: ÇGentile signora, facile farlo per me e in un'ora il Vostro
desiderio sarˆ soddisfatto.È Il dottor Faust prese allora due piatti d'argento,
li pose fuori dalla finestra, e quando l'ora fu trascorsa sporse le mani fuori
dalla finestra e ritir˜ i piatti su cui vi era uva rossa e bianca e nell'altro
piatto mele e pere e altra frutta di paesi esotici. Li pose davanti alla
contessa e disse: ÇLa Vostra Signoria non tema di mangiare questa frutta anche
se viene da paesi stranieri dove l'estate sta ora volgendo al termine, o dove
ancora primavera.È Essa, pur stupita, mangi˜ tutta la frutta e l'uva con
piacere. Il principe di Anhalt non potŽ trattenersi dal chiedergli come avesse
potuto procurarsi uva e frutta. Il dottor Faust rispose: ÇMagnifico signore,
Vostra Signoria, deve sapere che l'anno nel mondo suddiviso in due cerchi per
cui quando da noi inverno, in oriente e in occidente estate; poichŽ il
cielo rotondo, il sole, che ora salito al punto massimo, di modo che noi
abbiamo ora i giorni pi brevi e l'inverno, in oriente e occidente, come a
Saba, in India e nella terra d'oriente, sceso, e questi paesi hanno ora
l'estate e nell'anno hanno per due volte messi e frutta. Nobile Signore, ora da
noi notte, da loro invece inizia il giorno poichŽ il sole si trova ora sotto
la terra. E ancora: da noi ora notte fonda, da loro il sole corre sulla terra
perci˜ essi hanno il giorno e di ci˜ vi una metafora: il mare corre pi in
alto di quanto non sia il mondo e se egli non ubbidisse all'altissimo, il mondo
perirebbe in un solo momento affogato, infatti anche la loro nazione tutta
circondata dal mare. Quindi ora il sole si alza da loro e si abbassa da noi.
Per rispondere infine alla domanda, nobile signore, io ho inviato colˆ il mio
spirito che uno spirito volante e che si sposta molto velocemente e pu˜
assumere in un attimo le sembianze che desidera, egli ha sottratto quest'uva e
questa frutta.È Il principe ascolt˜ tali cose con grandi meraviglie.
XLIV
BIS ¥ UN'ALTRA AVVENTURA ACCADUTA AL DOTTOR FAUST: PER PIACERE A QUESTO CONTE
EGLI FECE SORGERE CON UN INCANTESIMO UN CASTELLO MERAVIGLIOSO SU UN'ALTURA
Prima di prendere
congedo dal principe di Anhalt il dottor Faust lo preg˜ di uscire con lui dalla
porta della cittˆ, in quanto voleva mostrargli un castello che aveva edificato
quella notte per il suo feudo e signoria, cosa che stup“ moltissimo il conte,
il quale and˜ con il dottor Faust ed anche con la sua sposa e la gente di corte
fuori dalla porta della cittˆ, dove, su una montagna chiamata RohmbŸhel, sita
non molto distante dalla cittˆ, fu possibile vedere un castello ben costruito
che il dottor Faust aveva fatto sorgere per magia.
Egli preg˜ il
conte e la sua sposa di recarsi da lui e di consumare con lui la colazione,
cosa che il principe non rifiut˜. Questo castello era stato costruito per
incantesimo, tutt'intorno era circondato da un profondo fossato pieno d'acqua,
in cui si potevano ammirare ogni sorta di pesci e taluni uccelli d'acqua come
cigni, anatre, aironi ed altri che erano una gran gioia alla vista. In questo
fossato si innalzavano cinque torri rotonde di pietra e due portoni, vi era
anche un vasto cortile in cui era comparsa per magia ogni sorta di animali e
inoltre, cosa che in Germania non tanto facile a vedere, scimmie, orsi,
bufali, camosci e altra analoga fauna esotica. Vi erano anche animali ben noti
come cervi, cinghiali, caprioli e anche ogni specie di uccelli, tanti quanti se
ne pu˜ immaginare che saltellavano e volavano da un albero all'altro. Dopo aver
mostrato tutte queste cose egli invit˜ i suoi ospiti al tavolo e offr“ loro un
pranzo fastoso e regale, con cibi e bevande, tante quante se ne pu˜ immaginare:
ogni volta il suo servo Wagner che riceveva invisibilmente dallo spirito ogni
sorta di vivande, di selvaggina, pesci, uccelli ed altri indossava
contemporaneamente nove costumi diversi.
Fra gli animali
domestici (come poi raccont˜ il dottor Faust) egli port˜ buoi, bufali, caproni,
manzi, vitelli, montoni, agnelli, pecore, maiali ecc.; come selvaggina egli
fece gustare camosci, conigli, cervi, caprioli ecc. Dei pesci egli offr“
anguille, triglie, trote, lucci, carpe, gamberi, telline, lamprede, baccalˆ,
salmone, tinche ed altri. Fra gli uccelli fece portare pollame, smerghi, selvaggina,
piccioni, fagiani, urogalli, galli indiani, e poi polli, pernici, francolini,
allodole, gaggi, tordi, pavoni, aironi, cigni, ottarde, quaglie ecc. Fra i vini
vi erano vini dei Paesi Bassi, burghundi, del Brabante, di Coblenza, di Crabat,
dell'Alsazia, i vini inglesi, i francesi, i renani, gli spagnoli, gli olandesi,
i lussemburghesi, gli ungheresi, gli austriaci, i vini sloveni, di WŸrtzburg e
poi i vini della Franconia, della Renania e la malvasia, insomma ogni specie di
vino che si pu˜ trovare in cento cantoni. Un cos“ fastoso pranzo il conte lo
accett˜ di buona grazia e dopo il pranzo ritorn˜ alla sua corte e ad entrambi i
coniugi non pareva di aver mangiato o bevuto alcunchŽ, tanto si sentivano
leggeri.
Dopo che furono
ritornati alla corte, orrendi colpi di schioppo uscirono dal castello del
dottor Faust e il fuoco vi infuri˜ violentissimo finchŽ esso fu distrutto;
tutto questo essi lo poterono vedere bene. Il dottor Faust ritorn˜ dal conte
che lo compens˜ con cento talleri e lo lasci˜ andare; ma questa rimase una fra
le imprese meravigliose del dottor Faust.
XLV ¥
COME IL DOTTOR FAUST é GIUNTO CON I SUOI COMPAGNI NELLA CANTINA DEL VESCOVO DI
SALISBURGO
Dopo aver preso
congedo dal principe e ritornato a Wittenberg ebbe inizio il carnevale, e in
questa ricorrenza il dottor Faust recit˜ il ruolo di Bacco; chiam˜ a sŽ allora
molti dotti studenti e dopo che ebbe offerto loro un lauto pranzo ed essi,
felici, lo ebbero proclamato Bacco e gli ebbero tributato opportuni onori,
Faust tenne loro un discorso e disse che dovevano andare con lui in una cantina
per gustare i migliori vini che egli avrebbe loro offerto. Essi accettarono
immediatamente la proposta. Allora il dottor Faust prese nel suo giardino una
scala a pioli e su ogni piolo pose uno di loro e part“ con essi giungendo nella
stessa notte nella cantina del vescovo di Salisburgo dove assaggiarono ogni
sorta di vino e bevvero solo il migliore; infatti questo vescovo possiede una
stupenda raccolta di vini. Quando tutti erano giˆ piuttosto alticci, avendo
ispezionato tutte le botti con una fiaccola portata dal dottor Faust,
sopraggiunse il cantiniere del vescovo che cominci˜ a gridare che vi erano dei
ladri che avevano fatto irruzione nella cantina. Ci˜ infastid“ il dottor Faust
che esort˜ i suoi compagni a rimettersi in cammino, afferr˜ il cantiniere per i
capelli e quando arriv˜ a tiro di un alto abete vi depose sopra il cantiniere
assai impaurito poi torn˜ a casa dove con i suoi compagni di bagordi fece un
brindisi con il vino delle cantine del vescovo di cui aveva riempito un grande
otre. Il povero cantiniere dovette per˜ rimanere tutta la notte sull'albero per
non cadere gi e fin“ quasi congelato; quando si fece giorno, vide che l'abete
era tanto alto che gli era impossibile scendere poichŽ l'albero non aveva rami
nŽ sopra nŽ sotto; vide molti contadini venire verso di lui, li chiam˜ e
raccont˜ cosa gli era successo e li preg˜ di aiutarlo a scendere. I contadini
si stupirono e riferirono l'accaduto alla corte di Salisburgo; vi fu allora un
grande accorrere di gente, lo trassero di lˆ a gran fatica con delle corde; il
cantiniere per˜ non seppe mai dire chi erano coloro che aveva trovato in
cantina e nemmeno seppe dire chi l'aveva portato fin lass.
