CARLO MARINELLI

NIKOLAI RIMSKIJ KORSAKOV

STORIA DELL'OPERA UTET

Nikolaj Andreevic Rimskij-Korsakov, il più giovane del 'gruppo dei cinque (anche se non fu l'ultimo a entrare; vi entrò nel 1861, Borodin nel 1862), ebbe il primo contatto con il dramma La fanciulla di Pskov di Lev Aleksandrovic Mej nella primavera del 1866 (cioè poco dopo la sua lunga crociera di cadetto di marina che l'aveva tenuto lontano di Russia tre anni, dal 1862 al 1865): mise in musica come romanza per voce e pianoforte la ninnananna dell'atto I, «Ninna, ninnananna, ninna», che Vera Seloga canta alla piccola Olga, che ha avuto da una relazione adulterina con lo zar Ivan IV (detto «il Terribile». L'idea di trarre un'opera dal dramma di Mej venne più tardi e Rimskij-Korsakov pose mano alla musica soltanto nell'estate del 1868, durante un soggiorno a Tver, presso alcuni amici di Borodin.
Mej, che fu anche traduttore, scrisse tre drammi storici,
La sposa dello zar (1849), Servilia (1854) e La fanciulla di Pskov (1860), il primo e l'ultimo ambientati all'epoca di Ivan il Terribile e il secondo all'epoca di Nerone. Mej fu molto ammirato dai contemporanei e i suoi drammi storici ritenuti addirittura all'altezza di quelli di Pukin. In particolare apprezzata era la minuzia della sua ricostruzione dei tempi, dei costumi e dell'ambiente di Ivan il Terribile, Tra gli ammiratori più fedeli di Mej fu indubbiamente Rimskij-Korsakov, che mise in musica tutti e tre i suoi drammi storici, oltre ad alcune poesie e traduzioni.
La fanciulla di Pskov presentava un problema: un atto I che si svolge quindici anni prima del resto della vicenda e con personaggi quasi tutti diversi da quelli che compaiono in seguito. Il problema fu discusso congiuntamente dal gruppo di Balakirev e la decisione fu di eliminare il I atto e riassumerne gli avvenimenti in un racconto (secondo le più tradizionali convenzioni operistiche). Rimskij-Korsakov redasse da solo il libretto (era questa l'abitudine dei «Cinque» e Rimskij-Korsakov la conservò per tutta la sua lunga attività di operista: su quindici opere, soltanto sei non sono su libretto proprio).
Il lavoro a La fanciulla di Pskov non procedette rapidamente, fu interrotto più volte, prima nel 1869, dalla morte di Dargomyskij e dalla necessità di adempiere alla volontà di questi di orchestrare Il convitato di pietra, compito che occupò Rimskij-Korsakov fino alla estate del 1870, poi, nel novembre 1871, dalla morte del fratello maggiore e dal conseguente viaggio in Italia per riportarne in patria la salma. Dall'agosto di quell'anno Rimskij-Korsakov abitava insieme a Musorgskij in una stanza affittata presso il professore di composizione al Conservatorio, Zaremba. La composizione di La fanciulla di Pskov fu quindi condotta a termine da Rimskij-Korsakov in parallelo con la seconda versione del Boris Godunov di Musorgskij. Nel gennaio 1872 La fanciulla di Pskov era finita e l'1 (13) gennaio 1873 andava in scena al Marijnskij Teatr' di Pietroburgo sotto la direzione di Edvard Napravnik. Nel frattempo Rimskij-Korsakov era stato nominato (1871) professore di composizione al Conservatorio di Pietroburgo, aveva vissuto l'infelice esperienza collettiva di Mlada (1872) e si era sposato (sempre nel 1872, il 30 giugno [12 luglio]) con Nadeda Nikolaevna Purgold, la pianista del «gruppo», musicista intelligente e sensibile, che collaborò più volte col marito (l'orchestrazione di La fanciulla di Pskov è in parte sua). Le conseguenze di tutti questi avvenimenti furono un progressivo allontanamento di Rimskij-Korsakov da Balakirev e dagli altri suoi amici, aggravato dal disprezzo da questi dimostrato per la serietà appassionata con cui si era dedicato ad uno studio approfondito dell'armonia e del contrappunto dopo la sua nomina a professore di Conservatorio.
Malgrado il successo (invano contrastato dalle riserve di Kiuj e dal disdegno dei circoli accademici), successo particolarmente vivo presso i giovani (cui Rimskij-Korsakov fu sempre strettamente legato), l'autore non era interamente soddisfatto del suo lavoro: riprese in mano La fanciulla di Pskov negli anni 1876-1877 e ne elaborò una seconda versione, ripristinandovi in veste di prologo il primo atto dell'originale di Mej. Ritornò ancora sull'opera negli anni 1891-1894, redigendone la terza e definitiva versione (assai più vicina alla prima che alla seconda: il prologo è nuovamente scomparso e darà poi vita ad un'opera autonoma in un atto, La bojarina Vera Seloga nel 1898). È la terza versione che, rappresentata la prima volta a Pietroburgo al Panaevskij Teatr' il 6 (18) aprile 1895, è da allora in poi eseguita in Russia e fuori di Russia (Djaghilev la portò in Francia nel 1909 (il 26 maggio allo Châtelet) con il titolo di Ivan le Terrible). La seconda versione non ha mai visto la scena e non è stata neanche mai pubblicata. La prima versione è stata invece stampata nel 1966 nell'edizione completa delle opere di Rimskij-Korsakov.
Nella versione finale del 1894 La fanciulla di Pskov risulta in tre atti divisi in sei quadri. La contemporaneità del periodo di composizione e la presenza del personaggio di Ivan il Terribile hanno portato spesso (forse troppo spesso) la critica a un confronto fra La fanciulla di Pskov e Boris Godunov. Non è neanche mancato chi ha richiamato analogie con Il Principe Igor di Borodin, l'altra opera del «gruppo» di cui fu iniziata la composizione del 1868. Ne è seguito tutto un approfondito esame di concordanze e derivazioni che non di rado ha finito per dare proprio a Rimskij-Korsakov la precedenza nell'adozione di modi e procedure. Né può passare inosservata l'ascendenza di Glinka e di Dargomyskij, di quest'ultimo nell'incisività declamatoria dei recitativi; del primo nella tornitura dei motivi cantabili (specie di quelli legati ai personaggi femminili) e nell'impiego del «motivo-reminiscenza» (particolarmente imponente per la sua costante presenza, fin dall'inizio, e quindi assai prima che il personaggio compaia in scena, quello legato allo zar Ivan). Ma, in effetti, non mi sembra sia il caso di tentare per questa prima opera di Rimskij-Korsakov un confronto troppo ravvicinato con un lavoro come Boris Godunov di Musorgskij, al quale la legano analogie solo apparenti (il popolo, lo zar) oltre che una certa comunanza linguistica di base. Il popolo non è il protagonista dell'opera e lo zar lo diviene soltanto a poco a poco, come invadendo progressivamente con la sua presenza (prima presentita, poi reale) la scena. Ma lo stesso dramma intimo, il tormento interiore dello zar Ivan appaiono prevalenti piuttosto per la loro collocazione conclusiva, alla fine dell'opera: non minor rilievo hanno la ribellione di una parte degli abitanti di Pskov e la storia d'amore di Olga e Tuca.
