CIAJKOVSKIJ WEBSITE
TCHAIKOVSKY WEBSITE

VOIVODA
Le ambizioni del giovane Ciajkovskij, al suo esordio operistico, mirarono alto. L'attenzione del musicista all'inizio del 1866 si concentrò su Aleksandr N. Ostrovskij,

allora sulla cresta dell'onda, che gli propose, in luogo de L'uragano, già impegnato, un altro soggetto, ugualmente di carattere epico, Il Voivoda, ovvero Un sogno sul Volga. La collaborazione di Ostrovskij alla redazione del libretto non andò però oltre il primo atto, consegnato al compositore il 5 (17) marzo 1867. Nell'autunno dello stesso anno, rotti gli indugi, Ciajkovskij decise di affrontare da solo l'approntamento delle parti mancanti del libretto mentre, di pari passo, procedeva la prima stesura dell'opera, che risultò ultimata entro l'estate successiva. E, ai primi di settembre del 1868, il nuovo lavoro fu presentato a Stepan Gedeonov, direttore dei Teatri Imperiali di Mosca. L'allestimento non si rivelò agevole, anche per l'impiego di un ampio organico orchestrale che comprendeva ottavino e corno inglese, flauti, oboi, clarinetti, fagotti e trombe a due, quattro corni, tre tromboni, bassotuba, una nutrita sezione di percussioni, arpa e archi.
Nel Voivoda essenziale, secondo il desiderio di Ciajkovskij, appare la marcata impronta «russista», secondo le coordinate estetiche della Scuola Nazionale, di una vicenda barbarica, ove però sull'arroganza vince l'amore. [...]
Alla première fecero seguito soltanto quattro recite. L'autore, amareggiato dell'insuccesso, distrusse l'autografo, ma le parti d'orchestra e lo spartito, conservati nell'archivio del Bolsoj, permisero la ricostruzione della partitura ad opera di Sergei Popov. E il 28 settembre 1949 al Teatro Malyi di Leningrado il Voivoda ha conosciuto la prima ripresa moderna nella sua interezza. La durata dell'opera, pubblicata nel 1953 nell'Edizione di Stato, è di due ore e mezza.

