LAURETO RODONI


«LA PUREZZA DELL'ELEMENTO SPETTRALE
È LA CHIAVE DI VOLTA DELLA MIA TECNICA»

OPERE DI GEORGES SEURAT ESPOSTE A ZURIGO

Una versione ridotta (riprodotta in calce) di questi 'appunti
per un saggio' su Seurat è stato pubblicato su La Regione Ticino il 2 novembre 2009

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CRONOLOGIA DI GEORGES SEURAT

GIUDIZI CRITICI

INTRODUZIONE DI ANDR
É CHASTEL


Aman-Jean, Ritratto di Seurat (1883)

Nato nel 1859, Georges Seurat trascorse gran parte della sua breve vita (morì nel 1891, a 31 anni appena compiuti, fulminato dalla difterite) a Parigi, con brevi soggiorni estivi, negli ultimi cinque anni, in località marittime della Normandia, per scopi esclusivamente pittorici.

La sua storia tende a confondersi con la cronologia delle sue opere; la sua personalità s'annulla dietro il lavoro, con una discrezione quasi aggressiva. Risultato di tale riservatezza è che Seurat appare come un artista che non abbia avuto giovinezza nel senso abituale di questa parola. [1]

Dal carattere riservato, riluttante a esprimere le proprie opinioni, Seurat si concentra sin dagli esordi della sua attività di pittore nell'incessante sforzo di esplorare ed elaborare non solo le esaltanti scoperte scientifiche sul colore (Charles Blanc, Eugène Chevreul
[2], James Clerk Maxwell, Ludwig von Helmholtz, Heinrich Dove) e sul senso delle linee (Charles Henry) ma anche le ricerche storiche e filosofiche della sua epoca. Figlio del suo tempo, Seurat vive quindi l'esaltante ebbrezza della nuova fede nei progressi della scienza. Da Blanc, per esempio, apprende con entusiasmo che «il colore è sottoposto a regole sicure che si possono insegnare come le note musicali». Anche Nicholas Ogden Rood ha un importante influsso su di lui. Rood studiò i colori e gli effetti ottici. Ma, mentre le teorie di Chevreul erano basate sugli studi di Newton incentrati sulla mescolanza della luce, quelle di Rood si basavano sugli scritti di Helmholtz, che studiava gli effetti delle mescolanze e delle giustapposizioni dei pigmenti. Per Rood, i colori primari erano rosso, verde e blu-violetto: come Chevreul, sosteneva che se due colori si trovano vicini, da una certa distanza sembrano un terzo colore. Inoltre, la giustapposizione di tinte primarie crea un colore più intenso e gradevole rispetto alla mescolanza diretta dei pigmenti. Rood poneva anche l'attenzione sulla diversità tra colori additivi e sottrattivi, poiché la luce e la materia colorata si mescolano in modi diversi:
Pigmenti: Giallo + Rosso + Blu = Nero
Luce: Giallo + Rosso + Blu = Bianco.
[3]

Le opere degli impressionisti sono per Seurat e per i suoi amici
[4] che condividevano la sua Kunstanschauung (tra cui Paul Signac, suo amico fraterno, e Camille Pissarro)


Georges Seurat
Ritratto di Paul Signac

una rivelazione sconvolgente: in esse scopre un mondo nuovo dove ogni accademismo è bandito e dove i colori, resi in tutta la loro ricchezza e luminosità, si affermano prepotentemente. Ma l'obiettivo fondamentale delle sue ricerche è andare oltre l'impressionismo senza però rinnegarlo, per individuare una sorta di 'sistema' (André Chastel) o di sintesi formale che gli consenta di fissare l'attimo «in una ieratica cristallizzata eternità» (Calvesi). Il critico d'arte Félix Fénéon coniò il termine di neo-impressionismo per indicare questa nuova tendenza della pittura. Seurat mirava a elaborare dipinti che potessero sfidare le opere del passato da una parte e reggere il confronto con quelle future, dall'altra. Come Cézanne, egli voleva fare «qualcosa di solido e duraturo come l'arte dei musei».