XLVI ¥
AL MARTEDí DI CARNEVALE
Sette studenti (di
cui quattro erano magistri e studiavano teologia, giurisprudenza e medicina) dopo le
celebrazioni carnascialesche, furono di nuovo invitati nella casa del dottor
Faust al marted“ di carnevale. Qui rimasero a pranzo essendo graditi ed
abituali ospiti del dottor Faust e dopo un pasto avaro di portate, avevano
infatti mangiato solo pollo, pesce e arrosto, il dottor Faust li consol˜
dicendo: ÇCari signori, voi avete potuto notare la mia misera ospitalitˆ, ma vi
prego di accettarla benignamente perchŽ andrˆ meglio con i vini. Voi sapete
infatti cari signori, che in molte corti di potenti il carnevale celebrato
con cibi ricercati e bevande pregiate, di cui giusto che anche voi godiate. é
opportuno quindi che sappiate che questa la ragione per cui vi ho offerto
pochi cibi e bevande e vi ho quasi affamato: due ore fa ho posto nel mio
giardino tre bottiglie, una di cinque misure, l'altra di otto e l'altra ancora
di otto ed ho comandato al mio spirito di prendere un vino ungherese, uno
italiano e uno spagnolo. Ho messo inoltre nel giardino quindici piatti uno
accanto all'altro che sono pronti da riempire con ogni varietˆ di cibi che io
dovr˜ soltanto riscaldare, e dovete credermi: non affatto un inganno dei
sensi ci˜ che penserete di mangiare, ma mangeremo veramente.È Terminato il suo
discorso diede ordine al suo famulo Wagner di preparare un nuovo tavolo; egli
lo fece e poi port˜ per cinque volte i cibi e sempre furono servite tre portate
composte da varie specie di selvaggina e di arrosti. Come vino, egli apr“ vino
italiano a tavola e come vino da brindisi, port˜ vino ungherese e spagnolo e
quando furono tutti sazi e satolli, sul tavolo rimase ancora molto cibo;
iniziarono allora a cantare e ballare e tornarono a casa verso l'alba.
L'indomani per˜ furono invitati a partecipare al vero carnevale.
XLVII
¥ LA TERZA GIORNATA DI CARNEVALE, AL MERCOLEDí DELLE CENERI
Il mercoled“
delle ceneri, vero giorno di carnevale, gli studenti vennero nuovamente
invitati nella casa del dottor Faust ed egli offr“ loro un pasto principesco
durante il quale essi ballarono, cantarono e si abbandonarono ad ogni sorta di
divertimenti. Quando infine cominciarono a circolare gli alti boccali e i
bicchieri, il dottor Faust diede inizio al suo gioco di prestigio: nella stanza
provenienti da ogni angolo, si udivano suoni di ogni specie di strumento a
corda ma non si riusciva a capire donde venissero. Infatti non appena si
spegneva un suono ne cominciava un altro, ora era un organo, ora era un
armonium, oppure liuti, violini, citere, arpe, cormoni, trombe, flauti a becco,
tibie, insomma si potevano udire tutte le varietˆ degli strumenti musicali; nel
frattempo tutti i bicchieri e boccali cominciarono a saltellare. Allora il
dottor Faust ne prese dieci, li mise in mezzo alla stanza e tutti insieme
cominciarono a ballare e a cozzare l'uno contro l'altro fino ad infrangersi,
cosa che provoc˜ negli ospiti una grande ilaritˆ. Tosto si ciment˜ in una nuova
impresa. Fece catturare un gallo nel cortile, lo mise sul tavolo e quando gli
diede da bere, questi cominci˜ spontaneamente a fischiare con il becco.
Immediatamente dopo torn˜ ad esibirsi; pose uno strumento a suonare sul tavolo,
subito entr˜ una vecchia scimmia che ball˜ con grazia nella stanza al ritmo
dello strumento. Organizz˜ simili passatempi fino a notte alta e preg˜ gli
studenti di rimanere a cena con lui. Voleva offrire loro un pranzo a base di
uccellagione e poi andare con loro alla mascherata, cosa che essi accettarono
di buon grado. Allora Faust prese una pertica e la mise fuori dalla finestra.
Subito ogni specie di uccelli vol˜ alla sua finestra e quelli che si posarono
sulla pertica vi rimasero impaniati; quando infine ebbe catturato un
soddisfacente numero di uccelli, gli studenti lo aiutarono a ucciderli e a
spennarli. Erano allodole, tordi, e quattro anitre selvatiche. Dopo aver bevuto
e mangiato a sazietˆ, andarono tutti insieme alla mascherata. Il dottor Faust
ordin˜ che tutti indossassero una tunica bianca e che poi lo lasciassero libero
di agire. Essi cos“ fecero e poi guardandosi a vicenda ebbero l'impressione di
non aver pi la testa. Cos“ mascherati andarono in molte case causando in tutti
un gran spavento. Quando poi le persone a cui avevano sottratto i dolci,
tornarono a tavola, essi ritrovarono di nuovo le proprie sembianze e li si
poteva riconoscere. Subito dopo subirono una nuova metamorfosi assumendo teste
e orecchie di asino, teste che mantennero fino alla mezzanotte, dopo di che
ciascuno torn˜ alla propria casa.
XLVIII
¥ AL GIOVEDí, QUARTA NOTTE DI CARNEVALE
Gli ultimi
baccanali furono di gioved“, giorno in cui cadde una abbondante nevicata. Il
dottor Faust fu chiamato dagli studenti che gli offrirono un pranzo principesco
dopo di che egli cominci˜ di nuovo le sue esibizioni e fece apparire per magia
tredici scimmie nella stanza che danzarono magistralmente come di rado si ha
occasione di vedere, poi saltarono l'una sopra l'altra, come in genere fanno le
scimmie ammaestrate, quindi tenendosi per le mani l'un l'altra, ballarono in
fila indiana intorno al tavolo e poi uscirono dalla finestra e scomparvero.
Essi posero davanti a Faust una testa di vitello arrostita e quando uno degli
studenti la volle spaccare, la testa di vitello cominci˜ a parlare e gridare
con voce umana: assassino, aiuto, oh pietˆ, di cosa mi incolpi? Tutti dapprima
ne furono atterriti, poi cominciarono a ridere. Tagliarono quindi la testa di
vitello e il dottor Faust and˜ a casa per tempo, che era ancora giorno ma
promise di ricomparire. Presto si procur˜ con la propria magia una slitta dalla
forma di drago e vi sedette sulla testa, mentre dentro vi presero posto gli
studenti, sulla coda del drago vi erano anche quattro scimmie, frutto di magia,
che si produssero in fantasmagorie divertentissime; una soffiava nella
cennamella (zampogna) e la slitta correva da sola ovunque essi volessero. Tutto
ci˜ continu˜ fino a mezzanotte con tale schiamazzo che nessuno poteva udire
l'altro. Gli studenti ebbero l'impressione di avere viaggiato nell'aria.
XLIX ¥
DI ELENA EVOCATA PER MAGIA LA DOMENICA IN ALBIS
La domenica di
Pasqua gli studenti giˆ nominati irruppero all'improvviso nella casa del dottor
Faust per l'ora di cena ma si erano portati appresso cibo e bevande, cosa che
li qualific˜ come ospiti cortesi. Quando il vino cominci˜ a circolare al tavolo
si parl˜ di belle donne e uno fra di loro cominci˜ a dire che pi di ogni altra
donna desiderava vedere la bella Elena di Grecia, causa della rovina della
bella cittˆ di Troia.
Doveva essere
stata molto bella, egli disse, se era stata rapita al suo sposo e a causa sua
era scoppiata una tale guerra. Il dottor Faust rispose: ÇPoichŽ siete cos“
desiderosi di vedere la bella figura della regina Elena, moglie di Menelao,
figlia di Tindaro e Leda, sorella di Castore e Polluce, che deve essere stata
la pi bella donna di Grecia, ho pensato di risvegliarla, di farla apparire qui
affinchŽ possiate vedere personalmente la sua immagine e come essa stata
nella realtˆ, allo stesso modo in cui ho dato corpo, per desiderio
dell'imperatore Carlo V, allo spirito dell'imperatore Alessandro Magno e della
sua sposa.È Immediatamente proib“ a tutti di parlare, alzarsi dal tavolo o
salutare, usc“ dalla stanza e quando torn˜ lo seguiva la regina Elena, cos“
meravigliosa che gli studenti non sapevano se erano in sŽ oppure no, tanto erano
confusi e ardenti. Essa apparve in uno stupendo vestito nero e purpureo; l'oro
dei suoi capelli splendeva meravigliosamente e le chiome disciolte erano cos“
lunghe da arrivare sino alle ginocchia. I suoi begli occhi erano nerissimi, il
viso gentile con una testolina rotonda, una piccola bocca con labbruzze rosse
come ciliegie, un collo come un cigno bianco, guance rosse come un bocciolo di
rosa, un bel viso splendido, una persona slanciata e di bel portamento. Insomma
in lei non vi era alcun difetto. Essa si guard˜ attorno nella stanza con un
viso provocante e spavaldo tanto che gli studenti si incendiarono tutti d'amore
per lei, ma poichŽ la credevano uno spirito, tale passione li abbandon˜
facilmente; poi Elena usc“ dalla stanza con il dottor Faust. Dopo che gli
studenti ebbero assistito all'apparizione pregarono il dottor Faust di usare
loro l'immenso favore di fare riapparire l'ombra di Elena ancora una volta,
l'indomani, poichŽ avrebbero inviato nella sua casa un pittore che doveva
ritrarla. Il dottor Faust rifiut˜ la richiesta e disse che non poteva
richiamare due volte lo stesso spirito. Egli piuttosto avrebbe loro offerto un
ritratto di Elena, cosa che avvenne, e gli studenti se lo contesero e i pittori
se lo inviarono l'un l'altro poichŽ vi era ritratta una immagine di donna
dall'aspetto stupendo. Ma non si mai potuto sapere chi dipinse tale quadro
per Faust.
