TESTO BASE
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[11] L'annuncio dell'opera venne poi dato in questa forma: «Les Danaïdes, tragédie en cinq actes, musique de MM. le chevalier Gluck et Salieri, maître de musique de S.M. l'Empereur et des spectacles de la Cour de Vienne». Il mito greco narra di Danao, figlio del re egiziano Belo e di Anchinoe, e delle sue cinquanta figlie, le Danaidi. Per sottrarle alle insidie dei cinquanta figli di Egitto, suo fratello e rivale, Danao fugge con le figlie ad Argo. I figli di Egitto non desistono e lo raggiungono nella città greca. Danao finge di cedere ai nemici e acconsente al matrimonio delle figlie, ma a queste ordina di assassinare i mariti la notte delle nozze. Tutte accettano, tranne una. E questa Ipermestra che ama il marito Linceo e lo salva disobbedendo così al padre. Danao vorrebbe punirla ma gli Argivi la salvano. L'opera, che fu descritta come un «tableau d'horreurs degoutantes et incroyables, amas d'atrocités froides» per i dettagli relativi alla morte dei mariti assassinati, si conclude con la punizione di Danao e delle figlie nell'inferno: «Danaus parait enchamné sur un rocher; ses entrailles sanglantes sont devorées par un vautour, et sa tête est frappée de la foudre à coups redoublés. Les Danaïdes sont les unes enchianées par grouppes, tourmentées par les Demons, et devorées par des serpens; les autres poursuivies par des furies, remplissent le Théâtre de leurs mouvements, et de leurs cris». Questi fatti violenti e la rappresentazione realistica determinarono il succes de scandale dell'opera, che si andò ad aggiungere a quello meritato ampiamente dai valori drammatico-musicali. È interessante apprendere che quando Salieri pensò di riprenderla per il pubblico viennese (nel 1812-13) modificò sensibilmente il finale, risolvendo come volevano le convenzioni con la riappacificazione delle due famiglie, tra canti e danze.
I personaggi e i ruoli vocali dell'opera sono: Danaus, basso; Lincée, tenore; Hypermestre, soprano; Pelagus, basso; un ufficiale, basso; Plancipe, soprano. Al coro, che ha un notevole sviluppo lungo tutti i cinque atti dell'opera, è naturalmente assegnato anche il compito di rappresentare le numerose figlie di Danao e i rispettivi sposi.

[12] L'interesse di Spontini stesso per Les Danaïdes di Salieri è esplicativo. Difatti questi, più tardi, insistette per più di un lustro perché l'opera fosse ripresa all'Opera parigina.- L'ottenne infine nel 1817 e nel ridurla a 4 atti (dei 5 che erano in origine) vi aggiunse un proprio ballo, utilizzando anche la collaborazione del musicista francese Louis-Luc Loiseau de Persuis [(1769-1819]. Les Danaïdes, così risistemate, andarono in scena il 22 ottobre del 1817.

[13] Con Il ricco d'un giorno il Da Ponte iniziò la collaborazione con il Salieri al quale era stato raccomandato dal Mazzolà [Caterino], come riferisce puntualmente il memorialista veneto. Poiché si trattava di scrivere per il Salieri, «soggetto» che il Da Ponte definisce «coltissimo e intelligente», il neo-librettista sentì di dovergli proporre «vari piani, vari soggetti, lasciandogliene poscia la scelta». Continua poi il Da Ponte nelle sue Memorie: «Gli piacque, sgraziatamente, quello che era forse men suscettibile di grazia e d'interesse teatrale. Fu questo Il ricco d'un giorno. Mi misi coraggiosamente al lavoro; ma ben presto m'accorsi quanto più difficile in ogni impresa sia l'eseguir che l'imaginare. Le difficoltà che incontrai furono infinite. L'argomento non mi somministrava la quantità de' caratteri e la varietà degli incidenti necessari ad empiere con interesse un piano che durasse circa due ore; i dialoghi mi riuscivano secchi, l'arie sforzate, i sentimenti triviali, l'azione languida, le scene fredde; mi pareva infine di non saper più ne scrivere, né verseggiare, né colorire e d'aver preso a trattare la dava d'Ercole con man di fanciullo. Terminai alfine, bene o male, quasi tutto il primo atto. Non mi mancava più che il finale. Questo finale, che dev'essere per altro intimamente connesso col rimanente dell'opera, è una spezie di commediola o di picciol dramma da sé, e richiedeva un novello intreccio ed un interesse straordinario. In questo principalmente deve brillare il genio del maestro di cappella, la forza de' cantanti, il più grande effetto del dramma. Il recitativo n'è escluso, si canta tutto; e trovar si deve ogni genere di canto. L'adagio, l'allegro, l'andante, l'amabile, l'armonioso, lo strepitoso, l'arcistrepitoso io strepitosissimo, con cui quasi sempre il suddetto finale si chiude; il che in voce musico-tecnica si chiama la «chiusa» oppure la «stretta», non so se perché in quella la forza del dramma si stringe, o perché dà generalmente non una stretta ma cento al povero cerebro del poeta che deve scrivere le parole. In questo finale devono per teatrale domma comparir in scena tutti i cantanti, se fosser trecento, a uno, a due, a tre, a sei, a dieci, a sessanta, per cantarvi de' soli, de' duetti, de' terzetti, de' sestetti, de' sessantetti; e se l'intreccio del dramma noi permette, bisogna che ii poeta trovi la strada di farselo permettere, a dispetto dei criterio della ragione e di tutti gli Aristotili della terra; e, se trovasi poi che va male, tanto peggio per lui». Il passaggio è assai interessante poiché riferisce delle convenzioni che si annidavano persino in quell'episodio del teatro musicale settecentesco che solitamente si elogia incondizionatamente, il finale d'atto. Occorre pertanto riflettervi sopra e non dimenticarsene nel misurare le reali riuscite che parecchi autori, librettisti e musicisti, ottennero nel trattare tali finali. Per quanto attiene alla collaborazione di Salieri con Da Ponte, ricordiamo che questa, in seguito, consistette in rifacimenti e ritocchi che il librettista apportò ai testi di lavori già precedentemente rappresentati e in occasione delle riprese viennesi. Fu così per Il Talismano (1788), per Axur (rifacimento del Tarare, 1788), per La cifra (rifacimento de La dama pastorella, 1789) e per Angelina (rifacimento di Angiolina ossia Il matrimonio per susurro, 1801), mentre invece il libretto del Pastor fido (1789) era soltanto adattamento per Salieri del vecchio testo del Guarini.