La grande rivendicazione della pittura moderna è la libertà d'invenzione e di esecuzione: qui, invece, ci troviamo di fronte a un pittore che sembra rinunciare d'un sol tratto a ogni sua opportunità, compiacendosi d'incatenare la spontaneità fin nei minimi movimenti. E, secondo una formula che mai ha avuto senso maggiore, questa strana operazione è condotta 'di deliberato proposito'. Lo afferma lo stesso Seurat a Charles Angrand: "La gente trova una poesia in ciò che faccio. No; applico semplicemente il mio metodo, nient'altro." [5]

Nutre profonda ammirazione per Piero della Francesca e per le opere egizie e assiro-babilonesi del Louvre. Si esercita nel copiare Ingres e Puvis de Chavannes. Studia l'opera di Delacroix «che egli persegue con tante attenzioni nel 1881, [e che] non risponde, come per Monet o per Pissarro, a una volontà di emancipazione, bensì alla ricerca delle leggi di una superiore invenzione.»
[6]

***

Come detto, agli impressionisti rimprovera la mancanza di rigore, il lato istintivo e casuale, basato sull'effimera realtà dell'attimo. Per Seurat la coscienza deve soggiogare l'intuizione.
L'esperienza impressionista si conclude, com'è noto, nel 1886, quando ebbe luogo l'ottava e ultima mostra, dove Seurat espone il suo capolavoro: Dimanche à la Grande Jatte, che si afferma come manifesto ufficiale del neo-impressionismo.


Un Dimanche à la Grande Jatte (205 x 308 cm)

Si tratta di una sorta di cronaca pittorica, vasta e attenta, di un pomeriggio domenicale dei parigini in riva alla Senna: una quarantina di personaggi guardano tutti nella stessa direzione, senza legami gli uni con gli altri, fissati in una sorta di ieratico affresco in cui il tempo sembra sospeso e sembra regnare unamisteriosa inquietudine. Preceduta da oltre sessanta di studi a olio o a carboncino, questa enorme tela può essere considerata una delle più complesse e stupefacenti composizioni dell'Ottocento. In essa il principio ottico della luce arriva alla sua formulazione puntinista. In Francia il fenomeno è detto pointillisme, ma Seurat preferiva il termine divisionisme, adottato anche dai suoi seguaci in Italia (divisionismo [7]). I colori non sono più mescolati sulla tavolozza, ma sono stesi, puri e separati ('divisi' per l'appunto) a linee, punti, virgole, tratteggi direttamente sulla tela in modo che la fusione avvenga nell'occhio di chi guarda. L'effetto di luminosità risulta così potenziato e lo spettatore ha l'impressione che dal quadro si sprigioni veramente la luce con la sua mobilità e con le sue iridescenze. [8]
Fénéon se ne servì per dimostrare i principi della nuova tecnica:

Se, per esempio, nella Grande Jatte di Seurat si considera un decimetro quadrato ricoperto di un tono di colore uniforme, su ogni centimetro di tale superficie si ritroveranno, in una ridda turbinosa di piccolissime macchie, tutti gli elementi costitutivi del tono. Un prato in ombra: tocchi più fitti e numerosi rendono il colore locale dell'erba; altri, di colore arancio e sparsi, esprimono l'azione solare poco sensibile; altri ancora, di porpora, fanno intervenire il complementare del verde; un blu cianico, provocato dalla vicinanza di una chiazza d'erba al sole, accumula le sue punteggiature verso la linea di demarcazione e le rarefà progressivamente al di qua di essa. A formare la chiazza concorrono due soli elementi, il verde e l'arancio solare, perché ogni reazione muore sotto quel furioso assalto di luce. Poiché il nero è non-luce, il cane nero si colorerà delle reazioni dell'erba e la sua dominante sarà perciò il porpora intenso, ma sarà anche attaccato dall'azzurro cupo suscitato dalle zone luminose vicine. La scimmia al guinzaglio sarà punteggiata di un giallo che è la sua qualità personale, e macchiettata di porpora e di oltremare. Insomma, certamente, a scriverle le indicazioni risultano brutali, ma nel dipinto sono realizzate in un dosaggio complesso e delicato. [9]

Essendo questa tela, come altre di Seurat di grandi dimensioni, estremamente fragile, non può essere spostata dalla sua sede attuale (l'Art Institute di Chicago). Ma a Zurigo è esposto lo straordinario studio conclusivo, per certi aspetti (qualità tremula dell'atmosfera e densità del pigmento) perfino superiore alla stesura finale, che presenterà però una maggiore precisione nel dettaglio e una più accurata organizzazione compositiva e spaziale.


