FERRUCCIO BUSONI HOME PAGE
__________________________________________________________________________
 

GINO AGNESE

IL FIGLIO SEGRETO DI BOCCIONI

 

Ed eccoci alla ricostruzione di una storia del tutto inedita. Boccioni, come è noto, alla data del 5 aprile 1907 scrisse nel primo dei suoi Taccuini: «L'8 febbraio [stile russo] alla mia amica Augusta Petrovna è nato un bambino. Felicità a tutti e due». (Cfr. Z. BIROLLl, «Boccioni. Scritti editi e inediti», Milano 1971, e anche U. BOCCONI, «Taccuini futuristi», a cura di P. PERILLI, Roma 1993, p. 22). Quel bambino, nato a Tzaritzin il 26 gennaio 1907 (del calendario gregoriano) fu battezzato col nome di Pietro Berdnicoff, ma la madre disse poi la verità: era figlio di Boccioni; ed egli stesso, divenuto adulto, fu orgoglioso di tale paternità.
Prima della guerra 1915-18, forse nel 1912, l'anziana Sofia Popoff lasciò Tzaritzin assieme a sua figlia Augusta e al piccolo Pietro; e tutti e tre andarono ad abitare a Soisson - circa 100 km da Parigi - dove viveva la sorella di Augusta Nadelda, che aveva sposato l'architetto Marc Solotareff. Questi, già aliievo della Scuola di belle arti di San Pietroburgo e poi di quella di Parigi, disponeva a Soisson d'una grande residenza, appartenuta ai conti di Ségur: e in essa ricavò un appartamento, assegnandolo alla suocera, alla cognata e al nipotino venuti dalla Russia. Lì visse Pietro fino a vent'anni, crescendo assieme ai cuginetti Marc e Olga Solotareff; lì visse sua nonna Sofia, che morì nel 1932; lì visse sua madre Augusta fin quando, alla vigilia della rivoluzione del 1917, non tornò in Russia, dove morì alla metà degli anni Venti. Non vi sono prove che Boccioni - durante i suoi soggiorni a Parigi, a cominciare da quello appunto del 1912, con Marinetti e compagni - sia andato a Soisson per incontrare Augusta e Pietro, da tutti chiamato alla francese Pierre.
È possibile. Ma è anche possibile che egli, partito da Tzaritzin, non abbia più visto Augusta (che si separò dal marito, Sergej Berdnicoff); e che mai abbia veduto il figlio. Come è possibile, persino, che Boccioni mai seppe d'essere lui il padre del bimbo nato alla sua «amica Augusta Petrovna». Ma dice abbastanza un remoto ricordo della signora Olga Solotareff-Lecaye, la quale ha scritto in una delle sue lettere all'autore: «Les parents du pcintre Boccioni, son père, les Calligari ou Galligari (c'est un souvenir très lontain da ma petite enfance) étaient venus une fois a Soissons, proposer à mon père de se charger del'éducation de mon cousin Pierre en Italie et de l'adopter - le qui enchanta mon père qui lui voyait ainsi un avenir tout tracé...», ma siccome la nonna si era molto legata al bambino, e ripeteva che Augusta glielo aveva affidato, disse di no. E così Raffaele Boccioni, sua figlia Amelia e il marito di questa, Guido Callegari, dovettero rinunciare al loro proposito.
Dopo i vent'anni, anche a causa d'un rovescio di fortuna subìto dagli zii, Pietro andò a vivere per suo conto a Parigi, dove poi si trasferirono anche i Solotareff. Aveva compiuto gli studi classici. E si rivolse al migliore amico di suo padre, Gino Severini, affinché lo aiutasse a diventare un pittore, perché voleva seguire la strada del padre. Severini lo aiutò, ma Pietro aveva preso del padre l'aspetto e il carattere veemente, ma non il talento. (Tra le carte di Severini, possedute a Roma dalla figlia Romana, alla quale l'autore è molto grato, ci sono due lettere di Pietro, firmate Pierre Berdnicoff in cui egli riferendosi a Boccioni scrive mon père. Leggendole, si ricava che venne varie volte in Italia dalla sua tante Amelia: e una volta anche per recuperare un quadro del padre). Pietro rinunciò infine a fare il pittore. Ebbe vita grigia, fu ufficiale di collegamento nell'Armoe durante la seconda guerra mondiale e dopo il conflitto i parenti e i conoscenti persero le sue tracce.

AGNESE, pp. 120-121, nota nº 7.