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BIOGRAFIA, PENSIERI, FILOSOFIA DI

PETR ILJIC CIAJKOVSKIJ

ATTRAVERSO


LETTERE, RICORDI E TESTIMONIANZE


RAPPRESENTAZIONE DELL'«ONEGIN»

MARZO - AGOSTO 1879

Intanto a Mosca fervevano i preparativi per la prima rappresentazione di Eugen Onegin. Non fu il Teatro dell'Opera ad affrontare l'impegno di metterlo in scena; fu invece Nicolai Rubinstein che, acceso d'entusiasmo, volle farne una degna esecuzione con gli allievi del Conservatorio. Da alcune settimane egli era immerso nelle prove, con diligenza ed entusiasmo mirabili.
Passando per Mosca, Petr si trattiene qualche giorno in quella metropoli e così scrisse all'amica dandole notizia dell'avvenimento (19 marzo 1879):

Sono appena ritornato da Mosca dove arrivai proprio in tempo per assistere alla prova generale dell'Eugen Onegin. Questa prova ebbe luogo in piena illuminazione e in costume, mentre la parte della sala riservata al pubblico era immersa nell'oscurità. Ciò mi diede la possibilità di rincantucciarmi in un angolino buio e di ascoltarmi tutta l'opera indisturbato. L'esecuzione fu, in linea di massima, soddisfacente. Coro e orchestra assolsero il loro compito in maniera eccellente, i cantanti invece, tutti allievi del Conservatorio, lasciavano parecchio a desiderare.
Quelle ore passate in un angolino buio furono le sole piacèvoli del mio soggiorno moscovita. Durante gli intervalli, rividi i miei antichi colleghi e mi fece molto piacere costatare come tutti, senza alcuna eccezione, fossero assai commossi dalla musica dell'Onegin. Nicolai Rubinstein, per solito tanto avaro di lodi, mi confessò di esser addirittura innamorato di quest'opera; Taneev poi, che nell'intervallo dopo il primo atto si era avvicinato con l'intenzione di esprimermi la sua emozione, non riuscì a dire una parola e scoppiò a piangere. Non le posso davvero spiegare come tutto ciò mi abbia commosso.
Sabato sera, in occasione della prima rappresentazione arrivarono a Mosca i miei fratelli e alcune personalità fra cui Anton Rubinstein.


ILYA REPIN - ANTON RUBINSTEIN IN VESTE DI DIRETTOTE D'ORCHESTRA

Trascorsi l'intera giornata in uno stato di grande agitazione soprattutto perché avevo finito col cedere alle insistenze di Nicolai Grigorjevic dichiarandomi disposto ad uscire alla ribalta se mi avessero chiamato. Durante la rappresentazione la mia eccitazione arrivò a una specie di parossismo.
Prima di dar inizio all'opera, Nicolai Grigorjevic mi invitò a salire sul palcoscenico dove, con mio grande spavento, trovai radunato tutto il corpo insegnante del Conservatorio. A nome dei colleghi, Rubinstein mi porse una corona, intanto che i presenti esplodevano in un fragoroso applauso. Al discorso di Rubinstein dovetti rispondere con qualche parola e Dio solo sa quanta fatica ciò mi costasse. Alla fine di ciascun atto fui chiamato ripetutamente alla ribalta. Ebbi tuttavia l'impressione che il pubblico non fosse particolarmente entusiasta.
Dopo la rappresentazione ebbe luogo un ricevimento all'Ermitage al quale intervenne anche Anton Rubinstein. Non riuscii a comprendere se l'Onegin gli fosse piaciuto; comunque egli non pronunciò parola a proposito della mia opera. Ritornai a casa verso le quattro con un violento mal di capo e passai una notte agitatissima. Tornato a Pietroburgo mi sono rimesso e oggi mi sento di nuovo perfettamente bene.

È indubbio che questa prima esecuzione moscovita di Onegin, in condizioni alquanto modeste, ebbe accoglienza assai fredda; il complesso dei cantanti del Conservatorio non poteva esser all'altezza della situazione.

