BUSONI BERLINESE D'ADOZIONE

1894-1906

1894
A New York termina «Das Wohltemperierte Klavier, erster und zweiter Teil, von J.S. Bach, BWV 846-869 und 870-893, für Pianoforte bearbeitet», KiV B 25. Nella primavera del 1894 Busoni rientra in Europa. Non ha piani precisi. Nessun posto di insegnante gli è stato offerto, e d'altra parte le amare esperienze già fatte in questo campo lo tengono lontano dal tentarne altre. Deve quindi contare soltanto sulle sue risorse di virtuoso e gettarsi alla vita concertistica. Il suo nome è già noto in tutta Europa e in buona parte del Nord America. Decide di stabilirsi a Berlino.

Passa tutta l'estate del 1894 a Berlino, dove ha affittato un appartamento nel tranquillo sobborgo di Charlottenburg (Kantstrasse 135). Lavora indefessamente al secondo volume del «Clavicembalo ben temperato» e prepara i nuovi programmi per i suoi concerti. I guadagni sono scarsi, derivanti in gran parte dal suo lavoro di trascrittore e di revisore, e certo insufficienti per soddisfare le esigenze del padre.

In autunno riprende i concerti. In ottobre suona ad Hamburg, con Mahler direttore d'orchestra: in programma il Konzertstük di Weber e una sua propria trascrizione per pianoforte e orchestra della Rapsodia Spagnola di Liszt con l'aggiunta di una introduzione sul tema (pure da Liszt) delle Follie di Spagna. In novembre altri concerti a Berlino, a Lipsia e di nuovo a Berlino, dove esegue l'op. 106 di Beethoven. In dicembre suona a Liegi e a Pietroburgo (in quest'ultima città commemora Anton Rubinstein, morto il 20 novembre 1894, interpretandone il 5º Concerto per pianoforte e orchestra).

Nel corso di quest’anno Busoni scrive una lettera a Giuseppe Verdi, che però non spedisce [l'originale italiano è perduto: si tratta di una ritraduzione dal tedesco di una traduzione tedesca fatta da Schnapp]:

Illustre e venerato Maestro, già da molto tempo è nato e s'è accresciuto in me il desiderio - che poi è divenuto una necessità, e ora è un bisogno incoercibile - di presentarmi a Lei, di entrare in un rapporto qualsiasi col primo compositore d'Italia, con uno degli uomini più nobili del nostro tempo. Sempre però la timidezza, la poca fama che potevo vantare, le insignificanti prove di talento di cui disponevo, mi hanno tolto il diritto di un rapporto cosí onorifico e straordinario. Non sono stato capace di intraprendere un passo che cosí facilmente avrebbe potuto assumere l'apparenza della presunzione, e comunque sarebbe valso come tale. La mia giovinezza trascorse fra studî severi, lavoro e meditazioni perseveranti, nutriti e sostenuti dalle arti e scienze germaniche. Ma avevo appena varcato lo stadio delle teorie, nell'età ch'è fra la giovinezza e la virilità - nella quale mi trovo ora -, quando cominciai ad afferrare e comprendere lo spirito e il cuore dell'arte. Relativamente troppo tardi dunque - voglia perdonarmi! - sono arrivato ad ammirare i Suoi capolavori e ad inebriarmene. Infine il Falstaff ha suscitato in me una tale rivoluzione dello spirito e del sentimento, che con pieno diritto posso datare da questo momento un'epoca nuova della mia vita artistica. […]

Per alcuni anni Busoni svolge soltanto attività di esecutore: anni di riflessione sull'esecuzione ma soprattutto sulla creazione artistica. Il Busoni dei trent'anni ha acquisito una tecnica trascendentale tale da essere paragonato a Franz Liszt e a Anton Rubinstein. Si compiace di programmi in massima parte virtuosistici: questo fatto da una parte entusiasma il pubblico, dall'altra irrita la critica. Del resto Busoni si è formato prendendo come modello Rubinstein, che ha avuto notevoli influssi sulla formazione della sua personalità: di Rubinstein gli rimane soprattutto quel senso del «monumentale» che il russo amava conferire a tutte le sue interpretazioni. Sono proprio le interpretazioni veementi suggerite dal «modello» Rubinstein che indignano la critica del tempo.

Già da qualche anno Busoni si sta occupando di studi su Bach. Nel 1892 ha pubblicato l’edizione delle Invenzioni (da BWV 772 - 801; KiV B 23] e nel corso di quest'anno il primo volume del Clavicembalo ben temperato (KiV B 25). Anche per Liszt, Busoni ha cominciato a nutrire viva simpatia, divenendone un fervente studioso sino ad essere considerato non solo il suo più autorevole revisore, ma uno dei collezionisti più appassionati dei suoi lavori: Busoni ne raccoglierà un numero enorme, così da formare una collezione quasi completa delle edizioni, postillate e annotate, volume per volume. Purtroppo questa raccolta, dopo la morte di Busoni, è stata dispersa, in una vendita all'asta, insieme a tutta la sua stupenda e rarissima biblioteca. 

1895
Nel gennaio 1895 è nuovamente a Berlino, scandalizzando la critica con la sua interpretazione («alla Rubinstein») della Sonata in si minore di Chopin. In febbraio è a Helsinki e a Bruxelles, in marzo a Kopenhagen, poi di nuovo a Berlino e a Lipsia: vita estenuante, senza riposo poiché la varietà e la ricchezza dei programmi obbliga Busoni a passare al pianoforte il pochissimo tempo che gli lasciano libero i viaggi e le prove. Alla composizione, nemmeno il tempo di pensarci. Per molti anni l'esistenza di Busoni trascorre così in continuo movimento, fra viaggi, concerti, prove, studio. I pochi momenti che la carriera di concertista gli lascia liberi, li dedica alla sua famiglia.

La sua fama di concertista va frattanto crescendo di giorno in giorno, e gli onorari che gli vengono offerti aumentano in proporzione. Dai 300 marchi (o franchi o rubli) dei primi tempi, giungerà in breve tempo ad ottenere il doppio. Ma il suo istinto di gran signore, le sue abitudini, i suoi gusti, la sua passione per i libri, la sua generosità, non gli consentono di accumulare un capitale.

Durante il mese di dicembre Busoni si reca in Italia per un giro di concerti: è il suo secondo viaggio in patria ed egli ne prova grande emozione. Suona a Verona, a Parma, a Milano, dove però viene accolto con diffidenza. Dovunque Busoni trova un livello culturale, in fatto di musica, avvilente. Si fa sempre più impellente in lui il desiderio di dedicare il meglio di sé alla restaurazione della vita musicale italiana.

