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Interviste

Gino Agnese

McLuhan e il futurismo

14/2/2000
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  • - Professor Agnese, chi fu Marshall McLuhan? È vero che, come accade con altre personalità famose, è più "noto" che "conosciuto"? (1)
  • - Può ricordare le opere più importanti di McLuhan? Come è avvenuta la sua formazione e come è arrivato a occuparsi dei media? (2)
  • - Presso il più largo pubblico McLuhan è famoso per la classificazione dei media in "caldi" e "freddi" e per due sue espressioni che sono: "il villaggio globale" e "il medium è il messaggio". Qual è il contenuto di questi slogan? Quali teorie contengono? (3)
  • - A proposito della nota tesi di McLuhan secondo cui "il medium è il messaggio", quest’ultima è anche nota nella versione: "il medium è il massaggio". Può spiegarci che cosa significa precisamente? (4)
  • - McLuhan è noto anche per la classificazione dei mass–media in "caldi" e "freddi". (5)
  • - Professor Agnese, Lei ha sottolineato il grande ritardo con cui McLuhan è stato pubblicato in Italia: quali sono le ragioni e gli effetti di questo ritardo? (6)
  • - Benché cattolico McLuhan ha incontrato l’ostilità di alcuni autorevoli studiosi cattolici. Perché? (7)
  • - Fece scalpore in Italia un’intervista a McLuhan del 19 febbraio del 1978, durante la quale disse che, per sconfiggere il terrorismo, presente allora in Italia, bisognava "staccare la spina". Più precisamente che cosa voleva dire? (8)
  • - In un suo scritto Lei, che è il biografo di Marinetti e Boccioni, ha sostenuto che McLuhan è in debito con i futuristi. Perché? Quale aspetto del suo pensiero è di derivazione futurista? (9)
  • - Chi erano precisamente i vorticisti e come le teorie da loro propugnate hanno inciso su McLuhan? (10)
  • - Quanto della critica di Marshall McLuhan ai mezzi di comunicazione può essere utile per riplasmare il contesto stesso della comunicazione e nel rivedere il rapporto che c’è tra l’utente e il libro, la radio, la televisione o, ora in modo forse più urgente, il suo rapporto con Internet? (11)
  • - Professor Agnese, in conclusione, che cosa resta di McLuhan? Vent’anni dopo la sua scomparsa sono ancora attuali le sue teorie? (12)

1. Professor Agnese, chi fu Marshall McLuhan? È vero che, come accade con altre personalità famose, è più "noto" che "conosciuto"?

Marshal McLuhan Sì. Marshall McLuhan canadese, morto vent’anni fa, nella notte di Capodanno, all’età di sessantotto anni, era innanzi tutto un uomo capace di grande comunicazione. La sua qualità maggiore era quella di esprimersi in un modo speciale, molto accattivante. In realtà, però, i suoi testi erano abbastanza aspri, soprattutto per le novità che contenevano. Ma è anche vero che, come accade per altre personalità famose, è più noto che conosciuto, proprio per la ragione che alcuni capisaldi del suo pensiero sono facilmente riducibili a slogan. Questo fatto ha provocato la larga rinomanza di McLuhan, e molti hanno creduto di potersi occupare di lui e hanno creduto di conoscerlo, senza avere mai letto i suoi libri. Quindi gli è toccata una sorte comune a molti altri personaggi del nostro Novecento, la stessa sorte per esempio di Filippo Tommaso Marinetti. Un po’ tutti credono di conoscere il futurismo e Marinetti in particolare, ma pochi hanno letto le sue bellissime poesie, scritte in buona parte in francese.

 

2. Può ricordare le opere più importanti di McLuhan? Come è avvenuta la sua formazione e come è arrivato a occuparsi dei media?