[14] Ecco il passo relativo delle Memorie dapontiane: «non dirò già che Il ricco d'un giorno avrebbe avuto un assai miglior successo, se anche, invece della satira del poetastro Brunati, Casti medesimo v'avesse fatto un elogio. Il libro era positivamente cattivo, e non molto migliore la musica; ché Salieri, tornato da Parigi coll'orecchio pieno di Gluck, di Lais, di Danaidi e di stridi da spiritati, scrisse una musica interamente francese, e le belle melodie popolari, onde soleva essere fertilissimo, sepolte le aveva nella Senna.»

[15] L'argomento stampato in testa all'edizione della partitura Grotta di Trofonio fatta dall'Artaria si legge: «Fra le bizzarre stravaganze immaginate dai Greci Mitologi singolarissima certamente è quella dell'Antro di Trofonio, sopra di cui tante e sì strane meraviglie decantate furono dalla favolosa antichità, e sovrattutto quella di cangiare l'umore di coloro che vi entravano, a segno che se taluno vedeasi di tristo umore, proverbialmente dicevasi di lui che uscito parca dalla Grotta di Trofonio. Unico per altro non è nella Mitologia l'Antro di Trofonio, che tali improvvisi cangiamenti operasse; poiché oltre a quelli che riportati sono dai Poeti greci e latini, e particolarmente da Ovidio nel libro XV delle sue Metamorfosi, notissima e celebre resa fu dai nostri Epici la fontana di Ardenna, le di cui acque cangiavano l'amore in odio e l'odio in amore. Questo famoso Antro di Trofonio forma il soggetto di questa comica operetta che, essendo stata espressamente composta per rappresentarsi nell'Imperial villeggiatura di Luxemburg, l'autore in riguardo del fine intendimento della cospicua spettatrice adunanza, si è di tratto in tratto permesso di sollevare alquanto lo stile e le idee sopra il tuono ordinario di simile opera. Chi di questa famosa Grotta bramasse aver più esatta contezza, e specialmente della maniera con cui in essa si consultava l'Oracolo di Trofonio, potrà vedere gli antichi mitologi e soprattutto il curioso circostanziato ragguaglio che ne dà Pausania, nella sua Beotica, o sia libro 9 della descrizione della Grecia.» L'azione, che si finge in Beozia, non lungi dalla città di Libadia, parte nella casa di campagna di Aristone, e parte nel vicino bosco, ov'è la grotta di Trofonio». narra di due giovani fidanzati delle figlie di Aristone. Entrati nella grotta ne escono con umore mutato: il gaio Artemidoro diviene pensoso e triste, mentre il meditativo Plistene irradia allegria e spensieratezza. Il mutamento fa sì che le due ragazze, Don e Oflia, li ripudino. Ma un nuovo passaggio nella grotta riporta i giovani ai primitivi umori; sarà allora la volta delle ragazze di attraversare l'antro e di trasformarsi. Di tutto ciò non si capacita Aristone che va a consultare l'oracolo: da Trofonio apprende l'accaduto e può così intervenire e porre fine agli equivoci, così da far chiudere il lavoro lietamente.
I personaggi e i ruoli vocali sono: Aristone, basso; Ofelia, soprano; Doti, soprano; Artemidoro, tenore; Plistene, tenore; Trofonio, basso. Coro.
E opportuno ricordare che il libretto originale differisce in parte dal melodramma inserito nelle opere del Casti. Tra l'altro nel libretto abbiamo i soli sei personaggi indicati, mentre nell'opera gli stessi appaiono in parte con nomi diversi e altri se ne aggiungono. Diversi anche la suddivisione in scene e lo svolginiento del dramma.