L'Ouverture si apre («Moderato quasi allegro») con un tema popolaresco in fa maggiore dall'incedere salmodiante. Segue una concitazione drammatica («Allegro vivo») sul fortissimo poi torna il motivo iniziale sulle sonorità accese degli ottoni. Al centro della Ouverture vi è una dolce melodia d'ampio respiro («Andante cantabile») con interessanti passaggi armonici. Il successivo «Allegro vivo» ripropone, dopo un rapido procedere di semicrome, l'idea dell'avvio. Col «Più mosso» la musica passa al re maggiore per chiudere con un «Allegro moderato e maestoso» su procedimenti modali d'ascendenza liturgica. Nel movimento temano di 9/8 dell'«Andantino» (n. 1) il coro femminile fuori scena inquadra l'ambiente popolare, un po' alla Glinka. Dopo brevi interventi della nutrice, Nedviga, è Marija a catalizzare l'attenzione con la lunga sua canzone che narra di una bella donna imprigionata in una torre, alla quale riesce ad accedere, finalmente, il suo innamorato. E il coro sigla, con vari atteggiamenti, il secondo pezzo. Il clima piuttosto convenzionale si anima (n. 3) con l'arrivo di Bastrjukov («Allegro molto e misterioso»), alla sua dichiarazione d'amore (n. 4) nell'«Adagio andante» e nel duetto (n. 5) serrato tra i due giovani («Allegro agitato»). Rezvyj annuncia all'improvviso l'arrivo del Voivoda (n. 6) e Bastrjukov si nasconde. Un sottofondo cerimonioso («Allegretto comodo») accompagna il ricevimento in suo onore (n. 7): dopo vari omaggi dei padroni di casa, Salygin, il Voivoda, dà corso al brutale suo disegno: la scrittura vocale di ogni parte risulta assai interessante e ben articolata. Poi la musica (n. 8), con grande efficacia, intreccia («Adagio») i diversi atteggiamenti del Voivoda nel far la corte a Marija, che non esita a negarsi in termini accalorati («Andante»). Tutti si allontanano, dal loro nascondigli Bastrjukov e Rezvyj tornano in scena, ma Sut, il buffone, getta l'allarme. È il Finale (n. 9), durante il quale («Allegro vivo assai»), Vlas Djuzoj e il Voivoda, adirati, cercano di far arrestare Bastrjukov. Questi però, dopo aver rassicurato Marija, si pone in salvo su una barca, mentre si ascolta un melodizzare simile stilisticamente al celebre «Canto dei battellieri del Volga», accompagnato dalle armonie del coro maschile: è una pagina trattata in modo raffinato con alterazioni armoniche originali. E l'atto si conclude nell'agitato «Allegro vivo assai».
Sin dall'interludio introduttivo al secondo atto l'orchestra precisa la drammaticità della situazione con rapide strappate che interrompono il suono cupo in pianissimo («Andante»); poi i lamentosi intervalli discendenti di seconda minore portano al tema del «Moderato» con un'esposizione di fuga, triste e pesante. Questo senso oppressivo si associa al clima della notte che serve da sfondo (n. 1) all'attesa dei servi di Bastrjukov. Il suo arrivo in scena (n. 2) è sottolineato da accenti appassionati e ingenui: mentre il coro dei servi cerca di consolarlo, Rezvyj annuncia a Bastrjukov l'arrivo di Dubrovin, da due anni errabondo, dopo che Salygin l'ha depredato della moglie, Elena, e dei beni. Nel suo racconto sdegnato che si tinge (n. 3) di inflessioni penose, la musica trascorre dal «Moderato assai» al «Più mosso». Bastrjukov e Dubrovin stringono un patto per salvare le loro donne e su un lunghissimo pedale di dominante («Moderato assai») la scena si chiude con accenti vocali d'intensa espressività di stampo musorgskijano. Nella dimora del Voivoda, intanto, Marija è profondamente triste. Ad un cenno di Nedviga cominciano le danze delle fanciulle (n. 4) ma è con il lungo assolo di Marija, volutamente iterativo nel «Canto dell'usignolo in gabbia» («Andante non troppo. Cantabile»), che si impone la qualità della scrittura musicale (n. 5). Non meno accattivante, nella forza degli accenti, è l'«Allegro vivo» con cui a Marija si presenta Elena, narrando (n. 6), su un ritmo concitato e con forza, tutte le sue sventure. Nel duetto delle due donne («Allegro moderato») in sol maggiore (n. 7), dall'andamento piuttosto convenzionale, Marija ed Elena decidono di riunire i loro destini. Nel proseguimento del duetto (n. 8) si ascolta un'idea folgorante che Ciajkovskij non esiterà a riprendere, nientemeno, nel Lago dei cigni e nell'Ouverture «1812»: su delle armonie che si alternano sul pedale della dominante, dall'accordo di quarta e sesta a quello di settima, con preziose modulazioni cromatiche, si dipana questo tema affascinante per concludersi con un lungo assolo delle due voci a suggellare l'andito di entrambe le donne alla felicità. Marija con uno stratagemma trattiene Elena presso di sé (n. 9) e allontana la nutrice che invita il coro delle fanciulle a riprendere le danze.
L'Interludio («Moderato»), che precede l'avvio dell'atto terzo, non presenta nulla di particolare interesse, stimolante però appare la seconda parte dell'episodio iniziale (n. 1). Bastrjukov e Dubrovin, penetrati nel cortile della dimora del Voivoda, attendono l'arrivo delle loro donne e Dubrovin intona un'aria la cui idea inquieta, pure ripresa nel Lago dei cigni, è intrisa di apprensivi risvolti psicologici («Andante»). Elena e Marija arrivano (n. 3) e assieme ai loro uomini si slanciano in un quartetto («Andante cantabile») ove l'espressività, quasi di carattere strumentale, della scrittura genera un trascinante blocco sonoro (n. 4). In particolare, il tema d'amore sfocia in un'affascinante frase di grande curva lirica, inframmezzata da periodi di incalzante recitativo («Allegro giusto»). Il duetto si conclude nell'unisono (n. 5) con l'empito della passione e della sofferenza patita. Ritornano in primo piano Bastrjukov e Marija e si ascolta la ripresa del quartetto (n. 6). II tentativo di fuga non riesce e scatta l'allarme (n. 7): la scena si riempie di armati e di popolo e i giovani, arrestati, si scambiano gli ultimi addii (n. 8). D'improvviso si ode un grido acutissimo e, nella concitazione generale (ti. 9), Marija, esultante, annuncia l'arrivo di un Nuovo Voivoda (n. 10). Le due coppie di innamorati narrano le loro pene (n. 11) ed è resa loro giustizia. Nel giubilo di tutti l'opera si conclude in modo convenzionale.