I sei quadri in cui si dividono i tre atti di La fanciulla di Pskov sono altrettanti affreschi, in sé compiuti e variamente ricchi e articolati, ma gli uni agli altri giustapposti appunto come i pannelli che segnano la cadenza narrativa di un grande ciclo pittorico di 'storie', giustapposizione il cui legame temporale Rimskij-Korsakov sottolinea con l'impiego di pagine sinfoniche (gli intermezzi che separano il primo e il secondo quadro nell'atto I e il terzo e il quarto quadro nell'atto II e quello che apre l'atto III; ai quali aggiungerei anche l'ouverture, che ha come una funzione di 'prefazione', vorrei dire di 'avvertimento', con la solitaria presentazione, all'inizio e alla fine, in diversi valori di durata, del motivo dello zar Ivan destinato a comparire nel corpo dell'opera soltanto verso la fine del primo quadro, quando Tokmakov si accinge a rivelare il mistero della nascita di Ol'ga, che egli ha allevato come una figlia, al boaro Matuta, cui intende darl in sposa). E come in un affresco ciascun quadro si compone di varie scene e figure, come episodi a loro volta compiuti che si intrecciano e costruiscono l'insieme, nella sua vivacità articolata e varia.
Subito dopo la fine del lavoro per la seconda versione di La fanciulla di Pskov, lavoro nel quale dette largo spazio (fin troppo, come egli stesso riconobbe) alle acquisizioni dei suoi studi di composizione, Rimskij-Korsakov volse la sua attenzione a una nuova opera, affrontando un soggetto che aveva più volte accarezzato, anche perché legato al suo amore per Nadeda Nikolaevna Purgold,
La notte di maggio, uno degli otto racconti di «Veglie alla fattoria presso Dikan'ka») di Nikolaj Vasilevic Gogol'. Gogol' aveva già ispirato numerosi musicisti russi; Aleksandr Serov si era cimentato invano proprio con gli stessi due racconti di Dikan'ka che mette in musica Rimskij-Korsakov, Notte di maggio e La notte prima di Natale, oltre che con Taras Bul'ba: il primo lavoro era stato distrutto dall'autore, gli altri due erano rimasti incompiuti. Anzi, La notte prima di Natale era si può dire poco più di un'idea quando Serov morì e diede origine a quel concorso da cui uscì vincitore Ciajkovskij con Kuznec Vakula (secondo classificato, un allievo di Serov, Nikolaj Feopemptovié Solov'ev, il cui Kuznec Vakula fu però rappresentato soltanto nel 1880).
Rimskij-Korsakov iniziò Notte di maggio nel 1877, ma la maggior parte del lavoro si svolse nel 1878, fra il febbraio e l'ottobre. La composizione iniziò con l'atto III. Il libretto fu steso dal musicista con l'aiuto di Nadezda, che pose mano anche allo spartito per canto e pianoforte: Rimskij-Korsakov infatti compose l'opera direttamente in partitura (un'abitudine che testimonia dell'originarietà timbrica delle sue invenzioni musicali). La novella di Gogol' era stata la lettura comune dei due innamorati il giorno del loro fidanzamento, Rimskij-Korsakov dedicò l'opera alla moglie. Notte di maggio andò in scena al Marijnskij Teatr' di Pietroburgo il 9 (21) gennaio 1880, sotto la direzione di Edvard Napravnik. Per ragioni di risparmio, furono impiegati scene e costumi del Kuznec Vakula di Ciajkovskij rappresentato quattro anni prima (solo che l'opera di Ciajkovskij si svolgeva a Natale anziché a maggio). L'opera ebbe un buon successo, anche se non eccezionale, e ciò malgrado le acide osservazioni di Kjui, le quali rivelano tuttavia ancora una volta il suo acume critico. Il rimprovero di non sapere inventare altro che «spunti di temi e spunti di frasi» può esser tradotto nella constatazione del carattere composito dell'invenzione melodica di Rimskij-Korsakov, fatta appunto della giustapposizione, della concatenazione, dell'intarsio, dell'intreccio di tante piccole cellule, alcune delle quali assumono valore di segnale per la frequenza di ripetizione, secondo il metodo glinkiano del 'motivo-reminiscenza' ma secondo una tecnica più sottile, più minuta, che giova a ricomporre l'insieme in una pittura narrativa leggera e ricca di particolari.
Notte di maggio è divisa in numeri, secondo le tradizioni operistiche occidentali, piuttosto che in scene. Ma l'unità rappresentativa del lavoro cresce di atto in atto. Nell'atto I si può dire che i singoli numeri costituiscono altrettanti episodi, staccati l'uno dall'altro, la seranata di Levko, il duetto di Hanna e Levko, il racconto di Levko, la canzone di Pentecoste, lo hopak dell'ubriaco Kalenik, la dichiarazione del 'golova' padre di Levko, il trio fra il 'golova' Hanna e Levko nascosto, la canzone di satira del 'golova' improvvisata da Levko e da lui cantata insieme ai giovani contadini suoi amici. È come una serie di quadretti staccati, legati solo temporalmente, la descrizione di una sera in una strada di villaggio in Ucraina, al tempo di Pentecoste, con l'abbozzo dei personaggi che la popolano e la rendono viva, nel loro trascorrere, un abbozzo particolarmente felice proprio sul piano descrittivo, il tenue legame della vicenda dell'amore contrastato di Levko e Hanna costituendo poco più di un'occasione. Levko tenero e allegro, Hanna appassionata e decisa (un vivace violino solisticamente zigano contribuisce all'indicazione del suo carattere), Kalenik sperduto nel suo mondo di ubriaco occasione di riso per gli altri ma fonte di magica felicità per lui stesso, il 'golova' pomposo e presuntuoso, gonfio e ridicolo, le fanciulle e i giovanotti freschi, lieti, ridenti.
L'atto II è diviso in due quadri: il primo quadro è una stupenda scena d'interno di casa di villaggio: la presentazione dei tre personaggi (il 'golova', sua cognata e il distillatore), l'arrivo di Kalenik ubriaco che rifà il verso al 'golova', il racconto del distillatore (così carico di elementare mistero e di comica paura), il coro fuori scena che canta la canzone di satira contro il 'golova', la rapidissima scena in cui Levko, grazie a un provvidenziale colpo di vento che spegne la luce, riesce a sfuggire al padre che chiude sotto chiave, in suo luogo e senza accorgersene, la cognata, l'arrivo dello scriba e delle guardie su una marcetta da soldatini di piombo, la scoperta da parte del 'golova' del proprio errore e il risentimento della cognata, il monologo dello sbalordito 'golova', infine il trio dei due bassi e del tenore, avviato e scandito da questo, irresistibilmente parodistico, compongono un quadro animato e vitale. Il secondo quadro dell'atto II si svolge all'aperto, dinnanzi alla capanna che funge da prigione: lo apre un trio degli stessi personaggi che avevano chiuso il primo quadro, avviato dal 'golova' questa volta e scandito dalla parola «Satana», un altro momento di straordinaria efficacia parodistica, percorso dal brivido di un elementare mistero, non magico, ma concreto, presente, tangibile. Si apre la prigione e vi si trova nuovamente la cognata del 'golova' che dà sfogo a tutto il suo furore, con grintosa petulanza.
