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  CLAUDIO CASINI - MARIA DELOGU

LA DAMA DI PICCHE

INTRODUZIONE







  CLAUDIO CASINI - MARIA DELOGU

CIAIKOVSKIJ

LA VITA. TUTTE LE COMPOSIZIONI

RUSCONI - MILANO - 1993 - pp. 400 ss.

Il pregio della «La dama di picche» fu quello di conciliare le caratteristiche dello stile di Tchaikowsky con le esigenze del grande spettacolo, così come era concepito nei Teatri Imperiali. Quali fossero le caratteristiche dello stile di Tchaikowsky era stato evidente in «Evgenij Onegin» e nel balletto «La Bella addormentata»: intimismo lirico, soprattutto nella preparazione del dramma, e spettacolarità, si direbbe gestualità della musica, nella stilizzazione minuziosa destinata alla coreografia.
Fra «Evgenij Onegin» e «La Bella addormentata», invece, la produzione teatrale cajkovskiana era stata poco felice nei tre drammi in costume storico nei quali è ricalcato il modello russificato del grandopéra alla Meyerbeer e alla Halévy («La Pulzella d'Orléans»), modificato da echi wagneriani («Mazepa») e dal realismo tragico («Carodejka») desunto da «Carmen» e dalla interpretazione verista conferitale nella versione corrente di Guiraud, molto diversa da quella originale di Bizet.
Nella «Dama di picche» le esigenze del grande spettacolo vennero soddisfatte con la distribuzione in episodi, sul genere delle «scene liriche» in Evgenij Onegin, non legate alla stretta consequenzialità di una «storia», ma indicative dei suoi nodi essenziali: naturalmente, la struttura venne costruita su grande scala, rispetto a Evgenij Onegin. Il diverso carattere di ciascun episodio consentì a Tchaikowsky una notevole varietà nella partitura, basata però sull'analogia e sulla rievocazione delle idee musicali, in maniera da ottenere un'omogeneità di fondo nello svolgimento musicale del dramma: un procedimento che, dopo Evgenij Onegin, Tchaikowsky aveva quasi del tutto abbandonato nei suoi drammi storici.
Infine, venne creato un opportuno diversivo con il divertissement in costume (la cosiddetta pastorale) inserito nel dramma, a sua volta in costume: Tchaikowsky si poté dedicare al pastiche, cioè alla stilizzazione antiquaria, che aveva mostrato di prediligere nella produzione strumentale, ad esempio nelle Variazioni rococò e nella Suite «Mozartiana », tanto per fare gli esempi più noti. L'esito, nel complesso, è il migliore del teatro di Tchaikowsky, ovviamente dopo «Evgenij Onegin. La destinazione alle scene di grandi teatri impedisce, nella «Dama di picche», la «tenuta» dello spettacolo, che invece è quasi perfetta nella concisione di «Evgenij Onegin».
Occorre osservare che l'equilibrio fra intimismo e spettacolarità, caratteristica della «Dama di picche», aveva anche un modello preciso nel teatro musicale francese, precisamente nella «Manon Lescaut» di Massenet, rappresentata a Parigi nel 1884. L'opera di Massenet era infatti la risultante di una serie di trasformazioni avvenute nel teatro musicale del secondo Ottocento a Parigi: la fine del grand-opéra risaliva di fatto all'«Africaine» di Meyerbeer nel 1865 (Verdi, con «Don Carlos» nel 1867 celebrò una postuma rievocazione in chiave decadente del grand-opéra) ed era stata seguita dalla nascita dell'opéra-lyrique, con la seconda versione di «Faust» (1869) di Gounod: i soggetti epico-storici erano stati sostituiti con soggetti letterari di ascendenza illustre, gli accenti melodrammatici e virtuosistici avevano ceduto il passo alla stilizzazione intimista, ricalcata sulla romanza di salotto.
Nel frattempo aveva fatto la sua ricomparsa l'antiquato schema dell'opéra-comique, misto di recitazione e di canto: «Carmen» era stata la più illustre di una serie di opere dedicate a questo revival, intorno agli anni Settanta. Infine, la fusione di opéra-lyrique e opéra-comique aveva dato luogo a grandi spettacoli, sul genere di «Manon Lescaut», in cui erano tornati in onore il divertissement e il balletto, che non erano mai del tutto usciti dal teatro musicale francese.