Le opere più importanti di Marshall McLuhan sono essenzialmente tre. La prima è: La sposa meccanica; la seconda è La galassia Gutenberg; la terza per importanza, secondo me, è quella che in Italia è stata tradotta con un titolo infelice che suona: Gli strumenti del comunicare, e che in realtà portava il titolo in inglese Understanding Media . Ricordo anche le date in cui sono apparse: La sposa meccanica è del 1951; La galassia Gutenberg, che poi è il caposaldo del lavoro di McLuhan, è uscita in Italia nel 1976, ma in America era uscita quattordici anni prima; Understanding Media è del 1964.

McLuhan da giovane non si è occupato dei media, se n’è occupato a metà del cammino della sua vita. McLuhan, prima che nel Canada, si era laureato anche a Cambridge, e la sua vocazione iniziale, la sua vocazione giovanile era quella dello storico e del critico della letteratura inglese del Novecento. Fino all’età di 35 anni McLuhan insegna in diverse università americane tra cui quella di Saint Louis, Letteratura inglese del Novecento, quindi studia per esempio Lawrence, Joyce, e sviluppa l’interesse per la comunicazione, per i media. Allora, nel vedere più da vicino la società americana delle grandi città, è attratto dai meccanismi della comunicazione sociale o della comunicazione di massa, come si vuole, - sono due modi di dire che vanno bene entrambi - e comincia verso la fine degli anni Quaranta ad occuparsene in profondità.

3. Presso il più largo pubblico McLuhan è famoso per la classificazione dei media in "caldi" e "freddi" e per due sue espressioni che sono: "il villaggio globale" e "il medium è il messaggio". Qual è il contenuto di questi slogan? Quali teorie contengono?

Quella del "villaggio globale" è una metafora ormai ben nota. McLuhan asseriva che per effetto dello sviluppo dei media, dei mezzi di comunicazione, il mondo è diventato piccolo e ha di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio. Egli voleva dire che è stato soprattutto il satellite a rendere il mondo un villaggio. McLuhan alludeva alla comunicazione e alla trasmissione in tempo reale. Incredibilmente questa realtà - che il mondo per effetto in un primo momento della radio, poi della televisione e quindi del satellite, era diventato paragonabile a un villaggio - ci era sfuggita: in effetti noi tutti comprendiamo sempre con molto ritardo i portati delle novità tecnologiche. Noi generalmente prima adoperiamo le tecnologie, poi in un secondo o in un terzo tempo sviluppiamo la riflessione su ciò che esse producono.

4. A proposito della nota tesi di McLuhan secondo cui "il medium è il messaggio", quest’ultima è anche nota nella versione: "il medium è il massaggio". Può spiegarci che cosa significa precisamente? 

Egli diceva qualche volta che "il medium è il messaggio" e qualche volta che "il medium è il massaggio". Voleva dire una cosa molto semplice: che noi siamo come "massaggiati" dal medium e quindi allargando questo concetto in qualche modo noi siamo plasmati dal medium. Il medium che più adoperiamo ci condiziona in qualche modo e contribuisce a plasmare la nostra mente: ci massaggia. Questo va inteso anche nel senso che ci rassicura. Ci sono alcuni medium che secondo McLuhan assolvono soprattutto alla funzione di rassicurare e uno di questi medium è la televisione, che per lui era un mezzo di conferma: non era un medium che dava luogo a novità nell’ambito sociale o nell’ambito dei comportamenti personali. La televisione non crea delle novità, non suscita delle novità, è quindi un mezzo che massaggia, conforta, consola, e conferma.

 

