ANONIMO BERLINESE STRANGOLATI DALLA VITA II. INTERMEZZO SCENICO 1 L'AGONIA DEL POETA INDEX SU LIBERODISCRIVERE.IT |
ALEXANDRE SÉON LAMENTO DI ORFEO |
O BETEN, BETEN... |
Voci fulgenti fragranti velluti d’ebbra neve sul pietrame brumoso del viale spavie stillano Tersi effluvii di calicanto e raffiche di gelo sfrenano i fieri cipressi sgravati. Severo e disfatto un volto di Novizia si dissìpa sulla tela alle vampe d'un camino Squartate Parole, nembi di straniti silenzi, sanguinano: grumoso liquame e atro di bùttero sgocciola e in voragine precipita Egre Parole, Furie inani che sofferenti e corrose languono mugghiando in sordido sana- torio, da soffici stille vegliate che inesorabili le orazioni dei morti recitano Il vento dagli spiragli l'esiziale strazio ne allevia pietoso: agonizzanti, si contorcono esangui. Ma invocando come sparute cornacchie arrocchite nel deserto algore dell’anima il Poeta - ritrovano vigore e ratte il Verbo occulto abbrancano... Nel titolo: Verso tratto dal «Doktor Faust» di Ferruccio Busoni, che continuerà nel titolo della poesia seguente. Traduzione dei due titoli: «O pregare, pregare... / ma dove, dove trovare le parole). SPAVIE al v. 4 deriva da EXPAVERE e vuol dire timorose, timide, esitanti... |
ALEXANDRE SÉON RITRATTO DI PÉLADAN |
WO, WO DIE WORTE FINDEN |
- O Servitore, non giunto ancora è il Tuo Tempo: accogli la Nostra supplica. Abbuia, ma il fuoco barbaglia e rubescente pencola il volto piagato. Essa t’implora, accogli la Sua supplica. - Esule ormai, estenuato fluttuo in questo turpe mondo. Avvinto al limite ultimo della Negazione, trasvolar bramo oltre la Morte, verso la coscienza assoluta del Nulla. Una funesta litania mormora la neve mesta sul brumoso pietrame del viale; fiere folate di gelo i cipressi ceruli sfrenano; un viso sgravato di Vita si dissìpa tra i barbagli nel Fuoco ebete del Tuo Cammino del viale sul pietrame intirizzito, dal vento sospinto che fluttua nero |
MICHAIL ALEXANDROVIC VRUBEL TESTA DI DEMONE |
FUNESTA LITANIA |
È sgombro il viale, faticato il Cammino… arranca sosta s’accascia si rialza il Poeta e il vento lo percuote che fluttua nero... - Da tanto esule fosti, o Servitore; trafitto il costato, trangugiasti il Tuo stesso sangue, evocando Possanze sublimi e abbiette. E nulla accadde ed estenuato… - No! Udite la funesta litania che i miei passi febbrili e prostrati recitano, per Voi, torturate, stuprate, vessate. Ora da Lui trascino il mio corpo, nell’oblio infetto d’ogni umano dovere, oltre il viale, per la salvezza Vostra, o sventurate e vilipese, dove il candido pietrame in brago atro abbuia e putrido, dove in atro antro fùmigano remote evanescenze: conati inani, contro l’assalto furioso del Tempo, fùnere del Fato |
JOHANN HEINRICH FÜSSLI IL RISVEGLIO DI TITANIA |
ANIME DI BRAGO |
- A me, blasfeme Posse! O tenebroso Fulgore, i simboli cruenti dell’infernale Apocalisse disvela: - La mente catta schiudi! La vita, o ribelle, stupra! Senza orrore e col favore e col fetore delle tenebre annienta i ripugnanti Misteri e mostruosi dell’anime di brago, avvinghiate a dogmi dementi che faci tronfiano fallaci. Nel delirio di perverse passioni, estirpa le virtù, il vizio semina, esecra la quiete dello spirito. Meglio crepare, schiavo d’impure imposture, voragini voraci che la vita ebbra e turgida mortìferano: mùcida follia! - Tu sei Maestro… Ch’io Ti riveda... un giorno! - Forse. - O mie sacre Parole, pavento il gorgo infernale. Ma Tu, Funesto Spirto che con tenèbre abbàcini, se a me concedi il Genio e tutto il suo Tormento… Nella mota putre e fonda, sul pietrame intirizzito, percosso dal vento che fluttua nero tra le nebbie e i barbagli d’un Fuoco ebete un Viandante dal viso sgravato di vita arranca sosta s’accascia si rïalza e spirando si dissolve |