Ricondurre Tchaikowsky al teatro musicale, cui non sembrava aver più nulla da dare dopo l'insuccesso di «Carodejka», fu compito di Ivan Aleksandrovic Vsevolozskij, direttore dei Teatri Imperiali. Già nel 1885, quando Tchaikowsky stava lavorando a «Carodejka», Vsevolozskij si era proposto di indurlo a comporre un'opera tratta dal racconto in prosa di Puskin, intitolato «La donna di picche». Tchaikowsky fu contrarissimo al progetto, impegnato com'era nella composizione di un'altra opera, e in seguito deluso dall'insuccesso di quest'ultima: soprattutto, doveva sentirsi molto lontano dall'apparente banalità della storia e dal tono gelido con cui essa è narrata da Puskin. Il suo interesse infatti si risvegliò quando l'originale puskiniano gli venne prospettato con radicali modifiche, destinate a rendere melodrammatico un racconto che, in origine, non lo era affatto, e che, modificato, gli consentì invece di mettere in musica un protagonista ossessionato da stati d'animo sconosciuti nel teatro musicale dell'epoca: neurastenia, angoscia, nevrosi. Si trattò per Tchaikowsky di una scoperta artistica molto avanzata, che trovava corrispondenze nella sua esperienza.
La modifica più radicale riguarda la conclusione della storia: nel racconto, German impazzisce, Liza si sposa con un altro uomo; nell'opera, Liza si annega nel Canale d'Inverno e German si uccide (pugnalandosi, secondo il libretto; con un colpo di pistola, nella tradizione teatrale) dopo aver perduto la fatale partita a carte. Da questa modifica, nella sceneggiatura di Modest (cui probabilmente non fu estraneo Vsevolozskij), ne discendono altre: nel racconto, German si finge innamorato di Liza, che è la dama di compagnia della contessa, per avere il modo di raggiungere la contessa ed ottenere da lei il segreto delle tre carte vincenti; Liza, a sua volta, cerca in German un buon partito per uscire dalla condizione subalterna in cui si trova; nell'opera, German e Liza, promossa alla condizione di nipote della contessa e data per fidanzata col principe Eleckij (inesistente nel racconto), si amano; di conseguenza German è lacerato fra l'amore di Liza e la passione del gioco.
Ulteriori varianti oggettive furono imposte da necessità di sceneggiatura: il primo quadro è ambientato nel Jardin d'Eté di Pietroburgo e non, come nel racconto, nell'appartamento di un ufficiale; nel secondo quadro dell'opera è anticipata una scena del racconto collocata dopo la morte della contessa; inoltre in questo quadro si assiste alle effusioni amorose tra German e Liza, ignorate invece nel racconto; nel terzo quadro è messo in scena il ballo in maschera che nel racconto è soltanto rievocato da Liza e che non è in maschera; inoltre German è presente al ballo e ottiene la chiave della camera di Liza e, indirettamente, della contessa, mentre nel racconto non è presente al ballo; nel quarto quadro è seguito abbastanza fedelmente il racconto, ma nel quinto quadro, in luogo del seppellimento della contessa narrato nel racconto, se ne ha soltanto la rievocazione da parte di German, seguìta dall'apparizione dello spettro della morta; non esiste ovviamente nel racconto alcun riferimento al sesto quadro, in cui Liza si suicida, mentre il racconto è riprodotto quasi fedelmente nel settimo ed ultimo quadro, ad eccezione del suicidio di German. Infine, nel racconto la contessa è descritta come una vecchia ripugnante, senza quell'aura di mistero e di antiquata frivolezza da cui è circondata, invece, nell'opera.
