GRANDI AUTORI DELLA LETTERATURA MONDIALE

    

Johann Wolfgang Goethe


Faust poema drammatico in due parti (Faust I e Faust II), del poeta e scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe (1749-1832)

Il nome del personaggio principale del poema appartiene a una figura storica, J. G. Faust, vissuto in Germania fra il 1480 e il 1540. La leggenda si era ben presto impadronita della sua vita avventurosa: del 1587 la più antica documentazione e stampa sulla sua vita: la Historia o Faustbuch tutta impregnata dall'elemento titanico e da un profondo anelito alla libertà spirituale. Gli inizi di una stesura del Faust risalgono all'autunno 1773: quando arrivò a Weimar, nel 1775, Goethe portava con sè alcune scene e frammenti: è il cosiddetto Urfaust (Faust originario) trascritto da una damigella di corte, Luise von Goeckhausen e ritrovato nel 1887 da Erich Schmidt. L'Urfaust è una confessione e uno sfogo i cui due fondamentali gruppi di scene, quello della tragedia dello studioso e quello delle scene con Margherita, sono strettamente legati all'io del poeta. Per lungo tempo il lavoro al Faust rimane interrotto; ma durante il viaggio in Italia (1786-1788), a Roma, Goethe rielabora alcune scene e ne scrive alcune nuove. Nel 1790 include il Faust nell'edizione delle sue opere e lo intitola: Faust, un frammento (Faust, ein Fragment). Il Frammento una rielaborazione; lo stile è ora composto, chiaro, cosciente (dopo Roma Goethe ha raggiunto la maturità artistica). Non ci sono più scene in prosa; manca però ancora la visione unitaria del destino e dell'esperienza di Faust. Per altri lunghi anni Goethe non riprese il lavoro: poi, il 22 luglio 1797, annuncia allo Schiller di essersi rimesso al suo progetto e il giorno successivo traccia il piano generale anche per la seconda parte. Il 13 aprile 1806 l'intera "prima parte" è terminata; essa verrà pubblicata nel 1808 con il titolo: Faust, der Tragoedie erster Teil. La seconda parte della tragedia, divisa in cinque atti, viene composta nell'ultimo periodo di lavoro che va dal 1825 al 1831. Il modo di lavorare del vecchio Goethe è ormai completamente mutato: non più scene scritte di getto sotto l'impulso della passione, ma una serie di schemi seguendo i quali il lavoro prosegue con metodo, anche se lentamente. Nella primavera del 1831 il Faust poteva dirsi virtualmente finito. I ritocchi vagheggiati non giunsero più a compimento: Goethe moriva il 2 marzo 1832. La seconda parte venne pubblicata postuma a cura dello Eckermann e del Rimer, nell'autunno del 1832 (Faust. Der Tragoedie zweiter Teil in fuenf Akten). Al poema è preposta una Dedica scritta nel 1797. Il poeta vi esprime il suo rapporto con l'opera stessa: "Mi tornate vicine voi figure mutevoli che siete presto apparse, un tempo, all'occhio incerto. E io mi proverò ora, a fissarvi?". Alla Dedica segue il Prologo in teatro in cui Goethe propone la questione del rapporto fra la poesia e le esigenze pratiche del teatro. Si passa quindi al Prologo in cielo. Sullo sfondo dell'armonico movimento delle sfere si svolge il colloquio fra il Signore, bonario e sorridente, e Mefistofele, malizioso, ironico, ma anche un po' brontolone, ormai soltanto uno dei tanti famulì del Signore. Mefistofele lancia la sua sfida: vuole traviare Faust, il dottore, se il Signore "gli darà licenza". In questo prologo scritto nel 1800, Goethe enuncia l'idea a lui cara e che sta alla base di tutto il Faust e della sua lunga evoluzione creativa: "Erra l'uomo finchè cerca". L'errore è cioè condizione per giungere alla verità, implica la positività della lotta e dello sforzo, della tensione e del tentativo. Goethe ha così presentato i due personaggi principali, Mefistofele e Faust (quest'ultimo, invero, solo indirettamente), in una scena tipica delle opere medievali e barocche in cui Dio e il Diavolo discutono sull'ordine del mondo. L'oggettività di quel mondo varrebbe dunque ancora per il poeta dell'età moderna? Ma con la Dedica e il Prologo in teatro Goethe ci avverte che si tratta di un gioco della fantasia, di simboli dello spirito, di arte. Dio e Mefistofele sono cioè soltanto i simboli della polarità dell'anima di Faust, dell'uomo, dello studioso moderno con "la mente in tumulto che lo mena lontano" e che "del cielo pretende le stelle più belle e della terra i piaceri supremi". Mefistofele è appunto la terra con i suoi piaceri e anche la capacità di raggiungerli. Goethe ha scelto i simboli per la sua concezione del mondo (concezione polare di luce e di tenebre, continuo tendere e soddisfatto godimento) in vari campi: dalla tradizione cristianofeudale come dall'antichità classica e dalla natura; altri, invece, li ha creati lui stesso. Ha inizio così la Prima parte della tragedia. In una serie di scene (Notte, Fuori porta, Studio) e di drammatici monologhi Goethe ci rappresenta