BUSONI E IL FUTURISMO

 

Sui rapporti tra Busoni e il Futurismo, cfr. il mio libro Tra Futurismo e cultura mitteleuropea, la cui prima parte (introduttiva) è pubblicata in questo sito. Nella seconda parte è contenuto il carteggio Boccioni-Busoni ampiamente commentato.
In questo libro parlo anche delle opere boccioniane acquistate da Busoni, come la Città che sale o il grande Ritratto del Maestro Busoni.
 

F. Busoni

Futurismo della musica

 

Berlino, settembre 1912

Questa primavera nel giornale parigino «La liberté» (il numero mi è arrivato in ritardo) è stato annunciato il Futurismo nella musica. Il promotore conserva ancora l'incognito, ma in un manifesto proclama:
«I compositori di oggi, moderni passatisti, meritano soltanto il nostro disprezzo, in quanto inutilmente fabbricano opere originali con mezzi stantii... Apprendete dunque le leggi estetiche del futurismo...»
(Le quali non consistono poi in nient'altro che nella suddivisione dell'ottava in 50 intervalli: idea che proviene dalla fisica ed è stata presa piú volte in considerazione).
«Sappiate che prepareremo tra breve pianoforti, strumenti ad arco e arpe "comatici" (?), una completa orchestra "comatica". Contemporaneamente al lavoro dei compositori futuristi si compie l'opera della realizzazione. Nel chiuso delle officine spuntano le forme di famiglie di strumenti, la cui insospettata perfezione permetterà alle composizioni futuristiche una resa perfetta.»

Allo stesso tempo mi arriva una notizia simile da Mosca, dove sono all'opera nichilisti musicali.
Questo è giusto, mi piace: già da gran tempo seguo questa linea seppure soltanto come teorico. - (Già nel 1906 proposi la divisione dell'ottava in 36 intervalli; due succesioni di terzi di tono alla distanza di mezzo tono l'una dall'altra. - Lo «strumento universale» era già stato costruito in America: l'organo elettrodinamico; costò un milione, rimase a dormire e andò in rovina.)
Restano soltanto due domande. Primo: Sappiamo fare tutto quel che è vecchio e altrettanto bene dei vecchi, prima di cominciare qualche cosa di nuovo; Secondo: Abbiamo anche talento?
Alla prima domanda il manifesto risponde preventivamente in istile lapidario:
«Vogliamo muovere alla musica con animo vergine...»
«Noi togliamo il terreno sotto i piedi alle tradizioni...»
«Gli dèi musicali sono morti, a contatto con le loro creazioni non vibriamo piú.»
La questione dell'assenso rimane sospesa finché non si levi il sipario.
Fino a quel momento questo rimarrà anche «futurismo». Dopo diventerà presente. E lo stesso manifesto insegna: «Il presente è un concetto vano, dite "è", già non è più...»
- Tout passe -
Da Ferruccio Busoni, «Lo sguardo lieto. Tutti gli scritti sulla musica e le arti», a cura di Fedele D'Amico, Milano, Il Saggiatore, Saggi di Arte e di Letteratura, pp. 95-96.
 

F. Busoni 

Lettera aperta ad Hans Pfitzner

 

Hans Pfitzner pubblicò per le edizioni dei «Suddeutsche Monatshefte» un opuscolo intitolato «Futuristengefahr» [Pericolo futurista], che principalmente si dirigeva contro l'«Abbozzo di una nuova estetica della musica», edito dall'Insel-Verlag. La seguente lettera aperta è la risposta di Busoni a Pfitzner.
Zurigo, giugno 1917

Illustre amico,
Ella mi fa l'onore di esprimersi pubblicamente sul mio opuscolo. Ma mentre il mio scritto voleva apparire astratto e conciliante, e tenuto in guisa da non dirigersi contro nessuna singola persona, Ella dà alla Sua risposta un carattere polemico che si rivolge apertamente contro una persona sola, e trasforma l'astratto in qualcosa di personale e di definito nel luogo e nel tempo.

