UMBERTO BOCCIONI

LETTERE I


Ad Amelia Boccioni
Catania, 26 dicembre 1898

Cara Amelia,
ho sotto gli occhi la tua carissima del 21 e adesso che sono passati i fumi del vino e dei divertimenti, mi metto per scrivere analogamente alla tua. Per i Gazzettini non li mandare più come sai, ma se nella cronaca della Padova o sentendo gridare saprete qualche fatto che mi possa importare, mandatelo pure. Se potete avere quel Gazzettino dove c'è il resoconto del concerto all'istituto M. con i premi, se potete, mandatemelo.
L'Appendice non la leggo perché ne mancarono tante e non venivano bene una dopo l'altra. Per il "Corriere" nostro, ve lo mandiamo fino alla fine dell'Appendice che leggete, poi prenderemo il "Giornale di Sicilia" che è più esteso. Dimmi se leggi sempre la cronaca di Catania. Tu domandi se arriva la neve a Catania? Qui come leggerai nelle macchie d'inchiostro del "Corriere" dicono che fa un freddo indiavolato, e che gela l'inchiostro sulla penna, figurati dunque che dicono freddo quando si va via senza cappotto alla mattina, e quasi alla sera, e mentre io scrivo sono le 8 della mattina la finestra è aperta spalancata e la gente passa tutta senza cappotto. Dunque se invece d'essere un inverno dei più gelati come lo chiamano qui fosse un inverno buono noi con i vestiti che abbiamo potremmo vendere i nostri cappotti e buona notte. Ho sentito con piacere grandissimo che mammà sta meglio speriamo così fino al momento d'imbarcarla per la Sicilia, che dopo qui coll'aria di mare, e i bagni, starà meglio di certo.
Mi dispiace molto se avrete passato un Natale brutto ma speriamo che Pasqua sia meglio. Pazienza.
Noi lo abbiamo passato abbastanza bene ma con voi altre sarebbe stato differente. Ho sentito che avete battezzato nuovamente la Missi. Salutatemela tanto. In quanto alla disgrazia toccata alla Missi ho sentito tutto ed ho risposto anche a Pin [nella lettera] che troverete in questa. In quanto avete fatto benissimo a tenervele ed anche papà è contento giacché ne avevate bisogno, quelli erano 20 angioli. In quanto a mammà potevi avvisarci ma già ora che sta meglio non importa noi però ti ringraziamo del tuo gentile pensiero.
Gli usi per Natale li avrai letti da me nella lettera e poi basta leggere in prima pagina sul "Corriere" del 23, 24, 25 ecc. che ne troverai sempre. Per Capodanno non c'è uso di niente, per Pasqua ti ho scritto.
La scatola di compassi tienla perché era di Guido e prima di Alfredo e me la lasciò, la mia l'ho qua.
Io a Guido non ho più scritto perché non so dove si trovi di negozio. Per Augusto ho risposto nella lettera che troverai qua dentro.
In quanto al numero 1111 S. S. /? / che gli avevo detto di scrivergli va bene, ma non subito, ma già che va di marina, mi darà l'indirizzo di là e gli scriverò, intanto l'indirizzerò a casa tua, se gli scriverò.
Nella balla c'era tutto, e tutto va bene e te ne ringrazio moltissimo. Ho sentito con piacere che mammà da tre o quattro giorni si alza e speriamo che presto sia abile a ballare per carnevale digli che si faccia coraggio e che gli auguro tante cose per l'anno nuovo. Dille che la ringrazio moltissimo del bigliettino che mi ha scritto e che la ubbidirò in tutto.
Dille che io sto benissimo e che papà dice che mi sono ingrassato e anch'io lo vedo questo e guardandomi allo specchio quasi quasi assomiglio a questo che vedi di fianco.
Ho finito la mia filastrocca e non posso trovare miglior chiusa che nell'augurarvi 1000000000... cose felici salute quattrini e ciò che fa seguito. Perciò un buon capodanno a te a mamma alla sig. Enrichetta a S. A. la sig. Missi e a Augusto. Buona chiusa e miglior principio. 1000000000... di baci a te e a mamma e mille saluti Mille auguri a tutti
Umberto