Etude d'ensemble pour Un Dimanche à la Grande Jatte (1884) - cat. 45 (70 x 104 cm)

Quest'ultimo bozzetto contiene già tutti gli elementi che compariranno nella versione finale.

Vibrante di luce e di colore in un crescendo di luminosità: dai toni scuri del primo piano, alle case e agli edifici del fondo, ogni elemento è tracciato e composto con spontaneità e naturalezza. Alcuni particolari subiranno ancora mutamenti: la figura sdraiata a sinistra in primo piano sarà resa con maggior realismo; riceverà evidenza la bambina che corre fra gli alberi; i piani del fondo diverranno più profondi e luminosi; e l'alternarsi di luci e di ombre, più complesso ed elaborato. [10]

Nello stesso tempo in cui lo studio scientifico della luce raggiunge l'apice (cfr. supra), la realtà oggettiva così individuata non si pone davanti a noi con il suo contorno, con i suoi valori plastici e strutturali, ma entra nel campo dell'emozione visiva, delle suggestioni, delle sembianze misteriose e simboliche. Si pensi alle affinità tra musica, poesia e pittura, sostenute e discusse con grande convinzione, al simbolismo di Mallarmé, alla poesia delle «corrispondenze» baudelairiane, ai tentativi di «dar voce all'ineffabile» di Rimbaud. La realtà oggettiva e statica approda a una sorta di spiritualismo in cui si accendono evocazioni magiche, peregrine , sfuggenti. Il puntillismo è quindi una delle correnti artistiche più consapevoli e solide alle soglie del Novecento. Alla verità della natura subentra la verità dell'ideale grazie a uno strumento, la luce per l'appunto, che è il più immateriale e di certo il più adatto per indagare il mondo del mistero, dell'angoscia, dell'anima...

L'opera di Seurat può essere suddivisa in tre gruppi: i disegni, gli schizzi a olio e le tele di grande formato. Tra i disegni e gli olii di formato ridotto occorre distinguere quelli che si possono definire opere compiute


Le faucheur (1881-1882) - cat. 20


Le Jardinier (1882-1883) - cat. 25


Casseur de pierre à la brouette, Le Rancy, (1882)

da quelli che sono veri e propri studi preparatori delle grandi tele e quindi meditazioni sulle proprie opere. È a partire dal 1883 che Seurat esegue i suoi schizzi in vista di un programma ben determinato: l'elaborazione di un'enorme tela con bagnanti sulle rive della Senna.


Vêtements sur l'herbe: Étude pour Une Baignade, Asnière - cat. 39


L'Arc-en-ciel: Étude pour Une Baignade, Asnière - cat. 40


Le Cheval noir: Étude pour Une Baignade, Asnière - cat. 41


Étude complète pour Une Baignade, Asnière - cat. 42 (16 x 25 cm)


Une Baignade, Asnière (201 x 301 cm)

Si tratta della prima opera di grandi dimensioni dipinta da Seurat. A differenza degli impressionisti, Seurat si propone di rappresentare "un'arcadia democratizzata".

Rispetto a tutte le implicazioni ovvie e 'normali' di Une Baignade, quelle poetiche sono altrettanto forti. Il trionfo di Seurat è di aver raggiunto la verosimiglianza intellettuale e visiva applicando la logica e la scienza. E perché no, dopo tutto? Prima di potersi applicare completamente, alcune menti hanno bisogno di ridurre i risultati delle loro conoscenze e delle loro sensazioni in una serie di giudizi astratti. Seurat fu una di queste persone. Così intorno al 1883, procedendo sistematicamente per analisi e classificazioni, egli aveva individuato per proprio uso le proprietà affettive della linea, del tono e del colore, ed aveva cominciato a formulare i principi in base ai quali ciascuno di questi elementi pittorici doveva essere usato in accordo reciproco, così da corrispondere esattamente al concetto emotivo dell'artista. Non si può forse esaminare nulla di più cerebrale e di più inibitore dell'ispirazione. E pure ispirazione è la parola che più si deve usare parlando di Seurat, perché non vi era nulla di meccanico e di uniforme nella sua pittura e la sua formula era sempre condizionata dalla visione. [11]

