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LORENZO DA PONTE


(Ceneda 1749- New York 1838)
Il suo nome è indissolubilmente legato a Mozart . Per la sua importanza e la sua vita avventurosa gli dedichiamo uno speciale approfondimento.
Si chiamava in realtà Emanuele Conegliano e nacque ebreo a Ceneda, oggi Vittorio Veneto, nel 1749.Suo padre Geremia, conciatore di pelli, rimase vedovo con tre figli  e, per sposare una giovanissima ragazza cristiana, si convertì insieme ai figli alla "vera religione".
I tre Conegliano assunsero il nome del Vescovo di Ceneda, Da Ponte, ed Emanuele addirittura ne assunse il nome, Lorenzo.All'epoca della conversione Lorenzo aveva 14 anni.Uscirono dal ghetto - e non deve essere stato facile per essi sia ripudiare la propria gente,sia essere accettati dalla comunità cristiana (tanto è vero che nelle sue Memorie, Da Ponte si dimentica di dire che era nato ebreo). Comunque il giovane Lorenzo entrò nel seminario locale, poi in quello di Portogruaro, dove nel 1770 prese gli Ordini minori e date le sue capacità di apprendere, la sua viva intelligenza, il suo interesse per le lettere, divenne insegnante di retorica e vicedirettore del Seminario. Leggeva i classici italiani e latini e cominciò a scrivere poesie.Nel 1773 fu ordinato sacerdote.In quello stesso anno trascorrendo qualche tempo a Venezia, la città più vivace, cosmopolita e ricca di distrazioni dell'epoca,si diede al gioco e a complicate avventure galanti, frequentando gli ambienti più "liberi" e spregiudicati della società veneziana. Nominato insegnante di "belle lettere" al Seminario di Treviso, stava facendo carriera passando in città sempre più importanti.Il suo spirito irrequieto lo spingeva però più della ricerca di una esistenza tranquilla perché scrisse un trattato"L'uomo per natura libero" che era chiaramente ispirato a Rousseau e questo gli costò , nel 1776, il bando dal risiedere a Treviso e dall'insegnamento da tutte le scuole della Repubblica di Venezia. Fu allora ospite nella città Serenissima di diversi patrizi, evidentemente incuranti delle rigidità delle autorità ecclesiasitche, di uno dei quali divenne segretario.Si fece conoscere nei salotti come improvvisatore di versi e strinse amicizia con Casanova e Gozzi.Una relazione con una donna sposata, con denuncia per adulterio, gli costò, nonostante la liberalità di Venezia, l'esilio per 15 anni.La condanna fu però emessa  in contumacia, perchè nel frattempo Da Ponte era fuggito a Gorizia.Dopo miseria e nuovi amori, passò a Dresda dove collaborò col poeta di corte Caterino Mazzolà a lavori teatrali e strinse amicizie con personaggi colti ed influenti.Nuovi scandali lo indussero a trasferirsi a Vienna, una delle capitali della cultura del tempo, dove grazie alla raccomandazione di Mazzolà rivolta al musicista Salieri, conobbe Metastasio e nel 1783 fu nominato, dall'imperatore Giuseppe II, "poeta dei teatri imperiali" con un assegno di 1200 fiorini annui. Potrebbe sembrare una buona posizione, un punto d'arrivo, ma va considerato che nella società dell'epoca scrittori e musicisti non erano ancora, come nel successivo periodo del romanticismo, artisti liberi che tendenzialmente rispondevano solo al loro pubblico e alla propria creatività, ma erano considerati servitori, magari privilegiati, di nobili mecenati, il cui favore poteva essere molto aleatorio e incostante.Per vivere bisognava essere al servizio di qualcuno che poteva pagare, con tutti i rischi e i limiti, anche nell'espressione della libertà artistica, che questo comportava.Pena la miseria, come anche ad un genio come Mozart toccherà