Nel corso di quest'anno completa la sua seconda Suite per orchestra, la Geharnischte Suite, KiV 242.

1896
Fa una tappa a Vienna, per ascoltare D'Albert, e in questa occasione viene proposto anche a lui di fare un concerto. È questa la riscossa viennese di Busoni dopo le tante amarezze che la capitale austriaca (cfr. la lettera ai genitori in parte riprodotta sotto) gli ha procurato. Sono presenti al concerto tutte le autorità musicali di Vienna, fra cui Brahms e Hanslick, il quale così si è espresso sul giornale per cui scrive:

Fu tra il timore e l'attesa che ci preparammo a riudire dopo 20 anni il Busoni, già ammirato come novenne. Diciamolo subito, ch'egli ha complettamente [sic] realizzato le grandi speranze che avevamo fondato in di lui bambino. Busoni è ora uno dei primissimi fra i pianisti, e quello che il più di tutti si accosta a Rubinstein. Lo stesso gran tocco, la enorme sicurezza, la plastica straordinaria e la bravura inarrivabile del Rubinstein l'abbiamo rimarcate nel Busoni.
[Traduzione a memoria di Busoni stesso dell'articolo apparso sulla «Neue Freie Presse» del 23 febbraio 1896].

1897
Ai primi del 1897 conduce la sua famiglia a Trieste per passare qualche giorno con i genitori che ancora non conoscono il nipotino. Nell'estate del 1897 trascorre due mesi, solo, a Berlino, mentre sua moglie e suo figlio sono in villeggiatura: un’abitudine che egli rispetterà sempre in seguito, riuscendo così a sfruttare il periodo di riposo dai concerti per il suo lavoro di composizione. In questo periodo compone la Lustspiel-Ouvertüre für Orchester, op. 38, KiV 245. È questa la prima composizione in cui Busoni si volge allo stile mozartiano e italiano settecentesco. Evoluzione dovuta certamente all'impressione lasciatagli dal Falstaff di Verdi, che egli ha udito a Berlino nel 1894 [cfr. supra].

Nell'autunno fa il suo primo viaggio a Londra, dove conosce Willy Hess, Enrique Fernandez Arbòs, Arthur Friedheim. Benché il gusto musicale di Londra sia superficiale e borghese, dominato dall'influenza di Clara Schumann e di Joachim, Busoni riporta successi enormi di pubblico e di critica, tanto da essere immediatamente scritturato per Parigi e per Budapest. Scrive a Gerda il 31 ottobre:

La prima impressione di Londra è molto simpatica e proprio quale me l'aspettavo. Questa è finalmente una vera metropoli, la cui grandezza non sta solo nell'estensione e nel numero degli abitanti. Le strade sono animate in ogni direzione, non c'è un centro al limite del quale non cominci subito un altro centro. […] I negozi di libri e di mobili attirano subito l'attenzione per il buon gusto e la solidità della merce esposta. Le belle edizioni, per altro, non sono affatto a buon mercato... Per la strada si incontrano qui ancora degli originali, delle figure dickensiane, che fanno piacere a vedersi - in confronto alla uniformità berlinese e americana. Il pianoforte a coda che Bechstein mi ha destinato è ottimo, e spero che, con tale strumento, potrò dare agli ascoltatori la piena misura delle mie possibilità. Mi ha ricevuto il giovane signor Bechstein, lo stesso che ho incontrato una volta a Berlino e che mi è rimasto così simpatico! La Casa Bechstein è di un'architettura ammirevole, e tutta la disposizione del negozio è di primo ordine. Oggi ho incontrato Richter per la strada. Regentstreet (all'incirca la 14ª Strada), Piccadilly (circa la 23ª) e Oxfordstreet (corrispondente alla sesta Avenue di New York) sono tutte nelle mie vicinanze, e ci si incontra qui esattamente come sulla Friedrichstrasse a Berlino o sul Graben a Vienna.

1898
Nella primavera successiva, torna a Berlino. Scrive alla madre il 7 maggio:

[...] La mia stagione quest'anno non ha fine; al 14 del mese suonerò ancora a Gotha, per recarmi poscia a Londra per la gran stagione (Maggio e Giugno). La mia carriera è buona, piena di successi ed anche profittevole - ma anche le montagne sembrano azzurre da lontano, vaporose ed eteree - da vicino son fatte di terra e pietre comunissime con qualche boschetto seminato quà [sic] e là. Voglio dire che le mie rendite, lucrative in apparenza, son modeste in realtà, ed anche troppo. Dei miei incassi vanno

10 per cento a Wolff [il suo impresario]
5 per cento alle gabelle
20 per cento all'incirca per i viaggi
20 per cento all'incirca per voi
25 per cento per casa e vivere
Dunque 80, di cento, di spese regolari e fisse; di 15000 marchi se ne vanno in questo modo 12000, senza contare le spese extra. Nel mese d'aprile ho pagato 2400 marchi, in contanti.
Affitto 300
Debito a Petri 200
a voi 200
Mobilglio [sic] 100
Musica 100
Ritratti 180
Wolff 1000
Libraio 100
Sarto 100

Ed ora sono letteralmente al verde, senza speranze per l'estate a meno che Londra non paghi! Di solito, alla fine della stagione ero costretto di prendere un'anticipazione da Steinway. Questa volta non vorrei farlo ed ecco perché. Il prossimo autunno mi preoccupa per un gran progetto. Darò 4 concerti con Orchestra a Berlino e suonerò tutti i concerti per pianoforte ed orchestra da Bach fino a Liszt. Bisogna che mi riserbi i [sic] Steinway per farli assumere una parte delle spese. L'idea è monumentale, e farà grand'impressione e lascierà un gran ricordo, come spero. Che te ne sembra?

Ora compongo una nuova Sonata per Violino [Sonata nº 2 in mi minore, op. 36a, KiV 244], quasi finita. Il Concerto è sotto stampa. Non mi dicesti nulla dei Preludj ai corali di Bach, non ti piacquero? Mi sembra inverosimile! I nostri progetti per l'estate son ancora indefiniti e dipenderanno dalla cassa. Siamo del resto invitati a Habrovan (Frau Caroline) e dalla Oppenheimer [Jella] a Aussée. La prima mi ha pregato di salutarti cordialmente.

Busoni stringe una nuova con il giovane Emilio Anzoletti, che si trova a Berlino per studiarvi ingegneria. Questo bergamasco conquista subito Busoni, e la loro amicizia, estesa poi anche al fratello dottor Augusto, si manterrà fraterna e inalterata fino alla morte del Maestro. A ogni suo viaggio in Italia, Busoni farà quasi sempre una tappa a Bergamo.