Nella mostra zurighese sono esposte 75 opere di Georges Seurat: 36 dipinti a olio e 39 disegni. Dei 36 dipinti a olio, 12 sono studi preparatori: per Un Dimanche à la Grande Jatte (5), La Seine à Courbevoie (1), Le port de Gravelines (1), Une baignade, Asnière (4), La Parade de Cirque (1):

 
Etude pour La Parade de cirque (1887) - cat. 73



La Parade de cirque (1887-1888) 100 x 150 cm

Anche tra i 39 disegni ci sono cinque studi preparatori: Jeune Femme (cfr. infra) e Singes per Un Dimanche à la Grande Jatte; L'Homme couché per Une Baignade, Asnière; Clown et trois personnages cat. 67, Clowns et poney - une Parade (cat. 69) per La Parade du cirque:

Seurat nelle sue opere giovanili ricorre all'uso della matita Conté e una carta molto porosa ed esegue disegni sprovvisti di tratto nei quali il bianco e il nero sono lavorati in zone di ombra e di luce. Questi disegni sono legati agli esordi del neo-impressionismo e privilegiano le periferie urbane, le rive della Senna (motivi cari anche agli scrittori naturalisti e simbolisti contemporanei di Seurat), umili figure umane al lavoro, campi di grano e alberi, animali. «La prima comparsa della 'scrittura rigorosa' di Seurat» scrive Chastel «si trova nei grandiosi studi in nero, a matita o a carboncino, trasposti talvolta in olio.» [12]
Nel paesaggio suburbano la prospettiva sfuggente e il vuoto esprimono la desolazione come in


Maisons (1881-1882) - cat. 53

Seurat abbandona quindi la traccia lineare e adotta la tecnica antitetica del chiaroscuro e del modellato. I dettagli vengono banditi e gli oggetti esistono soltanto nel loro volume, come in Le Chat blanc (cat. 18) e Jeune fille (cat. 33) in cui il pittore raggiunge vertici artistici assoluti.


Troncs d'arbres reflétée dans l'eau (1883-1884) - cat. 8


Cireur de bottes et son client (1884-1886) - cat. 14


Jeune Fille: étude pour Un Dimanche
à la Grand Jatte
(1884-1885) - cat. 33


Le Chat blanc (1883) - cat. 18

Dal 1885 al 1890 con la sola eccezione del 1887, Seurat trascorre qualche settimana sulle coste della Normandia in località sempre diverse: a Grandcamp (cat. 62), Honfleur (56-57), Port-en-Bessin (58), Le Crotoy (59), Gravelines (60, 61, 63, 64).


L'Hospice et le phare de Honfleur (1886) - cat. 57


Port-en-Bessin, entrée de l'avant-port (1888) - cat. 58


Le Crotoy, aval (1889) - cat. 59


Le Chenal de Gravelines: Grand Fort Philippe (1890) - cat. 60


Le Chenal de Gravelines: Un soir (1890) - cat. 61


Le Bec du Hoc, Grandcamp (1885) - cat. 62


Le Port de Gravelines: étude (1890) - cat. 63

La Plage, une barque à Gravelines (1890) - cat. 64

In un raro documento epistolare, Seurat scrisse che era per lui impellente il bisogno di «togliersi dagli occhi la luce dello studio per imprimere sulla tela, il più esattamente possibile, la vivida luminosità esterna in tutte le sue sfumature». Dipinge marine quiete, desolate, austere, scruta gli angoli dei porti, le banchine, la costa. Popola suoi scenari soltanto di navi, vele, fari, sporgenze rocciose. In questo mondo di solitudine e di malinconia, l'uomo è assente e la marina assurge a scorato paesaggio dell'anima. Ottiene stupefacenti effetti cromatici accostando, secondo la tecnica del pointillisme che affina sempre più di anno in anno, minuscoli punti di colori puri che all'occhio dello spettatore appaiono come un pulviscolo cromatico variegato.

Soltanto un grande dipinto è esposto a Zurigo, a conclusione di un limpido e denso percorso espositivo: si tratta dell'opera incompiuta Le Cirque (cat. 74, 185 x 155 cm).