5. McLuhan è noto anche per la classificazione dei mass–media in "caldi" e "freddi".

Questa è una classificazione che ha dato luogo ad equivoci e a discussioni che probabilmente McLuhan aveva messo in bilancio, perché io penso che nella sua opera ci sia anche del gioco, sia rintracciabile un atteggiamento ironico. E quindi lui ha distinto i media in "caldi" e "freddi", ma ha adoperato questi due aggettivi "caldo" e "freddo" in senso antifrastico, volendo significare il contrario di quello che abitualmente si intende per "caldo" o "freddo". Quando lui dice, per esempio, che la radio è un medium "freddo", intende dire che questo medium suscita un’alta partecipazione. Quando invece dice che la televisione è un medium "caldo", vuole dire che è un medium che non richiede dallo spettatore o dall’utente un’alta partecipazione, quindi opera un rovesciamento adoperando questo aggettivo in modo antifrastico. Io non so - e nessuno credo sa - perché lui ne abbia capovolto il senso corrente. È possibile che l’abbia fatto per suscitare una discussione intorno alla sua catalogazione e accendere di più l’interesse intorno al suo pensiero. Però è molto importante approfondire questo punto: non possiamo, per esempio, non distinguere tra un medium e l’altro. È assolutamente vero quello che diceva McLuhan che ogni medium ha determinate sue caratteristiche ed è un grave errore, quando si ha a che fare con un medium, comportarsi nel modo che è richiesto da un altro medium. Questo scambio avviene abbastanza frequentemente tra il mondo del giornalismo scritto, della carta stampata, e quello della televisione. Il giornalismo della carta stampata spesso e volentieri assume i caratteri del giornalismo televisivo, ma si tratta evidentemente di due cose differenti.

L’altra questione interessante, che Lei mi poneva, è quella per cui McLuhan ha affermato che "il mezzo è il messaggio", che "il medium è il messaggio". Questa è la sua scoperta, la sua riflessione più importante in assoluto: indipendentemente dai contenuti delle trasmissioni, che sono certamente importanti, il mezzo televisivo, la televisione stessa produce degli effetti. Da molti anni ormai viviamo in una società plasmata dalla televisione: non tanto dai programmi televisivi, ma dalla televisione come medium. Allora lui dice: il vero messaggio che può trasmettere la radio, che può trasmettere la televisione o il giornale è costituito dalla natura del medium stesso. McLuhan ha preso le mosse dagli effetti che il medium tipografico, la stampa, ha prodotto nella storia. Non si può negare che la Riforma protestante, il razionalismo e l’illuminismo siano stati veicolati dalla diffusione del libro a stampa, dopo l’invenzione dei caratteri mobili da parte di Gutenberg. Grazie a questa innovazione tecnologica, si crea una nuova forma mentis. Questo è quello che McLuhan voleva dire quando affermava che il "mezzo è il messaggio".

 

6. Professor Agnese, Lei ha sottolineato il grande ritardo con cui McLuhan è stato pubblicato in Italia: quali sono le ragioni e gli effetti di questo ritardo?

È arrivato in Italia con molto ritardo perché non era in consonanza con la cultura, con gli orientamenti culturali dominanti in Italia dalla fine degli anni Cinquanta e negli anni Sessanta e Settanta. La galassia Gutenberg è stata pubblicata in Italia con quattordici anni di ritardo, da Armando Armando, mentre tutti gli altri editori l’avevano rifiutata, non perché fosse impervia e di difficile lettura, ma perché andava a contrastare, a disturbare un certo ambiente culturale, che poi ha saccheggiato McLuhan! Uno degli studiosi - tra i non italiani - che ha preso molto da McLuhan è Baudrillard. In Italia uno studioso al quale va riconosciuta grande importanza, Umberto Eco, ha attinto abbastanza da McLuhan. Ma questo non gli è imputabile, io credo, perché ognuno si alimenta delle novità che emergono nel proprio tempo.

 

7. Benché cattolico McLuhan ha incontrato l’ostilità di alcuni autorevoli studiosi cattolici. Perché?

McLuhan ha incontrato l’ostilità soprattutto di uno studioso cattolico, che merita grande rispetto, padre Enrico Baragli, S. J., de "La civiltà cattolica", perito conciliare del Concilio Vaticano II. Io penso che McLuhan fu attaccato essenzialmente per il modo suo di esprimersi che - ripeto - non era un modo sequenziale, ma procedeva per "razzi", per esclamazioni, con frasi dirompenti e un ritmo originale. La sua esposizione che seguiva percorsi circolari o stravaganti dava fastidio agli studiosi cattolici che invece avevano scelto per i loro studi un’esposizione sequenziale. Questo è un motivo. Un altro motivo può essere che McLuhan era diventato cattolico. McLuhan nasce in una famiglia anglicana, mi pare che fossero anglicani i suoi genitori, o comunque protestanti, e da giovane non è particolarmente attento ai motivi religiosi. Ha poi una conversione, diventa un cattolico di stretta osservanza, che come tutti i convertiti sente molto la fede. E spesso proprio i convertiti danno fastidio a chi vive la religione come una conquista antica e assodata, perché il loro fervore non si concilia con la tranquilla consuetudine.