la tragedia del moderno studioso, disperato per l'inanità di tutta la sua scienza. Faust sta per avvelenarsi. Lo salvano i ricordi della sua fanciullezza evocati dal suono delle campane, finchè dopo una passeggiata nella quale lo ha seguito uno strano barboncino nero appare Mefistofele che gli propone il suo patto: lo servirà in tutto e gli procurerà ogni sorta di piacere su questa terra, se dopo la morte Faust gli concederà il dominio sulla sua anima. Faust gli risponde scommettendo che i godimenti terrestri non riusciranno mai a placare in lui la tensione al mutamento: "E che vuoi darmi, povero, povero diavolo? L'hanno i tuoi simili compresa mai la mente umana quando tende all'alto?". Infatti, più che di un patto si tratta di una scommessa. Se Mefistofele troverà Faust servo della pigrizia e soddisfatto dei piaceri della terra, se riuscirà a fargli dire a proposito di qualcosa: "Ma rimani! Sei così bello!" allora Faust lo servirà nell'al di là. La scommessa viene firmata con una goccia di sangue. Inizia così il viaggio di Faust e Mefistofele: la prima tappa è la Taverna di Auerbach a Lipsia. La seconda è la Cucina delle streghe, dove Mefistofele accompagna Faust perchè beva un filtro di giovinezza: si scatena un piccolo orgiastico sabba in "proporzioni di cucina". La vita triviale e godereccia che Goethe ha descritto in questi due "quadri alla fiamminga" non era però quella che Faust cercava. E' solo con l'episodio di Margherita che Faust entra nella realtà della vita. Le scene con Margherita si susseguono, con la sola interruzione della Notte di Walpurga, fino alla fine della prima parte. Con la purezza dei suoi sentimenti, con la sua bontà e la sua mitezza, Margherita domina tutta questa parte, così come Faust aveva dominato quella precedente con la sua passione e con il suo desiderio di valicare i limiti posti alla conoscenza umana: essi sono i due elementi polari che si attirano. In una serie di scene di vita cittadina (Una strada, Sera, Una passeggiata , La casa della vicina, Una strada, Giardino, Un chiosco da giardino), Goethe descrive la passione di Faust, i trucchi che Mefistofele usa per farlo incontrare con Margherita e l'amore tenero, ingenuo e indifeso che la giovane nutre per Faust. Queste scene sono interrotte da un monologo di Faust nel bosco (Bosco e caverna), in cui egli, sconvolto dalla passione, inquieto, vorrebbe lasciare Margherita perchè si rende conto che il suo amore travolgerà la fanciulla: "Lei, la sua pace, dovevo scalzare! Dovevi, Inferno, avere questa vittima!". Ma il tentativo di sfuggire al destino è inutile, Faust lo sa: "Che la sua sorte crolli su di me e con me lei si annienti!". Gli eventi precipitano: nella scena seguente, il Giardino di Marta, Faust consegna a Margherita un sonnifero da dare alla madre perchè non si svegli quando, nella notte, verrà da lei. Con la scena Alla fontana è ormai iniziata la tragedia di Margherita che culmina con la scena nel Duomo. Dopo la morte della madre, uccisa dal sonnifero, e la morte del fratello, ferito in duello da Faust che poi è fuggito, Margherita è tormentata dalle parole che le viene mormorando uno spirito maligno; sono le parole del Dies Irae, che tuonano su di lei con gli accenti della "sentenza eterna" che la condanna: Margherita perde i sensi. Segue la Notte di Walpurga, simbolo della sensualità bruta in cui Mefistofele vuole attirare Faust; essa interrompe l'estrema tensione drammatica del destino di Margherita. Sulle montagne dello Harz, Mefistofele e Faust salgono verso la grande festa di Satana che ha luogo nella notte in mezzo a una folla di streghe e stregoni. Improvvisamente Faust scorge una figura femminile, "pallida e bella, una giovane sola e lontana", che assomiglia a Margherita, ma come se fosse già morta. Mefistofele vuole distrarlo da quell'apparizione e dopo aver cercato di convincerlo che si tratta della testa della Medusa, lo fa assistere a un "intermezzo scenico", il Sogno della notte di Walpurga. Con la scena seguente Giornata fosca campagna si torna al centro della tragedia. Faust maledice Mefistofele che gli ha tenuto nascosta la verità sul destino di Margherita, imprigionata e condannata a morte per infanticidio. Nel Carcere, ultima scena della prima parte, l'orrore tragico giunge al suo culmine; è la poesia di una vita distrutta; Margherita ha la ragione incerta per i patimenti e l'angoscia e a stento riconosce Faust che la libera dalle catene. Il presente quasi non esiste e quando Faust le propone di seguirlo rifiuta: non può, "non deve", e quando vede comparire Mefistofele comprende il legame che unisce Faust al demonio. Di qui l'invocazione alla giustizia di Dio e la coscienza che il carcere è, di fronte a Satana, un luogo sacro. Sopravviene l'alba, i due fuggono mentre, già quasi dall'oltretomba, Margherita ripete il nome dell'amato.