Nel giugno del 1898 Busoni si reca nuovamente a Londra dove si trova sempre più a suo agio. Vi incontra Delius ed anche Richter che nel frattempo vi ha preso dimora. In questo periodo conosce la violinista Teresa Tua, la pianista Teresa Carreno, il violinista Wolff, il violoncellista Hollmann, e prende parte anche a un concerto in cui canta la Melba. In questa occasione conosce anche Ysaye, di cui in seguito diverrà amico. Fra le conoscenze londinesi più care, Busoni vi è pure il pittore Sargent, che desidera fargli un ritratto. Da Londra scrive un'importante lettera in cui nega di essere antisemita (conservata nel mio archivio n. IV)

In estate il Maestro dà concerti a Nottingham, Glasgow, Londra e Manchester, dove incontra Brodsky e William Dayas (un allievo di Liszt). In questa occasione, Dayas e Brodsky eseguono per la prima volta la Sonata per violino e pianoforte op. 36a, KiV 244.

1899
All'inizio di gennaio è a Londra, dove incontra Delius. Si reca poi a Edimburgo. Nel giugno successivo altra visita a Londra. Nell'intervallo fra queste due stagioni, Busoni dà concerti in Svizzera, in Belgio, in Olanda. A Bruxelles conosce Fauré e Saint-Saëns.

Alla fine dell'anno (novembre e dicembre) è di nuovo in Inghilterra.

1900
All'inizio dell'anno, una tournée europea che tocca città tedesche, Zurigo e Basilea. Scrive a Gerda da Zurigo il 25 febbraio:

Il mio successo a Zurigo è stato così grande, che la Società della Tonhalle mi ha invitato a tenere un concerto come solista giovedì sera... Qui ho «succhiato» Holbein e Böcklin. Di Holbein: Donna con bambini e il Cristo morto (giacente) e indescrivibili disegni. Di Böcklin cito solo: Vita somnium breve (la vita è un breve sogno), nel quale l'infanzia, la giovinezza, la vecchiaia e la morte sono uniti in un unico quadro.

A metà giugno è a Londra, dove il Maestro esegue, fra l'altro, il Concerto di Tchaicowsky: «Una volta e mai più!» - scrive a questo proposito - «Mi sento […] come se avessi un paio di scarpe nuove; fanno un bell'effetto, ma non si vede l'ora di togliersele÷ [a Gerda, 20 giugno].

Nel frattempo nasce il suo secondo figlio, Raffaello e gli viene offerta l'offerta di una classe di perfezionamento di pianoforte a Weimar, dove il Granduca Carlo Alessandro di Sassonia-Weimar vuole mantenere la tradizione di Franz Liszt. Busoni accetta perché avrà una classe superiore in cui egli potrà soffermarsi soprattutto su problemi stilistici, estetici e musicali. Trascorre a Weimar tre mesi - da giugno ad agosto - lietissimi, quasi sempre in comune con i suoi allievi. Il Granduca gli propone di rimanere stabilmente a Weimar, ma il Maestro rifiuta, acconsentendo invece di riprendere le lezioni nella estate successiva.

In autunno, nuova tournée: Londra, Bruxelles, Utrecht, Rotterdam, Colonia, Aquisgrana ecc.

1901
Tournée invernale in Inghilterra; primavera inoltrata a Parigi; durante l'estate, come promesso al Granduca, secondo corso di perfezionamento a Weimar; autunno di nuovo in Inghilterra.

Il nome e la fama di Ferruccio Busoni quale pianista, sono tali, ormai, che le maggiori città di tutta Europa se lo contendeno. I suoi concerti si fanno sempre più numerosi e di conseguenza la sua esistenza sempre più faticosa. Il tener concerti in provincia, in qualunque nazione, è per Busoni, un supplizio, ma i problemi finanziari glielo impongono. Egli è un anti-provinciale per istinto, tanto che spesso, dovendo compiere un giro in una determinata provincia, egli fissa la sua dimora in un grande albergo del capoluogo, e preferisce viaggiare qualche ora di notte, finito il concerto nella piccola città, pur di trovarsi poco dopo in un grande centro. Delle città provinciali non sopporta la mentalità, la scarsa cultura, gli alberghi primitivi, la mancanza di vita per le vie. Tutto questo lo avvilisce, gli dà una tristezza addirittura fisica.

A Londra ha formato un trio con Ysaye e Becker, e anche con questo complesso compie vari giri.

A Berlino è conosciuto ed amato, oltre che come virtuoso, anche come pensatore e compositore, ma ha anche molti oppositori e una critica generalmente ostile ad ogni suo tentativo di cosa insolita. Le stesse sue interpretazioni pianistiche trovano numerosi censori; i suoi lavori sono per lo più giudicati severamente dalla stampa e disapprovati dalla maggioranza del pubblico per il loro linguaggio nuovo e inconsueto. Però, a Berlino può contare su un gruppo di ammiratori e di amici, fedeli e devoti, che lo comprendono e lo sostengono con entusiasmo. È in questo periodo che Busoni, aiutato dai suoi amici, fonda una società di concerti nei quali vengono interpretate soltanto musiche nuove o poco note e poco eseguite. Egli dirige anche l'orchestra, vi partecipa come esecutore, ma sopratutto ne è l'anima; a lui facenno capo i giovani compositori più promettenti di tutta l'Europa. Egli ne accoglie i lavori e li esegue, sostenendoli poi dinanzi alla critica e al pubblico, con l'autorità che ormai gli conferisce una fama internazionale. Poiché la musica moderna trova pochissimo spazio nei programmi di concerti sinfonici, Busoni tenta di colmare tale lacuna presentando compositori di ogni nazione.

Il 5 ottobre scrive a un non identificato dottore [orig. in tedesco]:

[…] i fattori che costituiscono un grande artista sono molteplici. I più importanti forse: carattere, individualità, personalità e autentica natura artistica. Nel caso di un virtuoso che si presenti in pubblico vanno aggiunti il potere di dominare e avvincere una massa di gente e una nervosità attiva, non passiva. Cioè: bisogna sviluppare una tensione nervosa, senza soggiacervi personalmente. E, per favore, consideri, caro Dottore, che, anche se esistono queste qualità, I'influsso esterno è molto potente e non facilmente prevedibile, tanto che esso può svilupparle o invece soffocarle. L'ambiente in cui vive il giovane artista in fieri, la vita che conduce - fisica e morale - e la sua facoltà di assorbire le impressioni e di trasformarle in attività spirituale personale - i mille casi imprevedibili - tutto ciò ha un suo ruolo. Forse a nessuno è stato mai dato di percorrere un cammino perfettamente rettilineo, la maggior parte si trova alla fine in un punto totalmente diverso da quello che si era prefisso all'inizio; e molti altri vengono sbatacchiati in qua e in là, portati fuori strada, o la strada la perdono del tutto. Ma per colui che mantiene sempre la giusta direzione o finisce col trovarla, l'età decisiva è intorno ai trent'anni. Fino a quel momento il dubbio o la speranza di una riuscita sono ambedue legittimi.