L'atto III ha ben più ampio sviluppo, ma anch'esso si presenta come un tutto unito, con un centro ben definito, il mondo fantastico delle 'rusalki', intorno a cui ruota lo scioglimento felice della vicenda d'amore di Levko e Hanna, che appare sempre più come un'occasione, ma al tempo stesso si proietta nel rapporto fra Levko e Pannoka, la regina delle ondine, un rapporto di tenerezza appassionata e di sognante dolcezza che appare come un rapporto d'amore, quasi che Pannocka rappresentasse l'aspetto magico e incantato di questo rapporto e Hanna quello concreto e realistico, la prima la malinconia sospirosa e inappagata, la seconda lo slancio lieto e affettuoso. L'intero atto è avvolto dalla magia della notte, una magia strumentale, che si identifica con la tenerezza della melanconia, la dolcezza dell'abbandono, la levità danzante delle forme e delle immagini che il gioco della luce della luna disegna nell'aria, sulla terra e sulle acque.
Nel febbraio del 1880 Rimskij-Korsakov ebbe occasione di rileggere il poema drammatico di Aleksandr Ostrovskij Snegurocka (
La fanciulla di neve) che aveva già avuto occasione di conoscere nel 1874, un anno dopo la prima rappresentazione (che si avvalse della musica di scena di Ciajkovskij, il quale non gradì affatto che il soggetto fosse ripreso da un altro musicista anche se poi - ma molto più tardi riconobbe la 'maestria' di Rimskij-Korsakov nel trattarlo). Nel 1874 ii lavoro di Ostrovskij non gli aveva fatto molta impressione, nel 1880 fu colpito dalle sue «meravigliose bellezze poetiche». Ormai Rimskij-Korsakov era un musicista padrone della sua arte ed era maturato anche creativamente. Inoltre, come osserva Gerald Abraham, il poema di Ostrovskij rispondeva ai suoi nuovi interessi per la mitologia slava, per le fonti pagane dei riti, dei costumi, delle cerimonie, dei canti popolari russi. «Non esistevano per me figure più poetiche di Snegurocka, Lel o Fata Primavera, paese migliore di quello dei Berendej con il suo straordinario zar; non c'era religione o filosofia più soddisfacente del culto del dio sole, Jarilo.» Rimskij-Korsakov sentì con tale incalzante urgenza la realtà di questi personaggi e di questo mondo, gli uni e l'altro accomunati in un sentimento panico della natura, che - contrariamente a quanto aveva fatto per Notte di maggio - fu costretto a stendere per primo lo spartito per pianoforte, in poco più di due mesi, dal 1º giugno al 12 agosto, nel soggiorno estivo di Stelëvo. L'orchestrazione seguì nell'inverno 1880-1881 e la prima rappresentazione ebbe luogo al Marijnskij Teatr di Pietroburgo il 29 gennaio (10 febbraio) 1882. L'opera ebbe un vivo successo di pubblico, mentre la critica (compreso Kjui) formulò numerose riserve. Fra le opere di Rimskij-Korsakov La fanciulla di neve è una di quelle rimaste, sia pure non costantemente, in repertorio in Russia: scelta da Djaghilev insieme al Boris Godunov per la presentazione a Parigi nel maggio 1908, è stata successivamente messa in scena in vari paesi dell'Occidente.
Rimskij-Korsakov conservò sempre una spiccata predilezione per
La fanciulla di neve. La considerava la migliore delle sue opere di teatro. Ed anche qualcosa di più. Nel 1905 ritornò ancora una volta sulla sua opera favorita (alla sua produzione di operista mancava a quel punto soltanto l'unica che la morte non gli avrebbe permesso di vedere, La favola del gallo d'oro. Nel corso di una diffusa analisi, Rimskij-Korsakov distingue i personaggi principali di La fanciulla di neve in tre categorie: i simboli personificati delle forze della natura (Fata Primavera, Nonno Gelo), i semplici mortali (Kupava, Mizgir'), coloro che partecipano di entrambe le realtà, quella mitica e quella ordinaria (Snegurocka, Lel, zar Berendej). Naturalmente anche i personaggi minori possono essere raggruppati secondo questo criterio (così Leij, lo spirito della foresta, va nella prima categoria, Bobyl', Bobylikha e Bermjata nella seconda). E che Rimskij-Korsakov dimostri il proprio interesse soprattutto per i personaggi della terza categoria non è che la conferma della realtà che per lui costituiscono entrambi i mondi, quello del mito e quello della vita quotidiana.
La fanciulla di neve si compone di un prologo e di quattro atti. Il libretto, di mano dello stesso musicista, ricalca fedelmente l'originale, limitandosi ad alcuni tagli e a qualche trasposizione, autorizzazi dallo stesso Ostrovskij. Nessun atto si divide in quadri (non vi sono cioè cambiamenti di scena) ma ciò non toglie che in ciascuno siano identificabili episodi, alcuni di ampio respiro e di movimentata articolazione, come si è già detto. Nel prologo si distinguono l'arrivo di Fata Primavera e la pattenza di Nonno Gelo (con l'introduzione strumentale che descrive la natura, il monologo di Fata Primavera, la canzone e danza degli uccelli, la canzone di Nonno Gelo e la presentazione di Snegurocka) e la 'masijanica' (cioè l'adio al carnevale, con la cerimonia vera e propria e la scoperta di Snegurocka da parte di Bobyl' e di Bobylikha, due poverissimi contadini senza terra di Berendej, ai quali Nonno Gelo e Fata Primavera hanno deciso di affidare la figliuola, affascinata dai canti del pastore Lel' e desiderosa di vivere fra gli uomini). Nell'atto I sono distinguibili tre momenti: nel primo Sneguroèka conosce le prime delusioni nell'indifferenza di Lel' (si susseguono le due canzoni del pastore, l'assolo di Sneguroèka e la dichiarazione d'amore per il mercante Mizgir dell'ardente Kupava), il secondo è la cerimonia nuziale fra Mizgir' e Kupava, esemplata (come la 'masijanica' del resto) sui riti e i canti popolari, nel terzo avviene l'incontro di Mizgir' e Snegurocka (con l'abbandono di Kupava e l'invocazione incantatoria delle api e del luppolo). Nell'atto II sono distinguibili il canto dei suonatori ciechi di gusle, la supplica di Kupava a zar Berendej e il vasto affresco del giudizio dello zar e del popolo contro il fedifrago Mizgir' (con l'appello degli araldi, esemplato su quello con il quale i monaci di Tikhvin chiamavano i contadini al raccolto, la marcia d'ingresso del corteo reale e del popolo così felice nella mimesi del minuto disegno saltellante della sua cellula motivica, l'interrogativo di Mizgir', la comparsa di Snegurocka e la rivelazione della sua totale ignoranza dell'amore, seguita dall'invito dello zar ai giovanotti di Berendej perché sappiamo conquistare il cuore della bella fanciulla, invito al quale rispondono soltanto Lel' designato dal popolo, e Mizgir'). Nell'atto III sono distinguibili la grande festa nel bosco nella notte che precede il giorno di Jarilo, il solstizio d'estate (con le danze dei giovani, la comica canzone del castoro di Bobyl', la terza canzone di Lel' e il rifiuto di Snegurocka da parte del pastore, che sceglie come sua sposa Kupava), l'incontro fra Snegurocka e Mizgir' (che invano le dichiara il suo amore): Snegurocka fugge e lo spirito della foresta, cui Nonno Gelo aveva affidato la protezione della figliuola, confonde Mizgir' in una bellissima pagina di evocazioni fantastiche e gli impedisce così di inseguirla), e il duetto d'amore fra Lel' e Kupava (che cercano di spiegare a Snegurocka cosa sia l'amore, così spingendola a chiedere l'intervento della madre). Nell'atto IV all'incontro fra Fata Primavera e Snegurocka (che riceve dalla madre il dono dell'amore) seguono il duetto d'amore fra la fanciulla e Mizgir' e infine la grande cerimonia del solstizio d'estate (con il rito della seminagione del miglio, la presentazione allo zar di Mizgir' e Snegurocka fidanzati e la scomparsa della fanciulla, sciolta dal primo raggio del sole, e il conseguente suicidio di Mizgir' e infine il grande inno al sole Jarilo, intonato da Lel' e ripreso trionfalmente da tutto il coro).