Nel 1877 Ciajkovskij, in collaborazione col suo allievo Silovski, aveva cercato di ricavare dal famoso romanzo in versi di Puskin un libretto d'opera. Senonché nessuno dei due essendo poeta, è naturale che, accanto a splendidi versi, presi tali e quali da Puskin, venissero fuori espressioni banali e rime dilettantesche.
A proposito di Onegin, Turgenev scrisse a Lev Toistoi:

Che musica notevole! Particolarmente ben riuscite sono le parti lirico-melodiche. Ma che libretto sciagurato!

Petr Iljic scrisse invece a Modest:

Non puoi credere come io sia entusiasta di questo soggetto. So benissimo che l'opera è un po' povera di azione, manca di effetti scenici, ma l'abbondanza della poesia, la verità e la semplicità dell'intreccio compensano queste mancanze.
Per definire con poche parole l'importanza di Puskin nella letteratura russa, basterà rilevare come di colpo, con la sua personalità, egli fosse riuscito a creare dal nulla una poesia classica autonoma. Con istinto sicuro riassunse tutti gli incerti tentativi e gli esperimenti dei suoi predecessori ed impresse alle sue creazioni il sigillo di un carattere incrollabile e di un focoso temperamento. Non si trovano molti altri esempi, nella letteratura mondiale, di una trasformazione così radicale intervenuta ad opera di un'unica personalità. Qualcosa di analogo era tuttavia accaduto nell'ambito della musica ad opera di Mikail Glinka. La sua Vita per lo Zar, che nel 1836 ottenne a Pietroburgo un travolgente successo, segnò la prima affermazione della musica russa come fattore indipendente e degno di sussistere accanto alla musica occidentale. A partire da quel momento, l'inesauribile patrimonio delle melodie popolari venne arricchito da una musica d'arte russa, che ancor oggi va per il mondo.

Sappiamo con quanta facilità Ciajkovskij, in un periodo di felice vigoria creativa, abbia abbozzato la musica di Onegin, di queste «Scene liriche», come egli stesso chiama la sua opera. Raramente egli seppe dare in modo così unitario e al tempo stesso così spontaneo, così naturale, un'impronta tipicamente russa al suo linguaggio musicale. Per la sua omogeneità, per la straordinaria cantabilità, per l'originalità dell'espressione timbrica, quest'opera ha interessato innumerevoli persone e commosso fino ai nostri giorni intere generazioni; essa conta ormai fra le opere più popolari in Russia, fra quelle che sono penetrate più profondamente nella coscienza della nazione. Il suo carattere originale, tipico e inconfondibile, è inerente non tanto alla musica delle arie e delle danze, bensì alle intonazioni liriche, allo stile arioso dei recitativi, all'abilità con cui viene sottolineata ogni sfumatura del discorso musicale.
Nella fanciulla Tatiana, Puskin ha creato una figura di donna di cui la Russia intera, da parecchie generazioni, si è innamorata; le parole di Tatiana nella celebre scena della lettera (questa scena della lettera, che è un'immortale creazione di Ciajkovskij) sono fra le più belle dichiarazioni d'amore della letteratura universale.
Per dare a queste «Scene liriche» una rappresentazione teatrale adeguata bisognerebbe non dimenticare che si tratta di un'«opera da camera» e che, quindi, essa non deve eseguirsi come un «grand opéra».