1902
La primavera del 1902 la trascorre in giro per il mondo. Da Londra a Torino, da Firenze a Trieste. In maggio di nuovo a Londra e a Parigi. Infine Busoni può ritirarsi finalmente a Berlino per dar vita ai tanti progetti che si sono venuti accumulando nel suo cervello durante gli interminabili viaggi. Gerda è in villeggiatura. A Berlino sono rimasti pochi amici, fra i quali, fedelissimi, Emilio Anzoletti e qualche ex-allievo di Weimar, di Vienna, di Basilea. Si ricrea così intorno al Maestro il cenacolo spirituale. Su queste riunioni ecco quanto scrive Bruno Goetz, assiduo frequentatore del circolo busoniano:

Per quanti questo cenacolo è un rifugio! Per quanti esso rappresentò un'isola santa in mezzo alla marea in tempesta di quei tempi! Quanti argomenti decisivi, profondi, consolanti vi si sono trattati, e anche quante risa e quali scherzi ! In quella piccola sala tutti si sentivano lontani dal mondo e ne uscivano come rinnovati. Chi entrava in questo circolo si sentiva liberare dalle strettoie della vita ed è incitato a fare, a creare. è come vivere in un vortice di fiamma che tutte le energie sfruttava al massimo.... Tutti si sentivano dominati e sorretti da quel viso di scultura in legno da chiesa gotica. [cit. in Guerrini, p. 83]

Nelle prime ore del pomeriggio, dopo aver dedicato l'intera mattinata al lavoro, Busoni apre la casa agli amici, che vi si trattengono generalmente fino alle cinque; poi si rimette al lavoro, che non abbandona più fino all'ora di cena. Questo viene consumato in uno dei tanti ristoranti italiani e di preferenza in quello di Bertolini, un fiorentino, pazzo per la musica, dove si riuniscono pittori, artisti, giornalisti, poeti. In questi mesi tutta la sua mente è rivolta esclusivamente al lavoro. Nasce in questo periodo il Concerto per pianoforte e orchestra. La composizione, di vastissime proporzioni, è ancora, al sopraggiungere dell'autunno, allo stato di abbozzo.

Busoni inizia la serie di tali concerti berlinesi progettati nel 1901 [cfr. supra] nel novembre 1902 e la protrae fino al 1909, con programmi che contengono, fra l'altro il Preludio e l'addio degli Angeli dal Sogno di Geronzio di Elgar; il Paris di Delius; il Rondò infinito di Sinding; En Saga, Pohjolas Tochter e la 2ª Sinfonia di Sibelius; l’Etrange e la Suite in re di D'Indy; L'après-midi d'un Faune e Nuages et Fêtes di Debussy; Les Djinns e Le chasseur maudit di Franck; le Syrische Tänze di Schenker, strumentata da Schönberg; la Sinfonietta di Novácek; lo Scherzo di Pfitzner; il Concerto per pianoforte e orchestra di Singer; il Frühling di Behm; la Sinfonia in do magg. di Delune; la Suite Pelléas et Mélisande di Fauré; il Saul und David di Wagenaar; il Phantasiestück per violino e orchestra di Kaun; il Baccanale dalla sinfonia di Ertel; lo Scherzo dalla Suite di Béla Bartòk, oltre alle opere più importanti dello stesso Busoni, quali: il Concerto per pianoforte, la Geharnischte Suite, la Turandot-Suite, la Lustspiel-Ouvertüre, il Concerto per violino, ecc.

Busoni incontra parecchie opposizioni ma in esse trova soltanto stimolo a proseguire con sempre maggior accanimento, tanto più che si sente seguito, poiché il pubblico aumenta di concerto in concerto. Attraverso i concerti di musica moderna il maestro si mette in contatto coi più interessanti musicisti del suo tempo e si procura l'ammirazione di numerosa schiera di giovani.

1903
Solo nel luglio del 1903 il Maestro può riprendere la composizione del Concerto per pianoforte. Alla fine di agosto conclude la Tarantella (IV tempo) ed è abbozzato interamente anche il Cantico finale. L'opera è ormai completamente concepita; deve essere solo rifinita e strumentata. Il lavoro di partitura, continuato per tutto settembre, è nuovamente interrotto ai primi d'ottobre, per la solita ripresa del giro concertistico.

Busoni, pur lavorando alla composizione in modo così indefesso, non trascura, né può trascurare, lo studio del pianoforte, dovendo prepararsi ai nuovi cimenti concertistici. Inghilterra, Parigi, e un numeroso ciclo di concerti in America gli prenderanno tutto l'inverno e parte della primavera del 1904.

Cordialissimi in questo periodo i rapporti con il giovane (22 anni) Egon Petri:

