CRONOLOGIA PUCCINIANA

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1858
Il 22 dicembre nasce a Lucca, in via di Poggio 30, figlio di Michele e di Albina Magi, sesto figlio della coppia e primo figlio maschio. Gli vengono dati i nomi di Giacomo (in ricordo del trisnonno), Antonio (il bisnonno), Domenico (il nonno), Michele (il padre), Secondo, Maria (terzo nome sia del bisnonno che del nonno).

1860
Il 13 giugno nasce a Lucca Eliva Bonturi, futura moglie di Giacomo. Il 19 dicembre nasce la sorella Ramelde, settima figlia di Michele e Albina.

1864
Il 23 gennaio muore il padre Michele. Il 19 aprile nasce il fratello Michele, ottavo e ultimo figlio di Michele e Albina. Frequenta le scuole primarie.

1868
Fanciullo cantore in San Michele e in Duomo.

1869
Da ottobre, allievo esterno del Seminario vescovile di Lucca. Prende lezioni di musica dallo zio materno Fortunato Magi, che non ne apprezza le doti musicali.

1870
In estate vacanze a Mutigliano, e così fino al 1874. Abita nella casa del parroco don Giacinto Chiantoni. La domenica suona l'organo alle funzioni religiose. Il 15 agosto partecipa all'esecuzione del Te Deum di Pompeo Orsucci.

1874
Termina il corso di studi al Seminario vescovile. In ottobre entra all'Istituto musicale "Giovanni Pacini" di Lucca, diretto da Carlo Angeloni. Dà lezioni di organo a Carlo Della Nina.

1875
In settembre all'Istituto musicale di Lucca ottiene il primo premio al corso di organo. In quest'anno compone presumibilmente la romanza per canto e pianoforte A te. Suona l'organo in San Pietro a Somaldi e dalle suore benedettine dei Servi.

1876
In marzo, a piedi, insieme a Carlo Carignani, raggiunge Pisa per assistere all'Aida di Verdi. In estate compone Preludio a orchestra.

1877
Partecipa a un concorso per l'Esposizione d'Arte Sacra di Lucca con la cantata Ifigli dell'Italia bella; non viene premiato. Compone il mottetto Plaudite populi eseguito a Lucca il 29 aprile.

1878
Compone un Credo, che insieme a Plaudite populi viene eseguito il 12 luglio, giorno di San Paolino patrono di Lucca. Compone l'inno Vexilla Regis.

1880
Il 12 luglio, in occasione della festa di San Paolino, viene eseguita a Lucca la Messa a quattro voci con orchestra, composta come saggio di diploma. La madre ottiene una borsa di studio di cento lire mensili della durata di un anno offerta dalla Regina Margherita mediante supplica appoggiata dalla duchessa Carafa e dalla marchesa Pallavicini, e Giacomo può trasferirsi a Milano per iscriversi al Conservatorio, dove in novembre viene ammesso nella classe di composizione di Antonio Bazzini col punteggio di 8,38/10. Il 20 novembre assiste al Teatro Lirico all'opera Stella del nord di Meyerbeer e il 27 al Teatro Carcano al Fra Diavolo di Auber. L'8 dicembre al Teatro Dal Verme vede la Carmen di Bizet. Frequenta la casa del lucchese Catalani, che si è diplomato a Milano nel 1875.



1881
In marzo al Teatro Manzoni assiste alla Mignon di Thomas, al Teatro alla Scala al Simon Boccanegra di Verdi nella seconda versione. Il prozio paterno Nicolao Cerù gli concede, sotto forma di prestito, una rendita per proseguire gli studi a Milano. Al Conservatorio ottiene buone votazioni nella materia principale (composizione) e in storia della musica con Amintore Galli, ma risultati mediocri in pianoforte complementare e letteratura poetica e drammatica. Il 14 luglio la sorella Tomaìde sposa l'insegnante Enrico Gherardi. Compone l'Adagio in la maggiore per pianoforte.

1882
In febbraio alla Scala assiste alla Bianca di Cervia di Smareglia. Il 26 febbraio Bazzini è nominato direttore del Conservatorio milanese, e continua a dare lezioni a Puccini, fino al termine dell'anno scolastico 1881-82.

Ieri ho avuto la seconda lezione di Bazzini e va benissimo. Per ora ho quella sola, ma venerdì incomincio l'estetica. Mi son fatto un orario così disposto: la mattina mi alzo alle otto e mezza, quando ci ho lezione, vado. In caso contrario studio un po' di pianoforte. Mi basta poco, ma bisogna che lo studi. Ora compro un «Metodo» ottimo di Angeleri, che è uno di quei metodi dove ognuno può imparare da sé benissimo. Seguito fino alle dieci e mezzo, poi faccio colazione, poi esco. All'una vado a casa e studio per Bazzini un paio d'ore; poi dalle tre alle cinque via accapo col pianoforte, un po' di lettura di musica classica. [...] Per ora passo il Mefistofele di Boito [...] Alle cinque vado al pasto frugale [...] Sto lì fino alle nove e torno a casa spiedato morto. Arrivo a casa e faccio un po' di contrappunto, non suono; la notte non si può suonare. Dopo infilo il letto e leggo sette o otto pagine di un romanzo. Ecco la mia vita!... [...] L'altra sera sono andato alla «Redenzione» (oratorio di Gounod) che mi ha noiato parecchio. Ieri sera fui all'opera nuova del Catalani; generalmente la gente non va in visibilio. Ma io dico che, artisticamente parlando, è una bella cosa e se la rifanno ci torno. [...] Stasera va in scena la Mignon e il Simon Boccanegra di Verdi (rifatto!). L'abbuono alla Scala è 130 lire il carnevale e quaresima. Che roba!!! Per avere una sedia chiusa ci vogliono 200 lire, oltre l'ingresso, che fanno 330. Che razza di roba!! Maledetta la miseria!!!! Ieri «di scapaccione» sono stato a sentire la Carmen. Bellissima opera davvero. Che piena! (Alla madre)

In ambito scolastico compone il Preludio sinfonico in la maggiore e Salve Regina per soprano e pianoforte. Rivolge una petizione al sindaco di Lucca per un aiuto finanziario al fine di poter completare gli studi, ma non ottiene risposta. Con il nuovo anno scolastico al Conservatorio, diventa allievo di Amilcare Ponchielli. Compone l'Adagetto per orchestra, la lirica per tenore e pianoforte Ah! se potesse, e l'Allegro moderato per quartetto d'archi.

1883
Acquista, in comproprietà con Mascagni, lo spartito del Parsifal di Wagner. Il 3 febbraio la sorella Ramelde sposa il possidente lucchese Raffaello Franceschini. Il 23 marzo alla Scala ascolta l'oratorio La Redenzione di Gounod; sempre in marzo Dejanice di Catalani. Il 10 aprile viene bandito il primo Concorso Sonzogno per un'opera in un atto, termine di consegna il 31 dicembre. Compone tre Fughe e uno Scherzo in la minore per quartetto d'archi e, come saggio scolastico di diploma, il Capriccio sinfonico, eseguito il 14 luglio dall'orchestra del Conservatorio diretta da Franco Faccio. Sulla "Perseveranza" del 15 luglio il critico Filippo Filippi elogia la composizione di Puccini, predicendogli un avvenire di sinfonista. Il 16 luglio si diploma al Conservatorio di Milano. In luglio è ospite di Ponchielli a Maggianico e incontra il librettista Ferdinando Fontana; con l'appoggio del maestro ottiene da lui la promessa di un libretto. Presumibilmente all'inizio di settembre ha in mano il libretto intitolato Le Willis, torna a Lucca e si dedica alla composizione dell'opera in un atto. Il 4 ottobre l'editore Sonzogno pubblica Storiella d'amore, melodia per canto e pianoforte. Il 31 dicembre l'opera Le Willis, contrassegnata dal nome in codice "Italia", viene consegnata alla commissione del Concorso. Compone Ad una morta, lirica per baritono e pianoforte, e Mentìa l'avviso, recitativo e aria per tenore e pianoforte. Compone lo Scherzo in re minore per quartetto d'archi.