Alla madre
Roma, 9 marzo 1901

Carissima Mamma,
tanto che la mia effige comparve alla luce, squillarono le tartaree e le olimpiche tube, rimbombonne il monte. L'acque del mare e dei più grandi fiumi si agitarono commosse! Quale spettacolo... Dalla minima pulce al gigantesco elefante ed anche l'antidiluviano atlantosauro se fosse esistito, tutti si chinarono riverenti innanzi alla mia fulgida, divina immagine! Il fiero leone, il Re del deserto stesso, fece con un ruggito comprendere che si sottometteva! Ah! Quale trionfo! Virgilio, il cantore dell'Eneide, che al suono della sua lira poteva dire

... ora di Marte
L'Armi canto e'l valor del grande Eroe
che pria da Troia per destino ai liti
d'Italia e di Lavinio errando venne...
Dante l'immortale poeta, la cui poesia è quella
che solo amore e luce ha per confine
Tasso che cantò:
... L'armi pietose e il capitano che 'l gran sepolcro liberò di Cristo...
Ariosto che cantò:

Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori
Milton del Paradiso perduto, il Boccaccio, Petrarca, Pindemonte, Leopardi, Tassoni, Ugo Foscolo, Parini, Giusti, Manzoni, Alfieri, Salvator Rosa, Prati, Carducci ecc. Tutta cotesta pleiade di poeti altissimi, in disordine come io te l'ho dati, s'inchineranno innanzi all'autore della
Carcereide
Poema epi-eroico-erotico-tragi-comico di Umberto Boccioni
I più grandi prosatori Cicerone, Seneca, Plinio il giovine, Marco Vitruvio Pollione, Catone, Giunio Moderato Columella, Plutarco, Tito Livio, Sallustio, Tacito, Aretino, Tasso, Redi, Gozzi, Baretti, Boccaccio, Foscolo, Giordani, Pellico, Leopardi, Manzoni, Giusti, Tommaseo, Gioberti, Rosmini, Guerrazzi, Massimo d'Azeglio, Tommaso Grossi, Cantù, Niccolini ecc. ecc. tutti, tutti! s'inchineranno all'autore di
Pene dell'anima
Racconto in 3 cap.di Umberto Boccioni
I più grandi scrutatori delle cose umane, i più grandi filosofi così pagani come cristiani e cioè Socrate, Aristotele, Senofonte, Platone, Zoroastro persiano, Zoroastro caldeo, Hermes Trismegisto, Talete, Cadmo, Pitagora, Senofane, Parmenide, Zenone, Leucippo, Democrito, Eraclito, Empedocle, Antistene, Pirrone, Euclide, Aristippo, S. Anselmo, S. Tommaso d'Aquino. S. Agostino, Bacone e i più moderni Malebranche, Locke, Vico, Kant, Schelling, Galluppi, Rosmini, Gioberti ecc. ecc. tutti impallidirono innanzi al sublime filosofo
Umberto Boccioni
Filosofo
Ateo-scettico-materialista
Nuovo fondatore del sistema filosofico dei Cazzacci
Tutti! Tutti! Tutti! s'inchinarono: e non ti commuove questa dimostrazione d'omaggi?
... E se non piangi di che pianger suoli?... E tutto questo per solo cent. 90 via della Consulta 56 F. Gardilli!!! Meraviglioso. Anzi ti dico questo: Lupacchini il corniciaio che conosce Zio ha detto che di colletto porto il n. 15, però quando tu vorrai mi farai dei colli perché quantunque io conosca tutta la brava gente che più su ti ho nominato, nessuno di loro mi può dar dei colletti.
Speriamo che la tua costola non ti faccia più soffrire, ché sarebbe ora... Io non so più cosa dirti se non augurarti che presto ti venga la notizia che mi sono impiegato e così voialtre possiate venire a Roma e
Nella città eterna!!!
Amen!
La Carcereide della quale t'ho parlato più sopra è un poema in terzine ch'io sto facendo sopra i casi di collegio. Ho già fatto due canti ciascuno dei quali si compone di 40 e più terzine quasi 150 versi. E poi mancano gli altri canti ecc. Diverrà un capolavoro! Pum! Scrivi a lungo che te ne pare del ritratto. Saluta la Sora Richetta, bacia Amelia e tu abbi 1000000000000000000 baci tuo
Umberto Boccioni
Zio, Zia e le Signore vi abbracciano e vi baciano tanto tanto tanto tanto. Papà non avendo nulla da scrivere m'incarica di salutarvi tanto ... uff!
Saluti affettuosi alla Signora Baer e Ruberl.