 

8. Fece scalpore in Italia un’intervista a McLuhan del 19 febbraio del 1978, durante la quale disse che, per sconfiggere il terrorismo, presente allora in Italia, bisognava "staccare la spina". Più precisamente che cosa voleva dire?

L’intervista che fu pubblicata sul quotidiano "Il Tempo", fece veramente molto rumore. McLuhan disse – allora c’era in Italia il terrorismo – "Bisogna staccare la spina". Voleva dire: bisogna togliere la comunicazione e cioè non diffondere i messaggi terroristici, ossia bisogna fare silenzio sul terrorismo. È l’unico modo per spegnerlo. Però ricordo che il quotidiano "Il Tempo" dopo questa intervista ospitò un dibattito in cui io intervenni muovendo a McLuhan l’obiezione che l’"uomo elettrico" di oggi, come egli lo definisce, non può essere privato della corrente. Non si può togliere la spina all’uomo elettrico di oggi, nella società della comunicazione. La società della comunicazione non può essere annullata con un decreto: è impossibile.

 

9. In un suo scritto Lei, che è il biografo di Marinetti e Boccioni, ha sostenuto che McLuhan è in debito con i futuristi. Perché? Quale aspetto del suo pensiero è di derivazione futurista?

Io sono persuaso della derivazione futurista di Marshall McLuhan, l’ho documentata e non sono il solo a sostenerla. Sono quello che l’ha sostenuta con un corredo più ampio di citazioni, di riferimenti e di argomenti. Devo dire che anche un compianto amico, che collaborava alla mia rivista "Mass media", Francesco Iengo dell’Università di Chieti in un suo libro ha parlato di questa derivazione futurista di Marshall McLuhan, così come vi ha accennato un importante studioso d’arte tedesco, Ludwig Seyfart nel catalogo della mostra Blast, allestita ad Hannover nel 1996. Il fatto è questo: McLuhan, che non cita mai Marinetti nelle sue opere ma che senza dubbio lo conosceva - e dirò perché - cita tuttavia Boccioni. Ora è abbastanza singolare che un autore possa citare una frase di Boccioni, che pure fu un teorico dell’arte, e non citi Marinetti. Ma queste sono illazioni, sono congetture. Invece ci sono dei dati oggettivi. Uno dei dati oggettivi è costituito dalla consonanza tra un’opera di Marinetti e un’opera di McLuhan, La sposa meccanica. In questo libro McLuhan si occupa dell’automobile o per meglio dire si occupa della pubblicità mediante la quale vengono vendute le automobili negli Stati Uniti, negli anni Cinquanta. Ne La sposa meccanica, il compratore si innamora dell’automobile e non in un senso meccanico, ma in un modo molto profondo. Negli anni Cinquanta - si sa - l’automobile era il luogo d’incontro degli innamorati, una specie di camera da letto, specialmente negli Stati Uniti, dove circolavano grandi automobili. Poi le automobili americane degli anni Cinquanta erano sinuose, tondeggianti, non voglio dire carnali, perché sarebbe un’esagerazione, ma quasi. Ricordiamo le Buick, le Studebaker, le Chrysler. Così nel 1951 McLuhan scrive il libro La sposa meccanica. Ma già nel 1921 era uscita L’alcova d’acciaio di Marinetti. L’alcova d’acciaio era l’autoblinda di Marinetti con la quale aveva combattuto l’ultima fase della Prima Guerra Mondiale. Egli si era innamorato della propria autoblinda e la considerava come sposa e come alcova allo stesso tempo. Io vedo tra questi due temi una forte affinità, soltanto che L’alcova d’acciaio è del 1921; ma non è solo questo. Bisogna tenere presente una circostanza storica: Marshall McLuhan è stato molto in dimestichezza con Percy Wyndham Lewis, oltre che con Ezra Pound. Ma chi era Percy Wyndham Lewis? Era un pittore e un teorico dell’arte inglese che era stato il perno, negli anni Dieci, del Movimento vorticista in Gran Bretagna, movimento molto vicino al futurismo. In qualche modo McLuhan ha avuto contatti con il futurismo italiano, Marinetti e l’avanguardia italiana, proprio attraverso la frequentazione di Percy Wyndham Lewis, oltre che di Pound, negli Stati Uniti degli anni Cinquanta.