Nel 1881 muore Musorgskij. L'esecutore testamentario, Filipov, affida a RimskijKorsakov tutti i suoi manoscritti e tutti i suoi abbozzi. Rimskij-Korsakov si mette subito al lavoro su Khovanscina e nel 1882 ne termina l'orchestrazione. Lavora poi ad altre pagine di Musorgskij tra le quali Una notte sul monte Calvo di cui fa praticamente un pezzo sinfonico proprio su materiali dell'amico. Nel 1883 entra nel circolo di Belaev e lo stesso anno diviene aggiunto di Balakirev alla cappella imperiale. Nel 1887 muore Borodin e Rimskij-Korsakov, insieme all'allievo Glazunov (tutti e tre facevano parte del gruppo Belaev), orchestra e completa Il Principe Igor. Il lavoro lo occupa fino al 1888. Intanto la sua attività personale si rivolge soprattutto alla musica sinfonica: si susseguono Capriccio spagnolo (1887), Sheherazade e La grande Pasqua russa (1888). Nell'inverno 1888-89 la compagnia Neumann rappresenta in Russia (a Pietroburgo e a Mosca) l'Anello del Nibelungo di Wagner, sotto la direzione di Karl Muck. Rimskij-Korsakov e Glazunov seguono assiduamente, partiture alla mano. L'impatto con Wagner segna il momento decisivo per la definizione della personalità di musicista di Rimskij-Korsakov. La sua attività si svolge d'ora in poi soprattutto al teatro: tra il 1868 e il 1871, in quattordici anni, aveva scritto soltanto tre opere (una, in verità, La fanciulla di Pskov, l'aveva interamente riscritta); dal 1881 al 1889 erano passati quasi otto anni senza che il suo pensiero volgesse al teatro (c'erano stati, però, il «rifacimento» del Boris Godunov di Musorgskij e il completamento del Principe Igor di Borodin); nei diciannove anni che corrono dal 1889 al 1907 scrive dodici opere, alla media di un'opera ogni anno e mezzo (e bisognerebbe tener conto anche della terza versione di La fanciulla di Pskov).
L'occasione per il ritorno al teatro viene nel febbraio 1889: nel secondo anniversario della morte di Borodin, gli amici (Stasov, Glazunov, Ljadov, Belaev, RimskijKorsakov) ripassano il finale scritto per l'abortita
Mlada del 1872; Ljadov osserva che il soggetto sembra particolarmente adatto a Rimskij-Korsakov; questi coglie al volo il suggerimento e decide subito di farne un'opera-balletto. Riprende il libretto che Krilov aveva preparato in base all'idea di Gedeonov, lo rimaneggia, mette giù in pochi mesi (malgrado il viaggio a Parigi per l'Esposizione Universale, nel giugno) le idee in uno spartito che poi impiega più di un anno ad orchestrare. Dopo alcuni rinvii, Mlada va in scena il o ottobre (i novembre) 1892 al Marijnskij Teatr', sotto la direzione di Edvard Napravnik, ma è un fallimento, non tanto per l'improvviso abbassamento di voce del tenore che impersonava Jaromir, quanto per l'insufficienza della coreografia che aveva pressoché totalmente ignorato le indicazioni dell'autore: in un'opera in cui danze e pantomime hanno importanza quasi preponderante (tanto che il personaggio della protagonista, Mlada, che -essendo defunta - compare soltanto come fantasma e non parla, è affidato a una mima), il venir meno di questa parte non poteva non risultare esiziale (non estranea al disastro fu, l'indifferenza con cui Marija Petipa, la figlia del coreografo, impersonò il personaggio di Mlada). In Mlada si dispiega ampiamente l'influenza wagneriana. Le pagine strumentali e corali sono preponderanti. L'ispirazione oscilla fra un oleografismo da colonna sonora cinematografica e pungenti, acute soluzioni che creano immagini fatte esclusivamente di timbri e di ritmi (con anticipazioni che portano fino allo Stravinskij del Sacre du printemps). Non ha torto Hofmann quando considera Mlada una sorta di «immenso, inesauribile magazzino» per il Rimskij-Korsakov futuro.
Nel 1891, malgrado una grave crisi spirituale, che lo tenne in stato di depressione per circa tre anni (legata alla morte della madre e di un figlioletto, ma soprattutto alla malattia che si trascinò lungamente prima di condurla alla morte della piccola Masa), Rimskij -Korsakov riprese in mano per la terza volta La fanciulla di Pskov ed arrivò a darne la versione definitiva (in sostanza più vicina alla prima che alla seconda) dopo quattro anni di lavoro. La nuova La fanciulla di Pskov vedeva la luce al Panaevskij Teatr' di Pietroburgo il 6 (18) aprile 1895. Otto mesi dopo, il 28 novembre (10 dicembre), al Marijnskij Teatr' andava in scena una nuova opera,
La notte prima di Natale, che Rimskij-Korsakov aveva cominciato a comporre appena terminata la terza versione di La fanciulla di Pskov e aveva rapidamente portato a termine. La notte prima di Natale segna la definitiva uscita di Rimskij-Korsakov dalla crisi. Una seconda volta il musicista si rivolge ai racconti di «Veglie alla fattoria presso Dikan'ka» di Gogol' e la scelta cade sulla novella del fabbro Vakula, di Oksana e delle scarpette della zanna che aveva già ispirato Il fabbro Vakula, successivamente trasformato in Cerevicki. La morte di Ciajkovskij, divenuto negli ultimi anni di vita suo amico, avvenuta nel 1893, lo aveva profondamente addolorato ma aveva anche reso libero un soggetto che più volte aveva divisato di mettere in musica, astenendosene per non recare dispiacere all'amico (oltretutto, era stato membro della giuria che aveva dato il primo premio all'opera di Ciajkovskij nel concorso indetto dalla granduchessa Elena per onorare la memoria di Serov). Rimskij-Korsakov non riprese il libretto di Polonskij usato da Cajkovskij, confezionò egli stesso il testo della sua opera, mantenendosi il più possibile fedele a Gogol', del quale ripristinò anche il titolo originale.
