I dizionari Baldini&Castoldi

Diaghilev
Diaghilev Sergej Pavlovic (Novgorod 1872 - Venezia 1929), critico d'arte, impresario, direttore di compagnia russo.



Studiò legge a Pietroburgo e qui entrò nel circolo di amici e artisti (pittori, musicisti, scrittori) gravitanti intorno a due illustri pittori-scenografi, Alexandre Benois e Léon Bakst. In questa situazione diventò cofondatore, nel 1899, della celebre rivista d'arte “Mir Iskustva” (Il mondo dell'arte). Nello stesso anno fu nominato consulente artistico del teatro Marijinskij, ove pubblicò gli annali del teatro e curò gli allestimenti dell'opera Sadko di Rimskij-Korsakov e del balletto Sylvia di Delibes. Con la cessazione delle pubblicazioni, si volse all'organizzazione di mostre d'arte russa, sia a Pietroburgo sia a Parigi (1904). Nel 1908 fece conoscere al pubblico parigino il Boris Godunov di Musorgskij, con il grande basso Fëdor Šaljapin. Partito dalla musica, dai concerti e dall'opera lirica, D. approdò al balletto che gli nacque come scoperta meravigliosa, messa soprattutto in relazione ai mutamenti e ai rinnovamenti dell'arte teatrale. Con elementi attinti dai teatri imperiali di Mosca e di Pietroburgo, formò una compagnia che ottenne trionfi a Parigi nel maggio-giugno 1909. La visita in Occidente gli fece balenare l'idea di costituire stabilmente una compagnia vera e propria di ballerini, (Les ? Ballets Russes), appoggiandosi per lo più a quella che in breve tempo divenne la stella del complesso per molteplici doti e meriti, dalla presenza fisica alla bravura tecnica: Vaslav Nijinskij, dimissionario dal Marijinskij. D. ne rimase, fino alla morte, arbitro assoluto. La sua azione fu determinante per la trasformazione e la formazione del balletto europeo. Purtroppo la compagnia fu costantemente sull'orlo del disastro finanziario, non tornò in Russia e rimase circoscritta a un'impresa privata di carattere elitario, sostenuta dal provvido intervento della grande finanza nella quale D. contava qualche amico. Intanto la straordinaria scoperta diaghileviana andò molto avanti: il balletto acquistava dignità d'arte, cercava e trovava nella collaborazione più vasta di artisti una fisionomia unica e particolarissima. Ovviamente, non era ballerino, quindi non coreografo, non pittore, nemmeno teatrante, contrariamente a quanto si legge erroneamente. Eppure fu l'iniziatore attivo di un movimento critico ed estetico che doveva rinnovare il teatro, inserendosi nella coscienza viva dell'artista moderno. In altra parte si potranno leggere i nomi di quel favoloso ventennio: ballerini, coreografi, musicisti, scenografi, direttori d'orchestra, fra i quali possiamo individuare molte personalità che hanno fatto parlare di sé per lungo tempo, alcune delle quali assurgendo addirittura a mito nella storia della danza e del costume. Si è rimproverato ingiustamente a D., da più parti, di aver voluto allargare troppo i confini del balletto come rappresentazione teatrale e di disperdere la sua vera natura in una ricerca di apporti disparati marginali. Una cosa è certa: mai la danza, nel corso della sua avventurosa esistenza, era stata beneficiata di tanta squisitezza estetica.

a.t.

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