 

10. Chi erano precisamente i vorticisti e come le teorie da loro propugnate hanno inciso su McLuhan?

I vorticisti furono un gruppo di scrittori e di intellettuali attivi a Londra nella prima metà degli anni Dieci e comunque fino alla guerra del 1915/18, nella quale morì qualcuno di loro, tra cui un grande scultore, Henri Gaudier-Brzeska. Pubblicavano una rivista che si chiamava "Blast", e tra loro i personaggi di maggiore spicco furono due, Ezra Pound e Percy Wyndham Lewis, ai quali ho già accennato. Qual era la loro posizione? Era una posizione di avanguardisti nel territorio dell’arte figurativa o nel territorio della letteratura. Quindi era una formazione di avanguardia. Questa formazione di avanguardia non c’è dubbio che sulle prime prese abbastanza dai futuristi. È nota la famosa frase di Ezra Pound: "Senza Marinetti non ci saremmo stati io, Eliot ecc." Quindi non ci sono dubbi a proposito. Una mostra molto importante fu allestita dai futuristi alla Sackwille Gallery di Londra nel 1912, mostra che fu vista dall’intellettualità londinese. Wyndham Lewis andò a visitare la mostra e incontrò anche Marinetti in un circolo londinese molto esclusivo. Quindi ci fu questa contaminazione tra quelli che si chiameranno di lì a poco "vorticisti" e i futuristi, che faranno la seconda delle loro mostre importanti: dopo la mostra di Parigi quella di Londra. Quindi Wyndham Lewis e gli altri vanno a vedere i quadri di Boccioni, di Severini, di Carrà esposti alla Sackwille Gallery e conoscono anche personalmente Marinetti. Bevono così alla fonte del futurismo italiano. Ma di lì a qualche anno hanno una reazione: dopo esserne stati conquistati, hanno una sorta di reazione di rigetto, nella quale secondo me gioca anche la tradizionale diffidenza inglese verso ciò che viene dal continente. Perché si chiamano vorticisti? Essi vogliono essere il punto fermo nel vortice. Il vortice che cos’è? Il vortice è una metafora del divenire, è una metafora del movimento, delle mode che ruotano appunto vorticosamente nel tempo storico che a ciascuno è dato di vivere. Loro intendono essere il centro del vortice, loro sono immobili nel vortice. E accuseranno poi i futuristi di essere il vortice. Ma non ci fu mai una polemica poi tanto serrata e in qualche modo si vede anche dalle opere, dalle pitture, per esempio, che c’è una consonanza. Per esempio c’è un pittore inglese che riprende pari pari il concetto della simultaneità futurista praticato da Severini. Severini fa un quadro nel quale il viaggio è composto di vari elementi, alcuni attuali e altri del recente passato dell’autore del quadro, per cui si vede la nave che arriva in un porto, ma si vede anche il porto dal quale è partita la nave. In questa temperie sono immersi Wyndham Lewis e gli altri. E si dà il caso poi che dopo tanti anni, verso la fine degli anni Quaranta, negli Stati Uniti c’è questa stretta amicizia, questa stretta frequentazione tra Marshall McLuhan e Percy Wyndham Lewis che oltre ad essere un pittore, era anche un grosso intellettuale, un uomo di pensiero.