La notte prima di Natale non è un'opera interamente riuscita: è sin troppo evidente il ricordo dell'opera di Ciajkovskij. Le parti migliori dell'opera sono quelle di ambientazione e sono affidate all'orchestra. È in effetti il tessuto strumentale che regge l'opera ed è un tessuto fatto di piccoli spunti, non sempre tramati insieme con assoluta logica e coerenza. Riescono in modo particolare le pagine di ambientazione (ad esempio la notte di luna a Dikan'ka) e così nei personaggi gli spunti tipologici o caratteriali, a mo' di bozzetto rapidamente tracciato e in sé esaurito, senza un vero e proprio disegno cli costruzione individuale. Lo stesso impiego, piuttosto abbondante, di melodie popolari originali resta in quest'ambito e non riesce a dare tono o colore all'intera opera. E i due protagonisti, Vakula e Oksana, risultano sorprendentemente estranei all'insieme, il primo troppo eroico e virile, tenorilmente spinto, la seconda troppo fatuamente borghese ed occidentale (la sua scena d'entrata è un air de miroir ricco di vocalizzi, trilli e passaggi di bravura e non basta l'uso di una melodia popolare nel lamento dell'ultimo atto a ridarle vita), l'uno e l'altra generici, senza neanche una sommaria tipiggiatura 'localizzata'.
Terminato
La notte prima di Natale Rimskij-Korsakov si dedicò alla revisione del Boris Godunov di Musorgskij: il frutto di questo suo lavoro fu rappresentato al Marijnskij Teatr' il 28 novembre (10 dicembre) 1896. Questa prima edizione del Boris Godunov (che porta la data 1º maggio 1896) comporta un numero assai maggiore di tagli rispetto a quella che è di corrente impiego. Lo stesso Rimskij-Korsakov ne rimase insoddisfatto e al Boris Godunov mise nuovamente mano nell'autunno 1905, dandone la «sua» versione definitiva (che ebbe a protagonista Saljapin e fu portata da Djaghilev a Parigi il 19 maggio 1908).
Già durante la composizione di
La notte prima di Natale, nell'estate 1894, a Vecasa, Rimskij-Korsakov aveva cominciato a dar corpo alla sua idea di trarre un'opera dalla leggenda di Sadko, parte del ciclo di Novgorod. Già nel 1867 aveva composto un poema sinfonico ispirato alla leggenda e nel 1892 lo aveva rielaborato. L'idea di assumere il soggetto ad argomento di un'opera l'aveva appassionato più volte fin dagli Anni Ottanta ma senza mai concretarsi. Rivoltosi al musicologo Nikolaj Fëdorovic Findejzen ne ottenne una traccia di libretto che però non lo soddisfece. Decise allora di provvedere ancora un volta in proprio, integrando la leggenda originale con elementi tratti da altri racconti popolari, in particolare del ciclo del re del mare. Seguì in particolare i consigli di Stasov, specie per quel che concerne l'inserzione degli elementi realistici, cioè la descrizione della vita quotidiana dell'antica Novgorod, «la sua autonomia, il suo carattere repubblicano, le sue dispute, stranezze, ingiustizie e ancor più le sue grandi e intense tradizioni nazionali». La commistione fra reale e fantastico può ricordare Ruslan e Ljudmila: come l'opera di Glinka Sadko inizia e termina con due scene dedicate alla concreta realtà della grandezza mercantile di Novgorod. Ma nell'opera di Rimskij-Korsakov reale e fantastico sono più intimamente commisti, e non solo si mescolano nello svolgimento della storia ma non corrisponde ad essi la netta contrapposizione fra bene e male che caratterizzava l'opera di Glinka. E se la rappresentazione del mondo della realtà investe il primo e l'ultimo dei sette quadri in cui Rimskij-Korsakov divide l'opera (e solo nella parte finale l'ultimo quadro, ma anche in ciò resterebbe la corrispondenza col modello glinkiano), gli altri cinque quadri non sono dedicati per intero al mondo della leggenda, della favola: lo sono il secondo, il quinto e il sesto, ma il terzo e il quarto vedono un ritorno al mondo della realtà quotidiana (la moglie di Sadko, i mercanti e la folla di Novgorod), in cui tuttavia si insinuano elementi del mondo della favola come per converso nel quinto quadro compaiono elementi del mondo della realtà). Insomma, è evidente che realtà e favola interagiscono, si compenetrano l'una nell'altra, compongono un tutto unico che costituisce la vera qualità distintiva dell'opera.
Le prime idee musicali per Sadko furono appuntate da Rimskij-Korsakov nell'estate del 1894, ma il lavoro per il completamento di
La notte prima di Natale rallentò quello per Sadko che fu ripreso soltanto nell'estate 1895 e condotto avanti alacremente. A questo punto il progetto originale subì una variazione, con l'introduzione del personaggio della moglie di Sadko, Ljubava Buslaevna, ed altre aggiunte, dovute ai suggerimenti del poeta Vladimir Ivanoviò Bel'skij, il quale compose anche la maggior parte dei versi per le aggiunte (ma le parole della grande aria di Ljubava che apre il terzo quadro sono di Rimskij-Korsakov). La conclusione del lavoro di composizione della musica (nella quale largo impiego trovò il precedente poema sinfonico, soprattutto per la parte che descrive il mondo delle creature marine) subì così un ritardo, fino all'autunno del 1896. Il Marijnskij Teatr' di Pietroburgo ne rifiutò la prima rappresentazione e così Sadko andò in scena al Teatro Solodovnikov di Mosca il 26 dicembre 1897 ( gennaio 1898) con la compagnia Namontov, sotto la direzione dell'italiano Eugenio Esposito. L'edizione moscovita fu ripresa il 22 febbraio 1898 al Conservatorio di Pietroburgo, con grande successo, ma solo il 26 gennaio 1901 il Marijnskij Teatr' si decise a mettere in scena Sadko, sotto la direzione di Edvard Napravnik.
Anche per la musica di Sadko la critica non ha mancato di riferimenti a precedenti illustri, da Glinka, Dargomyskij e Balakirev e Liszt e Wagner, e non sarebbe disagevole aggiungere almeno Musorgskij e Borodin e magari Johann Strauss. E certamente non mancano reminiscenze delle precedenti opere dello stesso Rimskij-Korsakov come non mancano anticipazioni delle successive. Ma il risultato complessivo è unitario e originale e l'autore aveva ragione di considerare Sadko come l'opera che segnava la fine di un periodo della sua attività di compositore, un'opera che Mlada e
La notte prima di Natale avevano preparato:
Sadko è un grande affresco di ambienti, uno umano, la grande Novgorod mercantile, e uno naturale, il mare, il lago, i fiumi, le acque, musicalmente quasi l'uno in funzione dell'altro. Non c'è costruzione di personaggi: lo stesso Sadko non subisce modificazioni, non conosce sfumature, ardimento, tenerezza ed esuberanza sono in lui presenti a seconda delle occasioni offertegli dalle varie situazioni, senza giustificazioni psicologiche e trapassi sentimentali. Figure di una folla molteplice e variopinta sono tutti gli altri personaggi; anche quando sono soli, rappresentano una situazione, un sentimento tipici, non si coagulano in individualità. Il caso più appariscente è quello dei tre mercanti, vikingo, indù e veneziano, che illustrano le magnificenze dei loro paesi a Sadko nel quarto quadro: potremmo dire che si tratta di cartoline illustrate. E Ljubava è la classica sposa fedele che attende a lungo il ritorno del suo uomo, immagine costante dell'iconografia femminile russa, non a torto richiamata all'esempio della Jaroslavna di Borodin. E ai due buffoni di Principe Igor vanno rinviati Duda e Sopiel, vorrei dire fin nei minuti particolari della loro caratterizzazione musicale. E azzeccata ma immobilizzata nella continua ripetizione di un disegno musicale estremamente tipizzato è la figura (anch'essa convenzionale) del Re del mare. Un qualche rilievo assumono, accanto a Sadko, Nezata, il giovane suonatore di gusli, e Volkhova, la figlia del Re del mare.