Quando gli
studenti si coricarono non poterono dormire a causa del turbamento in essi
suscitato dall'immagine e dalle sue forme che essi avevano potuto ammirare cos“
distintamente. Da ci˜ si deve comprendere che il diavolo spesso accende di
amore gli uomini e li incatena tanto da spingerli a una vita da prostitute e in
seguito non facile tornare indietro.
L ¥ UN
INCANTESIMO CHE FECE VOLARE IN ARIA LE QUATTRO RUOTE DEL CARRO DI UN CONTADINO
Il dottor Faust
fu chiamato una volta nel Braunschweig, in cittˆ, da un maresciallo che aveva
la tisi e gli chiese di aiutarlo. Il dottor Faust quando era chiamato come
ospite o come medico non aveva l'abitudine di cavalcare o di usare un veicolo
nei suoi viaggi, bens“ di recarsi a piedi nel luogo dove era stato chiamato.
Quando arriv˜ nei pressi della cittˆ, tanto da vederla innanzi a sŽ, incontr˜
un contadino con quattro cavalli e un carro vuoto. Il dottor Faust chiese con
molto garbo a questo contadino se gli permetteva di sedersi sul carro e se lo
poteva portare sino alla porta della cittˆ, ma il babbeo gli neg˜ il favore e
disse che aveva giˆ abbastanza roba da trasportare. La richiesta del dottor Faust
non era sostanziale; egli voleva soltanto mettere alla prova il contadino per
sapere se era possibile rintracciare in lui un poco di gentilezza, ma questa
malagrazia, che frequente nei contadini, fu ripagata dal dottor Faust con la
stessa moneta: egli disse: ÇTu, babbeo, e immonda sozzura, poichŽ mi hai
dimostrato tanta malagrazia, la stessa che riservi senz'altro anche agli altri
e che giˆ devi aver messa in pratica, devi per questo pagare un balzello,
troverai pertanto le tue quattro ruote ognuna presso una diversa porta della
cittˆ.È In quel preciso istante le ruote balzarono nell'aria e volarono via
tanto che ognuna di esse fu rintracciabile presso una porta della cittˆ, per˜
senza che nessuno si avvedesse del fatto all'infuori del contadino. Anche i
cavalli del contadino caddero a terra come stecchiti. Di ci˜ il contadino si
spavent˜ molto e pens˜ che fosse una particolare punizione di Dio, per la sua
ingratitudine. Molto preoccupato e piangente preg˜ Faust, con le mani giunte e
in ginocchio, di perdonarlo e riconobbe di essere degno di una tale punizione.
Sarebbe stato per lui un ricordo indelebile per una prossima volta: non avrebbe
usato pi tale ingratitudine.
E poi preg˜ Faust
di avere pietˆ, ed egli gli ordin˜ di non comportarsi pi cos“ con nessun altro
poichŽ non vi era cosa pi vergognosa della infedeltˆ e della ingratitudine,
quando fossero inoltre accompagnate all'alterigia. Ora egli doveva prendere
della terra e gettarla sui suoi ronzini: essi si sarebbero rialzati e sarebbero
rinvenuti, la qual cosa accadde. Dopo di che egli disse al contadino: ÇLa tua
infedeltˆ non pu˜ rimanere senza punizione, deve anzi essere ripagata con
uguale moneta; poichŽ ti sembrato troppo faticoso trasportare un uomo solo su
un carro vuoto, ora guarda: le tue quattro ruote sono davanti alle quattro
diverse porte della cittˆ, dove tu le troverai.È Il contadino le trov˜ come
aveva detto il dottor Faust, e con grande lavoro e fatica e perdita di tempo
per i suoi affari, le rimise in sesto. Ci˜ gli accadde per l'ingratitudine nei
confronti del suo signore.
LI ¥
QUATTRO MAGHI SI TAGLIANO LA TESTA E SE LA RIMETTONO, COSA CHE FECE ANCHE IL
DOTTOR FAUST
Il dottor Faust
durante la quaresima and˜ alla fiera di Francoforte, lˆ il suo spirito
Mefistofele lo inform˜ che in un'osteria nella judengasse vi erano quattro
maghi che si tagliavano la testa vicendevolmente e la davano al barbiere da
radere, cosa che fu vista da molte persone. Questo contrari˜ Faust, che pensava
di essere l'unico gallo nel cesto del diavolo e and˜ per vedere queste cose; lˆ
vi erano i maghi che si tagliavano le teste reciprocamente, da loro vi era il
barbiere che doveva raderle e azzimarle. Sul tavolo ognuno aveva un alambicco
con acqua distillata. Uno di loro era il mago pi noto ed era il loro giustiziere;
egli con un sortilegio fece nascere un giglio che verdeggiava nel primo
alambicco e lo chiam˜ Çla radice della vitaÈ.
Quindi si rivolse
al primo mago, gli fece sbarbare la testa e gliela rimise sulle spalle. Subito
il giglio scomparve e il mago aveva nuovamente tutta la sua testa. Egli ripetŽ
la stessa cosa anche con il secondo e con il terzo che avevano i loro gigli
nell'acqua e le loro teste furono rasate e rimesse a posto.
Poi fu la volta
del mago giustiziere, anche il suo giglio della vita verdeggiava nell'acqua e
vi cresceva; gli venne tagliata la testa e quando la sua testa venne rasata e
pettinata, era presente il dottor Faust, al quale tali ragazzate pungevano gli
occhi e lo disturbava la presunzione del vecchio mago, e il modo insolente con
cui egli faceva tagliare le teste, con la bestemmia e con il sorriso sulle
labbra. Il dottor Faust si avvicin˜ al tavolo dove stavano gli alambicchi e i
gigli, prese un coltello e distrusse il fiore spezzandone lo stelo e
separandolo da esso, cosa di cui nessuno si accorse.
Quando i maghi
videro lo scempio, i loro poteri si erano nullificati ed informarono il loro
compagno che non gli potevano pi rimettere la testa a posto.
Cos“ quell'uomo
malvagio dovette morire e putrefarsi nel peccato; ecco come alla fine il
diavolo premia i suoi servitori e li congeda. Nessuno dei maghi seppe cosa era
accaduto agli steli spezzati, ma nessuno pens˜ che ci˜ fosse opera del dottor
Faust.
LII ¥
DI UN VECCHIO UOMO CHE VOLEVA REDIMERE IL DOTTOR FAUST DALLA SUA VITA EMPIA E
DELLA INGRATITUDINE CHE NE RICEVETTE
Un vicino di casa
del dottor Faust era un medico cristiano, timorato di Dio e fervido osservante
delle sacre scritture che, vedendo molti studenti andare e venire dalla casa
del dottor Faust come da un covo o da un bordello in cui regnavano il demonio e
l'intemperanza e non Dio con i suoi angeli fedeli, pens˜ di distogliere il
dottor Faust dal suo diabolico ed empio proposito. Perci˜ egli lo invit˜ nella
sua casa animato da cristiano zelo.
Il dottor Faust
vi and˜ e durante il pranzo il vecchio timorato di Dio si rivolse a Faust con
queste parole: ÇMio caro signore e vicino di casa, vi rivolgo con buon animo
una cristiana preghiera: non guardate al mio zelo con rabbia e malagrazia e non
offendetevi della parca mensa, ma accettate benignamente ci˜ che il buon Dio mi
ha dato in sorte.È
Il dottor Faust
lo preg˜ di esporgli i suoi pensieri, a cui senza dubbio si sarebbe volentieri
uniformato. Allora il padrone di casa cominci˜: ÇMio caro signore e vicino, voi
sapete di avere rinunciato volontariamente a Dio e a tutti i santi e di esservi
dato al diavolo attirandovi l'ira divina e cadendo in disgrazia a Dio e da buon
cristiano che eravate siete diventato ora un eretico e un dannato. Ah, mio
signore, di quale colpa macchiate il vostro corpo e la vostra anima! Voi vivete
ora nell'eterno castigo e nella disgrazia di Dio, per˜, mio signore, non tutto
perduto se voi tornate sui vostri passi e cercate in Dio la grazia e il
perdono, cosa di cui si hanno validi esempi negli atti degli apostoli, quando
nell'ottavo capitolo si parla di Simone di Samaria, che aveva corrotto gran
parte della sua gente tanto da farsi considerare un dio con poteri divini e da
essere chiamato San Simone Dio; ebbene, anche lui ritornato indietro, infatti
quando ud“ la predica di san Filippo si fece battezzare e credette poi in
nostro Signor Ges Cristo e visse a lungo presso Filippo; tutto ci˜ ci viene
narrato dettagliatamente negli atti degli apostoli. Quindi mio signore,
accettate le mie esortazioni ed esse rimangano in voi come un cristiano,
cordiale ricordo.