Ovviamente, German e Liza acquistano nell'opera una dimensione nuova: la passione amorosa induce Liza al suicidio per amore e spinge German al suicidio per la schizofrenia tra amore e passione del giuoco. Nella redazione del libretto, furono inseriti alcuni elementi del tutto estranei al racconto: nel secondo quadro, due poesie di autori del primo Ottocento, rispettivamente di Vasilij Andreevic Zukovskij per il duetto di Liza e Polina e di Konstantin Nikolaevic Batjuskov per la canzone di Liza; per la pastorale, Modest lasciò la scelta a Petr fra i testi di due poeti settecenteschi, Gavrijl Romanovic Derzavin e di Petr Matveevic Karabanov (Petr scelse il primo); per caratterizzare la contessa, Petr adoperò, trasportandola una quarta aumentata sotto e in tonalità minore, l'air di Laurette dall'opera «Richard Coeur de Lion» dell'autore franco-belga settecentesco André Grétry. L'ambientazione venne cambiata, rispetto al racconto, e collocata nel secondo Settecento, sotto il regno di Caterina II, per accontentare Vsevolozskij il quale, fra l'altro, desiderava un'opera «leggera», facendo curiosamente riferimento a «Carmen».
Vsevolozskij, mentre Tchaikowsky si dedicava alla «Bella addormentata» (e, con qualche delusione, ai poemi sinfonici «Francesca da Rimini», «Amleto», «Manfred»), girò la proposta della «Dama di picche» ad un oscuro compositore, Nikolaj Semenovic Klenovskij, ma affidò la riduzione librettistica a Modest Tchaikowsky: probabilmente, non aveva perso le speranze di arrivare, attraverso Modest, al fratello maggiore Petr. Nel febbraio 1888, Modest cercò di interessare Petr al libretto, ma questi intendeva restare lontano dal teatro operistico e dedicarsi piuttosto alla musica strumentale, specificamente alla Sinfonia n. 5; inoltre, assaporava la propria crescente notorietà in una serie di tournées europoe in veste di direttore d'orchestra, inframmezzate da incontri ad alto livello con Brahms, Grieg, Dvorák, Gounod e Massenet. Finalmente, nel novembre 1889, la conversione: le insistenze di Vsevolozskij e di Modest (nel frattempo, Klenovskij non aveva composto nulla, stando ad una lettera di Tchaikowsky) lo convinsero e lo spinsero a dedicarsi con la consueta celerità al lavoro.
Tchaikowsky stava andando incontro una profonda crisi di identità, sulle soglie dei cinquant'anni, e sentiva l'urgenza di comporre. Si stabilì a Firenze e in quarantaquattro giorni, tra febbraio e marzo 1890, compose l'opera: aveva iniziato esattamente alle sei e mezzo di mattina del 31 gennaio (così annotò sull'autografo) e finì il 15 marzo, lavorando a tutta velocità: primo quadro (9 febbraio), secondo quadro (16 febbraio), quarto quadro e pastorale (23 febbraio), aria del principe (27 febbraio), terzo quadro (3 marzo), sesto quadro (7 marzo), arioso di Liza e introduzione dell'opera (10 marzo), settimo quadro (14 marzo) salvo l'aria di German che suscitò in lui, durante il lavoro, una straordinaria partecipazione accompagnata da crisi di pianto.
Agli amici Laroche e Nápravnik, che gli obiettarono di aver lavorato con eccessiva fretta, rispose che non la fretta, ma l'amore del lavoro era decisivo della qualità. Tra marzo ed aprile terminò la redazione dello spartito per canto e pianoforte, quindi strumentò l'opera in parte durante un soggiorno a Roma e in parte nella sua casa di Maidanovo: l'8 giugno, la partitura venne consegnata a Jurgenson, quindi revisionata insieme con Nápravník (per accontentare il celebre tenore Nikolaj Nikolaevic Figner, venne anche abbassato da si maggiore a si bemolle maggiore il «brindisi» nella parte di German) in vista della prima che appunto Nápravník diresse il 19 dicembre 1890 al Teatro Marijnskij di Pietroburgo. L'accoglienza fu entusiastica, con la replica del duetto di Liza e Polina, dell'aria del principe Eleckij e del duetto nella pastorale, secondo la testimonianza di Modest Tchaikowsky. I critici, invece, furono alquanto perplessi, più che altro per le varianti introdotte nel libretto rispetto al racconto di Puskin: si riprodusse il piccolo scandalo con cui era stato accolto «Evgenij Onegin».