Quindi la trasposizione del futurismo, appunto, dalla figura e dalle opere di Marinetti e degli altri, nell’esperienza di McLuhan avviene per il tramite di Percy Wyndham Lewis. E sono molti gli elementi di contatto tra McLuhan e Marinetti oltre a quelli che ho elencato in varie occasioni. Adesso penso all’idea di McLuhan che alcuni mezzi di comunicazione siano pròtesi del sistema nervoso centrale, del corpo, dei sensi dell’uomo. Marinetti questa idea la esprime più volte nella sua opera, per esempio nel suo libro Il fascino dell’Egitto, che è del 1933. Egli immagina che l’asta dello sterzo dell’automobile, a bordo della quale viaggia in Egitto, giunga come una diagonale al centro della terra e che le ruote siano i piedi, i suoi propri piedi che abbrancano appunto la strada, che è vista proprio nello stesso modo in cui la vedrà McLuhan. Il debito inconfessato di McLuhan verso i futuristi io penso che sia molto grande. Ma poi anche definizioni che furono molto correnti nell’avanguardia italiana ed europea della seconda metà o della fine degli anni Dieci, sono state assunte da McLuhan. Penso all’espressione "paesaggio interiore", che era largamente usato dai seguaci di Tristan Tzara, dai dadaisti e in Italia da Julius Evola. Sono riflesse nell’opera di McLuhan molte esperienze dell’avanguardia italiana.

 

11. Quanto della critica di Marshall McLuhan ai mezzi di comunicazione può essere utile per riplasmare il contesto stesso della comunicazione e nel rivedere il rapporto che c’è tra l’utente e il libro, la radio, la televisione o, ora in modo forse più urgente, il suo rapporto con Internet?

McLuhan non è stato tanto utile agli operatori dei media quanto agli utenti dei media. McLuhan ha insegnato non voglio dire a diffidare dei media, ma ad "esporci" – è un verbo che lui adoperava – ai media con consapevolezza e prudenza. Ha diffuso la consapevolezza che i media non sono innocenti, non sono innocui, non sono privi di effetti, come si può credere. Tutto dipende da quello che uno mette nel medium: la macchina va bene, però dipende da dove si va con la macchina, oppure da come ci si va. Se si va troppo velocemente, si corrono dei rischi: si può investire qualcuno. Quindi c’è questo luogo comune che ancora sopravvive: che il medium sia neutrale. Invece non è così: i media non sono affatto neutrali, i media plasmano i nostri comportamenti, suggeriscono comportamenti e modi di pensare e in qualche modo orientano le nostre scelte, indipendentemente dai contenuti, i quali certamente hanno la loro importanza. Il grande lettore ha le physique del grande lettore: è il topo di biblioteca. Le persone normali rispettano l’uomo che legge molto, che è sempre immerso nella lettura, ma ne hanno anche un minimo di sospetto: non si darebbe volentieri la guida, per esempio, di una città in pericolo ad un intellettuale immerso nei libri, perché si pensa che una esposizione ininterrotta alle emissioni di un medium - in questo caso la stampa - se da un lato arricchisce, dall’altro possa anche limitare: possa, per esempio, indurre a una mentalità sequenziale e quindi a una predilezione per la logica sequenziale e per tutti i comportamenti che siano sequenziali. Ma sappiamo bene che l’uomo non si esprime soltanto in termini sequenziali, e che ci sono apprezzabili e persino preziose testimonianze di pensiero non sequenziale, come quello poetico: la poesia infatti non è necessariamente sequenziale. E questo per ciò che riguarda l’esposizione alla lettura. Non è un esercizio da poco andare dal simbolismo delle lettere dell’alfabeto al raggiungimento di un concetto, di una figura o di un ricordo. È una ginnastica che per McLuhan non poteva essere innocua, né priva di conseguenze. Altrettanto si può dire delle immagini: una persona o, a maggior ragione, un minore, un bambino che sia dalla mattina alla sera alle prese con delle immagini, cioè che stia davanti alla televisione per lunghe ore, certamente va incontro ad una deformazione, perché gli manca la parte sequenziale. McLuhan ci ha insegnato a curare l’equilibrio, cioè ad assumere i mezzi di comunicazione, o ciò che i mezzi di comunicazione ci danno, con prudenza e badando a non esagerare in un senso o nell’altro, perché essi non sono innocui.