L'estrema complessità e l'implacabile rigore strutturale di quest'opera non compromettono la spontaneità, la vivacità, il movimento, l'atmosfera fastosa della scena, in cui paradossalmente il fruitore riesce anche a percepire un aspetto essenziale di questo genere di spettacoli: l'improvvisazione.
Il mondo del circo, ai margini della realtà e della società, ispirò anche altri pittori, come Toulouse-Lautrec, Degas, Renoir. Anche Seurat si ispira al circo Fernando [12]

Il critico Georges Lecomt, qualche giorno prima della morte di Seurat, descrisse drammaticamente l'evento figurativo quasi congelato, nella sua mobilità, dalla disposizione delle superfici nel dipinto:

Quest'anno egli espone un circo: sulla pista galoppa, sfrenatamente e nella piena libertà della sua muscolatura, un cavallo. Una ballerina in piedi sul suo dorso in movimento danza o esegue numeri di equilibrismo. La velocità del movimento rotatorio fa sì che la bella e la bestia tendano verso il centro. Quando passano davanti al pubblico, un clown esegue a mo' di saluto un salto rapidissimo e pericoloso, con svolazzi che mettono in evidenza la flessuosità del suo corpo. Un domatore muscoloso, che indossa pantaloni molto aderenti, distende la gamba e descrive cerchi con una lunga frusta, per dare regolarità a quel vertiginoso galoppo. I violini accelerano febbrilmente il loro ritmo demoniaco, agendo da frusta su questa allegra cavalcata. La composizione è vigorosamente mossa. Per contrasto, gli spettatori che assistono a questo numero mantengono una passività assoluta. I loro volti e il loro contegno sono caratteristici di tipi e classi sociali differenti: quelli seduti nelle file più alte si appoggiano ai gomiti, pigri e indisturbati.


Se Le Cirque è incompiuto pittoricamente, in un'altra delle ultime opere, La Tour Eiffel (1889), Seurat rappresenta qualcosa di incompiuto, poiché la Torre nel 1889 non era ancora ultimata.
Viene inaugurata in occasione dell'Exposition Universelle, che celebra il centenario della rivoluzione francese, il 31 marzo 1889. Alta 298 metri, è costituita da varie parti in metallo, tenute insieme da giunti. Essa presenta quindi aspetti che potevano colpire Seurat: infatti è affascinato dalla modernità e dalla semplicità della forma geometrica e la considera come il simbolo della geometria e dell'architettura, come un trionfo del calcolo e dell'ingegneria, come un inno al verticalismo. Inoltre la Torre, al momento della costruzione, presentava una singolare somiglianza con le opere di Seurat, poiché era stata dipinta con pigmenti recentemente elaborati, che producevano l'effetto iridescente d'uno smalto.

La costruzione aveva sollevato le violente proteste di un gran numero di intellettuali che ritenevano il progetto assurdo. Seurat è il primo dei numerosi artisti che si ispirano alla torre; da Robert Delaunay a Bonnard, Gromaire, Chagall e altri diverrà motivo ricorrente nell'arte moderna. Il pittore la rappresenta alta e imponente in un cielo cosparso di una miriade di punti simili ad allegri coriandoli blu e arancio.

L'édifice s'élevant jusqu'au ciel possédait de surcroît le potentiel de faire voir cette prouesse technique sous une forme esthétique inédite, il avait tous les caractères d'un symbole. Il n'est pas étonnant que l'intérêt de Seurat ait été éveillé. Et l'artiste allait agir rapidement. Il fait de la construction symbolique son motif et son sujet en la fixant grâce à sa nouvelle technique et en y introduisant même une innovation: le bord coloré, peint selon la technique pointilliste, qui entoure la composition sur ses quatre côtés. [13]

Salmon scrisse che l'influsso di Seurat sul Novecento fu così profonda che dipinti come il Circo e lo Chahut

furono decisive anche per l'orientamento futurista:

Seurat si rivela ai nostri occhi incantati come il vero iconografo della sua epoca. Tutta la letteratura del naturalismo cade in polvere alla ventata che attraversa la Grande Jatte, e le gambe nere parallele dei canaglieschi burattini dello Chahut segnano un folklore durevole. Col tenero rigore della sua architettura, Seurat giunge a qualcosa che è al di là del pittoresco: un metapittoresco, la cui essenza resta al di fuori della notazione aneddotica, di quella notazione aneddotica che l'impressionismo prolunga innocentemente nella simpatica illusione di contenerla. [14]