A Gino Severini
Roma, 2 settembre 1902

Egregio signor Severini,
lei mi perdonerà certamente se oso scrivere sul di dietro della Francesca da Rimini, ma me lo suggerisce un senso di economia che ben capirà. Essendo grande la mia affezione per lei e non bastando al mio cuore una semplice cartolina, avrei dovuto in caso contrario a questo, spendere dei denari per farle pervenire la Francesca come manoscritto raccomandato e poi per una lettera ove le avrei detto quel che ora le dico. Capirà che questa spesa eccezionale mi avrebbe addirittura rovinato. Perdonerà caro Signor Severini se scrivo male ma il sole tramonta (come gridano i falchi...) e devo dare gli ultimi tocchi al magico bianco e nero del lungotevere e che salterà fuori un aborto come tutti gli altri miei figli che lei ben conosce. Caro Signor Severini le do questa consolante notizia: a Roma, nelle altre città d'Italia e all'Estero, si tengono pubblici comizi per ottenere di gettare, a Roma nel Tevere, [nel]le altre città nei loro relativi fiumi, tutte le "madonne" esistenti nei musei e nelle chiese, perché è universale la convinzione che la "madonna" che si sta manipolando ora in Pitigliano (provincia di Grosseto) eclisserà al suo comparire tutte le altre da Cimabue in poi. In quanto a me, le giuro (...), che aspetto fremendo e sospirando questa alta manifestazione dell'arte mistica contemporanea.
Caro Signor Severini si mantenga pulito e sano (...).
Salve!
Umberto

A Gino Severini
7 settembre 1902

Caro Severini,
eccomi di nuovo con te non per celiare ma per parlare di cose serie. Di quell'affare riguardo mio padre e me continua ugualmente. Dopo un'altra scenata non ci siamo più parlati per 8 giorni consecutivi. Immagina tu che vita deliziosa ch'io conduco. Adesso siamo in pace e di quella maledetta cosa non si parla. Tra un mese però anche meno scoppierà la bomba... Ora io sono a pregarti di volermi rispondere subito dopo questa mia se ritorni a Roma solo, e se ritornando avresti intenzione di venire ad abitare con me, come si restò intesi prima che partissi.
Con tua madre non dire quello che succede tra me e mio padre, perché sarebbe inutile, dille che verresti a stare con noi due e che una donna ci farebbe da mangiare. Tutti mi dicono che in questo modo io potrei risolvere la questione molto vantaggiosamente per me, ed anche a me sembra, non ti pare?
Dunque, quando tu mi risponderai dì pure senza timore o senza soggezione se vuoi fare così, mettendo le condizioni che ti parranno giuste e non nominando nulla di quello che sai circa mio padre, perché in questo modo io posso fargliela leggere. Sarà bene anche che tu scriva in due fogli staccati, così come questi della Francesca, dove in uno mi parlerai esclusivamente della questione di cui t'ho parlato sopra, e nell'altro delle nostre cose intime. Così potrò far leggere l'uno a mio padre e l'altro trattenermelo io. Riguardo a questo siamo intesi. Beato te che puoi vivere tutto il giorno nella libera campagna. Io che prima vi potevo stare tutta la mattina sono ora nell'impossibilità di farlo. Quel raffreddore che mi colse quando tu stavi qui, mi ha lasciato una tosse noiosissima e il medico mi ha ordinato di starmene 4 o 5 giorni a casa nell'assoluto riposo. Ti immagini quanto mi [resto seguirà]