ÇQuesta la
penitenza, cercare grazia e perdono, cosa di cui voi avete molti fulgidi
esempi, come nel ladrone sulla croce, item in san Pietro, Matteo e Maddalena,
anzi il Signore Ges Cristo dice a tutti i peccatori: venite a me tutti voi che
siete affaticati e affranti, io voglio ristorarvi. E nel profeta Ezechiele sta
scritto: io non desidero la morte del peccatore, ma la sua vita e il suo
ravvedimento poichŽ la sua mano non si accartocciata a tal punto da non poter
pi essere d'aiuto. Vi prego mio signore di lasciarvi toccare il cuore da tale
proposito e vi chiedo di pregare Dio di volervi perdonare per volontˆ di Cristo
e parimenti di abbandonare i vostri cattivi propositi poichŽ la magia offesa
a Dio e ai suoi comandamenti ed egli la vieta nel modo pi assoluto sia nel
vecchio che nel nuovo testamento quando dice: non la si deve far vivere, non si
deve avere rapporti con lei nŽ stringere patti poichŽ una colpa contro Dio.
San Paolo chiama Jehu oppure Elymas, il mago, figlio del diavolo, nemico di
ogni giustizia e dice che gente simile non deve avere alcun posto nel regno di
Dio.È Il dottor Faust lo ascolt˜ e disse che queste parole lo convincevano,
ringrazi˜ il vecchio del suo buon pensiero e promise di seguirlo per quanto
fosse possibile; dopo di che prese congedo. Quando poi Faust and˜ verso casa
pens˜ a questi consigli per lungo tempo e riflettŽ su cosa significava per lui
e per la sua anima essersi dato al diavolo; egli allora decise di fare
penitenza e revocare nuovamente la sua promessa al diavolo. Mentre era
tormentato da tali pensieri gli apparve lo spirito che lo agguant˜ come se
volesse girargli il collo e gli rinfacci˜ i motivi che lo avevano spinto a
darsi al diavolo: la sua sfrontata arroganza. Gli ricord˜ inoltre che aveva
anche promesso di essere nemico di Dio e di tutti gli uomini; ora non voleva
pi tener fede a questa promessa ma seguire il vecchio barbogio, un uomo, e
tornare ad avere la grazia di Dio sebbene fosse troppo tardi essendo egli ormai
votato al diavolo che aveva abbastanza potere per prenderlo. Infatti egli lo
teneva ormai in pugno e lo avrebbe potuto rovinare in ogni momento a meno che
egli non avesse rinnovato il patto col proprio sangue, e non giurasse di non
lasciarsi pi sviare e corrompere da alcun uomo. E questo patto doveva essere
ben chiaro, altrimenti sarebbe stato annientato. Il dottor Faust rimase
atterrito, accondiscese al demonio, si mise a sedere e scrisse con il suo
sangue ci˜ che segue; questo scritto fu ritrovato dopo la sua tremenda morte.
LIII ¥
LA SECONDA PROMESSA CHE IL DOTTOR FAUST CONSEGNA AL SUO SPIRITO
ÇIo, dottor
Giovanni Faust dichiaro di mio pugno e con il mio sangue di aver mantenuto con
fedeltˆ e intransigenza il mio primo impegno e il mio patto fino al
diciassettesimo anno e di aver avversato Dio e tutti gli uomini. Con questo
atto rinuncio al mio corpo e alla mia anima per consegnarli al potente dio
Lucifero. E cos“ sarˆ per altri 7 anni, tempo in cui egli potrˆ disporre e comandare
di me. Oltre a ci˜ egli promette di abbreviare o di allungare la mia vita sia
nella morte che nell'inferno, ed anche di non farmi partecipe di alcuna pena.
Con la presente prometto inoltre di non ubbidire pi ad alcun uomo, nŽ di
ascoltare consigli, preghiere o minacce, di non seguire la parola di Dio, nŽ
nelle cose del mondo nŽ in quelle spirituali e nemmeno ubbidire ad alcun
mentore spirituale, nŽ seguire la sua dottrina: voglio soltanto mantenere
queste promesse con fedeltˆ e con decisione, e unica promessa questa mia che
io ho scritto con il mio sangue per impegnarmi maggiormente.È
Dopo una tale
scellerata ed empia promessa egli prese ad odiare quel buon vecchio uomo tanto
da volerlo sopprimere; ma la fede cristiana e la condotta di quest'ultimo,
avevano inferto un tale colpo al suo nemico che egli non gli si era pi potuto
accostare. Due giorni dopo infatti quando il pio uomo si coric˜ ud“ nella casa
un gran frastuono mai udito prima; era il diavolo che si muoveva nella sua
camera grufolando come una scrofa, e ci˜ dur˜ a lungo. Allora il vecchio uomo
cominci˜ a irridere lo spirito e disse: ÇOh, questa proprio musica contadina,
s“ proprio un bel canto per un fantasma, bello come un canto di lode di un
bell'angelo che non ha saputo rimanere in Paradiso per pi di due giorni e va
ora disturbando le case dell'altra gente non essendo potuto rimanere nella
propria dimora.È Con tali parole egli ha beffeggiato lo spirito.
Quando il dottor
Faust chiese poi allo spirito come fosse andata con il vecchio, questi rispose
che non aveva potuto avvicinarlo poichŽ era ben armato (egli intendeva con la
preghiera). E poi lo aveva deriso rinfacciandogli la propria caduta, cosa che
gli spiriti o i diavoli non possono sopportare. Cos“ Dio protegge tutti i pii cristiani
che si sono votati a Lui contro il cattivo spirito.
LIV ¥
DI DUE PERSONE CHE IL DOTTOR FAUST UNí CON IL SUO FILTRO D'AMORE, NEL
DICIASSETTESIMO ANNO DEL SUO PATTO
A Wittenberg vi
era uno studioso ma sconosciuto uomo della nobiltˆ chiamato N.N. che aveva
rivolto il suo cuore e i suoi occhi a una bellissima donna di antico e nobile
lignaggio.
Questa aveva
molti pretendenti oltre al giovane nobiluomo, pretendenti che essa rifiutava ed
in modo particolare il nominato nobiluomo, che occupava nel suo cuore il posto
pi piccolo. Questi apparteneva alla cerchia degli amici di Faust di cui era
anche stato spesso ospite. Ora avvenne che l'amore per la nobildonna lo strusse
tanto che egli dimagr“ e si ammal˜.
Il dottor Faust
venuto a sapere che questo nobiluomo giaceva a letto gravemente ammalato chiese
al suo Mefistofele che cosa gli fosse accaduto. Egli gli spieg˜ quindi tutte le
vicende di questo amore, allora il dottor Faust si rec˜ a far visita al nobile
e gli svel˜ la causa della sua malattia, cosa di cui egli si crucci˜ molto. Il
dottor Faust lo consol˜ e gli disse che non doveva preoccuparsi tanto, perchŽ
egli voleva venirgli in aiuto facendo in modo che questa donna non appartenesse
a nessun altro se non a lui, e cos“ accadde. Infatti il dottor Faust fece
nascere con le sue arti magiche un tale turbamento nel cuore di questa pulzella
che essa non ascoltava pi alcun uomo, nemmeno i giovani compagni nobili,
ricchi ed aristocratici che essa aveva come pretendenti. Dopo di che il dottor
Faust ordin˜ al nobile di vestirsi elegantemente e di andare con lui dalla
vergine che sedeva in un giardino con molte altre giovani, lˆ si sarebbe dato
inizio ad un ballo ed egli doveva danzare con lei; gli diede inoltre un anello
che doveva mettersi al dito quando ballava con lei, e non appena egli l'avesse
sfiorata con il dito essa avrebbe dato a lui il suo cuore e a nessun altro,
egli per˜ non doveva parlare di matrimonio, poichŽ essa stessa gliene avrebbe
parlato. Faust prese poi dell'acqua distillata ed asperse il nobiluomo, che
subito assunse un aspetto bellissimo ed insieme andarono al giardino. Il
nobiluomo fece come il dottor Faust gli aveva ordinato, ball˜ con la pulzella,
la sfior˜ e da quel momento essa gli diede il suo cuore e il suo amore; la
buona giovane fu colpita dalle frecce di Cupido e per tutta la notte a letto
non ebbe pace perchŽ troppo spesso pensava a lui. Al mattino seguente essa si
rec˜ da lui, gli offr“ il suo cuore e il suo amore e gli chiese di sposarla,
cosa che egli le promise ardente d'amore e presto celebrarono il loro
matrimonio che confer“ anche al dottor Faust un certo onore.