Alla morte prematura di Seurat, Camille Pissarro scrisse: «Il Pointillisme è finito. Credo però che un giorno avrà una grande importanza per l'arte. Seurat ha davvero messo in moto qualcosa.» E in effetti questo genio schivo e apparentemente freddo fu uno dei pionieri, con Cézanne, Van Gogh e Gauguin, dell'arte moderna.


[1] André Chastel, in I. (cfr. infra la BIBLIOGRAFIA), p. 5.


[2] Eugène Chevreul (1786 - 1889) - Chimiste français, connu pour ses recherches fondamentales sur les corps gras et ses travaux sur les couleurs.
Né à Angers, Eugène Chevreul travaille comme chimiste dans l'usine de Nicolas Vauquelin en 1804 et devient, en 1810, préparateur du cours que donne celui-ci au Muséum national d'histoire naturelle. Il commence par étudier les colorants, puis les substances organiques, alors que la plupart des chimistes ne sont intéressés alors que par les minéraux. Il publie en 1823 ses Recherches chimiques sur les corps gras d'origine animale. Dans cet ouvrage majeur, il expose les lois communes aux composés minéraux et aux composés organiques, et propose notamment une théorie de la saponification, réaction chimique qui transforme les matières grasses en savon. Grâce aux procédés de dissolution, de fusion et d'ébullition fractionnées, il sépare les différents constituants de certains corps gras. Cette méthode lui permet notamment de mettre au point les bougies stéariques.
Nommé professeur de chimie et directeur des teintureries de la manufacture des Gobelins en 1824, il s'intéresse particulièrement aux matières colorantes, et découvre notamment l'indigotine, colorant bleu de l'indigo. Chevreul élabore également une théorie des couleurs qui influence de nombreux peintres, les impressionnistes notamment. Il est reçu à l'Académie des sciences en 1826, et succède à Vauquelin en 1830 à la chaire de chimie du Muséum, dont il assure la direction de 1864 à 1879.

[3] Le teorie di Seurat, insieme con quelle di Charles Henry, rivelano il passaggio maturato lungo la via tracciata da Charles Blanc e Humbert de Superville, da un insieme di cognizioni puramente scientifiche a una sorta di simbologia formale che prevede i rapporti, gli accordi, le rispondenze fra la sfera fisica e la sfera psichica, fra il mondo chiaro e ordinato delle linee e dei colori - il mondo governato la leggi ottiche e geometriche e il mondo assai più ambiguo e fluttuante (ma per loro solo apparentemente tale) dei sentimenti e delle sensazioni. Alla formulazione matura di tali teorie Seurat è arrivato ovviamente per gradi, ma senza conoscere deviazioni lungo il proprio percorso, studiando, sperimentando e perseguendo il proprio fine con un rigore e un'intransigenza che sarebbero sufficienti di per se stessi a qualificarlo come un personaggio eccezionale: spirito di ricercatore puro, figura quasi di profeta, è normale che si trovasse in breve tempo circondato da adepti, anche se la cosa non gli tornava troppo gradita; ma non è da credere che, a parte Signac, i suoi seguaci fossero altrettanto partecipi e consapevoli delle ragioni profonde che, nel pensiero di Seurat, giustificavano il carattere dogmatico della sua regola: pittori discreti, dotati di qualità medie, i vari Cross, Angrand, Luce si sono limitati ad assumere il nuovo linguaggio divisionista penetrandone unicamente l'aspetto esteriore ed adeguandosi ad una formula che, spogliata così della sua più intima vitalità, poteva talvolta divenire un impedimento alla libertà dell'espressione
La ricerca di Seurat, le mete a cui tende non sono nuove in senso assoluto nella storia della pittura: i suoi problemi di linguaggio sono anzi gli stessi già dibattuti dai massimi cultori della forma, da Piero della Francesca a Raffaello, da Poussin a Ingres, si ricollegano cioè ad una strada maestra nella storia della pittura, una strada che giunge fino a Puvis de Chavannes, tanto per citare un artista la cui conoscenza è stata indubbiamente illuminante per il giovane Seurat
In effetti ciò che colpisce a tutta prima in Seurat è la sua forma mentis, la sua disperata serietà nell'affrontare e risolvere i problemi della pittura: un atteggiamento che, per l'importanza che dava Seurat alla pittura, coinvolge anche il suo essere uomo, ogni sua aspirazione, ogni suo anelito; una disciplina morale che si traduce in volontà di equilibrio e di ordine, una chiarezza in quest'ordine che diviene strumento di conoscenza, capacità di penetrare le forme eterne del reale e insieme limpida elaborazione di un nuovo linguaggio, di un nuovo mezzo di comunicazione. Non pare più azzardato a questo punto fare il nome di Piero della Francesca e istituire un rapporto col Quattrocento italiano.
(R. NEGRI, Seurat e il divisionismo, in "L'arte moderna", I, 5, 1969).