A Gino Severini
7 settembre 1902

Caro Severini, eccomi di nuovo con te non per celiare ma per parlare di cose serie. Di quell'affare riguardo mio padre e me continua ugualmente. Dopo un'altra scenata non ci siamo più parlati per 8 giorni consecutivi. Immagina tu che vita deliziosa ch'io conduco. Adesso siamo in pace e di quella maledetta cosa non si parla. Tra un mese però anche meno scoppierà la bomba... Ora io sono a pregarti di volermi rispondere subito dopo questa mia se ritorni a Roma solo, e se ritornando avresti intenzione di venire ad abitare con me, come si restò intesi prima che partissi.
Con tua madre non dire quello che succede tra me e mio padre, perché sarebbe inutile, dille che verresti a stare con noi due e che una donna ci farebbe da mangiare. Tutti mi dicono che in questo modo io potrei risolvere la questione molto vantaggiosamente per me, ed anche a me sembra, non ti pare?
Dunque, quando tu mi risponderai dì pure senza timore o senza soggezione se vuoi fare così, mettendo le condizioni che ti parranno giuste e non nominando nulla di quello che sai circa mio padre, perché in questo modo io posso fargliela leggere. Sarà bene anche che tu scriva in due fogli staccati, così come questi della Francesca, dove in uno mi parlerai esclusivamente della questione di cui t'ho parlato sopra, e nell'altro delle nostre cose intime. Così potrò far leggere l'uno a mio padre e l'altro trattenermelo io. Riguardo a questo siamo intesi. Beato te che puoi vivere tutto il giorno nella libera campagna. Io che prima vi potevo stare tutta la mattina sono ora nell'impossibilità di farlo. Quel raffreddore che mi colse quando tu stavi qui, mi ha lasciato una tosse noiosissima e il medico mi ha ordinato di starmene 4 o 5 giorni a casa nell'assoluto riposo. Ti immagini quanto mi secca questa inazione forzata adesso che sento per il paesaggio, direi, quasi una febbre. Non sogno che grandi tele e non penso che luminosi paesaggi, e invece le tele mancano, i colori mancano, la salute manca... Sono nato sotto una buona stella. Ho portato il mio paesaggio da Balla e gli piacque molto. Gli domandai perché diceva che i nostri lavori vanno sempre bene e lui mi rispose che, non essendovi il vero da confrontare, non può fare tutte quelle osservazioni che vi sarebbero da fare. Se dice bene!... bene!... avanti!... avanti!... lo fa perché vede il progresso nella scelta delle linee, nel colorito e nella tonalità generale. Questo mi convinse tanto più che mi ricordo che quando si tratta di bianco e nero, dove non vi sono colori e la disposizione dei piani deve risultare giusta e si può giudicarla anche senza il vero, egli fa sempre delle osservazioni. Che ne dici? Non ti pare giusta la sua risposta [?].
Mentre tornavo da Balla con il paesaggio incontrai quel giovane, che stava agli Incurabili e andò al Museo artistico, e che una sera, andando da Balla, lo incontrammo in via degli Artisti tenendo una discussione sulla utilità della prospettiva e poi Balla diede ragione a noi, ti ricordi? Ebbene questo grandissimo animale, volle vedere il paesaggio e, dopo avermelo criticato e guardato con un sorriso di scherno, per poco non mi disse che era una porcheria... E sai cosa disse? Che il divisionismo è uno stile (nota la parola e giudica l'uomo) che non gli piace perché bisogna andar lontano per guardarlo!!! ... Che bestia! Andai per curiosità da un pittore sporcaccione, ma che è cavagliere e decorato dell'ordine di Danilo I del Montenegro. Egli aveva detto a mio padre che andassi a vedere un ritratto della regina che stava facendo... Che roba! e dire che è il beniamino dell'aristocrazia e delle signore del corpo diplomatico. Che accozzaglia di bestie. Io credo che se un cagnolino si tingesse la lingua nella tavolozza e leccasse un piatto [di] porcellana dipingerebbe con più slancio. Non capisce niente. Il mio paesaggio non gli piacque e il bianco e nero del lungotevere che avevo con me lo entusiasmò al punto di farlo esclamare: Ecco: in questo studio mettendo dei contadini che tornano dal lavoro se ne farebbe un quadro!!! Giudica come uscii da quello studio... Scappai da Balla con la paura d'esser diventato cretino anch'io, tante furono le bestialità ch'io udii in un quarto d'ora. Mosona ha cominciato il famoso vicolo, a giorni andrò a vederlo. Egli sta educando il povero De Margheriti e lo convince al divisionismo... Tempo perso!...
Scrivi presto. Saluta rispettosamente per me i tuoi genitori e da me ricevi una stretta di mano. Tuo
Umberto