 

12. Professor Agnese, in conclusione, che cosa resta di McLuhan? Vent’anni dopo la sua scomparsa sono ancora attuali le sue teorie?

Di McLuhan resta semplicemente questo: il merito di averci mostrato la necessità di avere un atteggiamento critico verso i media. Poi molte cose che lui ha detto si sono rivelate infondate, ma questo no, questo resta: siamo critici, stiamo attenti: questo è il suo insegnamento. Quanto alla sua attualità, lì il discorso è diverso, perché McLuhan muore prima di Internet, senza averne previsto l’invenzione. Internet è una realtà che non è stata prospettata da nessun futurologo. La grande novità è che la Rete in qualche modo ha capovolto il messaggio più noto di McLuhan, secondo il quale il mondo è il "villaggio globale", poiché dopo Internet si può ben dire che ogni villaggio sia diventato mondo. E quindi la conclusione è un po’ malinconica perché si può dire che il profeta – McLuhan è stato definito "il profeta dei media" – nel tempo nostro è una figura impossibile: le cose evolvono così in fretta, le novità si profilano all’orizzonte in maniera così veloce e impreveduta, che le personalità di forte intuito, di più vasta apertura mentale e di più grande coraggio intellettuale finiscono col non essere all’altezza dei tempi.


Abstract

Gino Agnese annuncia il tema della sua conversazione, accostando la personalità di Marshall McLuhan a quella di Tommaso Filippo Marinetti, in base al motto hegeliano secondo cui "ciò che è noto non è per ciò stesso conosciuto" e ricorda che prima di occuparsi del funzionamento dei media, McLuhan ha insegnato – particolare rilevante per l’argomentazione successiva - Letteratura inglese del Novecento. Le più note metafore in cui è condensata la teoria di McLuhan sono il villaggio globale, con cui designa il persistere di comportamenti tipici del villaggio nella società globalizzata, proprio grazie alla trasmissione dell’informazione in tempo reale e il medium è il messaggio o il medium è il massaggio nel senso che produce effetti indipendentemente dai suoi contenuti  e non suscita novità, ma è un mezzo di conferma dell’esistente . Centrale nella teoria di McLuhan è la distinzione in media freddi ad alta partecipazione, come la radio, e media caldi a bassa partecipazione, come la televisione. Profondamente sbagliato è produrre informazione con un medium seguendo il modello produttivo di un altro. In Italia McLuhan è stato recepito – anche se con forte ritardo - soprattutto da Umberto Eco. Le resistenze alla ricezione della sua opera in ambito cattolico, nonostante la sua conversione, sono dovute probabilmente al fatto che fa appello a un’intelligenza non sequenziale, che contrasta con la mentalità cattolica. Ha fatto epoca, come esempio di applicazione delle sue teorie, l’intervista del 1978 sulla necessità di "staccare la spina" per impedire la diffusione attraverso i media dei messaggi terroristici. La derivazione futurista di McLuhan è comprovata dalle profonde affinità esistenti tra il suo romanzo La sposa meccanica e L’alcova d’acciaio di Marinetti e per un altro verso dai rapporti da lui intrattenuti con il pittore vorticista Percy Wyndham Lewis  che ha fatto storicamente da tramite con il movimento futurista italiano approdato a Londra già nel 1912 con una mostra alla Sackwille Gallery. Un’idea poi che McLuhan mutua direttamente da Marinetti è che alcuni mezzi di comunicazione siano pròtesi del sistema nervoso centrale, del corpo, dei sensi dell’uomo. A questa consapevolezza deve corrispondere una particolare cautela nell’esporsi ai media che non sono né innocenti, né innocui. Purtroppo McLuhan non ha previsto la nascita di Internet, che rovescia lo slogan del villaggio globale: con Internet ogni villaggio può diventare mondo.


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Biografia di Gino Agnese

Aforismi derivati da quest'intervista

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