FRANZ SCHUBERT

DER TOD UND DAS MÄDCHEN D. 810

(TRASCRIZIONE PER ORCHESTRA D’ARCHI DI GUSTAV MAHLER)

FRANZ SCHREKER

KAMMERSYMPHONIE (1917)

CAMERATA ACADEMICA SALZBURG

FRANZ WELSER-MÖST

EMI CLASSICS, 5568132
1999. DURATA: 71’ 24"

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Tracciare un percorso dell’influenza esercitata da Franz Schubert sulle successive generazioni di compositori costituirebbe il tema per una ricerca dalle implicazioni assai suggestive. A partire dalla seconda generazione romantica (quella di Schumann e Mendelssohn, per intenderci), fino ad alcune recenti composizioni di autori come Berio, Lachenmann e Zender, la figura di Schubert ha spesso costituito un punto di riferimento importante in quanto modello di una concezione della scrittura musicale che, pur sviluppatasi da una costola della sonata classica, ne minava dall’interno la logica estensiva. Il pensiero musicale schubertiano sembra infatti prediligere percorsi più tortuosi e nascosti, prefigurando con decenni di anticipo la crisi e il progressivo disfacimento della tradizione musicale occidentale (almeno intesa nella sua accezione "forte"). Il procedere del suo comporre non per sviluppi simmetrici o lineari ma attraverso la giustapposizione di episodi ricchi di spontaneo lirismo e tra loro collegati da un molteplice gioco di reminiscenze, trasformazioni e variazioni dava origine a quella significativa dilatazione dei modelli formali che aprivano alla composizione una varietà di orizzonti potenzialmente tendenti al non esaurimento e dunque idealmente proiettati all’infinito.

Come Bruckner (che di Schubert assunse quasi letteralmente la logica della costruzione sinfonica) anche Gustav Mahler guardava al mondo schubertiano con la familiarità e la consapevolezza di appartenere al medesimo orizzonte linguistico, da un lato profondamente radicato nell’ambiente viennese dall’altro partecipe della stessa "poetica della crisi" che al tempo di Mahler era oramai giunta al suo apice. Sulla base di questa affinità va interpretata la trascrizione per orchestra d’archi che Mahler realizzò del celeberrimo quartetto schubertiano Der Tod und das Mädchen: attualizzare quelle stesse ragioni di crisi attraverso uno strumento che ne potesse amplificare i conflitti segreti, i contrasti e le fratture che si nascondevano entro l’ermetico linguaggio della musica da camera era lo scopo del Mahler orchestratore. Non sfuggivano tuttavia al Mahler direttore d’orchestra anche motivi più legati alla prassi esecutiva che, sulla base di una diversa destinazione, richiedevano un allargamento della dimensione sonora in proporzione all’aumento dello spazio acustico delle sale da concerto nonché una mutata predisposizione all’ascolto da parte del pubblico. Al di là dell’intervento soggettivo, forse arbitrario, su un capolavoro del passato, va detto che se questa trascrizione non aggiunge nulla di nuovo su Schubert e sul suo meraviglioso quartetto in re minore, ci dice invece molto sul peso che la poetica schubertiana esercitò su Mahler. Franz Welser-Möst ne mette in evidenza in questo cd tutte le implicazioni dirigendo con puntiglio e proprietà stilistica gli archi della Camerata Academica Salzburg. In particolare il giovane maestro austriaco suggerisce una visione dove il senso della tragedia e della fine si trasfigurano in una delicata parvenza di amichevole malinconia, attraverso un suono rotondo, a tratti persino seducente, che smorza le asprezze del quartetto in una dimensione dominata dal gioco puramente musicale delle forme e dell’inesauribile fonte melodica.

Diversamente da Mahler, Franz Schreker conobbe in vita la sua massima fortuna come compositore. Dal 1933, anno in cui i nazisti bollarono le sue composizioni come Entartete Musik [musica degenerata] per le sue origini ebraiche e lo confinarono ai margini della vita musicale, se ne conoscono pochissime esecuzioni significative. Solo negli ultimissimi anni un rinnovato interesse per i musicisti perseguitati dal nazismo ed una maggiore attenzione verso tutte le correnti della musica del novecento hanno riportato in primo piano il nome di Schreker assieme a quelli di Korngold, Reger, Krenek, ed altri ancora. Questa incisione della Kammersymphonie per 23 strumenti programmaticamente inserita da Welser-Möst in questo cd è un ulteriore contributo che sottrae all’oblio un’opera essenziale per conoscere lo sviluppo del pensiero musicale nel periodo tra le due guerre.

Lo stile di Schreker non colpisce per la sua originalità ma sembra sintetizzare molte delle tendenze dell’avanguardia musicale dei primi trent’anni del novecento, senza tuttavia seguirne le strade più radicali ed estreme sebbene avesse stretto amicizia con la cerchia di Schönberg fin dal 1912. Il suo linguaggio, nutrito da un wagnerismo sincero e da più di un debito verso l’impressionismo francese, potrebbe costituire una sorta di paradigma dello Jugenstil musicale, coerente con la severità della tradizione tedesca ma stemperata da visioni oniriche e atmosfere suggestive che sembrano naturalmente destinate al teatro musicale per il quale Schreker fu autore prolifico e originale, come dimostra la sua opera più nota, Der ferne Klang. La concezione armonica aperta e la forte pregnanza tematica della sua musica trovano nella Kammersymphonie, composta sette anni dopo la celebre opera di Schönberg con lo stesso titolo, una delle migliori realizzazioni sul piano strumentale. Anche nell’esecuzione di questa composizione Welser-Möst dimostra una rara dimestichezza con il mondo musicale del primo novecento, seguendo una linea interpretativa che sembra essere particolarmente congeniale alle istanze poetiche dello Jugenstil musicale, grazie ad una forte capacità suggestiva unita ad un altrettanto brillante attitudine ad articolare la forma anche in opere come questa dove la ricchezza del colore strumentale appare di più forte impatto all’ascolto.