Il 1897 fu un anno particolarmente fecondo per Rimskij-Korsakov: tra l'altro mise in musica le due « scene drammatiche» intitolate
Mozart e Salieri, una delle quattro «piccole tragedie» scritte da Pukin nel 1830. Una di queste, Il convitato di pietra, era stata già messa in musica da Dargomyskij e Rimskij-Korsakov ne aveva curato l'orchestrazione. L'esempio di Dargomyskij era stato seguito da Musorgskij che aveva musicato il primo atto di Zenitba di Gogol'. Entrambi avevano messo in musica i testi drammatici di Pukin e di Gogol' senza la più piccola modificazione. Altrettanto fa Rimskij-Korsakov con Mozart e Salieri: compone dapprima la linea vocale, una declamazione cantata assai efficace nel suo voluto rispetto del testo parlato, poi vi sovrappone una partitura strumentale, costruita con sottile sapienza di tagli, di reminiscenze motiviche, di citazioni, di corrispondenze tonali. Il dramma di Pukin si ispira alla leggenda che Salieri avrebbe avvelenato Mozart ed è un dramma dell'invidia e della gelosia. Due soli personaggi, un basso (Salieri) e un tenore (Mozart), che lo stesso registro vocale differenzia evitando tuttavia contrapposizioni troppo violente. Anche se va considerato un lavoro riuscito, Mozart e Salieri resta una parentesi nella storia del teatro musicale di Rimskij-Korsakov, una interessante reazione all'esperienza di Sadko.
Iniziata nell'estate 1897 (con il secondo quadro), la composizione di Mozart e Salieri fu rapidamente condotta a termine e l'opera rappresentata al Teatro Solodovnikov di Mosca il 25 novembre (7 dicembre) 1898. Fu in seguito uno dei cavalli di battaglia di Fëdor Saljapin ed è rimasta nel repertorio dei teatri russi grazie alla predilezione dei maggiori bassi che hanno in Salieri un ruolo di grande rilievo drammatico che richiede doti non solo di cantante ma anche di attore sottile.
Nel 1898 Rimskij-Korsakov riprese il prologo della versione del 1877 de La fanciulla di Pskov e ne fece l'opera in un atto
La boiara Vera Seloga,che fu rappresentata anch'essa al Teatro Solodovnikov di Mosca, il 15 (27) dicembre 1898. Nella compagnia Namontov era presente Fëdor Saljapin.
Appena terminata La boiara Vera Seloga Rimskij-Korsakov pose subito mano a un altro dramma di Mej ispirato a eventi del periodo di Ivan il Terribile,
La sposa dello zar, per il quale diede incarico a J. F. Tumenev di operare i tagli, i rifacimenti e le aggiunte necessari a farne un libretto d'opera, e per di più un libretto d'opera tradizionale, con recitativi, arie, duetti e pezzi concertati, insomma a numeri chiusi. Rimskij-Korsakov pretendeva così di tornare a Glinka, in realtà si rifaceva alla pratica corrente del teatro musicale italiano e soprattutto francese. Proseguiva l'esperienza fatta con Mozart e Salieri e soprattutto con le numerose liriche da camera scritte nel 1898. Ma l'assunto di Mozart e Salieri era rovesciato: non più un declamato cantabile impostato sulla parola, ma melodie aperte e spiegate che della parola si fanno mero appoggio materiale, travolgendola nella curva cantabile (e conservandole al più un valore generico di suggestione di situazioni sentimentali). Purtroppo, se Mozart e Salieri è destinato a restare una parentesi, La sposa dello zar segna l'inizio di un filone «negativo» che accompagna l'attività operistica della piena maturità di Rimskij-Korsakov accanto a quello «positivo» avviato con Sadko.
Ridotta all'osso la storia di
La sposa dello zar è un topos convenzionale della letteratura ottocentesca, un puro e tenero amore di due giovani distrutto da un'insana passione senile e da una cieca gelosia: l'improvviso e imprevisto intervento dello zar Ivan il Terribile che sceglie la fanciulla per sua sposa (donde il titolo) serve soltanto da catalizzatore per il disastroso e funereo scioglimento della vicenda (la morte di tutti e quattro i protagonisti, narrata quella del giovane fidanzato già avvenuta fra il penultimo e l'ultimo atto, in scena quella della gelosa, le altre due, quella della giovane fidanzata e quella dell'anziano innamorato, previste a breve scadenza dopo il calar del sipario). Né l'incalzare precipitoso degli eventi, in un drammatico e magari angoscioso contrastare di alternative e succedersi di avvenimenti, né l'approfondimento psicologico dei caratteri e dei sentimenti dei singoli personaggi, la loro costruzione e definizione a grado a grado nel diverso misurarsi di ciascuno di loro agli eventi, erano nelle corde, vorrei dire negli interessi di Rimskij-Korsakov.
La sposa dello zar è un mirabile centone di pezzi operistici, in cui l'ingegno e la bravura di Rimskij-Korsakov si manifestano al massimo grado. È un magnifico campionario artigianale: e si comprende che l'autore ne fosse particolarmente fiero. È il suo capo d'opera. Ma non è il suo capolavoro. Si potrebbe dire, parafrasando, che dal punto di vista musicale - la 'fabula' non riesce a farsi 'intreccio'. E ciò indipendentemente dalla felicità di alcune pagine, in particolare quelle destinate a Marfa, la giovane 'oggetto' di un 'destino' che condensa sul suo capo tutte le sventure. Ma anche Maria è più una 'figura' che un personaggio, non è fanciulla che matura in donna, è fanciulla che non resiste ai colpi della sorte e si spegne in un soffio: non per nulla le sue due grandi scene, nel secondo e nel quarto atto, hanno in comune il motivo musicale di fondo, che la fissa nell'unicità del suo momento di tenerezza e di ingenuità, figura di cui varia l'angolazione, la prospettiva, ma non la sostanza, che è quella di un tipo femminile (la fanciulla semplice, fiduciosa, pura e fedele fino alla morte), abbastanza consueto nell'operistica russa dell'Ottocento e nello stesso Rimskij-Korsakov. La musica scritta per Marfa è comunque tra la più bella che RimskijKorsakov abbia mai scritto. Accenti di notevole intensità, soprattutto nel primo atto, conosce anche il personaggio di Ljubasa, la donna che per gelosia conduce a morte Marfa. Pallidi e generici risultano i personaggi maschili, e l'anziano Grjaznoj ancor più del giovane Lykov, il primo verboso e pomposo più che violento e aggressivo come dovrebbe essere, mentre il secondo riesce a trovare una sua pur piccola misura nella flebile discrezione della sua timidezza. Una certa vivacità episodica tratteggia il mondo casalingo che contorna la povera Maria, il padre Sobakin, l'amica Dunjaa, le anziane Saburova e Petrovna.