Dei progressi rapidi del giovane studente, sotto la guida di Ponchielli e di Bazzini, progressi che vanno dal Capriccio sinfonico, saggio finale del Conservatorio, a Le Villi, così scrisse il primo librettista di Puccini, Ferdinando Fontana: «Uscire dal Conservatorio con la patente morale e materiale di maestro non significava finire, ma cominciare una lotta terribile in quel vasto conservatorio che è il mondo. Giacomo Puccini si trovò povero, con una forte vocazione di compositore ma con la prospettiva di dover rinunciare all'arte per darsi - pena la fame - all'insegnamento. Tuttavia non si perde di coraggio. La Casa Sonzogno aveva aperto il concorso per un'opera, ed egli volle tentare.»
Ed ecco come Puccini poté avere il suo primo libretto:

«Era l'agosto del 1883. Una bella mattina [...] tornando alla stazione di Lecco m'imbattei [...] in Ponchielli, Dominicesi, Saladino ed altri egregi. Fra essi c'era Puccini. Ci conoscevamo poco, ma una grande corrente di simpatia era corsa fra noi in quelle poche occasioni che ci era accaduto d'incontrarci. Saliti nello stesso vagone con Ponchielli, questi mi parlò delle intenzioni del suo scolaro per il concorso Sonzogno, e mi propose di fargli il libretto. Lì per lì, colla memoria viva del Capriccio sinfonico mi parve che per il giovane maestro ci volesse un argomento fantastico, e gli sciorinai il canovaccio delle Villi. Accettò. Il libretto fu compiuto per i primi di settembre, e lo spartito presentato all'ultimo momento. Il maestro aveva dovuto presentarlo senza poterlo ricopiare, come si dice, in bella.»
La commissione si guardò bene dal premiare l'opera. Ma Arrigo Boito e Marco Sala, che, sollecitati dal Fontana, avevano voluto conoscere il lavoro, si quotarono personalmente, insieme a pochi altri, per raggranellare le poche centinaia di lire necessarie alle spese di copiatura e di rappresentazione.
Le Villi apparve al Teatro Dal Verme la sera del 31 maggio 1884, e fu un successo. L'editore Ricordi acquistava l'opera e dava l'incarico a Giacomo Puccini di scriverne subito un'altra, che fu Edgar.
In quell'epoca la mamma di Giacomo moriva.
Nel trionfo, il dolore, grande, incancellabile:

«Penso sempre a lei e stanotte me la sono anche sognata. Oggi, poi, sono più triste del solito. Qualunque trionfo possa darmi l'arte, sarò sempre poco contento mancandomi la mia cara mamma. Sta sollevata più che puoi e fatti quel coraggio ch'io ancora non ho potuto farmi.» (Alla sorella maggiore)


1884
All'inizio di febbraio Ponchielli lo presenta all'editore Ricordi. Il 24 febbraio la sorella Nitteti sposa l'avvocato Alberto Marsili e si trasferisce a Pisa. All'inizio di marzo la commissione del Concorso Sonzogno proclama vincitori Guglielmo Zuelli con La fata del Nord (libretto di Campanini) e Luigi Mapelli con Anna e Gualberto (libretto di Fontana). All'inizio di aprile nel salotto di Marco Sala, alla presenza di Arrigo Boito, esegue Le Willis al pianoforte; viene deciso di promuovere una colletta per far rappresentare l'opera. Danno il loro contributo Marco Sala, Vimercati, Arrigo Boito, il duca Litta, Aldo Noseda, il conte Sola, Biraghi. Il 4 maggio, al Teatro Manzoni di Milano, rappresentazione delle due opere premiate al Concorso Sonzogno. Il 31 maggio, al Teatro Dal Verme di Milano, prima rappresentazione di Le Willis. L'8 giugno torna a Lucca; lo stesso giorno la "Gazzetta musicale di Milano" annuncia che l'editore Ricordi ha acquistato l'opera e ne ha commissionato una seconda su libretto di Fontana. A partire da luglio Ricordi comincia a corrispondere al musicista un assegno mensile di £ 200 (l'accordo prevede l'elargizione fino al giugno 1886), sotto forma di anticipo sui diritti dell'opera che gli è stata commissionata. Il 6 luglio e il 26 ottobre a Torino, in occasione dell'Esposizione Universale, Franco Faccio dirige nuovamente il Capriccio sinfonico con l'orchestra dei Concerti Popolari di Torino. Il 17 luglio, a Lucca, muore la madre. In agosto è nuovamente a Milano. Il librettista Fontana lavora al nuovo libretto tratto da una commedia di de Musset, ma non ha ancora né una struttura definita, né un titolo.

L'Edgar andrà verso carnevale. Le Villi si danno a Brescia e a Verona. A Venezia credo quasi positivamente di dare Edgar. Ci sono adesso questioni d'accettazione di artisti, ma credo che tutto andrà a posto.  [...] I miei affari quanto prima li metterò in porto. Lavoro molto adesso. Voglio finire un lavoro per quest'altra stagione alla Scala: ho la sicurezza di metterlo in scena. E così sono tre stagioni che sono sul cartellone del primo teatro d'Italia. I miei tutti stanno bene. Vivo discretamente e col cuore abbastanza contento e tranquillo. Ho molti nemici qui, ma spero che li farò crepar d'invidia e rabbia se Dio mi dà vita. (A Dide)

Le Willis, in vista di altre rappresentazioni, vengono ampliate in due atti, e in tale veste, col nuovo titolo Le Villi, vengono rappresentate a Torino, Teatro Regio, il 27 dicembre. Compone Tre minuetti per quartetto d'archi.

1885
Il 24 gennaio, al Teatro alla Scala di Milano, Le Villi. Il 10 febbraio, sulla "Gazzetta musicale di Milano", Giulio Ricordi pubblica un ampio articolo in cui pronostica a Puccini un glorioso avvenire di operista. All'inizio di febbraio torna a Lucca; è stata venduta la casa di via di Poggio, e abita in un appartamento in affitto in piazzetta San Pellegrino. Il 23-24 marzo scrive a Fontana segnalandogli il soggetto di Manon. Nel corso della primavera inizia la relazione con Elvira Bonturi Gemignani. In novembre Fontana conclude la verseggiatura del nuovo libretto, Edgar; inizia la composizione della musica.

1886
Alla fine di giugno l'editore Ricordi proroga il contratto relativo all'anticipo di £ 200 mensili. In luglio a Vacallo, nel Canton Ticino. Il 15 settembre Puccini è a Milano, poi a Caprino Bergamasco, ospite di Fontana, e qui prosegue nella composizione di Edgar. Elvira insieme alla primogenita Fosca, dopo un breve soggiorno a Firenze dalla madre, in ottobre raggiunge Milano, ospite di Fontana. In novembre Puccini, Elvira e Fosca si stabiliscono a Monza, in Borgo Milano, e qui, il 23 dicembre, nasce il figlio Antonio.

1887
Le Villi a Trieste (5 febbraio). In giugno lascia Monza, e si stabilisce a Milano. Nel corso dell'estate, che in parte trascorre a Caprino Bergamasco, termina la composizione di Edgar, e inizia l'orchestrazione.

1888
Insuccesso delle Villi al Teatro San Carlo di Napoli (15 gennaio). Compone Sole e amore, romanza per canto e pianoforte. Dal 5 al 13 maggio a Cernobbio, con Fontana e Carignani. In giugno a Vacallo. In luglio, insieme a Fontana, viaggio a Bayreuth finanziato da Ricordi; assiste al Parsifal di Wagner diretto da Felix Mottl. Il 19 novembre completa l'orchestrazione di Edgar. L'assegno mensile viene portato a £ 300.

1889
Probabilmente in gennaio, al Teatro Filodrammatici di Milano, insieme a Fontana assiste a una recita in francese della Tosca di Sardou, interpretata da Sarah Bernhardt. Il 21 aprile, al Teatro alla Scala di Milano, prima rappresentazione di Edgar; non ha successo, e dopo la terza rappresentazione l'opera viene ritirata.

Giulio Ricordi, dopo la prima rappresentazione di Edgar alla Scala 21 aprile 1889 - riassumeva con squisita imparzialità non soltanto la cronaca della serata, ma il giudizio del pubblico e della critica con queste parole:

«La critica milanese si scagliò con grande severità contro il libretto, e se fu più mite col musicista, riconoscendone tutto l'ingegno, ne accolse però il lavoro in modo tale che, ove il Puccini non avesse fortissima fibra d'artista potrebbe concludere col dire: cambiamo mestiere. Ma queste severità della critica, talvolta così benigna cogli ingegni mediocri, non devono affatto scoraggiare il giovane maestro. Al contrario. Le discussioni appassionate ed ardenti, i lunghi e ripetuti articoli, più demolitori che edificatori, non succedono e non si scrivono per le opere mediocri, le quali si elogiano talvolta, ma cadono sempre per inerzia propria, fra l'indifferenza della critica e del pubblico stesso.»