Con la seconda parte della tragedia inizia la "rinascita" di Faust che è stanco e sfiduciato. La natura e le sue forze gli danno quello di cui ha bisogno: oblio e ristoro (prima scena del primo dei cinque atti della seconda parte: Luogo ameno). La contemplazione dell'iride, che il sole mattutino accende dal pulviscolo di una cascata, lo restituisce all'attività. La scena è importante perchè le immagini della luce originaria del sole e del suo riflesso esprimono la concezione filosofica goethiana della vita: la vita è afferrabile soltanto attraverso la mediazione della sua apparenza sensibile: "E allora che il sole mi resti alle spalle! ... soltanto nei colori del suo riflesso ci è dato possedere la vita"; la luce assoluta, scomponendosi nei colori dell'iride, può essere percepita dall'uomo, l'assoluto in quanto tale è invece irraggiungibile. In sole quattro simboliche tappe Faust compie la sua ascesa. La prima è nel "gran mondo". Faust è portato da Mefistofele alla corte dell'Imperatore. L'ispirazione di questo atto, che si svolge in sei scene, è prevalentemente gnomicosatirica. Goethe vi riversa molte delle sue esperienze di uomo di Stato alla corte di Weimar. Nella "galleria oscura" l'atmosfera cambia però all'improvviso. Faust accetta di discendere alle Madri, alle "idee del mistero delle origini", per evocare Elena e Paride ed esaudire il desiderio dell'Imperatore. Per quanto lo stesso Mefistofele dubiti, Faust riesce a evocare i fantasmi. Ma solo a Faust Elena appare quella che è: la meta superiore nella vita, la bellezza perfetta. "Chi la riconosce non può più vivere senza di lei". Faust tende le braccia per stringerla a sè; l'apparizione si dissolve e svanisce. Il successivo secondo atto è riempito tutto dalla Notte di Walpurga classica che per Faust è la ricerca della "possibile via" verso il possesso di Elena. Nella Notte di Walpurga classica, che ha luogo ogni anno nelle pianure di Tessaglia per celebrare l'anniversario della battaglia di Farsalo, Goethe esprime tutto il suo amore per il mondo antico: sulle rive dell'alto e basso Peneo, nelle baie rocciose e nei flutti del mar Egeo è tutto un pullulare di mitiche esistenze: oreadi, ninfe, nereidi, grifoni, titani, pigmei. E Mefistofole, poco a suo agio in un mondo a lui estraneo e beffato dalle lamie, finisce per assumere l'aspetto dell'orrenda Forciade, con un solo dente e un solo occhio. Faust scende all'Ade per cercarvi Elena. Il terzo atto è l'atto di Elena: tale motivo era già nella tradizione faustiana, dove però vi rappresentava un diabolico spirito lascivo. In Goethe Elena rappresenta invece l'antichità classica nel suo simbolo più nobile. In un castello feudale non lontano da Sparta ha luogo l'incontro di Elena con Faust in figura di cavaliere; la bellezza antica, Elena, e l'anima moderna, Faust, si uniscono. Dal connubio nasce Euforione, che nel breve giro di trecento versi nasce, vive e muore; Euforione è il simbolo della poesia, ma anche il principio di una vitalità possente, "dionisiaca". In questo senso, e da un certo punto in poi, Euforione si identifica nella figura di Byron, il tempestoso poeta romantico, ammiratissimo da Goethe. L'atto quarto e le prime tre scene dell'atto quinto costituiscono un nuovo e unico ciclo nella storia interiore di Faust. Terminata con l'atto terzo la tragedia dell'incontro con il simbolo della bellezza dell'antichità, Faust cerca ora nell'attività pratica la soluzione al suo eterno streben. "Voglio avere dominio, possesso. L'azione è tutto. La gloria è nulla": è il programma dell'azione drammatica