Sette mesi prima di morire, e cioè nel gennaio 1916, Boccioni parla ai giovani pittori napoletani e il testo della sua conferenza, apparso in forma di Manifesto nel periodico vesuviano «Vela Latina», conferma l'identità futurista dell'artista; un'identità che si slancia in prospettive incompatibili con un'ipotesi di dietrofront e compatibili semmai con l'odiena arte elettronica. (R. Notte, in rivista «Mass Media» e poi in Millennio virtuale, cap. «Boccioni profeta di mondi virtuali», Edizioni SEAM, Roma, 1996, pp. 21-35. Ma anche S. Kern, «The culture of time and space, 1880-1918», Harvard University Press, Cambridge, 1983, pp. 6 e 68-70). Né si tenne conto dell'impianto culturalmente futurista che ebbero le critiche scritte per gli «Avvenimenti». Circa il contesto biografico, le figure che egli frequentò nell'ultima sua estate - dalla principessa vittoria Colonna Caetani ai marchesi della Valle - sono per la prima volta indagate nel mio «Vita di Boccioni», e cioè nel '96. E ovviamente, la critica nulla poteva sapere delle lettere a Busoni, soltanto l'anno scorso pubblicate da Rodoni. Esse indicano, anche, come in Boccioni fosse divenuto ancor più stretto il rapporto speciale che lo legava alla madre, alla quale, grazie ai pagamenti di Busoni, riuscì a lasciare un «tesoretto»: il che ardentemente sperava, prima di partire per l'incognita del fronte.