Eppure il pubblico aveva applaudito l'opera con unanime convinzione. La cronaca registrava 24 chiamate e la replica di due pezzi nelle prime due rappresentazioni, e di tre nell'ultima «chiudendo poi la stagione con una commovente dimostrazione di stima al Puccini che il pubblico intero volle salutare entusiasticamente ad alte grida, con gli artisti e solo».
Ma l'opera, sopratutto per causa del libretto, non ebbe fortuna, nemmeno dopo i ritocchi apportativi dal maestro.

«Si è detto» è sempre Giulio Ricordi che scrive «che nell'Edgar vi sono situazioni tanto arrischiate che ci volle tutta la potenza dell'ingegno del musici sta per farle tollerare. Sopratutto il terzo atto, con quella tinta tragica dei funerali, con un catafalco esposto agli occhi degli spettatori, era un atto pericolosissimo. Ci volle un musicista poderoso e inspirato come il Puccini per rivestire di note la truce tela fornitagli dal poeta. Ma le difficoltà stesse di questa situazione drammatica fecero scaturire dall'anima del maestro una pagina potente di musica.»

[A quarant'anni di distanza, il 3 dicembre 1924, dinanzi alla bara del maestro, dinanzi agli occhi pieni di lacrime di una folla reverente, nel Duomo di Milano, quella pagina musicale trovò la sua più alata espressione.]

Illustre e carissimo Maestro, [Franco Faccio]
Mi permetta di esprimerle, più col linguaggio breve e spontaneo del cuore che con cercate e complimentose frasi, tutto l'animo mio riconoscente per le cure veramente fraterne, mai disgiunte dal di lei magistero artistico, di che dettemi tante e così convincenti prove nella concertazione e direzione del mio lavoro.
Voglia credere, illustre Maestro, che io riconosco in così valida cooperazione artistica uno dei maggiori coefficienti che concorsero a farmi avere così gentile accoglienza dal pubblico milanese; né di tale efficace e per me giovevole cooperazione verrà mai cancellato dalla mia memoria il grato ricordo, per quanto liete o tristi vicende l'arte e la vita mi preparino per l'avvenire. Né minore riconoscenza dovrò serbare per gli egregi artisti che con impegno pari all'abilità interpretarono l'opera mia, e per il solerte corpo corale che studiò ed eseguì l'Edgar con zelo e slancio invero ammirevoli. Lascio poi a lei intero l'incarico di dire tutto quello che meglio può alla eletta schiera di professori la cui esecuzione perfetta ed eccezionale mi ha veramente commosso. [25 aprile]


Il 7 maggio scrive a Ricordi affinché faccia i passi necessari per l'acquisto dei diritti della Tosca di Sardou. Il 5 maggio muore la zia paterna Chiara, madre del canonico Roderigo Biagini. In giugno, a Vacallo, comincia a occuparsi del soggetto di Manon; la stesura del libretto viene affidata a Leoncavallo. In luglio, insieme al direttore Faccio e allo scenografo Hohenstein, viaggio a Bayreuth, finanziato da Ricordi: assiste ai Maestri cantori e al Parsifal diretto da Hermann Levi.

L'unica persona che mi ispiri fiducia e a cui possa confidar tutto ciò che passa per la mia testa, è Lei [Giulio Ricordi], che con tante prove mi ha dimostrato quanta benevolenza e immeritata fiducia mostra per me. [19 luglio]

In settembre a Vacallo.

1890

I Maestri Cantori alla Scala hanno avuto una buonissima esecuzione, specie la Gobbi. Ma non ci va nessuno. Qui tutti hanno l'influenza, compreso Faccio e molti dell'orchestra e dei cori. Ieri sera diresse Coronaro, con onore. [...] Io lavoro alla Manon e dopo farò il Budda. Ma ci vorranno degli anni prima che riesca a concretano. Intanto me ne occupo. [A Michele, 5 gennaio]


Il 26 gennaio, al Conservatorio di Milano, il Quartetto Campanari esegue l'elegia Crisantemi, scritta per la morte di Amedeo di Savoia, duca d'Aosta. All'inizio dell'anno la stesura del libretto di Manon Lescaut passa da Leoncavallo a Marco Praga, che chiede e ottiene la collaborazione di Domenico Oliva. In marzo inizia a comporre la musica, e probabilmente in settembre Praga rinuncia al lavoro, che viene proseguito da Oliva.

Sono tornato a Manon Lescaut, ma mi fa disperare il libretto che ho dovuto far rifare. Anche adesso, non si trova più un poeta che ti faccia qualche cosa di buono!
Vedesti Mascagni che successo? Era qui ieri, anzi fu a pranzo da me. [...] Domani vado in Svizzera a fissare la casa, e alla sera ho una seduta per il libretto e vado a pranzo da Ricordi. [A Dide, giugno 1890]

In estate e autunno a Vacallo.

Ho creduto bene inviarle il manoscritto di Oliva acciocchè lo legga e si faccia un'idea esatta dei difetti e delle contorsioni che racchiude. Ci sono delle buone cose, ma, per esempio, il quartetto è brutto. Non capisco perchè l'Oliva abbia abbandonato la traccia che era così chiara. [Vacallo, settembre 1890]




1891
All'inizio dell'anno Oliva conclude la sua collaborazione a Manon Lescaut, e viene chiesto l'intervento di Giacosa, che suggerisce di rivolgersi a Illica. Il 12 marzo muore, a Rio de Janeiro, il fratello Michele. Fra luglio e fine novembre a Vacallo, dove compone Manon Lescaut. In settembre prende in affitto una casa a Torre del Lago, sulle rive del lago di Massaciuccoli. Il 21 luglio, a Monza, muore Franco Faccio. Il 5 settembre, al Teatro del Giglio di Lucca, rappresentazione di Edgar (rimaneggiata ma ancora in quattro atti), con buon successo (13 repliche). In vista di nuove esecuzioni, l'opera viene ulteriormente rimaneggiata e ridotta in tre atti. Il 28 novembre Sardou concede a Ricordi i diritti per la Tosca.

L'idea di trarre un libretto da Tosca di Sardou era nata in Puccini già mentre lavorava a Manon, dopo aver sentito per la prima volta il dramma recitato da Sarah Bernhardt. Ma successivamente, pur dopo averne parlato ad illica, il maestro non ci pensò più. Fu soltanto dopo Bohème che la sua attenzione si fermò nuovamente su Tosca. Nel frattempo, però, Illica era entrato in trattative con Franchetti al quale la trama del libretto era piaciuta. E ci volle, poi, tutta l'abilità di Illica e di Giulio Ricordi per riprendere Tosca a Franchetti e ricondurla a Puccini che finalmente si era deciso a musicarla.
Anche per questa nuova collaborazione Puccini, Giacosa, Illica, le trattative e le discussioni furono lunghe e laboriose. Vi si aggiunse anche lo stesso Sardou, dal quale il maestro si era recato, e fu soltanto dopo mesi e mesi di modificazioni e di rifacimenti che il libretto prese quella forma definitiva, in tre atti, che tanto piacque al grande drammaturgo francese, da fargli dichiarare che, forse, la visione dei due librettisti italiani valeva più della costruzione originale del dramma.
Malgrado questo, durante il lavoro, come era avvenuto per
Bohème e come avveniva sempre, Puccini di tanto in tanto esigeva dai suoi poeti trasformazioni, tagli, sostituzioni di versi. Sopratutto certe lunghezze preoccupavano il maestro. Allora, non soltanto interveniva, regolatore, il Giacosa. Ma lo stesso Puccini, con spietata volontà, riassumeva in poche parole la prolissità di certe situazioni.
Valga per tutte la scena dell'ultimo atto, quando Cavaradossi dà l'addio alla vita. Nel copione originale del libretto, il pittore condannato a morire avrebbe dovuto cantare una specie di Inno latino, così chiamato perché egli, in questo squarcio, rivedeva la sua arte, la sua patria, i suoi sogni, le sue speranze, in una rievocazione più letteraria e generica che non comportasse lo spasimo del momento.
Puccini, con il suo istintivo sentimento di umanità, non poteva, viceversa, ammettere se non che il rimpianto di Cavaradossi fosse per la donna amata che egli non avrebbe rivisto mai più. E l'inno latino si trasformò, così, in quell'efficacissimo muoio disperato che doveva entrare, poi, indelebilmente, nell'anima di tutti i pubblici.

