TESTO BASE
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*Importanza e interesse assai rilevanti per la storia dell'opera seria nel secondo Settecento riveste L'Europa riconosciuta, un lavoro per molti aspetti in anticipo sui tempi, prefigurando scelte formali e drammaturgiche che diverranno predominanti soltanto a cominciare dal melodramma più evoluto degli anni Ottanta e Novanta. Dopo le prove di Sofonisba (1762), Ifigenia in Tauride (1764), Fetonte (1768), Calliroe (1770), scritte, come si ricorderà, rispettivamente per Traetta, De Majo, Jommelli e Sacchini, con un dramma per musica che Marita McClymonds giustamente definisce come «il suo lavoro più radicale», Mattia Verazi offriva al nuovo teatro della capitale lombarda uno spettacolo che dovette suscitare profonda impressione, come risulta da una testimonianza di particolare rilievo, quella di Pietro Verri, che ne scriverà il 5 agosto 1778 al fratello Alessandro nei seguenti termini:

Il dramma poi che si recita è composizione di certo Signor Verazi, romano, uomo che non è poeta, né di lettere, ma teatrale; ha dell'immaginazione e della pratica fatta fuori d'Italia. Si dà l'aria di avere del genio, e con questo titolo bastona e strapazza tutti gli eroi della scena, il che fa l'ottimo effetto d'avere posto una volta un'opera sul teatro con decenza; i cantanti dei cori invece di essere statue sono attori, le comparse fanno il loro dovere [...] gli attori non strapazzano i recitativi. Il libro non ha né capo né coda, ma lo spettacolo piace perché sempre variato: le arie sono corte e frequenti, ora duetti, ora a tre, ora cori mischiati e interrotti coll'attore [...]. Sai tu come comincia il dramma? Mentre te ne stai aspettando quando si dia principio, ascolti un tuono, poi uno scoppio di fulmine, e questo è il segnale perché l'orchestra cominci l'ouverture. Al momento s'alza il sipario, vedi un mare in burrasca, fulmini, pianti sulla riva scossa dal vento, navi che vanno naufragando, e la sinfonia imita la pioggia, il vento, il muggito delle onde, le grida dei naufraganti. Poco a poco si calma, si rasserena il cielo, scendono gli attori da una nave e il coro e alcune voci sole cominciano l'azione [...] (cit. in Carlo Vianello, Teatri, spettacoli, musiche a Milano nei secoli scorsi, Milano, Lombarda, 1941, pp. 142-43).

Al gusto per lo spettacoloso, esercitato sulle scene di Stoccarda, Mannheim e Ludwigsburg, questa volta Verazi univa dunque una vivacità di articolazione scenica fondata - giusta la puntuale osservazione del Verri - sulla eccezionale frequenza e varietà delle scene d'insieme con o senza intervento corale. A differenza di quanto era avvenuto nei drammi di Calzabigi e di Coltellini (per tacere dei rari ensembles metastasiani), si trattava in prevalenza di scene di azione, e di un'azione rapida e concitata, alla quale il melodramma europeo prenderà assuefazione soltanto dopo alcuni decenni, nel Rossini più progressivo (Maometto II, Zelmira) e nel grand opéra. Bastino, ad esempio, le scene 2, 3 e 4 dell'atto I, che vedono, in un serrato incalzare di eventi scenici, corrispondenti a un seguito di recitativi accompagnati, ariosi e brevi squarci corali, «Asterio e il fanciullo [figlio di lui e di Europa] fra le donzelle seguaci d'Europa ed alcuni pochi guerrieri cretensi, che vengono attaccati da Egisto, che si presenta loro alla testa d'una squadra numerosa di soldati fenici», giusta la didascalia; o l'episodio analogo che, nell'atto II, si colloca tra le scene 7 e 9.
Inoltre, L'Europa riconosciuta comprende uno tra i primi esempi di moderno finale d'atto I, già configurato in conformità a quella poetica (massima concentrazione dei conflitti drammatici, seguita da sconcerto e attesa generali) e a quelle tecniche (concitato susseguirsi di interventi dialoganti dei soli e del coro, convogliati nella stretta finale) che diverranno tipiche di codesta forma drammaturgica destinata a un grande futuro nel melodramma italiano del primo Ottocento. La musica di Salieri asseconda tutto ciò senza grandi voli inventivi, ma con efficace funzionalità; relegando il belcanto più sfrenato nelle plaghe solistiche, di concezione perlopiù convenzionale, realizzando il resto in un incisivo declamato esteso anche agli episodi corali.