Petr era appena ritornato a Pietroburgo, quand'ecco ricomparire Antonina, piombata a sorprenderlo in casa di Anatol. La donna tentò di riconquistarlo protestandogli il suo amore e, per meglio svolgere la sua azione, prese in affitto un appartamento proprio nelle immediate vicinanze. Invano Petr cercò di spiegarle che non intendeva venir meno alla promessa di mantenerla, ma che non si poteva assolutamente pensare a un ritorno di vita in comune. Sprovveduto com'era, le consegnò una banconota da cento rubli, a condizione che se ne tornasse a Mosca. Antonina accettò immediatamente, prese la banconota e se ne andò, senza peraltro lasciare Pietroburgo. Allora fu lui a darsi alla fuga e a rifugiarsi a Kamenka in casa della sorella.
Nel frattempo la signora Nadezda era giunta a Mosca e insisteva per convincere l'amico a fare un nuovo soggiorno a Brailov: quanto a lei, pensava di recarvisi soltanto più tardi. Questa volta Petr accolse la proposta con minor entusiasmo del solito. A Kamenka egli si era già tuffato nel lavoro e non avrebbe voluto interromperlo. Si apprestava a ultimare la Suite per orchestra, dedicata a Nadezda, e aveva in animo di accingersi subito dopo a istrumentare la Fanciulla d'Orléans.

Petr a Nadezda:

Kamenka, 12 aprile 1879

Sebbene abbia avuto più di una volta occasione di lamentarmi perché Kamenka è così piatto e così poco campestre, qui tuttavia, mi sento come rinato. Abbiamo un tempo splendido, la primavera è in pieno rigoglio, fioriscono le viole, la foresta diventa sempre più verde, gli usignoli cantano...
Talvolta mi lascio sopraffare da un senso di estasi totale nella contemplazione della natura. In tali istanti penso a lei, amica mia, e mi dispiace saperla tuttora a Mosca dove le strade sono ancora piene di neve.
Per me è stato allestito qui un appartamentino di tre stanze che sta sempre a mia disposizione. E composto di uno studio, della mia camera da letto e di una stanza per Aljoscia. Ieri è arrivato tutto il mio bagaglio: libri, musiche, fotografie, così che il mio appartamento ha già preso un'aria assai accogliente. Ho intorno a me tante persone care che mi sono devote con tutto il cuore e cui mi unisce una comprensione piena d'affetto. Sto quindi benissimo: l'anima ha trovato la pace ed è tutta pervasa da un senso di felicità profonda. Tutto il tempo trascorso dalla mia partenza mi sembra un sogno angoscioso.

Nadezda invece non può dimenticare l'idillica coesistenza di Firenze, nel Viale dei Colli. Non si potrebbe riprendere quella vita a due?

Questo dipende soltanto da lei, - ella scrive all'amico -. Nelle mie terre, vicinissima a Brailov, si trova la fattoria di Simaki. La casa sorge in mezzo a un vasto parco tranquillo, attraverso al quale scorre un piccolo fiume. Anche là, nel giardino, cantano gli usignoli. Le camere sono piuttosto modeste, ma assai comode per l'estate. A sua disposizione sono sei stanze. È un posticino appartato e poetico. Se lei decidesse di andarvi ad abitare per un mese o più, mentre io sono a Brailov, mi renderebbe immensamente felice. Sarebbe per me come un rinnovarsi del più bel periodo della mia vita, quello passato in viale dei Colli. Certo, a Brailov non potrei fare ogni giorno la mia passeggiata davanti alla sua casetta, ma avrei ugualmente la sensazione che lei è vicino, e questo basterebbe a rendermi felice. Mio Dio, come potrebbe esser bello! A sua disposizione starebbe anche una comoda barchetta, di cui Aljoscia potrebbe governare i remi. Dieci passi dietro la casa comincia la foresta e lungo la riva del fiume ci sono angolini deliziosi, incantevoli sotto il chiaro di luna! Mio caro, mio adorato, venga, venga! L'aria buona farà bene alla sua salute, la natura sprona a lavorare e nessuno verrà a disturbarla. Fino a settembre potremmo vivere là insieme.