LV ¥
DELLA FIORITURA CHE FU VISTA NEL GIARDINO DEL DOTTOR FAUST IL GIORNO DI NATALE
NEL DICIANNOVESIMO ANNO DEL SUO PATTO
In dicembre, il
giorno di Natale, molte donne e molti figli di nobili erano andate a Wittenberg
dai loro fratelli, che studiavano colˆ, per fare una visita; costoro erano ben
conosciuti dal dottor Faust, perchŽ lo avevano invitato molte volte. Per
ricambiare tali cortesie egli invit˜ governanti e giovani a trattenersi presso
di lui nella sua casa. Quando essi arrivarono vi era molta neve nelle strade ma
nel giardino del dottor Faust vi era uno spettacolo stupendo e piacevole,
infatti qui non vi era punta neve ma una magnifica fioritura estiva con ogni
sorta di arbusti ed erba verdeggiante e ogni sorta di splendidi fiori. Vi erano
anche verdi viti da cui pendeva ogni sorta di grappoli d'uva e parimenti vi
erano rose rosse, bianche e carnicine e molti altri bei fiori profumati,
stupenda gioia della vista e dell'olfatto.
LVI ¥
DI UN ESERCITO DI SOLDATI SCHIERATI, NEL DICIANNOVESIMO ANNO DEL PATTO, CONTRO
IL NOBILUOMO AL QUALE IL DOTTOR FAUST AVEVA FATTO CRESCERE SULLA TESTA CON UN
INCANTESIMO PALCHI DI CORNA ALLA CORTE DELL'IMPERATORE
Il dottor Faust
and˜ ad Eisleben: quando giunse a metˆ del cammino vide sette cavalieri che
venivano verso di lui; chi li guidava lui lo conosceva bene, era infatti il
nobile von Hardeckh, a cui aveva fatto crescere per incantesimo le corna di
cervo sulla fronte alla corte dell'imperatore, come si a suo tempo
raccontato. Il signore conosceva molto bene il dottor Faust e nel contempo
Faust lui; il signore fece fermare i suoi servi, cosa che Faust not˜ subito per
cui si mantenne a una certa distanza. Quando il nobile lo vide ordin˜ di
assalirlo e di sparargli; ma i soldati, notando che Faust era piuttosto lontano
e in una posizione pi elevata rispetto a loro, cercarono di raggiungerlo il
pi rapidamente possibile. Tosto per˜ egli scomparve dalla loro vista rendendosi
invisibile. Il nobiluomo li fece allora fermare sulla cima, essendo il Faust
scomparso e subito essi udirono gi nel bosco un gran fragore, squilli di
trombe come quelle del giudizio, corni, timpani e rullio di tamburi e videro
anche apparire qualcosa come cento cavalieri che circondavano il nobiluomo, per
cui egli pens˜ di darsela a gambe, ma quando volle fuggire verso la montagna,
lˆ vi trov˜ un grande esercito in armi pronto a farlo fuori, allora egli si
volse in un'altra direzione ma vide di nuovo molti giganteschi cavalli da
sella, ragion per cui dovette cercare altrove una via di scampo, dove per˜ si
scontr˜ con un esercito in assetto di guerra e cos“ fu per una, due, tante
volte e tutte le volte che aveva cambiato strada; quando poi si rese conto che non
poteva fuggire da nessuna parte perchŽ era completamente circondato, allora si
tuff˜ di corsa fra le file dell'esercito, cosa che doveva costituire per lui un
grande pericolo al punto che si chiese quale fosse la ragione per cui lo si
teneva circondato da ogni parte sino a toccarlo ma nessuno gli volle rispondere
finchŽ il dottor Faust a cavallo gli si appress˜ (essendo stato nel frattempo
il nobiluomo completamente circondato) e gli disse che egli doveva darsi
prigioniero, in caso contrario lo si sarebbe preso con la forza. Il nobiluomo
pens˜ naturalmente che si trattava di un gruppo di veri soldati pronti a dare
battaglia e non certo di un sortilegio del dottor Faust; di conseguenza Faust
pretese da lui l'archibugio e la spada, prese le loro cavalcature e ne diede
loro altre insieme a nuovi archibugi e spade che erano frutto di un sortilegio
e il dottor Faust, resosi irriconoscibile, parl˜ poi al nobiluomo: ÇMio
signore, solo a queste condizioni il comandante di questo esercito mi ha
raccomandato per questa volta di lasciarvi andare dal momento che avete
inseguito uno che ha chiesto aiuto al nostro capoÈ; quando il nobile arriv˜ nel
suo palazzo e i suoi servi portarono i cavalli all'abbeverata, questi
scomparvero, si dissolsero cos“ rapidamente che i buoni servi quasi annegavano,
e dovettero poi ritornare a piedi verso casa. Il nobiluomo, quando vide i servi
ritornare tutti insudiciati e fradici e ne conobbe la ragione, cap“
immediatamente che si trattava di un incantesimo del dottor Faust come quello che
aveva fatto a lui tempo addietro e che tutto ci˜ che gli accadeva ora era una
beffa crudele, ciononostante dovette lasciar correre. Il dottor Faust dal canto
suo riun“ insieme i ronzini, li vendette e guadagn˜ del denaro, mandando cos“
in fumo la vendetta del suo nemico.
LVII ¥
DELLE INTEMPERANZE DEL DOTTOR FAUST TRA IL DICIANNOVESIMO E IL VENTESIMO ANNO
DEL SUO PATTO
Quando il dottor
Faust ebbe la percezione che gli anni del suo patto trascorrevano velocemente
uno dopo l'altro, si mise a vivere in modo epicureo, pagano ed empio. Evoc˜ e
volle presso di sŽ sette schiave e concubine, con le quali egli si giacque, le
loro sembianze erano diverse ma erano tutte cos“ straordinariamente belle da
non poterle descrivere. Poi il dottor Faust viaggi˜ con il suo spirito per
molte terre per poter vedere tutte le donne, fra cui ne scelse sette: due
olandesi, una ungherese, una inglese, due sveve, una francese, che
rappresentavano il meglio dei loro paesi di origine, egli fornic˜ con le sette
donne demoniache il giorno del suo compleanno in cui si compiva l'anno
ventesimo del suo patto.
LVIII
¥ DI UN TESORO TROVATO DAL DOTTOR FAUST NEL SUO VENTIDUESIMO ANNO GIË TRASCORSO
Per non lasciar
mancare nulla al proprio protetto, dottor Faust, lo spirito Mefistofele lo condusse
a una vecchia cappella, che gli era tanto piaciuta, distante mezzo miglio da
Wittenberg, qui doveva esserci un vano sotterraneo che il dottor Faust doveva
scavare e dove avrebbe trovato un grande tesoro. Il dottor Faust ubbid“
fiducioso, ma appena arriv˜ alla stanza del tesoro vide un grande orrendo drago
che giaceva sul tesoro stesso e quest'ultimo che lo abbagliava come una luce
accecante. Il dottor Faust con un esorcismo costrinse l'orrendo serpe a fuggire
dentro un buco, ma quando egli, dopo aver scavato, pensava di trovare il
tesoro, non trov˜ invece niente altro che carbone e il luogo era pieno di
fantasmi.
Il dottor Faust
port˜ a casa il carbone che si tramut˜ subito in oro e argento, come il suo
famulo lo aveva precedentemente avvertito, e questa ricchezza fu valutata in
molte migliaia di fiorini.
LIX ¥
DI COME LA BELLA ELENA DI GRECIA GIACQUE CON IL DOTTOR FAUST, DURANTE L'ULTIMO
ANNO DEL PATTO
Per quanto il
dottor Faust concedesse molto ai piaceri del corpo, gli accadde di svegliarsi a
mezzanotte del ventitreesimo anno del patto, con un acuto, struggente desiderio
di Elena di Grecia che aveva evocata una volta la domenica in albis, a
carnevale, dinnanzi agli studenti, come stato precedentemente raccontato.
All'indomani
chiese quindi al suo spirito di fargli apparire Elena e che essa doveva
diventare la sua concubina, cosa che si verific˜ puntualmente. Elena aveva un
corpo ben fatto e proporzionato, come quella volta che egli l'aveva evocata per
gli studenti, occhi luminosi e sorridenti, uno sguardo grazioso e incantevole.
Quando il dottor
Faust la vide se ne invagh“ pazzamente, ed inizi˜ ad amoreggiare con lei ed
essa divenne la sua concubina favorita: egli l'amava tanto da non potersene
allontanare neppure per un attimo.
Nell'ultimo anno
del patto, essa rimase incinta e ci˜ riemp“ di gioia il dottor Faust. Quando
partor“, al figlio fu posto il nome di Giusto Faust: ad esso il dottor Faust
svel˜ molte delle cose che sarebbero accadute negli anni venturi in tutti gli
altri paesi, ma quando il dottor Faust se ne and˜ dalla vita terrena,
scomparvero con lui la madre e il bambino.