da qui fino alla morte di Faust che ora si propone di contrastare le forze della natura; vuole rubare al mare delle terre, che più tardi (atto quinto) deciderà di popolare. Per attuare questo progetto Faust si crea delle benemerenze di fronte all'Imperatore aiutandolo nella lotta contro l'Antimperatore; l'Imperatore così gli concede un lembo di terra. Le prime scene dell'atto quinto mostrano l'azione che l'attività di Faust ha avuto sul mondo circostante. E' l'episodio di Bauci e Filemone. I due vecchi coniugi, che vivono in una semplice e ospitale casetta ombreggiata da vecchi tigli, non vogliono cederla a Faust che propone in cambio un nuovo podere. Ma Faust non desiste e autorizza Mefistofele all'azione che finisce con l'uccisione dei due vecchi e l'incendio della loro casa. Faust, che voleva solo un "cambio", maledice gli assassini. Simbolo del mondo patriarcale e religioso, dei valori del passato distrutti dal colonizzatore ottocentesco, l'episodio può essere interpretato alla luce dell'atteggiamento di Goethe di fronte alla rivoluzione giacobina, che è di rifiuto della violenza demoniaca che distrugge il passato e insieme di approvazione per l'energia creatrice e riformatrice. La fine di Faust è ormai prossima. Quattro figure femminili, simbolo di miseria e affanno, si avvicinano alla casa di Faust. La Cura vi penetra. Faust riesce a resisterle senza far uso di formule magiche, riconfermando la propria fiducia nella ragione e nell'azione. La Cura acceca Faust che però si rifiuta di lasciarsi abbattere, anzi ordina di riprendere i grandiosi lavori già progettati e, presentendo la gioia del momento in cui sulle nuove terre milioni di uomini potranno vivere uniti e liberi, esclama: "In una terra libera fra un popolo libero esistere! Potrei dire a quell'attimo: Fermati dunque, sei così bello! ". Così Faust muore. Schiere angeliche scendono allora dall'alto e approfittando della distrazione di Mefistofele che si è attardato ad ammirare le loro forme adolescenti, trasportano verso l'alto la parte immortale di Faust; "Chi si affatica sempre a tendere più oltre, noi possiamo redimerlo"; anche perchè dall'alto per lui ha interceduto Amore (Margherita). E' così enunciato il principio della salvazione. In un paesaggio di rupi e foreste, con santi anacoreti, cori di infanti e di angeli, e voci di peccatori che pregano per la sua salvezza, Faust sale verso l'alto. Fra le peccatrici l'essere che fu Margherita lo guiderà a una nuova vita. "Ogni cosa che passa / è solo una figura. / Quello che è inattingibile / qui diviene evidenza. Quello che è indicibile / qui si è adempiuto. / L'eterno Elemento Femminile ci trae verso l'alto". Goethe lavorò al Faust dall'inizio alla fine della sua attività poetica: il tema di Faust venne via via riempiendosi di una pluralità di motivi quali glieli aveva offerti la sua lunga e complessa esperienza e per tutte le sue esperienze e i suoi interessi Goethe trovò un simbolo nel Faust : il dubbio sulle possibilità della scienza, la beatitudine e le colpe dell'amore furono i temi della sua gioventù. Nell'età matura lo affascinarono il tema della bellezza classica con la figura di Elena, e il destino e l'immagine dell'uomo prospettato nel Prologo in cielo. Il vecchio Goethe ci ha dato invece un Faust uomo attivo, uomo di Stato e un Faust agitato dai pensieri della creatività e delle forme originarie quali si ritrovano nella simbologia della Notte di Walpurga classica.



Faust - Notte di Walpurga

Il personaggio storico di Faust


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