 In ogni modo il nostro Da Ponte azzecca diversi lavori per musicisti in voga (all'epoca la forma di teatro più richiesta era l'opera di stampo italiano) e si fa un nome.Vi erano però fazioni e partiti contrapposti in seno alla corte imperiale e al gruppo di sostenitori di Da Ponte, che comprendeva un ricco barone ebreo, si contrapponeva quello del poeta italiano Giovan Battista Casti, appoggiato dal Sovrintendente dei teatri imperiali. A casa del barone ebreo -evidentemente le proprie origini avevano un peso- Da Ponte conosce Mozart, altro spirito libero e in cerca di nuove espressioni artistiche e i due progettarono di fare un'opera basata sulla commedia, scandalosa e vietata a Vienna, Le mariage de Figaro, del francese Beaumarchais, che sbeffeggiava la nobiltà e contrapponeva i servitori ai nobili, facendo chiaramente emergere i primi.L'opera fu creata nel 1786 e si tratta di Le nozze di Figaro, un grande successo di pubblico, nonostante fosse eseguita solo per sei sere, per un sopravvenuto divieto della censura.Il teatro di Praga commissionò, sull'onda di questo successo, una nuova opera a Da Ponte e Mozart e nacque così il Don Giovanni. Da Ponte nelle sue Memorie, scrive che in quel periodo si trovava a stendere contemporaneamente tre libretti diversi, per Mozart appunto, per Salieri e per il musicista spagnolo Martin-y-Soler.Le tre opere ebbero un vivo successo e il nostro poeta era al culmine della fama, addirittura prevalse sul suo "rivale" Casti, che fu allontanato da Vienna. Divertente e rivelatore è quanto racconta Da Ponte nelle sue Memorie -scritte alla fine della vita e piene di omissioni ed "adattamenti " delle sue vicende esistenziali-circa la composizione del libretto del Don Giovanni: "Scriverò la notte per Mozart e farò conto di leggere l'inferno di Dante.Scriverò la mattina per Martini (così era italianizzato il compositore Martin y Soler) e mi parrà di studiare il Petrarca.La sera per Salieri e sarà il mio Tasso.Appena tornato a casa mi posi a scrivere.Andai al tavolino e vi rimasi per dodici ore continue.Una bottiglietta di tockai a destra, il calamaio nel mezzo e una scatola di tabacco di Siviglia a sinistra.Una bella giovinetta di sedici anni (ch'io avrei voluto non amare che come figlia) stava in casa mia con sua madre, c'haveva la cura della famiglia, e venia nella mia camera a suono di campanello, che per verità io suonavo assai spesso, e singolarmente quando mi pareva che l'estro cominciasse a raffreddarsi: ella mi portava or un biscottino, or una tazza di caffè , ora nient'altro che il suo bel viso, sempre gaio e ridente e fatto appunto per ispirare l'estro poetico e le idee spiritose."
Tra una scampanellata e l'altra, Da Ponte scrisse il libretto del Don Giovanni.L'opera fu un grande successo, sia a Praga nel 1787 sia l'anno successivo a Vienna. Comunque Da Ponte nelle sue Memorie non parla di Mozart in maniera approfondita, nè ci descrive il loro rapporto artistico e francamente non sembra coglierne il genio, per lui era un musicista come tanti, di valore, ma non diverso da Salieri o Soler. Per Antonio Salieri,compositore ben più stimato a Vienna di Mozart scrisse Il ricco di un giorno (1784),Axur re d'Ormus,Il talismano,Il pastor fido (tutti nel 1789).Per Martin y Soler invece scrisse Il burbero di buon cuore e Una cosa rara (entrambi del 1786).Gli intrighi di Da Ponte per mantenere in primo piano la sua ultima amante, il soprano Adriana Ferraresi Del Bene, stancarono perfino i suoi sostenitori e ormai egli era in bilico tra favore e discredito. Scrisse un altro libretto per Mozart, l'opera Così fan tutte, del 1789, originale nel soggetto e all'epoca ben poco compresa, ma alla morte dell'imperatore Giu seppe II, il suo successore, colpito da un libello scandalistico  anonimo intitolato Anti-Da Ponte, che lo screditava pesantemente, lo licenziò nel 1791 (anno, tra l'altro della morte di Mozart). Lorenzo da Ponte si trasferì a Trieste, dove incontrò finalmente la donna che tenne poi sempre come moglie, ma che non poteva sposare giacchè era un prete, e dalla quale ebbe cinque