1892
Il 28 gennaio, al Teatro Comunale di Ferrara, prima rappresentazione della versione in tre atti di Edgar. Il 15 febbraio parte per Madrid dove, al Teatro Reale, Mancinelli dirige Edgar. Altra rappresentazione di Edgar il 5 marzo al Teatro Regio di Torino. In estate Illica conclude l'elaborazione del libretto di Manon Lescaut. Il 20 agosto a Brescia per Edgar al Teatro Grande. Il 29 novembre è ad Amburgo per una esecuzione delle Villi allo Stadttheater; a Vienna conosce Angelo Eisner.

1893 All'inizio di gennaio a Torino, per le prove della Manon Lescaut, prima rappresentazione al Teatro Regio il 1° febbraio; grande successo.

La sera del primo febbraio 1893 segnò il primo grande, indiscusso trionfo di Giacomo Puccini.

«Da pochi istanti» scriveva un cronista ad un giornale milanese «Manon ha emesso il suo ultimo grido ineffabile, straziante. La tela è appena calata, e Puccini e i suoi interpreti sono rientrati nel buio del palcoscenico dopo aver affrontata la luce della ribalta ove li hanno chiamati non le voci, ma le grida di un immenso pubblico trasportato, entusiasta. L'eco delle ultime note dell'orchestra, epilogo del dramma passionale, umano, si è ormai perduta, ed io sono qui, confuso, intontito, sbalordito, e ciò che più importa profondamente commosso: commosso fino alle lagrime. E non sono il solo. Con me ha pianto il pubblico, e confessano d'aver pianto critici musicali torinesi, conosciuti per il loro riserbo e la loro freddezza. Domattina lo confesseranno essi stessi nel loro giornale.»

La Gazzetta Piemontese così chiudeva la sua critica:

«Le ultime parole di Manon implorano dal cielo l'oblio delle sue colpe e richiamano nell'orchestra il tema del minuetto del secondo atto che quasi più non si riconosce tanto è cupamente funebre. Manon muore. Di nuovo le quattro battute dell'introduzione, nella identica tonalità, ritornano a richiamare l'idea dell'infinito. E la parentesi è chiusa e l'opera finita. Ma non finisce così presto l'ovazione del pubblico. L'entusiasmo sale ad un livello altissimo: si grida, si urla, si vuole il Puccini.»

La Gazzetta del Popolo affernava che di fronte a quest'opera «si rimane intontiti, vinti dalla
commozione, e l'applauso prorompe unanime, entusiastico, come un bisogno di persuadersi che non si tratta che di una finzione scenica». E concludeva: «Puccini ha vinto la grande ed ardua battaglia».

Il Corriere della Sera constatava:

«Dall'Edgar a questa Manon il Puccini ha saltato un abisso. L'Edgar si può dire sia stata una preparazione necessaria, tutta ridondanze, tutta lampi ed accenni. La Manon è l'opera dell'ingegno conscio di sé, padrone dell'arte, creatore e perfezionatore. La Manon si può dire un'opera di carattere classico. Il Puccini è veramente ingegno italiano. Il suo canto è quello del nostro paganesimo, del nostro sensualismo artistico. Ci accarezza e ci penetra».

Era, dunque, la grandiosa rivincita, come Puccini voleva. Dopo l'Edgar, sul cui libretto aveva sprecata tanta bella musica, il maestro non si fidava più. Aveva imparato a sue spese che per comporre un'opera vitale occorreva un buon soggetto. Manon l'affascinava. Poco gli importava che altri prima di lui avesse rivestito di note l'incostante passione dell'amante di Des Grieux.
Bastava saper trarre dai ricchi elementi del romanzo un bell'impianto pittoresco e teatrale.
Fu Marco Praga che per il primo se ne occupò:

«Era, non ricordo bene se la primavera o l'autunno del 1890. [...] mi trovavo una sera, come di consueto, al Savini a far la partita, quando entrò Puccini che voleva parlarmi. Uscimmo insieme e ci incamminammo per la Galleria. Subito, a bruciapelo, mi disse: "Ti mi devi fare un libretto". Confesso che, per quanto l'improvvisa proposta mi stupisse, l'amicizia e l'ammirazione che nutrivo per Puccini fecero sì che mi schermissi soltanto debolmente. Libretti non ne avevo scritto mai, non avevo mai pensato di scriverne. "Non importa," ribadì il maestro "tanto più che nemmeno dovrai occuparti della scelta dell'argomento: è Manon Lescaut. Tu hai la visione teatrale sicura. Sai costruire. Se non vorrai verseggiare [...] sceglierai tu stesso un collaboratore di tua fiducia e di tuo gradimento."
«"Se è per questo" risposi "il poeta lo trovo subito." [...] Domenico Oliva [...] mi parve il più adatto, e lo proposi senz'altro a Puccini che accettò. Prima di lasciarci mi raccomandò di rileggere il romanzo di Prévost, di non occuparmi affatto del libretto della Manon di Massenet per non fuorviarmi nella mia ideazione, e di gettar giù al più presto una trama [...]. Scrivo la trama. La sottopongo ancora a Puccini e a Guido Ricordi. E approvata. Domenico Oliva [...] scrive rapidamente i versi. Il libretto è completo. Nell'estate - la famiglia Ricordi villeggiava allora a Cernobbio - ci rechiamo là con Oliva e Puccini, e si fa la lettura. Era presente anche Paolo Tosti. Il successo fu completo. Tosti affermò di non aver mai letto libretto più bello e più efficace. [...] A Milano si stipula il contratto [...]. Ma tanta serenità durò poco. Il maestro non era, qualche mese dopo, più soddisfatto dell'impianto e della divisione degli atti. [...] Né, a mia volta, mi sentii di cambiare la struttura del libretto e declinai l'incarico lasciando arbitro assoluto Domenico Oliva con la più ampia libertà. Oliva seguì il consiglio di Puccini. Rifece tutto. [...] Ma anche stavolta le cose non procedettero lisce. Ad ogni momento Puccini voleva mutamenti e trasformazioni. Oliva, alla fine, si stancò. Venne da me. Dichiarò che non intendeva di lavorare più oltre e rinunciava, a sua volta, all'impresa. Fu allora che, per incarico di Ricordi, intermediano il Giacosa, riprese e continuò l'opera nostra Luigi Illica.»

Il lavoro di Illica non fu breve né facile [...]. Il maestro intanto, per non perdere tempo, musicava tranquillamente il quarto. E Giulio Ricordi non tremava più. [...] Ma, a cose finite, allorché si trattò di chiamare all'appello la schiera degli autori di Manon per autenticare la paternità del libretto, nessuno volle assumerla in proprio. O tutti o nessuno, si disse. E fu deciso l'anonimo. Ma da quell'anonimo doveva scaturire poco più tardi quell'illustre binomio che diede all'arte musicale italiana tre libretti mirabili: Bohème, Tosca e Butterfly.
Qualche anno dopo Luigi Illica così scriveva a Giulio Ricordi:

«L'intervento di Giacosa nella famosa quistione fra me, Oliva e Praga, per Manon, diede una simpatica origine alla collaborazione di poi, collaborazione che, certo, solo la morte poteva troncare.»

Il 19 o 20 marzo Leoncavallo lo informa che sta scrivendo La bohème. Il 22 marzo Giacosa si complimenta con Illica per la sua sceneggiatura del romanzo di Murger. Il 24 marzo sul "Corriere della Sera" Puccini informa i lettori che sta occupandosi, da circa due mesi, della Bohème: l'annuncio è stato presumibilmente redatto da Illica. In aprile si interessa alla novella La Lupa di Verga. A fine maggio gli viene consegnata la versificazione completa del I e Il quadro della Bohème, il III quadro alla fine di luglio, all'inizio di settembre il IV. Il 7 novembre, allo Stadttheater di Amburgo, Manon Lescaut diretta da Otto Lohse, sostituto di Mahler. Riacquista la casa natale di via di Poggio a Lucca.