ARNOLD BÖCKLIN L'ISOLA DEI MORTI |
ALLE TARTAREE PORTE |
recluso in sontuosamente spoglia Rocca, fra sollazzi straziati, inebrianti tristezze, incubi estatici, efferate esultanze... infernale paradiso celeste inferno... fra bizzarri cozzi, lazzi di lùdiche nubi seròtine, sul limitare di tonanti balze, lambisce i lividi occhi di Lei il Poeta d’un tratto, come da vacua vertigine risorti, tre Mostri del Nulla appaiono e Lei storna, inerme, di urlo orbata, in deserta Notte, che algidi balugina bagliori di dira sventura, succuba trasvola come potrà mai soffrire cotanto dolore? il Corpo Suo sublime, lascivo altare d'ancestrali veementi lubrìche liturgie, nessuno divelle dalla mia anima arida agra - annienta l’idolo fero, risorgi da morte ignobile, sei Tu il Poeta! - pietà, lasciate che nei baratri infernali, il mio Amore possa ritrovare e rimenare in Rocca. Ammutolite infetto e muto le Parole, l’inchiostro del Poeta - andar convienmi alle tartaree porte e provar se laggiù mercé s’impetra. |
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XAVIER MELLERY LE ORE O L'ETERNITÀ O LA MORTE |
«VANA LA TUA SFIDA» |
- pietà, Spiriti infernali... di Lei orbato, lo Spirito orbato del Poeta, udite il rantolo esulcerato e sublime delle Parole che sommesse implorano - schiudi benevolo, tristo e remoto sodale del mio vano peregrinare sulla Terra, le porte ferrate: tre Mostri del Nulla ghermirono la Donna mia, anzi il mio Cuore ond’io meno la vita in pena acerba. Indulgenza impetro, troppo aspro il rovello della mia afasia - Io Te la rendo, ma con questa legge: Ella molto ha sofferto, o Poeta: insozzata, stuprata... Dira sorte ormai l’attende: i raggi della Sua luce fatalmente si smorzano. Rimenala alla Tua Rocca, impavido schiavo, ma alla Sua morte i Messaggeri, precìpiti torneranno a trasvolar lo Spirito Suo quivi nel mio Regno - ebbene io vi sfido, Potenze infernali! - vana la sfida... ella viene, piangente... Pòrtala con Te. Poco ti resta… |
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ELIHU VEDDER LA COPPIA DELLA MORTE |
L'ATTO MAGGIORE |
- Seguimi, ti ricondurrò nell’immensità del Mondo, per mondare l’altare dell’Arte lordato come parete di lupanare. - Egli mi chiama, m’attrae. Poeta, o mio Poeta, io vengo a Te. - Sogno di gioventù, mèta del Saggio! Pura bellezza incomparabile inesausta! Eccoti di nuovo nella Rocca, reclusi, reietti. Ma che rechi in braccio? - Nostro figlio... morto. Nato morto. - Lasciami. Voglio pregare… Oh, sì, pregare, ma con Parole empie, esangui… Gelida è la mia Saggezza. Che tu sia benvenuta via del Tramonto. Sorreggimi sorgente di Vita, Forza tirannica e titanica, rivela e completa l’Atto Maggiore: Sangue del mio Sangue, Carne della mia Carne, non ancora ridesto, spirito puro, immacolato, a te avvinghio la mia Anima, la mia Vita. Io, Poeta, tutte l’Epoche abbraccio e rivivo in Te, mio adorato bimbo… Esanime lo ravvisa Mefisto: - Fu forse quest’uomo vittima d’una iattura? Straziate Parole, come cornacchie arrocchite sparute, da un nembo di silenzi infiniti che corrodono l’anima, sanguinano: sangue nero di cicatrici essuda che in imo gorgo sordo invisibile infernale precipita… nero come cornacchie arrocchite sparute che sussurrano: Sangue del mio Sangue… e il suo Cuore non risorge più |