SEGUE
ORA CIñ CHE IL DOTTOR FAUST HA FATTO CON IL SUO SPIRITO E ALTRI NEL SUO ULTIMO
ANNO DI VITA E CIOé IL VENTIQUATTRESIMO ANNO DELLA SUA PROMESSA
LX ¥
DEL TESTAMENTO DEL DOTTOR FAUST IN CUI EGLI NOMINA COME SUO EREDE IL SUO
SERVITORE CRISTOPH WAGNER
Il dottor Faust
in tutto questo periodo, fino al ventiquattresimo e ultimo anno del suo patto,
aveva allevato un giovane ragazzo che studiava a Wittenberg; questi conobbe
tutte le avventure, gli occultismi e le arti demoniache del suo padrone, dottor
Faust, ma era un ragazzo malvagio e disperato che fin dall'inizio andava in
giro a chiedere l'elemosina a Wittenberg e nessuno voleva prenderlo a servizio
a causa della sua malagrazia.
Questo era
Wagner, famulo del dottor Faust, che per˜ si comport˜ tanto bene con lui che il
dottor Faust lo adott˜ come suo figlio e gozzovigliava con lui.
Quando fu
trascorso il ventiquattresimo anno egli chiam˜ un notaio e con lui parecchi
magistri, che avevano con lui molta familiaritˆ e lasci˜ in ereditˆ al suo
famulo la casa e il giardino posti vicino alla casa dei Ganser e di Veit
Rodinger presso la porta ferrea nella Schergasse vicino alla cerchia muraria
della cittˆ; questa casa era di recente costruzione ma vi erano avvenute cose
tanto orribili che nessuno vi voleva abitare, item gli lasci˜ anche 1600
fiorini a interesse e un podere che valeva 800 fiorini, poi anche pi di 600
fiorini in denaro contante, una catena d'oro che valeva 300 corone, le posate
d'argento e i regali che aveva portato dai castelli e dalle corti del papa e
dei turchi per un valore di 1000 fiorini, poi non rimaneva niente di rilevante
per quanto riguarda le cose di casa, poichŽ non aveva vissuto molto a casa sua,
bens“ nelle osterie, o presso gli studenti per giorni e notti mangiando e
gozzovigliando.
LXI ¥
COLLOQUIO CHE SI SVOLSE TRA IL DOTTOR FAUST E IL SUO SERVITORE A PROPOSITO DEL
TESTAMENTO
Quando il
testamento fu redatto egli chiam˜ a sŽ il suo servitore e gli fece sapere che
l'aveva ricordato nel suo testamento poichŽ nella sua vita si era comportato
bene con lui e non aveva svelato i suoi segreti e proprio per questo egli
poteva ora chiedergli qualcosa in pi ancora e se lo avesse chiesto gli sarebbe
stato accordato. Allora il famulo gli chiese la sua abilitˆ; e il Faust gli
rispose come un buon padre farebbe con il figlio prediletto, che, per quanto
riguardava i suoi libri, questi erano giˆ suoi per disposizioni testamentarie,
ma che lui non doveva ignorarli bens“ viceversa doveva studiarli diligentemente
e trarne profitto. ÇInoltre,È disse il dottor Faust, Çtu chiedi di possedere la
mia abilitˆ, e la acquisterai solo se avrai cari i miei libri, e per questo non
dovrai rivolgerti a nessuno, ma ti basterˆ rimanere qui; inoltre,È disse ancora
il dottor Faust, ÇpoichŽ il mio spirito Mefistofele non e pi tenuto a servirmi
oltre, nŽ io posso costringerlo a servire te e poichŽ tu vuoi avere uno spirito
e servo, voglio predisporre per te un altro spirito.È
Subito dopo il
terzo giorno egli chiam˜ nuovamente a sŽ il suo famulo e gli chiese,
nell'eventualitˆ che avesse potuto procurarglielo, come volesse lo spirito e
sotto quali sembianze dovesse comparirgli; il famulo rispose: ÇMio signore e
padre, sotto le spoglie e le sembianze di una scimmia.È1
Subito gli
apparve innanzi uno spirito con l'aspetto di una scimmia che saltellava nella
stanza.
Il dottor Faust
disse: ÇGuarda, lo vedi ora, ma egli non sarˆ al tuo servizio che dopo la mia
morte, quando il mio spirito Mefistofele se ne sarˆ andato con me e tu non lo
vedrai pi. Nel caso in cui tu mantenga la richiesta che hai fatto, e abbia
necessitˆ di evocarlo, devi chiamarlo Urogallo, tale infatti il suo nome. Ti
prego inoltre di non svelare la mia storia e la mia arte fino a che non sar˜
morto. Allora tu dovrai scrivere tutto quanto sai e farne una storia: in questo
compito ti aiuterˆ la tua memoria e Urogallo, e ci˜ che avrai dimenticato te lo
ricorderˆ lui stesso, in quanto la gente vuole che la mia storia sia scritta da
te.È
LXII ¥
QUANDO IL DOTTOR FAUST GIUNSE ALL'ULTIMO MESE DI VITA, LEVñ ALTE GRIDA, SI
LAMENTñ IN CONTINUAZIONE E SI RAMMARICñ DELLA SUA DIABOLICA ESISTENZA
Le ore scorrevano
per il dottor Faust come la sabbia di una clessidra, e quando ebbe ancora solo
un mese davanti a sŽ prima del compimento del ventiquattresimo anno da quando
si era consacrato al diavolo, come voi giˆ sapete, il dottor Faust si fece
pavido e quieto, come un ladro o un assassino che attende in carcere, dove lo
ha confinato il giudizio della legge, la propria punizione, e la morte sempre
presente nei suoi pensieri: egli aveva infatti paura e piangeva e parlava
sempre da solo, gesticolava con le mani, gemeva e sospirava, dimagriva e non si
faceva vedere in giro e non voleva pi vedere nŽ ascoltare lo spirito.
LXIII
¥ LAMENTO DEL DOTTOR FAUST PER DOVER MORIRE ANCORA GIOVANE E IN BUONA SALUTE
Questa tristezza
spinse il dottor Faust a scrivere il suo sgomento affinchŽ non fosse
dimenticato e questi appresso sono i lamenti scritti da lui medesimo.
ÇOh, Faust, tu
cuore inutile e privo di valore, tu che hai corrotto i tuoi compagni
condannandoti al giudizio del fuoco eterno, avresti potuto avere la beatitudine
che ora hai perso. Ah, ragione e libero arbitrio che non potete vedere niente
altro che i delitti della mia vita.
ÇAh, voi membra e
tu corpo ancora sano, voi dovevate frenare l'intelletto e l'anima, io avrei
dovuto darveli o avrei dovuto prendere e sarei stato contento con voi del mio
miglioramento.
ÇAh, amore e odio,
perchŽ siete entrati contemporaneamente in me dal momento che ho dovuto
sopportare tale pena a causa della vostra compagnia.
ÇAh, misericordia
e vendetta, per quale ragione mi avete dato tale infamante risultato.
ÇOh, rabbia e
dolore, io sono diventato un uomo nel vostro grembo solo per sopportare le
punizioni che ora io vedo approntate per me stesso.
ÇAh, povero me,
non vi nulla nel mondo che non mi contrasti.
ÇAh, ma a che pro
lamentarmi?È
LXIV ¥
ANCORA UN LAMENTO DEL DOTTOR FAUST
ÇAh, ah, o me
misero, o povero e sventurato Faust, infelice fra gli infelici, che deve
attendere l'insopportabile dolore della morte, miserabile e addolorata creatura
che ha molto sofferto.
ÇAh, ah, ragione,
ambizione, tracotanza e libero arbitrio. Oh tu vita maledetta e incostante, oh
tu cieco e stolto che hai reso ciechi la tua mente, il tuo corpo e la tua
anima, ciechi come sei tu. Oh, folle passione subito estinta, a quali mali mi
hai condotto obnubilando e accecando i miei occhi? e tu mia anima ingannata
dove era la tua volontˆ? e voi tutti sensi miei, dove era il vostro sentire?
Oh, miserabile fatica, oh speranza dubbiosa, cos“ non si potrˆ mai pi pensare.
ÇAh, dolore oltre
il dolore, angoscia oltre l'angoscia e pianto, chi mi libererˆ, dove posso
nascondermi, dove posso sgusciare o fuggire? s“, chiunque io sia, ora sono
prigioniero.È
Tanto il cuore
del dottor Faust si commosse che egli non potŽ pi parlare.
LXV ¥
COME IL CATTIVO SPIRITO TORMENTA CON STRANI E IRONICI SCHERZI E PROVERBI IL
DOTTOR FAUST, ANGOSCIATO
All'udire i
lamenti del dottor Faust apparve lo spirito Mefistofele e disse: ÇTu sapevi
bene, dagli scritti sacri, che dovevi pregare soltanto Dio e non avere altri
dei accanto a lui nŽ a destra nŽ a sinistra, ma tu non l'hai fatto, hai anzi
sfidato il tuo Dio e sei caduto in disgrazia per averlo ingannato: e poichŽ ti
sei inoltre promesso anima e corpo, ora devi tener fede a questo impegno;
ascolta quindi le mie rime:
Se sai qualcosa
allora taci
se ti va bene,
rimani.
