TESTO BASE
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[6] Tra le varie riprese ricordiamo quella di Venezia l'anno successivo (1779), alla quale fecero poi seguito rappresentazioni a Brunswick (1782), Colonia (1784), Amburgo (1785), Lisbona (1795).

[7] Il librettista romano Matteo Verazi aveva scritto per Jommelli diversi libretti: Ifigenia in Aulide (Roma, 1751), Pelope e Enea nel Lazio (entrambe Stoccarda, 1755), Cajo Fabrizio (Mannheim, 1760), Vologeso (Ludwigsburg, 1766). Jommelli aveva musicato anche l'Ifigenia in Tauride (Napoli, 1771) che il Verazi aveva composto per Gian Francesco De Majo (Mannheim, 1764). Ad altri autori destinò i seguenti libretti: Sofonisba per Galuppi [Baldassarre] (Torino, 1764), ripresa subito da Antonio Buroni (Venezia, 1764); Oreste per Carlo Monza (Torino, 1766); Calliroe per Sacchini [Antonio] (Ludwigsburg, 1770), forse il suo libretto più fortunato, ripreso difatti da Rust (Padova, 1776), da Alessandri [Felice] (Scala di Milano, 1778), da Myslivecek [Joseph] (Napoli, 1778) e Nasolini [Sebastiano] (Firenze, 1792); Cleopatra per Anfossi [Pasquale] (Scala, 1779) e Troja distrutta per Mortellari [Michele] (Scala, 1778).

[8] E cioè il conte Ercole Castelbarco, il marchese Giacomo Fagnani, il principe Menafoglio di Rocca Sinibalda e Bartolomeo Calderara. Ad essi i palchettisti avevano affidato l'appalto del teatro di cui dovevano pertanto curare tanto la parte più proprirnente artistica (scelta delle opere, degli interpreti, eccetera) che quella finanziaria.

[9] Difatti alla Scala si fece subito marcia indietro e delle istanze riformatrici, espresse soprattutto colla scelta caduta sul Salieri, restò soltanto il mediocre Verazi. Di questi i libretti di talune opere serie degli anni immediatamente successivi, cioè del Calliroe e di Cleopatra, rispettivamente musicate da Felice Alessandri e da Pasquale Anfossi e rappresentate nel 1778 e nel 1779. Nel 1781 riappariva Metastasio con l'Olimpiade del Bianchi [Francesco] a contrassegnare l'allineamento del teatro sulle posizioni dominanti in Italia in quell'epoca. Più sostanzioso l'apporto all'opera comica. Tra gli autori prediletti furono Giuseppe Sarti (Gelosie villane nel 1779 e Fra i due litiganti il terzo gode nel 1782), Florian Leopold Gassmann (L'amore artigiano nel 1782), l'Alessandri (Il vecchio goloso, 1781), e, naturalmente, Cimarosa e Paisiello. Del primo si rappresentarono in quegli anni Il pittore parigino (1782), La ballerina amante (1783), I due baroni di Rocca Azzurra e Il marito disperato (1786). Del secondo Le due contesse (1782), Socrate immaginario (1783), Re Teodoro a Venezia e Il barbiere di Siviglia (1786). Tra gli autori che incontrarono maggiore fortuna il Tarchi [Angelo] e Zingarelli [Nicola Antonio]. Altro autore che ebbe il favore del pubblico ni'lnse fu Ambrogio Minoja che nel 1786 presentò il proprio Tito nelle Gallie. Ricordiamo infine che nel 1788 rimbalzò sulla scena scaligera, da Torino, l'Ifigenia in Aulide di Luigi Cherubini, ormai prossimo a trasferirsi in Francia (il suo nome era già conosciuto a Milano per essere stato egli assistente del Sarti per Fra i due litiganti). Nonostante il rientro nella «normalità» italiana la Scala, a partire proprio dal 1788, assunse un ruolo di guida del nostro mondo musicale soprattutto per il profilarsi qui di una mentalità moderna di conduzione del teatro. Sintomatico in questo senso che proprio a partire da quell'anno si iniziasse a pubblicare regolarmente il «cartellone» della stagione d'autunno (agosto-dicembre), che si collegava allora a quella di carnevale (26 dicembre - Pasqua).

[10] Cioè da Ipermestra o Le Danaidi che il poeta livornese aveva scritto nel 1774 per Vito Giuseppe Millico, «il moscovita», e che avrebbe dovuto essere rappresentata a Venezia, ma poi accantonata per il gran numero di interpreti richiesti.