La composizione di
La sposa dello zar fu condotta a termine abbastanza rapidamente e il 22 ottobre (3 novembre) 1899 la nuova opera di Rimskij-Korsakov andava in scena al Teatro Solodovnikov di Mosca, con notevole successo.
Intanto Rimskij-Korsakov aveva già scritto un'altra opera,
La favola di zar Saltan. Nel 1899 cadeva il centenario della nascita di Pukin e Vladimir Bel'skij, che aveva già collaborato con il musicista per la versione del testo di Sadko, ebbe l'idea di sottoporre a Rimskij-Kosakov un libretto tratto dalla favola in versi che Pukin aveva scritto e pubblicato nel 1831. Soggetto e libretto (assai fedele all'originale pukiniano) piacquero assai a Rimskij-Korsakov che ne condusse rapidamente a termine la composizione. Era il ritorno al mondo dell'immaginazione e del simbolo, una favola intimamente connaturata allo spirito del popolo russo, anche se ricevuta attraverso una mediazione di carattere intellettuale (ma Pukin l'aveva desunta dai racconti della 'njanja' Arma Rodionovna, ascoltati nel 1824). Già la critica letteraria ha messo in rilievo il carattere lirico delle fiabe in versi di Pukin. Questo carattere lirico è congeniale a Rimskij-Korsakov che lo ha mantenuto nella sua musica, ivi compresa una sorridente e bonaria ironia, che la musica rende anche più pungente nella sua schematizzazione ritmica.
L'intera struttura dell'opera è pensata orchestralmente: all'orchestra sono affidati ('sinfonicamente') i momenti dinamici del racconto: fin dall'inizio (con la vispa fanfara in cui qualcuno ha visto una specie di appello dei commedianti ad assistere alla rappresentazione) e poi con i vari intermezzi sinfonici che saparano i vari quadri fra loro (la partenza di zar Saltan per la guerra; il viaggio in mare chiusi nella botte di Militrisa e del figlio Gvidon, l'apparizione della città incantata nell'isola di Bujan; le navi che si allontanano dall'isola di Buj an verso il regno di Saltan; la trasformazione del principe Gvidon in calabrone; il mare calmo sotto il cielo stellato nell'isola di Bujan; le tre meraviglie che la Principessa Cigno dona al principe Gvidon), sì che l'opera non è tanto in un prologo e quattro atti quanto in otto quadri animati e cantati introdotti da altrettanti episodi orchestrali.
Anche
La favola di zar Saltan andò in scena al Solovodnikov Teatr' di Mosca, il 21 ottobre (2 novembre) 1900 ed ebbe un successo che è rimasto duraturo sulle scene nazionali anche se non si è riverberato al di fuori della Russia.
Appena terminato
La favola di zar Saltan Rimskij-Korsakov torna al prediletto Mej e ne affronta un altro dramma, Servilia, di cui egli stesso stende il libretto. Il lavoro lo occupa fino al 1901 e l'opera va in scena il 1º (14) ottobre 1902, segnando il ritorno di Rimskij-Korsakov al Marijnskij Teatr' di Pietroburgo. Malgrado la cura posta dal muscista per trovare un linguaggio musicale aderente al soggetto (documentata da quanto egli stesso ne ha scritto), Servilia si pone sulla linea di La sposa dello zar, e ad un livello inferiore.
Nello stesso filone va posto
Il signor governatore, che Rimskij-Korsakov inizia a comporre appena terminata Servilia, su un libretto d'ambiente polacco di Tumenev, con il dichiarato intento di rendere omaggio a Chopin. La composizione della nuova opera è però interrotta nel 1901, per dar luogo a quella di Kascej l'immortale, con cui Rimskij-Korsakov tornò al mondo della fiaba russa. Il soggetto venne proposto a Rimskij-Korsakov dal giovane B. N. Petrovskij, il quale l'aveva tratto dalla raccolta di Afanasev. Ma il testo fornitogli da Petrovskij non piacque a Rimskij-Korsakov che redasse ancora una volta (l'ultima) interamente da solo il libretto. Kagéei bezsniertnyj andò in scena al Solodovnikov Teatr' di Mosca il 12 (25) dicembre 1904, con un successo di stima.
Kascej l'immortale è certamente l'opera di Rimskij-Korsakov più dimenticata, se si bada al suo intrinseco valore. Spesso liquidata come una sorta di mediazione fra Wagner e Debussy, in realtà essa porta avanti il discorso sonoro e immaginativo di La favola di zar Saltan verso La leggenda della città invisibile di Kitez da una parte e verso La fanciulla del galletto d'oro dall'altra, come impasto ambientale e paesaggistico nel primo verso, come minuzia descrittiva nel secondo.
Terminato
Kascej l'immortale Rimskij-Korsakov riprende Pan Voevoda e lo conduce a termine, con gran fatica, come egli stesso ha lasciato scritto. Presentato a Pietroburgo, per l'inaugurazione del teatro privato del principe Cereteli il 3 (16) ottobre 1904, sotto la direzione di Sergej Rakhmaninov, Pan Voevoda scomparve subito dalle scene. In seguito Rimskij-Korsakov parlerà di Servilia e di Pan Voevoda come di 'intermezzi' nella sua attività di operista: in realtà essi rappresentano lo sviluppo portato fino alle estreme conseguenze del filone inaugurato con La sposa dello zar, un tentativo cioè di drammaturgia musicale legata alla grande tradizione del teatro musicale dell'Ottocento europeo, un tipo di drammaturgia (a forti contrasti e a ben profilati personaggi) del tutto estranea alle disponibilità e alle affinità, alle propensioni, alla natura del musicista russo.
Gli anni di Servilia, di
Kascej l'immortale, di Pan Voevoda erano stati accompagnati dal maturare di un progetto, nel quale fin dai 1899 aveva interessato Bel'skij perché gliene approntasse il libretto, quello di un'opera sulla leggenda della città di Kitez, che ricordava i tempi calamitosi dell'invasione tartara e della distruzione della grande civiltà della Russia medievale, civiltà rimasta viva e attuale nei racconti, negli usi, nei costumi del popolo. Ma alla musica della nuova opera Rimskij-Korsakov cominciò a pensare soltanto nella primavera del 1903 e la terminò soltanto nell'estate del 1904, dopo aver provveduto ad una nuova versione orchestrale del Il convitato di Pietra di Dargomyskij. La composizione iniziò con i due atti estremi e terminò con i due atti centrali.
La definizione più corrente di
La leggenda dell'invisibile città di Kitez e della fanciulla Fevronia è quella di 'Parsifal russo' dovuta sia all'argomento sia all'impostazione wagneriana dell'organico orchestrale.
