VENERDÌ, 05 FEBBRAIO 2010

 

Muti: "Niente condizionamenti il mio unico partito è la qualità"

Esordio il 23 al Met di New York e poi il 24 a Chicago Io e Abbado

LEONETTA BENTIVOGLIO

ROMA «Il mio unico partito è la qualità artistica», replica asciutto Riccardo Muti a una domanda sui condizionamenti politici all'Opera di Roma, teatro che guiderà da quest'autunno. Il maestro è in partenza per New York: il 23 febbraio debutterà sul podio di Attila al Metropolitan per poi restare qualche tempo negli Stati Uniti, diviso tra le repliche dell'opera verdiana, una serie di concerti con la New York Philharmonic e impegni a Chicago, dove il 24 presenterà la sua prima stagione come direttore musicale della Chicago Symphony. «Da decenni ricevo inviti dal Met e mi sono sempre sottratto per dedicarmi ai miei incarichi stabili», riferisce al telefono dall'aeroporto. «Essendo questo un periodo di transizione, che precede l'avvio concreto degli incarichi a Roma e a Chicago, ho deciso per la prima volta di accettare». Perché esordire al Met con un Verdi minore come Attila? «Ma io amo tutto Verdi, e questa è un'opera che al Met non è mai stata rappresentata. È vero che è discontinua, però ha in nuce la grandezza verdiana che arriverà alla sintesi sublime di Falstaff.
Inoltre è possente nel riflettere il Verdi risorgimentale: con i suoi furori contro l'invasore traccia un implicito appello alla cacciata degli austriaci. Lavorerò con cantanti quali Ildar Abdrazakov, Carlos Alvarez, Violeta Urmana e Ramon Vargas. E Papa Leone sarà Samuel Ramey , che fece il ruolo di Attila con me alla Scala. La regia è di Pierre Audi, i costumi sono di Miuccia Prada e lo scenografo è Jacques Herzog, architetto del nuovo stadio di Pechino».

Maestro, pochi giorni fa Alemanno l'ha raggiunta per rassicurarla sullo stato problematico dell'Opera di Roma, che l'aveva indotta a mettere in forse il suo futuro ruolo.

«Gli ho riconfermato il mio impegno per un rilancio del teatro.
Le masse hanno un forte desiderio di riqualificazione e il potenziale c'è. Però considero intollerabili ingerenze estranee a ragioni artistiche, e il rischio è enorme nella città che funge da sede del potere politico. Un risanamento culturale non può prescindere da una rinascita morale, in senso etico e disciplinare».

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Alemanno le ha promesso di appoggiarla su questa linea?

«Ha recepito il messaggio. Voglio un gruppo di collaboratori validi e onesti all'insegna di un lavoro di squadra. Sono contento della nomina di Alessio Vlad come direttore artistico e sto parlando con lui di direttori d'orchestra e registi importanti da invitarea Roma, dove dirigerò, oltre alle opere annunciate ( Moïse et Pharaon nel dicembre 2010 e Nabucco nel 2011), due concerti all'anno. Sarà incrementata la stagione sinfonica e verrà creato un ponte tra i giovani e il teatro con incontri pubblici nelle università per spiegare le opere, come facevo a Milano».

E il risanamento economico? Il bilancio sembra disastroso.

«Il sindaco mi ha dato garanzie. Si prospetta l'intervento di sponsor privati: Roma è un palcoscenico dalle immense possibilità.
Inoltre, a beneficio del budget, ci saranno tournée all'estero e coproduzioni internazionali già avviate».

In estate il Ravenna Festival avrà un'impaginazione sorprendente: apre Abbado con l'Orchestra Mozart, chiude Muti con la Cherubini.

«Perché sorprendersi? Abbado già diresse a Ravenna i Berliner e io sono felice che ritorni. L'idea di un'inimicizia è frutto di fanatismi e di giochetti dei giornali».