[…] tu senti istintivamente che ci vogliamo molto bene e che ci arrabbiamo per le debolezze che ognuno di noi preferirebbe fossero assenti nell'altro. Soltanto che tu mi devi accettare come una persona compiuta, tale e quale come sono, che ti piaccia o no; mentre io in te posso desiderare cambiamenti, e anzi, sotto un certo profilo, debbo desiderarli - cioè, così pensavo finora. Vedo ora che tu vuoi essere considerato una persona ugualmente compiuta, oppure una persona al cui compimento non desideri che io contribuisca, o stimi addirittura pregiudizievole che io lo faccia. Come (per tua stessa ammissione) ti aspettavi da me, in qualità di maestro, che ti insegnassi la «tecnica», e invece ti ho insegnato qualcosa d'altro e di molto più importante, così anche, come uomo, invece di «come far carriera», volevo istillarti idee e valori ben più misteriosi. Ritenevo le tue qualità sufficientemente grandi anche per questo. Ma su questo punto siamo fortemente differenti, perché spesso e volentieri tu ti metti a nudo in situazioni in cui io mi coprirei; tu hai bussato a porte che io ho evitato quando mi si sono spalancate davanti. Tu hai messo in mostra la tua merce e ne hai anche elogiato il valore, mentre io - anche se invitato a farlo - l'ho nascosta e rinnegata; ho dichiarato che non aveva valore e, in definitiva, nel mio intimo non l'ho mai considerata merce. […] Mi è stato raccontato di Liszt che una volta, invitato a suonare in un salotto, accondiscese cortesemente, come era solito fare. Avviandosi al pianoforte, che era piuttosto lontano, passò davanti a un amico a cui diede la mano - era coperta di un gelido sudore: «Lo sente?», disse Liszt, «Non sono ancora mai riuscito a liberarmene.» La mano coperta di gelido sudore in un Maestro che era sicuro del proprio trionfo significa che egli considerava la propria prestazione inadeguata di fronte al possibile ideale, e da ciò la sua titubanza e il suo imbarazzo; non importa se chi lo ascoltava fosse un Beethoven o un comunissimo individuo. Significa che il trionfo decretatogli da una massa priva di ideali definiti gli era indifferente al paragone della sicura sconfitta di fronte alla perfezione sognata. E con ciò chiudo. Conosco benissimo la risposta che hai sulla punta della lingua, ma non voglio soffermarmici per il bene di tutti e due. Tra te e te pensi anche che non basta l'idealismo per diventare un Liszt e che intanto si perde qualche cosa d'altro. Ma se c'è qualcosa che ci porta più in alto - (quanto in alto non ha importanza) - è proprio questo concetto, purtroppo sputtanato. Che tu, giovane e pieno di talento, semplicemente non ne tenga conto e sembri per di più persuaso di aver agito bene, è stato il motivo che mi ha suggerito quelle punzecchiature e quelle battute mordaci, la cui seria idea di fondo non vuoi ammettere di aver sentito, come non vuoi ammettere di esserne addirittura un po' intimorito. Sarò felicissimo di vederti e di parlare con te di questo e di altre cose e di continuare i nostri buoni rapporti. Con tanti affettuosi saluti tuo Ferruccio B.
[Berlino, 10 giugno 1903, orig. in tedesco]

1904
Tournée invernale e primaverile in Inghilterra, a Parigi, e poi, a partire da marzo, in America. La sua antipatia per l'America non si attenua con questo secondo viaggio. Scrive a Emilio Anzoletti da New York il 23 febbraio:

Caro Emilio, La tua lettera d'oggi - per quanto essa rinunzii a volermi consolare - pure mi ha confortato; se non fosse per altra ragione che per quella, ch'essa parla la lingua europea, vale a dire del pensiero e del cuore. Questa favella è qui sconosciuta e se una volta forse ne si conobbe un germe, oggi ha ceduto ad un vocabolario affaristico che tratta di fatti e mai di sentimenti. Infatti io comincio a dubitare dell' «avvenire» dell'America e d'un sviluppo di questa nazione nel senso del fiore delle culture del «vecchio» mondo. Durante dieci anni della mia assenza nessun cangiamento si è operato - la vita americana fù [sic] piantata quasi d'un colpo con una brillante idea pratica e rimase lì - la fantasia sembra esaurita coll'avere corrisposto in modo trascendentale ai bisogni della vita comune. Si può riassumere quest'opera nei capitoli seguenti: i mezzi di trasporto, tendendo alla rapidità e comodità; le comodità domestiche, nel genere pratico, non estetico e non poetico; vale a dire: ascensori dalla cucina alla camera da pranzo, cabinetti [sic] in congiunzione colla camera da letto, armadii nel vacuo delle mura e simili puerilità. In terzo luogo: le invenzioni brevettate per la vita pratica e domestica, utensili da cucina meccanica, forni con valvole, polveri per render lucidi i metalli e gli stivali, etc. In quarto luogo: la pubblicità, spinta all'estremo, l'importanza della stampa (per quest'unico scopo), la sfrontatezza della medesima contro qualunque rivalità, I'esagerazione, la menzogna, la «sensazione». L'esito, il successo, (un concetto che quì [sic] non è che finanziario) formano l'ideale unanime di questa nazione. Ora il successo vuol abbracciare le masse e per conseguenza l'oggetto di qualunque successo dev'essere tale, e riuscire alla portata di tutti, anche dei più infimi.

Lo scopo: il successo e l'oggetto per conseguirlo possono dunque formare il soggetto d'uno scambio d'idee, d'una conversazione fra persone elevate (almeno di posizione) ed inferiori, senza che una differenza di spirito si faccia rimarcare in nessun modo. Tutta l'America ha basato il suo ideale sulla Quantità e non sulla qualità, in modo che ognuno s'intende a meraviglia. Ora mi pare che il carattere americano sia formato abbastanza nettamente e forse arrivato ad un tipo stazionario. Gli Americani hanno imparato tutto dall'Europa, ma sono convinti di averla sorpassata in tutto. Questa convinzione è fatale allo sviluppo e può avere di serie conseguenze. Sembrami infatti che anche in ciò che si potrebbe chiamare la specialità americana, l'Europa cominci a lasciarla indietro. Gli [sic] automobili francesi, la ferrovia sotterranea di Londra, il treno elettrico a Zossen, le officine di Essen e Stettin superano di già le prestazioni degli Stati Uniti. In quanto alla Untergrundbahn di Berlino, I'americano non ha mai sognato di poter riunire la tecnica coll'estetica in un modo sì elegante.

Ecco il succinto delle mie osservazioni, forse un po' influenzate da un'antipatia momentanea, del resto ben spiegabile. Io non attingo dall'oriente «la debolezza di memorie» come tu quasi mi rimproveri, ma il desiderio dell'avvenire, che mi attende colà . E tutto il mio essere tende a questo, acciò io possa nuovamente e come è di mia natura «rallegrarmi del giorno che nasce»; facoltà, che quì [sic] mi è interdetta e quasi sparita. Son contento di avermi scaricato un poco ed alleggerito, e ti ringrazio della buona occasione, che le tue care parole m'hanno fornito.

