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RICHARD STRAUSS

Dirigere Mozart

NOTE DI PASSAGGIO
RIFLESSIONI E RICORDI


EDT TORINO 1991
pp. 94-96

A CURA DI SERGIO SABLICH

INDEX

STRAUSS SUL SUO MODO DI DIRIGERE
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In Mozart bisogna distinguere fra i pezzi (soprattutto quelli veloci) che hanno un carattere giocoso, brioso, nei quali il secondo tema cantabile dev'essere preso in generale in tempo più tranquillo (Ouverture delle Nozze di Figaro, primo movimento della Sinfonia in sol minore) e i movimenti (per lo più lenti) in cui la sensibilità si acuisce fino a un alto grado di passionalità; ne è un esempio l'Andante della Sinfonia concertante per violino e viola, pagina che (come molti movimenti lenti di Mozart) è possibile rendere solo accentuando al massimo il 'rubato'. A eccezione di Beethoven, non esiste altro compositore che riguardo ai tempi si presti a tanti errori di esecuzione, e che esiga perciò una sensibilità altrettanto raffinata.

Regole speciali. Rispettare in modo scrupoloso Andante o Adagio : introduzione dell'Ouverture del Don Giovanni; Andante con moto, tempo abbastanza mosso; seconda aria di Cherubino. Nelle due arie di Zerlina non cambiare tempo nella seconda parte, non fare un Allegro, per carità; prendere invece un tempo più mosso già nella prima parte. Lo stesso vale per il duetto 'Là ci darem la mano'. I movimenti lenti delle tre grandi Sinfonie (sol minore, mi bemolle maggiore, do maggiore) vanno immaginati e possibilmente diretti prendendo come unità di misura il quarto; di solito allargo l'ultima conclusione (cosi pure nell'Andante della Sinfonia in do maggiore 'La grande' di Schubert e nella Prima di Beethoven). Casi in cui si raccomandano tempi tendenzialmente rapidi e un allargamento alla fine sono, per esempio, la fuga finale della Jupiter e il Finale della Seconda Sinfonia di Brahms. Alla fuga finale di Mozart si attaglia a puntino il wagneriano «quanto più presto possibile»; io modifico profondamente il tempo all'inizio della seconda parte, dopo lo sviluppo e all'inizio della terza parte. Per conferire chiarezza alla fuga nel presto bisogna indicare esattamente i punti in cui ottoni e timpani debbono suonare più piano. Nel primo duetto delle Nozze di Figaro Mahler faceva suonare staccato i primi violini, io invece faccio un mezzo legato cantabile.

A una prova del Ratto dal serraglio nel Teatro della Residenza di Monaco verso gli anni Novanta, Cosima Wagner mi disse: «I Suoi primi violini cantano troppo poco». In Mozart, anche nell'orchestra 'sinfonica' delle sue opere, i primi violini devono 'condurre' senza cadere mai in quell'inespressivo 'piano da accompagnamento' che viene scambiato di solito per 'discrezione dell'orchestra'. Nelle esecuzioni delle opere di Mozart le note tenute di ripieno dei legni e i la e i sol acuti dei corni sono quasi sempre troppo forti e coprono il rapido 'parlando' dei cantanti; ragion per cui non si finirà mai di raccomandare attenzione alle indicazioni di pianissimo sulle parti di questi fiati, in modo da far si che vengano anche eseguite. Il tessuto sinfonico del quartetto d'archi non ha mai da essere slabbrato e confuso, perché il cantante va non soltanto accompagnato ma anche sostenuto. Di rado Mozart scrive ff, e molto di rado il f deve risultare aspro. Bellezza di suono è qui legge suprema. Nei lavori sinfonici di Haydn e di Mozart le sezioni da suonare forte sono concepite ancora in parte come 'tutti' al modo dei concerti grossi, dove quasi automaticamente le sezioni eseguite piano dai soli si alternano regolarmente col forte ripetuto da tutta l'orchestra.
In Mozart e Haydn questi 'tutti' eseguiti forte sono per così dire colonne architettoniche che incorniciano le parti più ricche di sentimento; perciò i 'forte' delle trombe naturali, dei corni e dei timpani sono espressione di una gioia di vivere più intensa, al contrario che in Beethoven, dove le ottave delle trombe e gli sforzato dei timpani sono esplosioni di disperazione dolorosa e di caparbia energia, di rado mitigate con l'impiego del suono più scuro e morbido dei tromboni. Beethoveniani appaiono solo le trombe, i corni e i timpani nella scena della statua del Don Giovanni; molto più tagliente senza i tromboni, che pertanto qui sono da omettere. Netta distinzione va fatta anche tra gli sforzato in Mozart e in Beethoven e tra gli sforzato nel 'piano' e nel 'forte'.
Nelle regie d'opera si cade ora per lo più nell'errore di trasformare in movimento sulla scena quasi ogni frase dell'orchestra. Qui bisogna procedere con estrema prudenza e buon gusto. Non v'è nulla da eccepire se nelle ripetizioni, soprattutto nelle arie, si provvede ad animare la scena cambiando le posizioni dei personaggi e trovando nuove sfumature nella recitazione. Proprio in Mozart basta spesso un'introduzione di un paio di battute per esprimere chiaramente un atteggiamento. Ma non è detto che ogni trillo di flauto debba essere un ammiccamento della primadonna, ogni strappata degli archi un passo o un gesto della mano. Ci sono intere sezioni, soprattutto nei finali, che sono puri pezzi da concerto, ed è meglio non disturbarli con alcuna 'azione'.
La cosa peggiore avviene nel Flauto magico, quando i sontuosi allestimenti moderni pongono le scene in diretto contrasto stilistico con l'opera. Per essere coerenti con scenografie di questo genere si dovrebbe riscrivere il libretto per renderlo 'attuale', e procedere a una nuova strumentazione nello stile del Crepuscolo degli dei.