[4] Lucie Cousturier, Maximilien Luce, Hippolyte Petitjean, Camille e Lucien Pissarro, Théo van Rysselberghe, Jeanne Salmersheim-Desgranges, Henry van de Velde, Willy Finch, Louis Hayet, Léo Gausson e Antoine de la Rochefoucauld, Henry-Edmond Cross, Charles Ongrand, Albert Dubois-Pillet...


[5] André Chastel, in I., p. 5.


[6] André Chastel, in I., p. 6.


[7] Tra i principali maestri del divisionismo italiano si ricordano: Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati, Angelo Morbelli, Filippo Carcano, Plinio Nomellini e Biagio Biagetti.
Di particolare interesse la scuola ligure con Rubaldo Merello, Cornelio Geranzani, Giuseppe Cominetti ed Eso Peluzzi, la scuola lombarda e quella piemontese.


[8] In realtà pochi compresero in Europa la vera lezione di Seurat, creatore di questa tendenza: Seurat dissociò i colori, cercò di usare anche i complementari con effetto simultaneo, si rifece dunque ai libri di fisica di Chevreul, Helmholtz, Sutter, ma il suo vero problema fu più complesso. Fu quello di portare la ricerca sperimentalistica a un rigore di rapporti proporzionali: come affermò Signac, che aveva capito le intenzioni di Seurat, occorreva "proporzionare la pennellata alla grandezza del quadro". Questa affermazione apre la strada a tutta la pittura del nostro secolo: perché il difetto della maggior parte dei divisionisti, specialmente italiani, era nella minuzia pedante degli accostamenti delle pennellate, di là da ogni misura interna: dietro Seurat c'era invece un problema analogo a quello di Piero della Francesca (da lui visto, come alcuni affermano, nelle copie di affreschi, giunte a Parigi in quegli anni), risolto però con la dissociazione dei colori, con le ombre colorate, la simultaneità dei rapporti spesso - ma non sempre -complementari. La severità compositiva di Seurat nasce però da una concezione libera, non pedante: pur tendendo a una nuova misura, che risolve gli elementi dell'immagine a due dimensioni con contorni a tocchi, più geometrici - che presuppongono una lunga attività disegnativa - alla fine, se si guarda con attenzione, Seurat domina le regole, se ne serve con libertà.
(G. BALLO, Pochi hanno capito la regola di Seurat, in 'Corriere della sera', 4 luglio 1971)

[9] FÉLIX FÉNÉON, in Les Impressionnistes en 1886, 1886.

[10] FIORELLA MINERVINO, in I., p. 101.


[11] D. COOPER, Georges Seurat. "Une Baignade ci Asnièes", 1946.