figli.Era, guarda caso, una giovane ebrea inglese, Nancy Grahl, figlia di un commerciante, quindi benestante. Ma che poteva fare un Da Ponte in una città "provinciale" come Trieste, lui che era un poeta, un artista abituato ormai al fasto della corte? Progettò allora di trasferirsi a Parigi, ma, causa la pericolosità della situazione rivoluzionaria -erano stati arrestati Luigi XVI e Maria Antonietta - finì invece a Londra, presso amici cantanti - dopo alcuni tentativi di allestire spettacoli d'opera e concerti in Belgio e in Olanda - ove nel 1793 ottenne un posto come poeta nel Teatro Reale. Evidentemente Da Ponte aveva genio, se dovunque andava riusciva ad emergere,anche se un'irrequietezza gli faceva poi guastare tutto, amicizie, appoggi e lavoro.Invano si cercherebbe nelle  sue ponderose Memorie della mia vita qualcosa che aiuti a capire, da Ponte da sempre la colpa alla sfortuna e ad intrighi altrui, non ammette mai errori suoi. In ogni modo rimane a Londra fino al 1805 e oltre a tradurre e riadattare libretti, fa un viaggio in Italia per ingaggiare nuovi cantanti per il teatro presso cui lavorava come poeta - nel viaggio ritorna a Ceneda per rivedere il padre-diviene uomo di fiducia e amministratore di un impresario teatrale.Dopo aver rotto con questi, tenta di fare l'editore e il libraio (pubblicando un lavoro poetico di Casti, suo vecchio nemico). Un gorgo di affari e debiti lo porta però ad una nuova crisi.Per sfuggire ai creditori Da Ponte nell'aprile del 1085 s'imbarca per l'America, dove in precedenza aveva già spedito Nancy e quattro figli. L'America nel 1805:un mondo nuovo per definizione, pieno di opportunità, senza pregiudizi e condizionamenti, anche se la vita doveva essere più dure rispetto al vecchio mondo.In ogni modo il nostro Da Ponte mostra tutta la sua multiforme inventiva: fa il droghiere a Filadelfia, l'insegnante di italiano a New York, il commerciante di medicinali ad Elisabethtown, il distillatore di liquori, l'impresario di trasporti a Sunbury, poi di nuovo l'insegnante di italiano a New York a partire dal 1821. Qui il nostro instancabile Da Ponte passa gli ultimi 17 anni della sua vita, si dedica ad insegnare e diffondere la letteratura italiana in una scuola che fondò appositamente (la Manhattan Academy).La nostra cultura era del tutto sconosciuta in America e grazie a lui cominciò ad essere divulgata.Ma il teatro ancora lo affascinava e Da Ponte fece anche l'impresario teatrale, ingaggiando compagnie di cantanti e musicisti in Europa e riuscendo a far rappresentare opere liriche per la prima volta a New York.Tra queste proprio il suo Don Giovanni, nel 1825.Nel 1833 riuscì persino a far costruire un teatro d'opera, che costò centocinquantamila dollari.Ma tutte queste attività, a dispetto dell'energia profusa dal Da Ponte risultarono sempre economicamente passive. Nel frattempo altri italiani si erano stabiliti a New York e tentavano di competere con lui nel campo dell'insegnamento e delle diffusione della cultura italiana, ne nacquero contrasti e un libello diffamatorio sul suo passato in Europa.Per questo certamente scrisse tra il 1823 e il 1827 le sue Memorie, in quattro volumi, in cui omise però molto di ciò che poteva metterlo in una luce sfavorevole.Pubblicò inoltre commenti alla Commedia di Dante e polemizzò con riviste che minimizzavano l'importanza dei classici della letteratura italiana. Nel 1931 perdette la moglie.Quando nel 1838 sentì avvicinarsi la fine, si riconciliò con la Chiesa, ma probabilmente nessuno in America sapeva della sua condizione sacerdotale, e morì quasi novantenne benedicendo serenamente allievi, nipoti ed amici radunati attorno al suo letto.I suoi funerali furono solenni, ma per un capriccio della sorte la sua tomba è andata dispersa e non se ne conosce l'ubicazione, esattamente come accadde a Wolfgang Amadeus Mozart.