1894 In gennaio a Napoli, per la Manon Lescaut al Teatro San Carlo (21 gennaio); il 7 febbraio la stessa opera alla Scala con ottimo successo. In maggio a Londra per la Manon Lescaut (14 maggio). In giugno incontra a Catania Giovanni Verga, ma il progetto di musicare La Lupa viene abbandonato. Il 27 giugno muore il prozio Cerù. Compone il Piccolo valzer per pianoforte.

1895
In molti teatri italiani viene rappresentata la Manon Lescaut. In agosto Franchetti rinuncia alla Tosca, della quale comincia a occuparsi Puccini. Trascorre l'estate (dal 28 giugno al 20 ottobre) nella villa del conte Orsi Bartolini, detta "del Castellaccio", a Uzzano presso Pescia, e qui porta a termine il secondo e il terzo atto della Bohème, e inizia il quarto. In ottobre, a Firenze, rivede la Tosca di Sardou con Sarah Bernhardt. Il 10 dicembre termina la composizione della Bohème.

Natale festosissimo, quello del 1895, in casa Giacosa. Natale, diremo così, di liberazione. Bohème era finita.

Sul finire di dicembre è a Torino, per seguire l'allestimento della Bohème. Compone Scossa elettrica, marcia per pianoforte.

1896
Il 1º febbraio, al Teatro Regio di Torino, prima rappresentazione di La bohème: grande successo.
Uno strano presentimento era nell'anima di Puccini quando Ricordi decise di dare la prima rappresentazione di Bohème al Regio di Torino. I fatti gli diedero ragione. Dove più l'entusiasmo dei critici che avevano inneggiato a Manon come ad un capolavoro? Il pubblico, no. Il pubblico fu fedele al maestro, e tanto giusto quanto ingiusta era stata la critica. Il successo, da quella prima sera - 1° febbraio 1896 - andò rapidamente crescendo di calore, di valore, di intensità. Ma, all'indomani, nei giornali torinesi, che fulmini, quanti ammonimenti e quanta indignazione!
Nella Stampa, Carlo Bersezio non perdonava al Puccini «di scrivere la sua musica con molta fretta e con poco lavorio di selezione e di limatura». Definiva quella di Bohème «musica che può allettare, difficilmente commuovere». Affermava: «anche il finale dell'opera, così intensamente drammatico, non mi pare adeguatamente colorito e vestito di forme musicali». Concludeva - che il buon Dio glielo perdoni -: «La Bohème come non lascia grande impressione sull'animo degli uditori, non lascerà grande traccia nella storia del nostro teatro lirico, e sarà bene, se l'autore, considerandola come l'errore di un momento, proseguirà la strada buona e si persuaderà che questo è stato un breve traviamento dal cammino dell'arte».
Luigi Alberto Villani, nella Gazzetta di Torino dichiarava che «la musica di Bohème è vera musica fatta per il godimento immediato, musica intuitiva. Su questo punto di partenza sta il suo elogio e la sua condanna».
Ancor più violento fu il Berta nella Gazzetta del Popolo: «Noi ci domandiamo che cosa spinse il Puccini sul pendìo deplorevole di questa Bohème. La domanda è amara e noi non l'avanziamo senza una punta di dolore, noi che abbiamo applaudito e applaudiremo sempre a Manon nella quale si rivela un compositore che sapeva sposare il magistero orchestrate alla più sana italianità di concezione. Maestro, voi siete giovine e forte, voi avete ingegno, cultura e fantasia come pochi hanno: oggi vi siete levato il capriccio di costringere il pubblico ad applaudirvi dove e quando avete voluto. Per una volta tanto sta bene. Ma nell'avvenire tornate alle grandi e difficili battaglie dell'arte».
Come risposta, Bohème iniziava, da quella sera, il suo trionfale giro nel mondo.

La bohème a Roma (23 febbraio) e a Napoli (14 marzo). In aprile a Palermo, per La bohème al Teatro Massimo (18 aprile). Compone Avanti Urania!, lirica per canto e pianoforte. In novembre viene completato il libretto della Tosca.

1897
La bohème alla Scala di Milano (15 marzo). Insieme a Tito Ricordi segue le rappresentazioni della Bohème a Manchester (22 aprile), a Liverpool, a Glasgow (26 aprile), a Londra, a Bruxelles. Rientra a Milano il 10 maggio. Il 6 maggio, al Teatro La Fenice di Venezia, prima rappresentazione della Bohème di Leoncavallo. La bohème alla Krolloper di Berlino (22 giugno). Il 18 settembre a Vienna, Theater an der Wien, per La bohème (5 ottobre). In novembre a Roma con Giulio Ricordi, per partecipare alle sedute della Commissione Permanente per l'Arte Musicale presso il ministero della Pubblica Istruzione: devono essere nominati i direttori dei Conservatori di Parma e Genova. Conosce don Pietro Panichelli. Compone l'Inno a Diana, per canto e pianoforte.

1898
In febbraio a Parigi per organizzare le recite della Bohème all'Opéra Comique. Torna a Parigi all'inizio di aprile, ma La bohème va in scena solo il 13 giugno; a Parigi, insieme a Illica, incontra Sardou per discutere della Tosca.

Io sono qui in pensiero. Vorrei essere già fuori di qui per il mio lavoro. Qui non posso lavorare, sono troppo eccitato di nervi e senza la tranquillità che mi è necessaria. A me un invito a pranzo mi fa star male una settimana; son fatto così e non mi si cambia a quasi 40 anni! È inutile insistere: non sono nato per far la vita dei salotti e dei ricevimenti! - A che prò espormi a far la figura del cretino e dell'imbecille? Vedo che sono tale e me ne accuoro tanto! Ma, ripeto, sono impiantato così - e lei mi conosce - solo lei - Tito no e lui continuamente insiste che mi sveltisca, ma è peggio con me l'insistere su questo argomento!
Non per far paragoni, poiché sarebbe ridicolo, ma Verdi ha fatto sempre il suo comodo e ciò non per tanto ha fatto quel po' po' di carriera!
Sino ad ora io ho, grazie a Dio, tutta la mia parte di successi e senza ricorrere a mezzi per i quali non sono nato! Io sono qui unicamente perché mi eseguiscano la mia musica come è scritta. Boldini mi fa un ritratto a pastello. Piove da giorni, è freddo ed io non sto bene, ho spesso abbattimenti enormi e dolori di testa. A giorni vedrò Sardou per definire l'eterno 1° atto.
[...] In molti luoghi dove sono stato ho trovato sempre persone che conoscono molto Manon e mi si dice che l'apprezzano più della loro. Questo mi ha fatto molto piacere. [15 maggio; a Giulio Ricordi]

Oggi si farà la lettura d'orchestra [di Bohème]. Quanto tempo perduto nella mise en scène! Sono di una lentezza snervante e demolente. Io sono dimagrato e la nausea per la Bohème è tale che sono sgomento a comunicare un po' d'entusiasmo, un po' di vitalità italiana a questi impiegati supini e passivi. Ora spero che si avvicini la fine di questa via crucis. [...] Non vedo proprio il momento di ritornare nella mia quiete! Come la desidero! [26 maggio]

Da luglio a settembre, nella villa del marchese Mansi a Monsagrati, dove termina il primo atto della Tosca.

Sono in una località brutta, odiosa, fra selve di pini dove si resta affogati per visuale, sbarrati da monti e illuminati dal sole che dardeggia, senza un po' di vento. La sera però è delizioso e la notte incantevole. Lavoro fino alle 4 di mattina, dalle 10. La villa è grande e in casa si sta benone. Insomma sono contentone di essermi rifugiato in questo luogo noioso dove l'essere umano è l'eccezione. Siamo soli veramente.
Manderò del materiale già strumentato ma la prego di non guardarlo perché la calligrafia è andata in peggio. Non so capire, ma invecchiando perdo quella proprietà nello scrivere che era una dote così spiccata in me! [31 luglio: a Giulio Ricordi]

Queste farfalle possono servire a darti l'idea della volatilità delle umane miserie. Come cadaveri ti rammentino che tutti dobbiamo soccombere alla sera; quando il mio cervello si distilla nel silenzio per colorire l'Eroina romana, io faccio da boia a queste povere e leggere creature. [a Caselli, 18 agosto, 2 di notte]

Io lavoro a Tosca e sudo dal caldo e dalle difficoltà che incontro, ma che saranno - spero -superate. [a Giulio - agosto]

In dicembre acquista una villa a Chiatri.