Tra marzo e aprile scrive a Gerda, durante la traversata da New York a Cuxhaven:

Mentre il tempo è stato più o meno cattivo durante tutto il mio soggiorno in America, mi sono svegliato la mattina della partenza con il più splendente bel tempo. Tutto era sole, splendore, l'aria tiepida eppure frizzante, la città sembrava rinnovata. Questo fatto e il pensiero della partenza mi misero in quello stato d'animo tanto raro e quasi irreale, per cui ogni inezia diventa piacevole o interessante. Si vedono tante cose come se si vedessero per la prima volta in vita nostra e questo presta un ingannevole senso di gioventù. […] Una grande gioia. Ho letto Stevenson. È un grande; narratore, pensatore, realista, fantasioso, poeta, filosofo, semplice e complicato; ma comunque sia, comincia sempre con un colpo maestro che sfrutta a fondo. È nuovo, originale, eppure siffatto, che avrebbe potuto comparire trecento anni prima o trecento anni dopo. È profondo senza essere difficile; è un moralista, ma soprattutto uno scrittore. Perchè i due punti essenziali sono questi: l'artista deve essere innanzi tutto un professionista completo: poi però un uomo il cui sguardo si spinge lontano, oltre le circostanze contingenti di tempo e di spazio. - Così sono quelli che restano... Ho con me a bordo la partitura della Sinfonia domestica di R. Strauss. Strauss è senz'altro un musicista di talento e ha grandi doti. Plurivocalità e movimento sono elementi necessari per lui. In questo pezzo la chiarezza dell'illustrazione musicale fallisce (l'ho solo letto) - soltanto gli urli dei bambini sono inconfondibili (se si conosce il titolo in precedenza). Il lavoro, che è lungo, consta di piccoli episodi. Gli episodi di piccoli motivi. Ritornano molte cose di lavori precedenti. Sembra un quadro di famiglia molto spiacevole, irritato, agitato, senza pace. […] Una fuga magistrale. Uno scherzo - una ninna nanna, fatti tutti e due secondo la ricetta tradizionale, senza sorprese. Alcuni crescendi ben noti, sempre ancora resti del Tristano. Si interrompe e ricomincia di continuo. Trivialità nelle parti liriche e popolari […] Una facilità ammirevole nel complicare e dilatare le minuzie. Strauss deve scrivere le due voci principali, poi la voce principale mediana, e poi deve ficcar dentro ancora tutto quanto trova posto tra queste. Si può continuare quanto si vuole, ma egli non smette al momento debito. Non conosce la maestria dell'incompleto. In complesso un lavoro che incute grande rispetto, che offre molto divertimento e parecchie citazioni (specialmente dal punto di vista tecnico). - Fin qui la prima impressione.

Ho letto Stevenson con ammirazione sempre crescente. Non si ripete. Un bazar di idee e di scene! Nessuno possiede come lui la chiave del problema novellistico.

[…] E ora ho compiuto 38 anni. E a 40 si è al sommo della «montagna». Che cosa è peggio? Il faticoso salire, o essere arrivati? Punto di domanda. Però non sono scontento. Possa continuare così, e non peggio! […] Ieri sera ho sfogliato di nuovo la partitura di Strauss: non guadagna a una conoscenza approfondita. La sua orchestra - nonostante il non comune virtuosismo - non «suona» perchè il suo modo di comporre è in contrasto con la sua orchestrazione. È troppo ramificato. Credo che anche in questo lavoro alcune proporzioni siano sbagliate. «In Wagner tutto suona - e io spesso non ci riesco» ha detto Strauss stesso. Ciò deriva dal fatto che Wagner faceva convergere tutto sull'idea principale. In Strauss c'è, a guardar bene, un miscuglio di dodici idee secondarie: l'idea principale sta piuttosto nel carattere generale che in un motivo singolo, ma si perde spesso nella sovrabbondanza degli elementi. Pure, devo sentire questo lavoro. La musica è fatta per essere sentita.

Finalmente, tornato al lavoro, il 3 agosto del 1904, egli può concludere il Concerto (op. 239, KiV 247). Il lavoro è eseguito a Berlino nel novembre del 1904, diretto da Karl Muck, al pianoforte Busoni stesso. Scrive a Robert Freund:

Stimatissimo amico, mi è rincresciuto moltissimo che Ella non abbia potuto essere presente [alla prima esecuzione del Concerto il 10 novembre]. Ella era uno dei pochi eletti su cui potevo fare affidamento come artista e come persona. Ora, fino a che non sarò in grado di mandarLe la mia partitura, dovrà basarsi sulle affermazioni del dott. Schmidt [temuto critico musicale] che del resto gode della Sua stima - il quale, di tutte le cattiverie apparse sulla stampa in questa occasione, ha scritto le peggiori. La critica è simile a un'onda di risacca, che può rovesciare un uomo; ma l'onda si infrange e l'uomo si risolleva. Di fronte a tutto quel che riguardo il mio Concerto Le arriverà di sicuro alle orecchie, più o meno direttamente, sento il bisogno di assicurarLe che ho creato un'opera di cui mi assumo la responsabilità dalla prima all'ultima nota, e che vivrà, per quel tanto che un'opera umana può vivere. Penso con piacere al momento in cui Glielo potrò mostrare; perché sono sicuro che Ella lo prenderà in esame con l'equilibrio e la chiarezza che contraddistinguono il Suo giudizio e con la Sua umana disponibilità, e vi troverà molte cose che Le piaceranno.

Il Concerto, ancor più delle altre precedenti sue composizioni, è accolto con violenta ostilità. La maggioranza del pubblico insorge protestando, mentre una lieve minoranza, costituita in gran parte da allievi ed ex-allievi del Maestro, e capeggiata dal pianista ungherese Joseph Weiss, tenta di provocare la reazione con frenetici applausi. La serata si chiude in un baccano infernale. Anche la stampa, fatte poche eccezioni, è molto ostile a Busoni.

Dopo una breve corsa a Manchester, ritorna a Berlino dove, nel dicembre, tiene tre concerti interamente dedicati a Liszt: avvenimento artistico di grande importanza e che evidenzia il mutato atteggiamento verso il compositore ungherese, dopo i proficui colloqui con Wegelius a Helsinki. Non solo ammira le composizioni originali, ma anche studia le trascrizioni, di cui diviene un formidabile interprete. I tre concerti lisztiani dati a Berlino comprendono infatti: Gli Studi Trascendentali e gli Studi da Paganini, per il primo; le composizioni originali, nel secondo: le trascrizioni, nel terzo. Un così insolito programma, specialmente da parte di quello stesso musicista che ha diretto e fatto eseguire le più ardite musiche del suo tempo, sollevano parecchie perplessità nella critica ostile. Ben diverso l'atteggiamento del pubblico, affascinato dalle stupefacenti esecuzioni.

1905
Nel gennaio 1905, a Berlino, incontra Sibelius col quale discute della Prima Sinfonia. «È molto, molto entusiasta della mia Sinfonia e ne comprende la bellezza e la psiche» - così Sibelius alla moglie. - «Specialmente del secondo tempo dice che è la miglior musica che esista.»