Già con il titolo «Pericolo futurista» Ella porta i suoi lettori fuori strada accumulando sul mio nome, agli occhi del pubblico, tutte le debolezze ed errori ch'Ella potrebbe eventualmente rinfacciare a un gruppo dal quale sono ben lontano.
In nessun luogo del mio opuscolo occorre la parola «futurismo» - io non ho mai aderito a una setta: - il futurismo, movimento del «presente», non poteva avere con i miei argomenti alcuna relazione.
Ella lamenta che nella mia trattazione io non abbia enunciato «qualche cosa di simile a una legge estetica»; ma il principio su cui si basa tutto il mio opuscolo è appunto rivolto contro l'enunciazione di leggi generali (come un impaccio alla libertà dell'arte).
Ella crede «però anche» che a molte persone la Sua visione dei problemi da me sollevati appaia ovvia : «A queste non sarà forse sgradito apprendere qualcosa che segue la loro stessa tendenza.»
Ma appunto per queste persone è scritto il mio libro: affinché alle loro orecchie arrivi qualcosa anche dall'«altra parte».
Mentre io non ho reso Lei artisticamente sospetto né presso i Suoi seguaci, né presso alcuno in genere, Ella di me delinea un ritratto inesatto e deforme, di me che Ella conosce soltanto attraverso la Sua replica.
Ella mi proclama pubblicamente come il negatore e dispregiatore di tutti i grandi compositori del passato senza riportare a riprova di un'accusa cosí mostruosa una mia sola proposizione, fondandosi solamente «sull'impressione generale che si riporta dalla lettura dell'opuscolo».
Perciò prima di tutto devo rimandare Lei e i Suoi lettori alla mia edizione del «Clavicembalo ben temperato» di Bach, che non può certo apparire redatta in un tono negativo e irriverente!
Se a pag. 10 io prorompo nell'esclamazione: «Mozart! L'uomo che cerca e che trova, il grand'uomo dal cuore di fanciullo, lui ammiriamo, a lui aderiamo», nessuno potrà fraintendere la venerazione incondizionata che vi si esprime.
Io sono un adoratore della forma! Sono rimasto sufficientemente latino per questo. Ma esigo - anzi lo esige il carattere organico dell'arte - che ogni idea si crei la sua propria forma da sé; il carattere organico, non io, si ribella contro la rigidità di un'unica forma per tutte le idee: già oggi, quanto piú nei secoli venturi!
I «legislatori» (Ella sa benissimo chi e che cosa questa parola simbolica vuol indicare) hanno costruito le loro formule in base alle creazioni dei maestri; queste precedono, quelle seguono - e a una distanza alquanto rilevante. - «Il creatore tende, in fondo, solo alla compiutezza. E nel mentre egli la armonizza con la sua propria individualità, una nuova legge sorge spontaneamente» (pag. 31 del mio scritto).
Dal «magico fanciullo» musica mi riprometto ancora l'insospettato al quale anelo: il totalmente umano e il superumano. È l'anelito la prima molla della realizzazione. Perciò non potrei e non vorrei precisare quali forme rivestirà questo sviluppo; allo stesso modo come la brama millenaria dell'uomo di arrivare a volare non poteva descrivere l'apparecchio che oggi esaudisce tale brama.
Se le mie «promesse» Le ricordano i romanzi di Jules Verne, non dimentichi che piú di una fantasia tecnica contenuta in quei libri è diventata oggi fatto compiuto.
Ma come descrive Lei lo svolgimento della vita del «magico fanciullo» musica?
«Allevato (pag. 10) dalla sua balia fiamminga, si fece un bimbo mirabilmente grande, robusto e sano, visse poi tempi beati nella pensione itaiana e ora, giovane forte e bello, è domiciliato da centocinquant'anni nella nostra Germania, dove si spera che si sentirà a suo agio ancora per lungo tempo».
Rifletta, stimatissimo amico, che col tempo anche il giovane piú forte, e piú bello, diventa vecchio, e che un mezzo provato per mantenere vigorosa la stirpe è l'«incrocio».
Ho troppo fiducia nella Sua onestà per pensare che quanto ho scritto con il migliore intento e volontà di pace sia stato svisato da Lei di proposito, sino a trasformarlo in dottrine dannose; sarà dunque un malinteso, che ho creduto mio dovere - trattandosi di un avversario tanto stimabile - chiarire con queste poche righe.
 

F. Busoni 

Lettera a Hugo Leichtentritt

 

Zurigo, 31.3.1918

Caro ed egregio dottore, [...] ora, dappertutto, si usa ed abusa del termine futurismo. Viene applicato a qualunque cosa che non sia altrimenti catalogabile. Questa parola è un controsenso. In fondo si tratta di sbalordire, la più fugace delle impressioni - e si dovrebbe dire: momentaneismo... Coloro che si dedicano e si votano al futurismo fanno piazza pulita di quanto è stato già raggiunto, e così si impoveriscono da sé. Quel che importa è arricchire i mezzi espressivi, raffinarli, e non creare castelli in aria, basati sul nulla, bensì costruire su basi solide, su fondamenta possenti.

Quei lavori che constano esclusivamente di questi nuovi tentativi sono da considerare studi e dovrebbero venir poi utilizzati per l'opera vera e propria, che si espande in tutte le direzioni. Così la penso io, e da vari anni, da quando ho raggiunto la «consapevolezza»; ed è in questo senso che ambisco portare a termine il mio piano. - - Dunque si rimarrà delusi quando esprimerò pubblicamente questa mia convinzione, ma nel frattempo la sconsiderata paroletta d'ordine della mente limitata del dott. Hans Pfitzner, autore di un pesantissimo saggio contro Busoni intitolato «Futurismo della musica») continua a produrre il suo effetto e non posso suonare un accordo di do maggiore senza che la gente sia presa dall'isteria futurista...
Ferruccio Busoni, «Lettere con il carteggio Busoni-Schönberg», Scelta e note di Antony Beaumont [Titolo originale «F. B. Selected Letters», Faber & Faber Limited, 1987]. Edizione italiana riveduta e ampliata da Sergio Sablich. Il carteggio Busoni-Schönberg è curato da Jutta Theurich. Traduzioni di Laura Dallapiccola. Milano, Ricordi-Unicop li, Le Sfere, 1988, pp. 376-377.