Jane&Louise Wilson

Il cuore della città rappresentato dallo spazio espositivo Fondazione Davide Halevim, dove arte e cultura trovano dimora, sta pulsando per il vivo e appassionato lavoro di Jane&Louise Wilson. Per la prima volta in Italia, le sorelle gemelle del Newcastle (UK) sono protagoniste del secondo grande evento appartenente al filone narrativo interamente dedicato al tema della donna, inaugurato lo scorso novembre e curato con stile e lungimiranza.
L’esposizione contiene un bisogno narrativo relativo alla metafora della partenza dell’uomo verso luoghi terrestri e non, alla ricerca dell’ignoto. Il lavoro delle Wilson mette in luce eventi che rimangono sconosciuti alla moltitudine perché sottratti all’opinione pubblica e soggetti al controllo da parte del segreto di stato.

Dreamtime (2001), La prima video-installazione prodotta con strumentazione cinematografica di alto livello, consiste in immagini in movimento interamente girate in Kazakistan, il paese dell’arida steppa che copre una vasta area ricca di oro nero. Nell’ex base spaziale sovietica Baikonur ogni anno vengono lanciati 10-15 razzi Proton per la messa in orbita dei satelliti. Le artiste documentano con iperstimolazione realistica dello spettatore, che aumenta notevolmente appoggiando la schiena sul muro di fronte all’installazione, il lancio di un razzo spaziale dal cosmodromo più grande del mondo che è incredibilmente rimasto segreto per decenni. Per 7 minuti di tempo, il realismo documentarista porta sullo schermo di undici metri di lunghezza suddiviso in quattro parti, immagini che si susseguono e interscambiano con lentezza e precisione cromatica quasi a scandire i secondi di una realtà parallela che circonda la vita dell’essere umano a sua insaputa. L’alba dai colori rosa/azzurro su una realtà come questa, sembra alludere ad un futuro ancora incerto.

Nella stanza successiva in ordine di ingresso, il tema viene ripreso attraverso l’esposizione di tre fotografie estratte dal video principale. Le immagini a colori provenienti dall’archivio delle Wilson sono riprodotte su pannelli di dimensioni 180x180cm. Le fotografie rappresentano una cornice distinta e circoscritta del video e lasciano spazi di riflessione tra le due opere principali. Le tute dei cosmonauti e i bracci di sostegno dei razzi sono fotografate con assenza di uomini, o figure "vive" in movimento che possano essere critiche della situazione descritta. La bellezza estetica delle immagini e la luce delle stanze che, come scatole cinesi, sembrano aprirsi l’una nell’altra, fanno del lavoro presentato un gioiello culturale di grande valore artistico.

La forza delle prime immagini si modifica nel secondo video, Monument (Apollo Pavilion, Peterlee, 2003), che a 360° con due televisori al plasma davanti e dietro lo spettatore, raccontano dell’infanzia spensierata e ignara di ciò che sarà il futuro. L’opera è ambientata in Inghilterra a nord di Londra. L’architettura dell’utopia del dopoguerra è diventata luogo di gioco e incontro dei ragazzi del quartiere. I ragazzini vengono raffigurati in una realtà in cui la storia muore nelle generazioni: un’opera che significava il raggiungimento di un ideale perduto, viene abbandonato e schernito.
La stanza, di grandi dimensioni, è impegnata dall’opera soltanto parzialmente mentre lo spazio rimanente è vuoto: vuoto e pieno, il suono e i rumori, l’acqua e i riflessi delle pozzanghere e la terra. Gli opposti a confronto. Il gioco infantile di rincorrere un’utopia presente nella seconda stanza, infatti, viene subito smentito nostalgicamente dalla continua creazione di emozioni e dal loro immediato raffreddamento.

Nell’ultima stanza, infatti, il vero senso del controllo viene descritto attraverso il giallo, il colore dell’intelletto e della ragione. Le tre ed ultime fotografie, scattate creando visioni dal basso verso l’alto, descrivono un universo femminile che si confronta con una tecnologia ingegneristica che domina il futuro. I centri di potere descritti dalle immagini e dall’installazione nella sua completezza, pongono degli interrogativi sulla società come istituzione che sovrasta l’uomo, attraverso microchip al silicio, o la profondità di una piattaforma petrolifera, le luci al neon in stanze asettiche, oppure le sostanze pericolose che hanno il colore e il suono dell’acqua.
Le gemelle "con doppi occhi", continuano a consigliare di stare vigili su ciò che accade nelle pieghe più profonde del mondo contemporaneo, stimolano ad usare tutti i cinque sensi nel vedere il mondo da una e dall’altra parte con consapevolezza intellettuale. Non siamo nulla. La piccolezza dell’essere umano è evidente di fronte a realizzazioni imponenti come quelle esposte negli spazi aperti della Fondazione Halevim, realizzazioni che lasciano veramente aperti nuovi orizzonti.

Valeria Pierdominici

&copyCultFrame 06/2004


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Jane&Louise Wilson
Cosmonaut Suits
Mir, Star City, 2000
C-print on aluminium
180 X180 Cm
Courtesy Lisson Gallery



Jane&Louise Wilson
Platform Gorilla VI, 2003
Edition of 4
C- print on aluminium
in perspex, 180X180 Cm
Courtesy Lisson Gallery



Jane & Louise Wilson
Safe Light
Divided Ballroom, 2003
Edition of 4
C- type print on aluminium in perspex
180X180X2 Cm
Courtesy Lisson Gallery






Informazioni
CittàMilano
Quando27/05/2004-26/06/2004
DoveFondazione Davide Halevim
Indirizzovia Lomazzo 28/34
Telefono(39)02315906
Orariomar.-sab. 11–19
BigliettoIngresso libero
 
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