Nel maggio 1905 tiene concerti a Madrid, Lisbona ed Oporto, proseguendo poi in un giro insieme al violinista Kreisler.

Nasce in questo periodo la Turandot-Suite, in forma di pezzo sinfonico, ispirato, appunto, alla favola del Gozzi. L'8 agosto scrive alla madre:

Fui tutto il tempo a Berlino e, come sempre, occupatissimo. Questa volta con una nuova partitura, che terminai ier l'altro. Babbo sarà forse contento di sapere, che ho tentato nuovamente un primo passo verso il teatro, però in un senso inusitato; non con un'opera, ma con una musica illustrativa per un dramma. Il dramma scelto a questo scopo è una vecchia fiaba teatrale tragicomica del nostro Carlo Gozzi. Nulla sarebbe più naturale che di tentare la rappresentazione d'un dramma oramai classico (e pure nuovo perché dimenticato) d'un autore italiano, ma pur troppo le condizioni del paese non danno luogo a nessuna speranza. Per la rappresentazione si richiederebbe non solo una compagnia drammatica eletta, ma pure un gran sfarzo e buon gusto di costumi e scenarii e per di più un'orchestrona di prima forza. Il Gozzi è l'autore di quelle fiabe di cui raccontava a Mamma la di lei Nonna. […] La mia fiaba è quella della crudele e seducente principessa chinese [sic] (o persiana, Dio lo sa) Turandot, che pretende, da chi la vuol sposare, la soluzione di tre indovinelli a rischio di perder la testa sbagliando il compito. Vi agiscono, oltre ai personaggi serii ed orientali, le vecchie maschere veneziane come personaggi faceti: Pantalone, Brighella e Truffaldino. Questo lavoro mi tenne quasi prigione per il corso di due mesi e mezzo, durante i quali non mi riusci d'occuparmi di altra cosa qualunque. Ora è terminata e bisogna ricominciare con altre cure ed intraprese.

1906
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Nel marzo 1906 Busoni è a Trieste per un concerto. Bruno Mugellini lo invita poi a partecipare ad uno dei Concerti del Teatro Comunale di Bologna, per eseguire il suo Concerto per pianoforte e orchestra e la Turandot-Suite. Il Concerto viene diretto da Mugellini stesso e la parte pianistica è sostenuta dal compositore, il quale a sua volta dirige la Turandot-Suite. Il concerto riporta un grande successo. È in questa occasione che Busoni, avuta una ulteriore prova della civiltà musicale dei bolognesi, formula un progetto di «Orchestra sinfonica stabile» (che dovrebbe essere la prima in Italia), con un piano di concerti orchestrali da svolgersi anche nelle provincie limitrofe: Lombardia, Toscana, Veneto. Questo piano, organico e preciso in ogni particolare, rappresenta il primo passo nella realizzazione del grande sogno busoniano di riabilitazione musicale italiana.

In una lettera indirizzata all'amico Anzoletti parla di questo progetto:

Quasi tutte le città d'Italia mancano di concerti orchestrali sistematicamente organizzati. E di tutte nessuna mi soddisferebbe bastantemente per sceglierla sola fra le altre. Perciò mi venne in mente il progetto d'una orchestra italiana che provvedesse a tutte le città principali, regolamentate, seguendo un sistema ben maturato. Una solida orchestra, ben pagata, meglio del solito, anche per garantir la stabilità dei suoi elementi, ben preparata e fornita, con dei programmi, senza pregiudizi di tempo né di nazionalità. Ci vuol poco. Del denaro ed un segretario intelligente ed attivo. Il resto và [sic] da sé. Bologna mi par propizia, Roma fornisce un pubblico internazionale ed anche a Trieste sarei certo d'un successo. Firenze e Milano dovrebbero associarsi, mentre lascerei Torino da parte, che ha già le sue tradizioni fino a ché [sic] non mi desiderassero là espressamente. Ma la questione del denaro è difficile, e non si tratterebbe di meno che d'una somma di 200.000 franchi "per incominciare". E queste sono favole, ogni mille e una lire [sic] altrettante mille e una notte.
[Berlino, 10.15.1906]

Giunto alla piena maturità, 40 anni, Busoni rivolge la sua mente ad una composizione di vaste proporzioni e di carattere giocoso. L'impressione lasciata sul suo animo dal Falstaff, l'ammirazione per tutta l'opera teatrale di Mozart, e in particolar modo per i lavori ispirati dall'opera comica settecentesca italiana, fanno sorgere nella mente del Maestro il desiderio di misurarsi con un'opera di questo genere. Nelle sue lettere di questo periodo si nota un continuo indagare, alla ricerca di un soggetto. La prima idea è senz'altro per un'opera comica. La scelta cade su un racconto di Hoffmann. Nasce così Die Brautwahl (La sposa sorteggiata), che occuperà sei anni della attività di Busoni, dal 1906 al 1912, anno in cui l'opera verrà eseguita per la prima volta ad Amburgo. Il Maestro vi si dedica intensamente (è anche autore del libretto), e tutta la corrispondenza di quegli anni è accesa di entusiasmo per questa creazione. Vi lavora con inalterata passione, anche fra concerti e lezioni, nei ritagli di tempo che gli lasciano i viaggi e i lavori di revisione e di trascrizione.

Nel giugno egli si reca a Londra: è in quell'occasione che egli ascolta per la prima volta i pianisti Hambourg e Pachmann. L'autunno lo trascorre a Berlino dove, sempre più nauseato dalla vita errabonda del concertista, cerca riposo nel suo lavoro di creazione e nell'insegnamento. Alla già numerosissima schiera di allievi che sono accorsi a lui da ogni parte del mondo, si aggiungono ora due giovani che continueranno la sua scuola: Gino Tagliapetra e O'Neil Philips. Con l'andar degli anni cresce sempre in Busoni il bisogno di vivere in mezzo ai giovani, e il desiderio di farli partecipi della sua illimitata esperienza e della sua vastissima cultura.

Alla fine dell'anno, è di nuovo in Inghilterra per un lungo giro. Non ha più come collaboratore l'amico Ysaye, che deve sostituire con Sarasate: la diversità mentale dei due artisti rende questa collaborazione estremamente penosa: Busoni è irritato soprattutto dall’«olimpico egoismo» del violinista spagnolo.