Mentre la signora Nadezda scriveva questa lettera, Petr, col fido Aljoscia, era già a Brailov. Abitava un edificio vasto come un castello e, al pari dell'anno precedente, aveva ancora a disposizione tutta la servitù. Ogni mattina compiva lunghe passeggiate per quelle splendide campagne e, nel pomeriggio, prendeva il tè seduto all'aperto, senza che nessuno lo disturbasse.
Aveva lasciato a Kamenka La Fanciulla d'Orléans; ed era venuto a Brailov unicamente per riposare. Eppure da quell'essere perennemente inquieto che era, non si sentiva felice e, più di ogni altra cosa, avrebbe voluto ricominciare a viaggiare. Quando la signora Nadezda gli propose la fattoria di Simaki, egli, sulle prime, rimase tutt'altro che entusiasta, così come dimostra questa lettera spedita a Modest:

Di primo acchito la proposta mi indispettì. Mi urta che Nadezda Filaretovna non sembri comprendere assolutamente quale affetto mi lega ai miei fratelli e come io desideri passare l'estate insieme con loro. Pensai anche che, se è vero che Simaki dista dalla sua dimora quattro verste [una versta misura un chilometro, 66 metri e 79 centimetri], non mancherebbero tuttavia pettegolezzi di ogni sorta, e precisamente da parte dei suoi figlioli più grandi che potrebbero far chiacchiere balorde a proposito della nostra relazione. Soprattutto sento in questa proposta una violazione e una limitazione della mia libertà. Tuttavia, è ben evidente che, così facendo, ella non mira a null'altro che a darmi la possibilità di vivere tutto solo in un posto bellissimo. Che cosa ne pensi tu? Sai, Modi: quest'anno a Brailov non mi sento felice come l'anno scorso; mi accorgo con rammarico che vado sprecando il mio tempo, eppure leggo, cammino, mangio bene, faccio musica, non mi annoio affatto, non ho preoccupazioni di sorta. Ma nell'intimo, aspetto con ansia il giorno della partenza. Le ragioni sono molte; tutte, però, inerenti al tatto che sono di cattivo umore e poco disposto a godere le bellezze della natura. Ho fatto una sciocchezza non portando con me la partitura della Fanciulla d'Orléans già cominciata. Forse il mio umore depresso si spiega con la mancanza di lavoro.

Petr a Nadezda:

Brailov, 5 maggio 1879

Ieri ho letto attentamente la partitura del Lohengrin che ho portato qui con me. So che lei non è una grande ammiratrice di Wagner e anch'io sono ben lungi dall'essere un wagneriano. Le teorie di Wagner non mi si addicono. Ma, per amor di equità, non posso non riconoscere il suo enorme talento musicale. In nessun'altra opera il suo ingegno si rivela così luminoso come nel Lohengrin, e io credo che quest'opera resterà sempre la gemma della sua produzione. In seguito, il suo talento cominciò a declinare forse a causa della smisurata ambizione dell'uomo. Perse ogni senso della misura, andò oltre ogni limite. Tutto quanto ha composto dopo il Lohengrin è musica che non avrà avvenire. In questo momento mi occupo particolarmente dell'istrumentazione. Dato che sono in procinto d'istrumentare la mia opera nuova, vorrei studiare a fondo la partitura del Lohengrin per trarne, se possibile, qualche insegnamento circa il modo di trattare la mia orchestra. Wagner possiede una stupefacente abilità, ma per ragioni che mi toccherebbe spiegarle con esempi di tecnica orchestrale, non ho alcuna intenzione di seguirne l'esempio. Mi limiterò ad accennare che egli tratta la sua orchestra sinfonicamente e che la sua istrumentazione è troppo densa e non abbastanza trasparente per le voci. Quanto più invecchio, tanto più vado convincendomi che sinfonia e opera rappresentano due generi opposti sotto ogni rapporto. Lo studio avvincente e proficuo anche in senso negativo, del Lohengrin, non cambierà dunque la mia tecnica d'istrumentazione.

Questa volta Petr non rimase a lungo a Brailov. Prima di partire lasciò per la signora Nadezda un diario dove riprodusse fedelmente ogni suo pensiero ed ogni minima sua esperienza. Intanto, mentre Petr faceva ritorno a Kamenka, l'amica era in viaggio alla volta di Brailov.
Di sera tardi, i loro due treni, provenendo da direzioni opposte, si incrociarono in una stazione di sosta. Petr, sceso per prendere una boccata d'aria, riconobbe inaspettatamente la splendida vettura-salone agganciata al treno regolare.

