Svolgendo ricerche per il suo Boccioni (uscito in prima edizione nel '64, Mondadori, Milano), Guido Ballo alla fine degli anni Cinquanta andò a Padova da Amelia Boccioni Callegari per poter vedere le carte lasciate dall'artista. E poi scrisse (op. cit., p. 10): «Mi accorgevo di un certo disagio, di una certa reticenza nella sorella, ormai molto anziana. Pur nella naturale cortesia, non mi diceva tutto, mi raccontava che molte lettere, anche dalla Russia, erano state distrutte...». Amelia - temendo che lo scandalo di un figlio illegittimo nuocesse alla figura del fratello - operò una specie di damnatio memoriae. Anche a Carrieri non fece vedere altro che il passaporto di Boccioni, con i timbri del vlaggio in Russia (cfr. R. Carrieri, «Il Futurismo», Ed. Il Milione, Milano, 1961, p. 131). Ma confidò tutto ai suoi eredi, Giuseppe Dal Pian e Licia Boccioni, pregandoli di mantenere il riserbo.