Se hai qualcosa
trattienilo,
la sfortuna ha
pi veloce.
Perci˜ taci,
soffri, evita e sopporta
non lamentarti
con alcuno della tua sfortuna.
é troppo tardi
per tornare a Dio.
La tua sfortuna
avanza correndo ogni giorno.
ÇPerci˜ mio
Faust, come ora puoi ben vedere, non bene mangiare le ciliege nŽ con potenti
signori, nŽ con il diavolo. Essi ti gettano poi sul viso il picciuolo, perci˜
se tu te ne fossi andato ben lontano da qui, non saresti ora in pericolo, ma il
tuo focoso destriero ti ha preso la mano, tu hai misconosciuto l'ingegno che
Dio ti ha dato, non te ne sei accontentato, hai voluto come alleato il diavolo
e in questi ventiquattro anni hai pensato che fosse tutto oro quello che
luceva, come ti riferiva il tuo spirito, ma il diavolo ti ha appeso un sonaglio
come a un gatto.
ÇGuarda, tu eri
una bella creatura ben creata, ma le rose quanto pi le si tiene in mano e si
odorano, tanto meno profumano; dovevi lodare il pane che hai mangiato e tirare
fino al venerd“ santo, presto verrˆ Pasqua. Ci˜ che tu hai promesso non senza
conseguenze, una salsiccia arrostita ha due estremitˆ; non bene andare a
camminare sul ghiaccio del diavolo. Guarda, tu hai avuto un cattivo modo ma il
modo non fa il modo e parimenti il gatto non fa il topo. Chi troppo si
assottiglia si scavezza. Quando il cucchiaio nuovo, il cuoco lo usa, ma
quando diventato vecchio vi defeca e lo getta via. E la stessa cosa non
accaduta anche a te? Infatti prima eri per il diavolo un cucchiaio nuovo, ma
ora egli non ha pi bisogno di te. Il mercato avrebbe dovuto insegnarti a
comprare, ma tu non ti sei accontentato di quelle provviste che Dio ti ha dato
in sorte. E poi, mio Faust, ricordo la smisurata superbia che in tutto questo
tempo hai messo nel tuo operare e nel tuo girovagare, ti sei dichiarato amico del
diavolo e nemico di Dio e di tutti gli uomini, ora perci˜ preparati, perchŽ Dio
il padrone e il diavolo soltanto il fattore; la boria non fa mai bene,
volevi fare il grande per ogni contrada, allora dovevi usare il bastone giusto.
Chi troppo vuole, nulla stringe; chi rompe paga. Lascia che il mio monito e il
mio ricordo ti scenda fino al cuore, tanto ormai quasi perduto; non dovevi
confidare tanto nel diavolo, perchŽ egli la scimmia di Dio e anche un
bugiardo, un assassino e quindi dovevi essere pi intelligente; l'insulto porta
danno, infatti all'uomo accade spesso di insultare, ma poi gli costa il doppio.
Soltanto un saggio oste ha bisogno di ospitare il diavolo; per ballare non
basta un paio di scarpe rosse. Se tu avessi avuto Dio davanti agli occhi, se ti
fossi accontentato dei doni che ti aveva elargito ora tu non dovresti ballare
questa danza, non avresti dovuto concederti cos“ facilmente al volere del
diavolo nŽ credergli poichŽ chi crede facilmente viene facilmente ingannato.
Ora il diavolo si forbisce la bocca e se ne va, tu ti sei reso garante con il
tuo proprio sangue, ora bisogna uccidere il mallevadore; questa veritˆ ti
entrata da un orecchio ed ora deve uscire dall'altro.È
Quando lo spirito
ebbe spiattellato a Faust il fatto suo scomparve e lasci˜ Faust solo,
melanconico e completamente disorientato.
LXVI ¥
LAMENTO DEL DOTTOR FAUST SULL'INFERNO E L'INDICIBILE PENA E TORMENTO
ÇOh, povero
dannato che sono, perchŽ non sono io una bestia che muore senz'anima cos“ da
non dovermi aspettare nulla? Ora il diavolo prenderˆ il mio corpo e la mia
anima e mi ritrover˜ nella inenarrabile tenebra del tormento poichŽ mentre le
anime beate hanno in sŽ bellezza e gioia, a me e ai dannati toccano insondabile
strazio, lezzo, vergogna, tremore, sgomento, dolore e tribolazione, le grida,
pianti e stridore di denti.
ÇNoi siamo in
discordia con tutte le creature e tutte le creature di Dio sono contro di noi,
e dobbiamo sopportare eterno abominio al cospetto dei santi. M' ancora nella
memoria lo spirito da me interrogato, una volta, riguardo alla dannazione:
costui mi disse che esiste una gran differenza fra i dannati e, come i peccati
sono ineguali, cos“ anche la condanna e la pena sono diverse. Disse inoltre che
come la pula, il legno e il ferro bruciano l'uno in maniera pi facile e pi
intensa dell'altro, cos“ ardono i dannati nel fuoco dell'inferno.
ÇAh, dannazione
eterna che prendi le tue fiamme dal fuoco e dall'ardore dell'ira divina tanto
che non abbisogni per l'eternitˆ di alcun attizzatoio, quanta tristezza,
tribolazione e dolore devono essere in te.
ÇQuanti lacrimosi
occhi, quanto stridore di denti, quanti nasi fetidi, strazio d'orecchi, tremori
di mani e piedi! Farei volentieri a meno del cielo se solo potessi sfuggire
all'eterno castigo.
ÇAh, chi mi
salverˆ dall'inenarrabile fuoco dei dannati!
ÇLˆ non mi sarˆ
dato alcun aiuto, non mi gioverˆ piangere i miei peccati e non avrˆ pace nŽ
giorno nŽ notte. Chi salverˆ me misero? Dove trover˜ scampo? Dove saranno
protezione, aiuto e un luogo in cui stare? Dove la mia roccaforte? Chi mi
potrˆ consolare? non certo le anime beate di Dio perchŽ mi vergogno di
rivolgermi a loro. Non solo non avr˜ risposta, ma dovr˜ coprirmi il volto per
non vedere la gioia degli eletti. Ah, a che mi lamento, se non verrˆ alcun
aiuto, se non esiste per me alcuna consolazione!
ÇAmen. Amen. L'ho voluto io: ora devo
sopportare il danno e lo scorno.È
LXVII
¥ TREMENDA E ORRIBILE FINE DEL DOTTOR FAUST, IN CUI OGNI CRISTIANO DOVREBBE
RISPECCHIARSI ED IMPARARE A PRESERVARSI DA ESSA
Era appena
spirato il ventiquattresimo anno che proprio in quelle settimane gli apparve lo
spirito, gli mostr˜ la lettera con la sua obbligazione e gli preannunci˜ che la
notte seguente il diavolo sarebbe venuto a prendersi il suo corpo: doveva aspettarselo.
Per tutta la notte il dottor Faust si lament˜ e pianse, tanto che lo spirito
gli apparve nuovamente quella notte stessa e gli disse: ÇFaust, non essere cos“
codardo, se anche perdi il tuo corpo, dovrˆ passare ancora molto tempo perchŽ
giunga l'ora della tua sentenza. Morire, invece, devi comunque anche se vivessi
ancora cento e pi anni! Cos“ anche i giudei, i turchi e altri imperatori non
cristiani devono morire ed essere ugualmente dannati. Tu non sai ancora che
cosa ti riservato: fatti animo quindi e non scoraggiarti. Non ha forse
promesso il diavolo di darti un corpo e un'anima di acciaio e che non dovrai
patire come gli altri dannati?È
Egli lo consol˜
con queste ed altre parole ma erano false e contrarie alle Sacre Scritture.
Tuttavia il dottor Faust che soltanto questo sapeva: di dover pagare
l'obbligazione con la pelle, and˜, in quello stesso giorno in cui lo spirito
gli aveva fatto il suo annuncio, dai suoi fidati amici maestri e baccalaureati
e altri studenti ancora che per l'innanzi gli avevano fatto spesso visita;
preg˜ costoro di recarsi con lui a passeggio fino al villaggio di Rimlich
distante dalla cittˆ (Wittenberg) mezzo miglio circa, e di banchettare insieme
in quel luogo. Accettarono, si recarono insieme in quel villaggio e convitarono
copiosamente con cibi e vini pregiati che l'oste port˜ loro. Il dottor Faust
era di buon umore, ma non con troppa convinzione: li preg˜ ancora tutti di
voler essere tanto gentili da cenare con lui anche la sera e di fargli
compagnia per tutta la notte: avrebbe dovuto dir loro qualcosa d'importante. Si
dichiararono d'accordo e cominciarono a cenare.