1899
In gennaio a Parigi per discutere con Sardou del finale della Tosca.

Stamani sono stato da Sardou per un'ora, e circa al finale mi ha detto cose che non vanno. La vuol morta a tutti i costi quella povera donna! [...] Ma io non io seguo certamente. Accetta la pazzia ma vorrebbe che svanisse, si spegnesse come un uccello. Poi nella reprise che Sarah farà ii 20, Sardou ha introdotto una grande bandiera sul Castello, volante e sfolgorante (dice lui) farà un effettone: vada per la bandiera (e lui ci tiene più che alla pièce adesso). Ma io sono sempre per il pianto e per la fine - fine e non éclatante.
Nel farmi lo schizzo poi del panorama Sardou voleva che si vedesse il corso del Tevere passare fra S. Pietro e il Castello!! Io gli ho osservato che il flumen passava dall'altra parte, sotto. E lui, tranquillo come un pesce, ha detto: "Oh questo è niente!" Bel tipo, tutta vita, fuoco e pieno di inesattezze storico-topo-panoramiche!... [...] Martedì mattina devo tornare da Sardou [...]che forse vorrà far morire anche Spoletta. Vedremo. [a Giulio Ricordi, 13 gennaio]

Conosce Riccardo Schnabl, a Parigi o a Monte Carlo dove passa tornando in Italia. Il 16 luglio termina il secondo atto della Tosca. Il 29 settembre termina il terzo atto della Tosca. In ottobre Ricordi esprime un parere decisamente negativo sul duetto Tosca-Cavaradossi del terzo atto.

La sua lettera mi ha fatto una sorpresa straordinaria!! Ne sono ancora impressionato. Pur non di meno sono sicuro e convinto che se Ella ripassa questo terzo atto la sua opinione si cambia! Non è orgoglio il mio, no. È la convinzione di aver colorito come meglio non potevo il dramma che mi stava dinanzi. [...] Così come è [...] mi sembra pieno di quella poesia che emana dalle parole. Oh, di questo ne son sicuro e si convincerà quando lo sentirà a posto e cioè sulla scena. Quanto alla frammentarietà, è cosa voluta da me; non può essere una situazione uniforme e tranquilla come in altri duetti d'amore. Ritorna sempre la preoccupazione di Tosca per la ben simulata caduta di Mario e relativo suo contegno davanti ai fucilatori suoi. Quanto alla fine duetto (il cosidetto Inno latino che non ho mai avuto il bene di vederlo scritto dai poeti) i miei dubbi ce li ho anch'io - ma spero che in teatro venga fuori e magari bene. Il duetto del 3° è stato sempre il grande scoglio. I poeti non mi hanno saputo dire (parlo della fine) niente di buono e di vero sopratutto. Sempre accademia, accademia e solite sbrodolature amorose. Ho dovuto arrangiarmi per arrivare alla fine senza troppo seccare gli uditori, evitando qualunque accademia.
Mugnone che più volte ha sentito questo 3° atto cantato da me ne è entusiasta, tanto da preferirlo al 4° di Bohème. Amici e quelli di casa mia ne hanno provato impressione ottima. Io, per la esperienza che ho e posso avere, non ne sono scontento. Non so davvero spiegare questa sua deleteria impressione. Prima di accingermi a rifare (e ci sarebbe il tempo?) farò una corsa a Milano e parleremo noi due soli, col piano e musica davanti a noi - e se la sua impressione persiste cercheremo da buoni amici il modo di salvarci - come dice Scarpia.
Ripeto che non è orgoglio il mio. È solo una difesa per un lavoro che ho pensato e che mi è costato tanto pensiero. [...] Dissento da lei per questo 3° atto. Sarà la prima volta che non ci troviamo d'accordo. Però io spero e arrivo a dirle sono sicuro, che Ella si ricrederà. Vedremo!
Oggi viene Toscanini da me - e forse ripartirò con lui domani o l'altro. Le telegraferò.

Il 24 novembre viene nominato Maestro onorario dell'Accademia Filarmonica di Bologna. Compone E l'uccellino, ninna nanna per canto e pianoforte.

Io dopo le sacramentali tre recite (se non mi fischiano alla prima), mi rendo latitante, nei boschi che furono asilo sicuro per tanto tempo a Tiburzi e compagni. Là, alle beccacce, sfogherò l'ira venatoria e mi rifarò dei patemi provati in trenta o trentacinque giorni di prove.
Sì, nel verde, nell'agreste, nel selvaggio della tanto splendida maremma, ospite di simpatiche persone, passerò credo i più bei giorni della mia esistenza. - Ma siete matti? Essere a caccia, dove veramente ce n'è, e dopo un successo! È il momento vero dell'animo tranquillo! Ne voglio profittare e mi ci tufferò. Altro che banchetti, ricevimenti, visite ufficiali!...
Io credo che l'opera avrà un'esecuzione hors ligne. Mugnone ci metterà tutta la sua grande anima di artista nel concertare e dirigere e tutti i bravi esecutori (già animati a dovere) faranno mirabilia e daranno tutto. Questa volta sono in buone mani: impresa, orchestra, artisti, direttore. Speriamo nel pubblico di Roma e sopratutto nella riuscita dell'opera, al fuoco della ribalta. Vedremo se veramente l'ho indovinata. [a Panichelli, dicembre]
1900
Il 14 gennaio, al Teatro Costanzi di Roma, prima rappresentazione della Tosca: sono presenti la Regina Margherita, molti membri del governo, Mascagni, Cilea, Franchetti, Sgambati. Successo con riserve da parte della critica; venti repliche.

La prima rappresentazione di Tosca, la sera del 14 gennaio 1900, al Costanzi di Roma, si svolse in un'atmosfera tutt'altro che calma e serena. C'era dell'ostilità contro Puccini e della diffidenza contro l'opera. La cronaca della serata è punto per punto segnata nel seguente telegramma alla «Gazzetta musicale»:

«lersera andò in scena Tosca. Folla enorme fino dalle ore 11 del mattino pigiavasi contro porte ingresso teatro. Appena principiò orchestra, rumori, grida di persone che non possono penetrare platea non permettono proseguire. Devesi calare sipario tornando da capo, appena ristabilitosi silenzio.
Atto primo: romanza Cavaradossi (De Marchi) Recondite armonie, replicata. Due chiamate. Te Deum finale effetto grandissimo. Fatto replicare con ovazioni entusiastiche. Cinque chiamate.
Atto secondo: scena tortura, grande effetto emozionante. Replicata preghiera Tosca (Darclée) Vissi d'arte. Fine atto quattro chiamate.
Atto terzo: completa il successo. Replicata scena Cavaradossi 'E lucevan le stelle'. Replicata chiusa duetto Tosca-Cavaradossi. Totale dieci chiamate delle quali sei entusiastiche a Puccini, fine opera. Totale ventun chiamate, cinque pezzi replicati.
Esecuzione complessiva eccessivamente nervosa, causata parte da emozione prima sera, parte dal panico per lettere minacciose mandate esecutori e voci di probabili attentati. Queste sono le arti cui ricorsero, inutilmente, invidiosi della fama dell'autore.

Si era, infatti, non si sa se a caso o ad arte, diffusa quella sera la voce che sarebbe stata lanciata in teatro una bomba. Bastò il tumulto della folla che non poteva entrare nella sala del Costanzi, tanto grande era la ressa, per provocare la breve sospensione all'inizio dello spettacolo, fra il terrore generale. E forse fu per questo stato di nervosismo del pubblico che, dopo la prima rappresentazione, Tosca non fu giudicata secondo il giusto valore e non si credette in una nuova affermazione dell'arte pucciniana.
Soltanto il maestro poteva sentirsi sicuro di sé stesso e dell'opera sua. Egli che, dopo un giudizio sfavorevole di Giulio Ricordi, sulla musica del terzo atto, rispondeva pacatamente ma fermamente così:

Non è orgoglio il mio, no. È la convinzione di aver colorito come meglio non potevo il dramma che mi stava dinanzi.


Inizio relazione con Corinna. Il 17 marzo la Tosca alla Scala, 12 repliche. II 21 giugno, al Duke of York's Theatre di Londra, vede la tragedia giapponese di Belasco Madame Butterfly. La Tosca a Londra (12 luglio). Costruisce la villa di Torre del Lago. A Milano lascia l'appartamento affittato di via Solferino 27 e prende in affitto un appartamento in via Verdi 4, che manterrà fino alla morte.