[12] A Montmartre una delle distrazioni preferite degli impressionisti era il circo Fernando. Da principio era stato soltanto un circo modesto che, dopo aver girato nelle periferie, aveva piantato le sue tende su un terreno incolto all'angolo di rue des Martyrs e boulevard de Rochechouart. Visto il successo riportato, il suo proprietario, un belga che diventato cavallerizzo da circo aveva preso
il nome di Fernando, fece costruire l'edificio in muratura che noi abbiamo conosciuto sotto il nome di Medrano. Questo Medrano, che avrebbe poi preso il posto di Fernando, era un clown famoso, Boum-Boum, adorato da tutti i bambini di Parigi. A Renoir piaceva l'atmosfera del circo, i vestiti sgargianti che scintillavano sotto le violente luci a gas della ribalta, e nel periodo in cui dipingeva Le bal du Moulin de la Galette, prima di rientrare in rue Saint-Georges gli Capitava spesso di fermarsi ai circo. Inevitabilmente questo l'avrebbe condotto a dipingere van quadri ispirati alla sua magia: Le clown blanc, Les jongleuses...
Degas, quando abitava in rue Blanche - si sarebbe trasferito in rue Victor-Massé so!tanto ne! 1886 - andava anche lui al circo, la sera, in compagnia di Gervex e di Forain. Oltre a Boum-Boum la grande attrazione era una mulatta: Miss La-la, detta la «donna cannone». Chissà perché, visto che il suo numero consisteva nell'issarsi sotto la volta del circo arrampicandosi su una corda liscia e, arrivata in cima, nel iasciarsi penzolare nel vuoto tenendosi aggrappata con i denti, mentre i tamburi ruilavano. Sempre attento ai gesti precisi degli acrobati, Degas fece numerosi schizzi, che gli servirono poi a creare nel suo studio il quadro Miss La-la au cirque Fernando. Non fu un successo: l'angolo dal quale aveva rappresentato l'acrobata scandalizzà i critici e ancora di più i pompiers. Questi ultimi, ignoranti oltre che presuntuosi, non erano riusciti a capire che Degas si era ispirato alla prospettiva dei soffitti del Tiepolo e de! Settecento itaiiano per la composizione del suo quadro.
Medrano avrebbe affascinato i pittori che seguirono gli impressionisti, in realtà quasi fino ai giorni nostri, poiché Toulouse-Lautrec gli dedicò la sua ce!ebre serie Le cirque, realizzata durante il suo internamento nelia casa di cura Saint-James per dimostrare che era in possesso di tutte !e sue facoltà mentali. Seurat ne rappresentò La parade e un numero di cavalierizzi in Le cirque, al Musée d'Orsay. Rouauit, Van Dongen, Picasso e moiti altri artisti contemporanei trovarono nei circo i soggetti di alcuni dei ioro quadri migliori. Quanto a Picasso, gli consacrò tutto ii «periodo rosa», che Fernande Olivier chiamava giustamente il «periodo dei saltimbanchi». [
VII. pp. 173-175]

[13] I. p. 138
[14] Oltre a lasciare ai posteri un'opera di notevoli capacità espressive, Seurat trasmette alle generazioni future delle illuminazioni estetiche, dei ritrovati tecnici di fondamentale interesse. E tra i primi pittori che alla fine del diciannovesimo secolo cercarono di liberare la pittura dalla costrizione del soggetto e dall'imitazione servile, di far sentire il potere dei volumi, cosa di cui il cubismo beneficerà ampiamente, di innalzare la natura a una espressione nuova, a effetti inattesi.

BIBLIOGRAFIA

I. Georges Seurat, Figure dans l'espace, a cura di CHRISTOPH BECKER e JULIA BURCKHARDT BILD, Hatje Cants, Catalogo della Mostra al Kunsthaus di Zurigo, 2009.

II. L'opera completa di Seurat, presentazione di André Chastel, apparati critici e filologici di FIORELLA MINORINO, Rizzoli, Milano, 1972.

III.MICHAEL F. ZIMMERMANN, Seurat, Rizzoli, Milano, 1992.

IV. ALFREDO DE PAZ, L'età postimpressionista. Scienza, soggettività e simbolo da Seurat a Klimt, Liguori Editore, Napoli, 2003.

V. Seurat, Signac e i neoimpressionisti, a cura di MARINA FERRETTI BOCQUILLON, Skira, Catalogo della Mostra a Palazzo Reale, Milano, 2008.

VI. L'arte nella società: l'impressionismo, a cura di Maurizio Calvesi, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1976.

VII. JEAN-PAUL CRESPELLE, La vita quotidiana a Parigi al tempo degli impressionisti, Rizzoli, Milano, 1988.

ERRATA/CORRIGE

terza colonna in fondo: addotti al posto di esposti
tra la quarta e la quinta colonna Popola e non
Popoli