Quando scesi dal treno, pioveva - scrisse più tardi all'amica, - ma fui ricompensato perché la mia vettura rimase ferma per venti minuti accanto alla sua. Dalle lettere L. R. (Libau-Rumny) riconobbi immediatamente la sua vettura-salone anche se tutte le tendine erano abbassate. Certo a quell'ora lei dormiva già. Ho sperato che almeno Pakhulski scendesse dal vagone, perché mi sarei intrattenuto con lui volentieri.

L'amica rispose da Brailov immediatamente:

Come mi dispiace di non aver saputo che i nostri treni si sarebbero incrociati e che avremmo passato venti minuti uno accanto all'altro. Altrimenti l'avrei cercata con gli occhi da uno spiraglio della tendina...
La ringrazio per il diario che mi è così prezioso; l'ho trovato all'arrivo e l'ho letto con un piacere indescrivibile. Mi duole assai di non poter organizzare subito il suo soggiorno a Simaki. Come godo di ritrovarmi nel mio caro Brailov e per giunta subito dopo di lei! Che piacevoli, inafferrabili sensazioni provai entrando nelle sue camere, ancora tutte piene della sua presenza...

Come abbiamo visto, Nadezda Filaretovna era una donna volitiva, autorevole, che durante la vita aveva molto sofferto.
Nell'esistenza del marito ella aveva veramente rappresentato la forza propulsiva. Adesso si era messa in testa di condurre vita comune con Petr, stando lei a Brailov e lui a Simaki, a quattro chilometri di distanza. Niente e nessuno l'avrebbero potuta far recedere dal suo proposito. Non capiva che l'amico era esitante ad accettare l'invito e che cercava di sfuggire alle sue tempestose insistenze.
Già una volta Petr in una lettera a Modest aveva accennato alla «non normalità» dei suoi rapporti con la signora von Meck. Nella lettera che segue il suo pensiero viene meglio spiegato:

Come non dovrei esser irritato con quella donna meravigliosa e intelligentissima che, nonostante tutte le mie allusioni, rifiuta ostinatamente di comprendere che non ho nessuna voglia di andare ad abitare nelle sue vicinanze, in qualità di ospite misterioso? Proprio adesso ella ha con sé, oltre alla propria famiglia, alcuni studenti di musica la cui presenza mi infastidisce. Perché non può capire che ciò mi riesce importuno? Le ho scritto una lunga lettera manifestando l'intenzione di andare a Simaki non prima dell'autunno. Poiché in quel periodo conta di recarsi all'estero, spero che riuscirà a capirmi.

Petr ha un carattere incostante e la sua indole rasenta talora la stravaganza. Certo la sua natura ipersensibile risente in sommo grado le diverse impressioni che di giorno in giorno si producono in lui. Veramente felice è soltanto quando può sprofondarsi nel suo lavoro e dimenticare tutto il mondo intorno a sé. Negli intervalli fra un'opera e l'altra cerca il riposo, la pace, e, molte volte, non li trova. Il demoniaco impulso creativo, che lo pungola dal fondo di se stesso, ben di rado gli permette di trovar requie. Esso è sempre all'erta e riesce a farsi strada anche nei periodi di distensione.
Certi giorni paventa la «vita in comune» con Nadezda, a Brailov e nel vicino Sima ki; certi altri giorni se ne sente attratto. Vorrebbe passar l'estate a Kamenka coi fratelli e, nello stesso tempo, propende già ad esaudire il desiderio dell'amica. Odia le grandi città (Pietroburgo in particolare), ma non può fare a meno di ritornarci sempre. Così, ogni volta ha da provare grandi sofferenze e sempre decide di andarsene, di darsi a una fuga che dovrebbe essere definitiva. Eterno viandante, perennemente inquieto.


IDILLIO A SIMAKI
MOSCA - PIETROBURGO - KAMENKA