OPERNHAUS ZÜRICH

WOLFGANG AMADEUS MOZART WEBSITE

LAURETO RODONI

UN IDOMENEO SONTUOSO
Folgorante interpretazione di Nikolaus Harnoncourt


Idomeneo e, alle sue spalle, il dio Nettuno

L’opera Idomeneo di Mozart è spesso definita "sperimentale" poiché più volte rimaneggiata dal compositore (ne esistono almeno tre versioni) e concepita nel periodo di transizione del suo densissimo percorso creativo (1780/81), in un punto di incontro ideale tra la foga giovanile e la potenza espressiva della maturità. La scrittura musicale è di un’audacia che lascia allibiti: aspre dissonanze si alternano a modulazioni inaspettate, a cromatismi inauditi per quell’epoca, come inauditi erano i timbri orchestrali, a cui Mozart avrebbe attinto a piene mani nelle opere successive.
Idomeneo è anche l’opera mozartiana più insidiosa per un direttore d’orchestra, proprio per l’estrema complessità stilistica della partitura. La sua scarsa popolarità dipende dal fatto che nella maggior parte dei casi gli interpreti non sanno mettere in risalto gli aspetti innovativi e profetici di questa musica sublime. Il risultato è un appiattimento interpretativo che, tenendo conto della durata dell’opera, non può che ingenerare noia nello spettatore.
L’Idomeneo in scena all’Opernhaus di Zurigo è uno spettacolo sontuoso sia dal punto di vista musicale, sia da quello scenografico e drammaturgico. 
Nikolaus Harnoncourt firma uno dei (tanti) capolavori esegetici della sua formidabile carriera di filologo, di musicologo e di direttore d’orchestra. L’Orchesta «La Scintilla», una delle sue "creature", dà vita alla concezione musicale dell’insigne Maestro con tale precisione e perfezione, che la musica sembra scaturire dalle sue stesse mani. La sua interpretazione porta alle estreme conseguenze le "profezie" musicali racchiuse nella partitura e fa quindi apparire l’opera come una sorta di anticipazione del romanticismo per non dire dell’espressionismo musicale. Il fraseggio è pulsante, teso, incisivo nei momenti drammatici, sia corali sia individuali; morbido e dolce nei momenti lirici... La cura estrema del dettaglio mette in risalto la raffinata e originale orchestrazione di Mozart.

Harnoncourt, in qualità di direttore e di regista, conferisce grande rilievo drammatico a Idomeneo e, in parte, a Ilia, mentre in Elettra e Idamante privilegia la componente adolescenziale: ciò amplifica le antitesi, per quanto riguarda lo spessore politico e umano, tra Idomeneo e Idamante e, nell'ambito della rivalità amorosa, tra Ilia ed Elettra. Questo tipo di approccio conferisce rilievo estremo a una delle novità più sconcertanti di questa partitura: il realismo psicologico, assente nelle precedenti e coeve opere su base letteraria metastasiana.
Il personaggio di Idomeneo appare lacerato, angosciato dall'ossessionante presenza di Nettuno, in preda a una stanchezza esistenziale che sembra sempre sul punto di sopraffarlo. Superba, da questo punto di vista, la performance di Saimir Pirgu, tenore caratterizzato da un timbro magnifico, da una emissione e una dizione perfette, da una tecnica solidissima.
Inutile dire che la grande aria del secondo atto è stata osannata dal pubblico.

Eva Mei ha risolto in maniera impeccabile sia il ruolo di donna vanesia e gelosa (secondo le indicazioni dei registi) nei primi due atti, sia quello di donna furiosa nel terzo, con quell’istintualità incontrollata voluta da Mozart stesso e rispetto ai quali, come scrisse il musicologo Edward J. Dent, «le più selvagge esplosioni di rabbia delle Furie e di Armida» nell'opera omonima di Gluck, punto di riferimento imprescindibile per Mozart, «sembrano quasi infantili».
Pure eccellenti le performances vocali e drammaturgiche di Marie-Claude Chappuis (Idamante); di Julia Kleiter (Ilia) e di Christoph Strehl (Arbace). Di buon livello la prestazione di
Rudolf Schasching (forse un po' troppo sopra le righe) nel ruolo del Gran Sacerdote e di Pavel Daniluk che ha dato voce, fuori scena, a Nettuno.
La concezione registica di Nikolaus e Philipp Harnoncourt dà grande risalto alle parti corali e introduce un elemento coreografico (concepito da Heinz Spoerli) di notevole pregnanza drammaturgica ed estetica: il dio Nettuno, assente come personaggio dal libretto, è in questo allestimento raffigurato da un enorme, austero, incombente volto racchiuso in uno spazio triangolare, ma soprattutto è impersonato da un ballerino di straordinario talento: Arman Grigoryan, a volte accompagnato da uno stuolo di… tritoni. Nel punto culminante dell’opera, alla fine del secondo atto, i ballerini, sempre spietati emissari dell’iroso Nettuno, suscitano, mescolati al coro esterrefatto, la terribile tempesta che impedice a Idamente di partire con Elettra verso Argo.


La tempesta suscitata dagli "emissari" di Nettuno

Le scene di Rolf Glittenberg ammiccano alla grecità, mentre i costumi di Renate Martin e di Andreas Donhauser, per contrasto, evocano i tempi nostri. L’ironia con cui viene rappresentato il personaggio di Elettra, forse l’unico elemento non del tutto convincente di questo, per il resto memorabile, allestimento, ha suscitato sparute contestazioni, che però non hanno minimamente scalfito il trionfo decretato da un pubblico grato ed entusiasta. Si replica fino al 7 marzo.



L'allestimento zurighese è una co-produzione con STIRYARTE