Al termine
dell'ultimo brindisi, il dottor Faust pag˜ l'oste e preg˜ gli studenti di voler
ritirarsi con lui in un'altra stanza poichŽ doveva dire loro qualcosa.
Cos“ fu e queste
furono le sue parole:
LXVIII
¥ ORAZIONE DI FAUST AGLI STUDENTI
ÇMiei cari fedeli
e gentilissimi signori, questa la ragione per cui vi ho chiamati: da molti
anni mi conoscete e sapete che specie di uomo sono, esperto in molte arti e
magie che per˜ non vengono da nessun altro se non dal diavolo, a siffatti
piaceri diabolici null'altro mi ha condotto se non le cattive compagnie, la
depravazione della mia natura, la mia volontˆ caparbia ed empia e i pensieri
diabolici e prevaricanti che mi sono proposto: per questo ho dovuto promettermi
al diavolo dandogli anima e corpo fino al termine di ventiquattro anni.
ÇQuesti anni
finiscono ora con questa notte, la clessidra mi sta davanti cos“ che io sia ben
consapevole della fine e che in questa notte verrˆ a prendermi, dal momento che
cos“ a caro prezzo con il mio sangue mi sono impegnato a dargli anima e corpo.
ÇVi ho chiamati a
me, miei gentili amici e signori, prima della mia fine, per bere con voi, e
perchŽ non voglio nascondervi la mia morte. Vi prego, ora, cortesi e cari
fratelli e signori di salutare tutti i miei amici da parte mia fraternamente e
ancora vi prego di non volermene se mai vi ho dato fastidio, nel qual caso
vogliatemi scusare di cuore, ma per quanto riguarda le avventure che io ho
avuto in questi ventiquattro anni, troverete tutto scritto dopo la mia morte.
ÇE la mia
terribile fine vi sia di ricordo ed ammonimento ad avere sempre Dio davanti
agli occhi, a pregarlo di proteggervi dall'astuzia e dall'insidia del diavolo e
a non indurvi in tentazione.
ÇAl contrario
ubbiditelo, non cadete in sua disgrazia come feci io empio e dannato, poichŽ ho
misconosciuto e rifiutato il battesimo, sacramento di Cristo, item Dio, la
schiera celeste e gli uomini, e un tale Dio che non desidera che uno si perda.
ÇNon fatevi
corrompere dalle cattive compagnie come accaduto a me, frequentate
diligentemente e assiduamente le chiese e combattete e lottate sempre in ogni
momento contro il diavolo con una salda fede in Cristo e siate sempre in grazia
di Dio. Ora, a conclusione, vi prego vivamente di recarvi a letto e dormire con
tranquillitˆ senza lasciarvi impressionare da alcunchŽ e quindi, anche se
sentirete un gran frastuono nella casa, non abbiate paura, non vi accadrˆ
nulla, non alzatevi dal letto e quando troverete il mio corpo morto fatelo
riposare nella terra, poichŽ io muoio come un cattivo e nell'un tempo buon
cristiano; un buon cristiano perchŽ ho un sincero pentimento e prego sempre in
cuor mio per la grazia affinchŽ la mia anima possa essere salvata, un cattivo
cristiano perchŽ so che il diavolo vorrˆ avere il mio corpo e glielo lascio
volentieri se egli mi farˆ grazia dell'anima. Ora vi prego di andare a letto e
vi auguro la buona notte, per me invece sarˆ una spiacevole notte, tremenda e
spaventosa.È
Queste parole il
dottor Faust le disse con fermezza e con coraggio per non spaventarli. Gli
studenti per˜ si stupirono moltissimo che fosse stato cos“ temerario e che
avesse messo a repentaglio anima e corpo solo per dabbenaggine, orgoglio e per
bramosia dei poteri magici e poichŽ gli volevano bene gli dissero: ÇAh, caro
signor Faust, chi vi ha indotto a tacere cos“ a lungo tali cose e a non
svelarcele? Noi vi avremmo salvato dalla rete del diavolo con l'aiuto di colti
teologi e vi avremmo strappato da lui, ma ora troppo tardi ed pericoloso
per il vostro corpo e la vostra anima.È
Il dottor Faust
rispose: ÇNon lo avrei dovuto fare, sono stato spesso tentato di rivolgermi a
persone timorate di Dio e chiedere consiglio e aiuto. Quando un vecchio uomo mi
disse che avrei dovuto seguire il suo insegnamento e rinunciare alla magia e
ravvedermi, mi ero proposto di farlo con buona volontˆ ma arriv˜ il diavolo e
mi trascin˜ via come farˆ questa notte e mi disse che, qualora io avessi accettato
di tornare a Dio, egli mi avrebbe mandato in rovina.È
Quando essi
seppero da Faust queste cose gli dissero che non vi era niente altro da fare
che invocare Dio e pregarlo di perdonare per intercessione del suo amato figlio
Ges Cristo e dissero: ÇAh, Dio sii clemente con me povero peccatore e non
condurmi in giudizio poichŽ non posso stare davanti a te. Sebbene io debba dare
il corpo al diavolo, tieni tu la mia anima.È Egli promise loro che avrebbe
pregato Dio per indurlo a fare qualcosa, ma non voleva che gli accadesse come a
Caino che aveva anche detto che i suoi peccati erano troppo grandi perchŽ gli
venissero perdonati.
Anche a Faust
accadde lo stesso poichŽ riteneva di essersi comportato troppo male
sottoscrivendo la promessa.
Gli studenti e i
gentiluomini lo benedissero e piangendo lo abbracciarono uno dopo l'altro; il
dottor Faust rimase nella stanza e i signori andarono a letto, ma nessuno
riusciva a dormire poichŽ tutti volevano conoscere il momento della dipartita.
Tra le dodici e
l'una di notte accadde che un vento tremendo si mise a soffiare contro la casa
sferzandola da ogni parte come se la volesse distruggere fino dalle fondamenta
e raderla al suolo. Gli studenti cominciarono allora ad avere paura, saltarono
fuori dai loro letti e cominciarono a farsi coraggio vicendevolmente, senza
per˜ uscire dalla camera; l'oste corse via con i suoi in un'altra casa, gli
studenti erano vicini alla camera in cui si trovava il dottor Faust. Essi
udirono orrendi fischi e sibili come se la casa fosse piena di serpi, vipere ed
altri rettili pericolosi, nel frattempo la porta della stanza del dottor Faust
si apr“ e si udirono le sue invocazioni di aiuto con voce soffocata, ben presto
non lo si ud“ pi. Quando fu giorno e gli studenti che passarono tutti una
notte insonne, si recarono nella stanza dove era stato il dottor Faust, non
videro di Faust alcuna traccia, e trovarono tutta la camera imbrattata di
sangue, il cervello era spiaccicato alla parete poichŽ il diavolo lo aveva
sbattuto da una parete all'altra, vi erano pure i suoi occhi e molti denti
sparsi qua e lˆ, lo spettacolo era tremendo e pauroso. Allora gli studenti
cominciarono a invocarlo e a piangerlo e lo cercarono ovunque. Trovarono infine
il suo corpo fuori accanto al concime, orribilmente sfigurato, con la testa e
le membra ciondolanti. Questi maestri e studenti, presenti alla morte di Faust,
hanno tanto supplicato che lo si sepolto infine in quel villaggio. Dopo di
che ritornarono di nuovo a Wittenberg e andarono nell'abitazione del dottor
Faust dove trovarono il suo famulo, Wagner, che si dispiacque per il suo
padrone. Essi trovarono anche questa storia di Faust come giˆ stato detto in
precedenza, stesa per intero con esclusione della sua morte, che fu aggiunta
dagli stessi maestri e studenti: un nuovo libro si ebbe inoltre con quello che
scrisse il suo servo. Inoltre, il giorno stesso non fu pi possibile
rintracciare Elena nŽ suo figlio Giusto Faust: erano entrambi scomparsi. La sua
casa era divenuta cos“ inospitale che nessuno potŽ pi abitarla. Il dottor
Faust apparve ancora di notte al suo famulo con le sembianze terrene e gli
svel˜ molte cose segrete. Lo si vide anche di notte guardare fuori dalla
finestra, lo vide chi usc“ per tempo. Cos“ finisce la vera storia del dottor
Faust e dei suoi magici poteri, e ogni cristiano deve trarre insegnamento ma
soprattutto deve essere di monito ai boriosi, superbi e caparbi perchŽ temano
Dio e fuggano le pratiche magiche, gli esorcismi e le altre tentazioni del
demonio che Dio ha severamente proibito e non abbiano il diavolo come alleato,
nŽ stringano patti come fece Faust la cui fine un tragico esempio. Non ci si
dedichi dunque a queste cose, ma solo ad amare e glorificare Dio e servirlo con
tutto il cuore e tutta l'anima e con tutte le forze, e rinunciare al demonio e
alle sue lusinghe per essere alla fine eternamente beati con Cristo. Amen,
Amen, questo io auguro a ognuno dal profondo del mio cuore. Amen.