Alla fine del 1906 gli viene offerta, dal Conservatorio di Vienna, ancora una Scuola Superiore di pianoforte. Ma se da un lato il lieto ricordo di Weimar e la rinata passione all'insegnamento lo attraggono, dall'altro le cattive memorie di Vienna rendono indeciso il Maestro. Chiede consiglio all'amico Bosendörfer [la lettera, scritta da Berlino, è del 22.12 1906, orig. in tedesco]:

Stimatissimo signore e amico, sebbene non mi sia ancora giunto da nessuno un invito «ufficiale», diverse persone mi hanno prospettato «confidenzialmente» l'eventualità di tenere un corso di perfezionamento di pianoforte presso il Conservatorio di Vienna, tanto che presumo si attenda una mia risposta in proposito. Tra tutti Ella è la persona con la quale mi posso esprimere con maggior franchezza, e La prego di voler accettare queste mie osservazioni e di comunicare prima di tutto a me la Sua opinione e di farne poi l'uso che crederà migliore. L'assunzione di un «impiego» ha sempre avuto qualcosa di opprimente per me. Il cambiamento di città, di paese e di abitudini, I'interruzione di tante attività diverse - come avverrebbe nel nostro caso - avrebbero un rilievo tutt'altro che indifferente nella mia vita e a un'età in cui, a mio parere, bisogna ormai regolare il proprio cammino soltanto su piani ben stabiliti; e bisognerebbe spiegare chiaramente alle persone interessate che, nel venirci incontro, Vienna ed io, e quand'anche mi fossero offerte le condizioni più favorevoli, il passo che devo fare io, nel prendere la decisione, è quello che, moralmente, conta di più. Da quando ho lasciato il Conservatorio di Boston - all'incirca quattordici anni or sono - ho goduto di una libertà quasi illimitata e ho imparato ad amarla. Anche sotto questo profilo, persino le «condizioni più favorevoli» non cancellerebbero del tutto in me la sensazione di aver sacrificato l'indipendenza - lo ripeto soltanto per spiegare chiaramente a coloro, cui ciò riguarda, che rinuncio per lo meno ad altrettanto di quello che guadagnerei dalle loro concessioni. D'altra parte sono ben consapevole dell'onore che significa per me tale fiducia: apprezzo anche altamente le possibilità artistiche offerte da un posto del genere e mi aspetto anche un risultato corrispondente.

Amo la Sua città, a cui mi legano ancor sempre incancellabili ricordi di giorni felici e meno felici della mia giovinezza, nonché le relazioni che vi ho mantenute con eccellenti amici; tuttavia non posso ancora valutare se il cammino percorso colà nel campo musicale abbia preso la stessa direzione del mio, né valutare quanto vent'anni ci abbiano allontanati, Vienna e me, e quanto un soggiorno in codesta città mi potrebbe riavvicinare ad essa. Non mi trovo più allo stadio in cui "si cede" e, nel caso trovassi un distacco tra me e la Vienna musicale, dovrei tentare di attirarla verso di me a costo di grandi fatiche, oppure - rimanerle estraneo. Vede, stimatissimo amico, qual peso può avere per me una decisione; può rendermi felice o essere funesta. Considerando gli aspetti più favorevoli e pensando che ne potrebbe venire qualcosa di buono per me e per mio mezzo, mi sono deciso ad esporLe, in via di principio, ma con riserva, alcune proposte che, se accettate, farebbero pender la bilancia in Suo favore. Se le persone che debbono decidere della mia nomina hanno posto in me tanta fiducia, dovrebbero dimostrare che si tratta di fiducia piena concedendomi autorità assoluta sulla mia attività. Come prima condizione rifiuterei qualsiasi dipendenza ufficiale e morale dal direttore. L'insegnamento dovrebbe essere tenuto in comune e nessun allievo avrebbe diritto di pretendere una lezione individuale di durata determinata. La durata si regola da sé in proporzione al talento e alla diligenza dell'allievo. - Inoltre l'insegnamento in comune contiene in sé uno stimolo e una critica reciproci e ogni singolo allievo beneficia al tempo stesso dell'insegnamento impartito ai suoi colleghi. Accade anche che l'insegnante colga l'occasione di dilungarsi in discorsi che tutti gli scolari devono ascoltare. Destinerei due pomeriggi alla settimana per questo insegnamento di gruppo. Poiché non conosco ancora la durata del semestre e il numero degli allievi, sarà necessario mettersi d'accordo in seguito sulla durata di queste lezioni pomeridiane. Alla base dell'accordo dovrebbe stare una determinazione approssimativa del numero degli allievi. Al di là di un certo numero non ritengo possibile un insegnamento artistico. Aumentando il numero degli allievi, si supererebbe anche il limite delle ore di insegnamento convenute .

Proporrei di accettare studenti non effettivi, in qualità di uditori, dietro pagamento di una tassa di ammissione. Negli ultimi anni mi sono fatto un nome all'estero e si può prevedere che ci sarà un forte afflusso di studenti stranieri. - quando tenni un corso estivo a Weimar, il primo anno si presentarono 8 allievi, ma il secondo anno furono già più di quaranta. Chi dovrebbe fissarne il limite e in che rapporto verrebbe posto con il mio compenso?

In questo momento sono nel bel mezzo della mia carriera di pianista; sarei certo ben contento che il posto di insegnante a Vienna mi desse l'occasione di limitarla a quanto mi viene offerto di meglio e di più serio artisticamente, tuttavia mi sarebbe impossibile interromperla completamente proprio ora. Perciò la questione dei permessi è molto importante e bisognerebbe definirla in modo che fossi libero di prenderli in qualsiasi periodo e senza complicate formalità, a condizione, naturalmente, che il numero delle ore convenute non venisse diminuito e che le mie assenze non superassero una certa durata. - È probabile che in uno dei prossimi anni mi venga organizzata una tournée in America; se questa dovesse offrirmi vantaggi decisivi per la mia vita, si dovrebbe prevedere per contratto la concessione di un permesso eccezionale a questo scopo. Proporrei come compenso minimo 12.000 marchi o 15.000 corone, compenso che dovrebbe aumentare in proporzione all'eventuale aumento del numero degli allievi. Sento il dovere di dichiarare che questa lettera è scritta con le intenzioni più serie e confermo che assolverei il mio compito con la massima diligenza, impegnandovi tutte le mie capacità, e che mi adopererei a creare un centro importante pèr l'arte pianistica, e nutro anche la fiducia di riuscirci in modo tutt'altro che comune. Vorrei inoltre che si prendesse in considerazione l'opportunità di far precedere un contratto più lungo da un anno di prova reciproca. Per il momento ciò era più o meno quanto mi stava a cuore di scrivere come premessa.

Scrive l'Entwurf einer neuen Tonkunst e il testo della Brautwahl, della quale inizia anche la composizione.
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