1901
In marzo ulteriore rimaneggiamento di Edgar. Sempre in marzo, invio a Illica di una traduzione italiana della novella Madame Butterfly di Long. In aprile Ricordi ottiene l'esclusiva dei diritti per la Madame Butterfly di Belasco.

1902
In aprile lieve incidente automobilistico. In giugno Illica e Giacosa concludono il libretto della Madama Butterfly. Incontra l'attrice giapponese Sada Jacco e la moglie dell'ambasciatore giapponese in Italia. Il 16 luglio Fosca sposa l'impresario teatrale Salvatore Leonardi e si stabilisce a Milano. In agosto a Roma per le sedute della Commissione Permanente dell'Arte Musicale. Compone Terra e mare, lirica per canto e pianoforte.

1903
La sera del 25 febbraio grave incidente automobilistico a Vignola di San Macario, presso Lucca: frattura della tibia destra. Il 26 febbraio muore Narciso Gemignani, ed Elvira è vedova. Fine della relazione con Corinna. Acquista un villino a Boscolungo Abetone, dove trascorre la tarda estate. In settembre a Parigi, dove all'Opéra Comique (13 ottobre) va in scena la Tosca: grande successo di pubblico, molto negativa la critica.

1904
Il 3 gennaio, a Torre del Lago, matrimonio con Elvira Bonturi. La Tosca a Brno (22 gennaio). Il 17 febbraio al Teatro alla Scala di Milano prima rappresentazione della Madama Butterfly: clamoroso insuccesso, una sola rappresentazione. Il 28 maggio, al Teatro Grande di Brescia, Madama Butterfly (seconda versione): grande successo. A Londra, per la Manon Lescaut (17 ottobre) e Tosca (19 ottobre); in casa di Francesco Paolo Tosti conosce il banchiere David Seligman e sua moglie Sybil. In novembre a Genova per la Madama Butterfly (20 novembre). Gli viene diagnosticato il diabete. Compone Canto d'anime, pagina d'album per canto e pianoforte.

1905
Il 27 gennaio, nella Cappella della Casa di Riposo per musicisti, viene eseguito il Requiem per coro a tre voci, viola, armonium, composto per il quarto anniversario della morte di Verdi. Il 10 giugno, insieme alla moglie Elvira, si imbarca per Buenos Aires. Qui, dal 24 maggio a fine luglio, si svolge una stagione pucciniana, con la Manon Lescaut, La bohème, Madama Butterfly, Tosca e l'ultima versione di Edgar (8 luglio). Il 10 luglio, al Covent Garden di Londra, la Madama Butterfly (terza versione). In ottobre a Londra, per una ripresa della Madama Butterfly (27 ottobre).

1906
In febbraio progetta con d'Annunzio La rosa di Cipro. In marzo a Nizza. Il 4 maggio parte in automobile alla volta di Budapest, dove vengono rappresentate in ungherese, dirette da Reszö Mader, La bohème, Tosca e Madama Butterfly (12 maggio). Il 16 maggio, a Graz, assiste alla Salome di Richard Strauss. Sempre in maggio a Londra per La bohème, Tosca, Madama Butterfly. In luglio a Parigi per Madama Butterfly che però viene rimandata. In agosto i coniugi Seligman ospiti dei Puccini a Boscolungo Abetone. Il 2 settembre muore Giacosa. Il 25 dicembre in treno a Parigi con Elvira, per la Madama Butterfly all'Opéra Comique, in francese (28 dicembre, quarta e definitiva versione).

1907
Il 6 gennaio si imbarca per New York con Elvira per una stagione pucciniana al Metropolitan, iniziata il 18 gennaio con la
Manon Lescaut; il 10 febbraio ha luogo la prima rappresentazione in italiano della versione definitiva della Madama Butterfly. Il 21 febbraio registra su disco un breve discorso. Al Belasco Theatre di New York assiste al dramma di Belasco The Girl of the Golden West, che in estate sceglie come soggetto di una nuova opera. In giugno a Londra. In ottobre a Vienna per la Madama Butterfly (Hofoper, 31 ottobre).

1908
Da Napoli (dove assiste alla Salome di Richard Strauss), il 2 febbraio s'imbarca, con la moglie, per l'Egitto: sbarca ad Alessandria, visita il Cairo dove assiste alla Madama Butterfly, Heliopolis e Luxor; rientro a Milano alla fine di febbraio. In marzo a Roma per la Madama Butterfly al Teatro Costanzi (29 marzo). In estate a Chiatri, mentre Zangarini e Civinini lavorano al libretto della Fanciulla del West. Compone Casa mia, lirica per canto e pianoforte.

1909
Il 29 gennaio muore suicida Doria Manfredi, domestica in casa Puccini a Torre del Lago. All'inizio di febbraio, su consiglio dell'avvocato Nasi e di Giulio Ricordi, Puccini dà avvio alle pratiche di separazione consensuale dalla moglie. In aprile Teatro alla Scala assiste all'Elettra di Richard Strauss. In maggio-giugno a Parigi e a Londra. Il 6 luglio il Tribunale di Lucca condanna in contumacia Elvira alla pena di cinque mesi e cinque giorni di reclusione, a £ 700 di multa, al risarcimento dei danni da liquidare in separata sede e al pagamento delle spese processuali. Il 20 luglio riconciliazione fra i coniugi Puccini. La famiglia Manfredi accetta un risarcimento di £ 12.000, rinuncia all'appello e il 2 ottobre il Tribunale dichiara estinta l'azione penale.

1910
In giugno a Parigi, dove allo Châtelet si svolge una stagione di opere italiane con l'intero complesso del Metropolitan di New York diretto da Toscanini: di Puccini la Manon Lescaut (9 giugno). Negli stessi giorni all'Opéra Comique si rappresentano Tosca, La bohème e Madama Butterfly. Il 28 luglio informa Giulio Ricordi che ha concluso la composizione della Fanciulla del West; il 6 agosto termina l'orchestrazione. All'inizio di agosto Toscanini a Torre del Lago, per discutere della Fanciulla del West. In settembre gita in Svizzera con Elvira e Antonio. Il 9 novembre, insieme al figlio Antonio e a Tito Ricordi, s'imbarca per New York. Il 10 dicembre prima rappresentazione de La fanciulla del West al Metropolitan Opera House di New York, con buon successo. Alla fine di dicembre lascia New York.

1911
A Londra, prima europea della Fanciulla del West (29 maggio); la prima in Italia al Costanzi di Roma (12 giugno). In luglio, a Viareggio, incontra la baronessa tedesca Josephine von Stängel, che torna in Germania all'inizio di agosto. A Liverpool Fanciulla del West in inglese (6 ottobre), il giorno seguente banchetto in onore di Puccini offerto dal Lord Mayor, poi partenza per Torre del Lago, dove giunge il 17 ottobre, ma passando per Marienbad, dove incontra la von Stängel. In ottobre il ministro della Pubblica Istruzione Luigi Credaro lo nomina Cavaliere Ufficiale della Corona d'Italia.

1912
In febbraio viaggio a Budapest e Londra. All'inizio di aprile a Monte Carlo, per Fanciulla del West (2 aprile). L'8 aprile, a Bologna, muore la sorella Ramelde Franceschini. In primavera a Parigi, per Fanciulla del West (16 maggio) all'Opera; al Théâtre Marigny assiste al dramma La Houppelande di Didier Gold. A Parigi incontra d'Annunzio. Il 6 giugno muore Giulio Ricordi. Acquista lo yacht Cio-Cio-San. Il 15 e 16 giugno a Monaco di Baviera, all'inizio di agosto a Bayreuth per ascoltare il Parsifal, e da qui a Karlsbad. In novembre a Marsiglia per Fanciulla del West in francese (8 novembre), poi a Parigi e ad Arcachon, a trovare d'Annunzio, che gli propone La Crociata degli Innocenti. Compone Sogno d'or, ninna nanna per canto e pianoforte.

1913
In marzo a Berlino, per Fanciulla del West (28 marzo). In giugno a Parigi, poi a Monaco. In ottobre a Lipsia per la Tosca (4 ottobre), poi a Vienna, per la Madama Butterfly (12 ottobre) e per la prima austriaca della Fanciulla del West (24 ottobre); gli editori e impresari del Karltheater, Eibenschütz e Berté, gli propongono un'operetta. Puccini accetta, ma in dicembre rifiuta il soggetto che gli viene inviato, e propone di scrivere una commedia lirica, su una trama suggerita da Willner e Reichert, che verrà trasformata in libretto da Giuseppe Adami, con il titolo La rondine.