Rimskij-Korsakov insiste molto sul termine 'leggenda'. Su questa base si è posto in rilievo il minuzioso e pluriennale lavoro compiuto dal librettista Bel'skij (con l'assistenza si può dire diuturna del musicista) per giungere a un testo che riproducesse la lingua dei 'detti' popolari russi, con risultati che gli permisero di affermare non esservi «un particolare, una parola del testo» che non si riferisse «a qualche leggenda, versetto, canto o incantazione di fonte autenticamente popolare». Si sono indagate a fondo queste fonti e si è individuato che la «leggenda di Kitez» così come è stata messa insieme da Bel'skij e Rimskij -Korsakov, risulta da una contaminazione (o forse, meglio, collazione) di due 'detti' che narrano eventi dei primi decenni del Duecento russo, quello dell'invasione tatara e quello del santo Pietro e della santa Fevronia, con l'aggiunta di elementi tratti da altri testi, senza peraltro rinunziare all'invenzione personale (il risultato più felice della quale è il personaggio di Griska Kuter'ma).
Anche in La leggenda della città invisibile di Kitez il tessuto connettivo è dato dall'orchestra, un'orchestra luminosa e lucente. Il canto si disegna su questo tessuto con rilievo di declamazione e con continuità di linea (una linea che scioglie la parola in intonazione con una sorta di intima naturalezza), ieratico e solenne nel principe Jurij, fervido e intenso nella vergine Fevronija, agitato, franto, incalzante in Griska Kuter'ma. Questi è il personaggio più inciso e individualizzato che Rimskij-Korsakov abbia messo in musica, un personaggio che cresce di dimensione dall'amarezza beffarda e dalla aggressività violenta del primo incontro con Fevronija, sulla piazza di Kitez minore, alla messa a nudo nella follia dei suoi tenori, della sua umanità contorto dalle sofferenze di una condizione di perenne escluso.
Rimskij-Korsakov aveva da poco concluso la composizione di La leggenda della città invisibile di Kitez quando scoppiarono i moti che portarono alla prima rivoluzione russa del 1905. Rimskij-Korsakov prese pubblicamente posizione contro il direttore del Conservatorio, Bernhardt, che voleva far intervenire la polizia contro gli studenti che manifestavano. Fu immediatamente sospeso dall'insegnamento. Mentre i colleghi Ljadov, Glazunov e Blumenfeld si dimettevano a loro volta per protesta, gli studenti, e per ringraziare il maestro di averli difesi, e per esprimergli la loro solidarietà, organizzarono per la fine di marzo una rappresentazione di
Kascej l'immortale diretta da Glazunov. La rappresentazione terminò con invettive all'oppressione zarista (secondo gli studenti - ma è un'interpretazione che ha trovato seguito - Kascej rappresentava il regime zarista e la bella principessa prigioniera la Russia, anch'essa in attesa del suo liberatore come la principessa di Ivan).
Il teatro fu evacuato dalla polizia, l'esecuzione e la rappresentazione delle opere di Rimskij-Korsakov furono interdette. Rimskij-Korsakov risentì fortemente degli avvenimenti ma non pensò neanche un poco a deflettere dal suo atteggiamento (compose anzi una serie di variazioni sinfoniche su un canto dei rivoluzionari del 1905, Dubinuka). Una malattia del figlio Andrej gli fornì l'occasione per uscire dalla Russia, si recò sul lago di Garda, a Riva. Nell'autunno, avendo il Conservatorio riaffermato la propria autonomia ed eletto Glazunov direttore, Rimskij-Korsakov fu richiamato al suo posto di professore di composizione che teneva dal 1871. Ma gli avvenimenti di quell'anno non restarono senza traccia. Sull'onda del sentimento immediato, aveva pensato di scrivere un'opera su Stenka Razin e ne aveva commissionato il libretto a Bel'skij e addirittura abbozzato qualche pagina. Ma sentì che non era questa la sua vena e soprattutto non era il 'suo' modo di reagire agli eventi. Nell'ottobre 1906 dava inizio alla composizione di
La fanciulla del galletto d'oro, libretto di Vladimir Bel'skij tratto da un'altra favola in versi di Pukin, scritta nel 1834 e pubblicata nel 1835, (si noti che 'petusok' è diminutivo e quindi a traduzione esatta è 'galletto' e non 'gallo': l'uso di questo sostantivo è derivato dal francese 'Coq d'or' laddove gli inglesi hanno giustamente tradotto «The golden cockerel ».
La composizione della nuova opera fu interrotta dalla preparazione della prima rappresentazione di La leggenda della città invisibile di Kitez, che andò in scena al Marijnskij Teatr' di Pietroburgo il 7 (20) febbraio 1907, con un successo che si è sempre ripetuto in Russia (e anche fuori di Russia, quando - non certo spesso vi è stata rappresentata). Poco dopo, Rimskij-Korsakov si recò a Parigi per i concerti 'russi' organizzati da Djaghilev nel maggio. All'inizio di giugno era già di ritorno in patria e si mise subito al lavoro per terminare
La fanciulla del galletto d'oro. La partitura era finita nel settembre, ma l'autore non poté vedere l'opera sulla scena. La censura fece troppe difficoltà, richiese troppi cambiamenti e quando, nella primavera del 1908, sembrò che gli ostacoli fossero superati dalla buona volontà del nuovo direttore dei Teatri Imperiali, Teljakovskij, sopravvenne quell'aggravamento delle condizioni di salute che lo portarono alla morte per angina l'8 (21) giugno 1908, a Ljubensk. In quei primi mesi dell'anno, Rimskij-Korsakov aveva pensato con Bel'skij a una nuova opera sul mito di Orfeo ed Euridice. Morto l'autore, La fanciulla del galletto d'oro andò in scena postumo, a Mosca, al Solodovnikov Teatr', il 7 (20) ottobre 1909.
Pur restando pressoché integralmente fedele alla fiaba originale di Pukin, il libretto di Bel'skij la arricchisce e la amplia. Si tratta di una necessità, visto che la fiaba del galletto d'oro è assai più breve di quella dello zar Saltan (252 versi divisi in 5 'strofe' anche qui come là di consistenza diversa fra loro). Arricchimenti e ampliamenti non riguardano però tanto il tessuto narrativo del racconto quanto piuttosto la caratterizzazione ambientale (si potrebbero interpretare in questo senso anche le aggiunte che concernono piccoli particolari di intreccio o una più insistita tipizzazione delle figure della favola). Si possono considerare in sostanza derivati da Pukin anche il prologo e l'epilogo (dai primi tre versi e dagli ultimi due, rispettivamente), nei quali il personaggio dell'Astrologo annuncia che si tratta di una favola e alla fine ne trae la morale.
È risaputo che
La fanciulla del galletto d'oro è una satira politica. Lo era già nell'originale di Pukin, contro gli zar della sua epoca. E lo è indubbiamente nella musica di Rimskij-Korsakov, come lo era nelle intenzioni: i documenti danno abbastanza chiaro il fatto che il musicista scrisse l'opera in reazione agli avvenimenti del 1905. Solo che nella musica la satira trascende il momento da cui è nata, diviene un quadro divertente e allo stesso tempo feroce dell'oppressione e della sua stupidità e crudeltà, colto con acutezza e arguzia, solo apparentemente tratteggiato in punto di penna, un divertissement che conosce l'amarezza consapevole della debolezza effimera della condizione dell'uomo, nella migliore tradizione della satira russa.