1914
Il 18 aprile viene firmato il contratto per la divisione dei diritti della Rondine. Nello stesso periodo Bernhard Herzmansky, per la casa editrice viennese Doblinger, gli propone, per un compenso di mezzo milione di corone, un'opera sul soggetto di Ouida Two little wooden shoes, ma in luglio Puccini rinuncia per difficoltà insorte nella cessione dei diritti. A metà maggio possibile incontro con la von Stängel a Monte del Lago. Trascorre l'estate a Viareggio. Alla fine dell'anno sono composti il I e II atto della Rondine.

1915
A causa della guerra in atto fra Italia e Austria (dichiarata il 24 maggio), la composizione della Rondine subisce un rallentamento, e prosegue invece l'elaborazione del libretto del Tabarro. In primavera acquista, «alla chetichella dei miei», un pezzo di pineta a Viareggio, forse con l'intenzione di costruirvi una villa, ma il progetto per il momento non ha seguito. In agosto, in Svizzera, incontra Berte, uno degli impresari del Karltheater di Vienna che, malgrado la guerra, conferma la validità del contratto per La rondine. Alla fine di ottobre comincia la composizione del Tabarro.

1916
In febbraio a Roma. In aprile La rondine è terminata, e in dicembre i diritti per Italia, Francia, Belgio, Inghilterra e America del Nord vengono acquistati da Sonzogno. Il 25 novembre termina l'orchestrazione del Tabarro. Compone il Pezzo per pianoforte.

1917
In gennaio vince il primo premio della lotteria indetta dal "Giornale d'Italia", consistente in un appezzamento di terreno nel comune di Fara in Sabina. All'inizio di marzo Forzano consegna il libretto di Suor Angelica, e prosegue l'elaborazione di Gianni Schicchi. Il 27 marzo all'Opéra di Monte Carlo prima rappresentazione della Rondine: buon successo. Il 3 aprile il principe Alberto I di Monaco gli conferisce le insegne di Grand'Ufficiale dell'Ordre de SaintCharles. In aprile inizia la composizione di Suor Angelica. La rondine a Bologna (5 giugno). In giugno Forzano termina il libretto di Gianni Schicchi. Il 14 settembre è conclusa l'orchestrazione di Suor Angelica. Il 7 ottobre La rondine al Teatro Dal Verme di Milano. Fine della relazione con Josephine von Stängel. Compone Morire?, lirica per canto e pianoforte.

1918
Il 20 aprile conclude l'orchestrazione di Gianni Schicchi. Il 14 dicembre, al Metropolitan Opera House, prima rappresentazione del Trittico; Puccini non è presente. Grande successo di Gianni Schicchi, molte critiche al Tabarro e soprattutto a Suor Angelica. All'inizio di dicembre a Roma per il Trittico.

1919
L'11 gennaio, al Teatro Costanzi di Roma, prima rappresentazione italiana del Trittico. Il 12 gennaio banchetto in onore di Puccini a Villa Ada. Il 10 febbraio riceve il titolo di Grand'Ufficiale della Corona d'Italia e l'invito a comporre l'Inno a Roma, che viene eseguito a Roma il 1° giugno. In luglio a Londra e a Parigi. In ottobre acquista la Torre della Tagliata presso Orbetello. Il 16 dicembre muore Luigi Illica.

1920
In marzo progetta con Simoni e Adami la Turandot. La seconda versione della Rondine al Teatro Massimo di Palermo (10 aprile); Puccini non è presente. Segue invece le rappresentazioni del Trittico a Venezia (25 aprile), a Firenze (2 maggio) e a Brescia (4 maggio). In giugno a Londra, per il Trittico (18 giugno); nello stesso periodo vengono rappresentate anche la Manon Lescaut, Tosca, La bohème e Madama Butterfly. In agosto a Bagni di Lucca con Simoni e Adami. A fine settembre a Vienna, per la prima esecuzione in Austria, alla Volksoper di Vienna, della Rondine in tedesco (9 ottobre); Puccini assiste anche al Trittico (20 ottobre) e alla Frau ohne Schatten di Richard Strauss (21 ottobre); il 14 ottobre, alla Konzerthaus, concerto pucciniano con Lotte Lehmann e Miguel Fleta. In dicembre con Adami studia una terza versione della Rondine.

1921
All'inizio dell'anno conosce il soprano Rose Aden. In marzo breve soggiorno a Monte Carlo per il Trittico (19 marzo) e
La fanciulla del West (22 marzo). In maggio per qualche giorno a Roma. Dal 16 al 26 agosto a Monaco. In ottobre a Bologna per il Trittico (27 ottobre). Costruisce la villa di Viareggio, e vi si trasferisce in dicembre.

1922
In gennaio a Milano per il Trittico alla Scala (29 gennaio). In febbraio e marzo a Roma per il Trittico e la Tosca; partecipa alle sedute della Commissione Permanente per l'Arte Musicale. All'inizio di giugno termina l'orchestrazione del I atto della Turandot e inizia quella del II. A metà giugno è concluso il libretto della Turandot. Il 20 agosto parte per una lunga gita con Antonio, Angelo Magrini e sua moglie Erminia, il loro figlio Gigi, Nello Magrini e sua moglie Ghiga, con due automobili: Bolzano, Innsbruck, Oberammergau, Monaco, Ingolstadt (dove il 28 agosto avviene l'incidente dell'osso d'oca nella gola), Norimberga, Francoforte, Wiesbaden (1° settembre), poi lungo il Reno fino a Colonia, l'Olanda fino al Mare del Nord, Amsterdam, Rotterdam, L'Aja (5 settembre), poi ritorno toccando Colonia, Heidelberg, la Foresta Nera, la Svizzera, e poi Viareggio, dove la gita termina alla fine di settembre. Il 2 ottobre muore la sorella Iginia, suor Giulia Enrichetta. All'inizio di novembre a Parigi per Gianni Schicchi all'Opéra Comique (6 novembre). Il 23 novembre a Fogliano, presso Cisterna di Roma, per una battuta di caccia. Il 26 dicembre, alla Scala di Milano, Toscanini dirige la Manon Lescaut per il trentennale della sua prima esecuzione.

1923
In maggio a Vienna con Antonio in automobile per la Manon Lescaut, che però viene rimandata; assiste invece alla Bohème (poco dopo il 6 maggio), Madama Butterfly (20 maggio) e Tosca (21 maggio). In primavera l'avvocato Alberto Sandrini, segretario del Fascio di Viareggio, gli consegna la tessera di iscrizione al Partito Nazionale Fascista ad honorem. Fine della relazione con Rose Ader. Il 19 luglio a Roma in automobile per partecipare alle sedute della Commissione Permanente per l'Arte Musicale. A Vienna per la Manon Lescaut (5 ottobre). In novembre ha un'udienza con Mussolini per l'organizzazione di un teatro nazionale. Alla fine dell'anno accusa forti dolori alla gola e tosse violenta.

1924
All'inizio di marzo disturbi alla gola, che vengono attribuiti a un osso d'oca inavvertitamente ingerito ii 28 agosto 1922, e che era stato estratto per mezzo di una sonda. Alla fine di aprile è a Milano per la prova generale (29 aprile) del Nerone di Boito alla Scala diretto da Toscanini, ma gli viene negato l'ingresso. Dal 1° al 15 giugno a Salsomaggiore. Il 7 settembre Toscanini è a Viareggio, in vista della rappresentazione della Turandot alla Scala. Il 18 settembre viene nominato senatore, ma non si reca a Roma. Il 26 ottobre visita la casa degli antenati a Celle. Ii 4 novembre, col figlio Antonio e Carlo Clausetti, parte per Bruxelles. Qualche giorno dopo viene ricoverato all'Institut de la Couronne. Il 24 novembre viene operato alla gola; il 27 appare in lieve ripresa, ma il giorno successivo, verso le sei di pomeriggio, si verifica un collasso, e il paziente entra in agonia. Muore alle undici e mezza del mattino del 29 novembre. Il 10 dicembre funerali a Bruxelles. Il 3 dicembre la salma giunge a Milano, nella chiesa di San Fedele, e il mattino successivo hanno luogo le solenni esequie nel Duomo di Milano, e la traslazione al Cimitero Monumentale nella tomba della famiglia Toscanini (il 29 novembre 1926 nella cappella di Torre del Lago).