Alla madre e alla sorella Amelia
Paris, 17 aprile 1906

Carissime!
Eccomi finalmente un'oretta con voi per raccontarvi qualche cosa su tutto quello che ho veduto sfilar davanti agli occhi da un mese quasi a questa parte. Sono partito da Roma salutato alla stazione da molti amici, da Prini e dalla sua Signora che mi tenne sotto il braccio augurandomi tante cose, fino a che non montai in treno. Lei anzi mi fece prendere dal marito un cuscino perché potessi riposare meglio: dovevo fare 1750 kilometri! Poco prima m'avevano dato una quantità enorme di salame e prosciutto, arance e sigarette! Lo sventolio dei fazzoletti non finiva mai e dopo pochi minuti fui solo. Ero partito alle 2 pom. da Roma; alle due dopo mezzanotte arrivai a Genova cambiai treno e alle 7 della mattina ero a Torino. La gente nello scompartimento sentendo che andavo a Parigi tutto d'un fiato da Roma mi guardava con meraviglia e io mi davo un'aria di viaggiatore consumato sorridendo con bonarietà! A Torino stavo già in treno per la frontiera quando m'accorgo d'aver lasciato il mantello nell'altro treno. Stavo per decidermi a partire senza, ma la paura di attraversare le Alpi gelato, mi fece venire in mente che c'era un altro treno all'una e così rimasi a Torino. Trovai il mantello e m'incamminai nella città. Avevo un amico all'Accademia Albertina e lo trovai che lavorava - è scultore. Uscì subito con me e andammo a girare per le vie principali che sono belle e tutte alberate come a Parigi; si può anzi dire che non ha carattere italiano. Lo invitai a pranzo e mi venne ad accompagnare alla stazione. Nel treno già si sentiva il francese far capolino qua e là. Fino a Bardonecchia ultima stazione italiana e che fra parentesi si trova a 1250 metri sul livello del mare (il treno camminava tra la neve) ebbi una paura maledetta d'esser fer mato dai carabinieri per mancanza di passaporto. A Roma non avevano ancora finite le pratiche e mi avevano detto di partir pure che me lo avrebbero mandato al consolato d'Italia a Parigi. Passato il pericolo di Bardonecchia dopo due piccole gallerie entrammo nel famoso tunnel del Moncenisio lungo 12 kilometri e 233 metri e largo 8. È all'altezza di 2541 m. cioè in piene Alpi; a destra a sinistra montagne, gole, valli, precipizi, boschi e sempre neve! Appena passata la galleria nella valle sottostante si vede Modane prima stazione francese e dove arriviamo dieci minuti dopo. Qui si vedono guardie di finanza francesi e italiane alpini idem carabinieri idem ferrovieri idem. Tutto doppio. Si passa la visita ai bagagli e mi metto nel treno che mi condurrà fino a Digione per poi cambiare per quello, che mi porterà a Parigi. Da tutte le parti si sente Paris! Paris! Paris! Tutti parlano di questo cervello del mondo. E chi non è diretto a Paris sembra quasi un essere trascurabile!... Il treno è zeppo di soldati francesi con grevi pantaloni rossi e berretto idem. Partiti da Modane comincia a calare la sera. Io scambio qualche parola francese poi m'annoio e dormo: davanti a me non c'è che Paris! Viaggio così tutta la notte; cambio treno a Digione e proseguo; sono in piena Francia, quasi tutti vanno a Parigi: è sabato. All'alba sono in un paesaggio chiaro piano e nebbioso. Passo Fontainebleau, Melun, Charenton...
Parigi! Finalmente dopo quasi 40 ore di treno ci sono. Cerco subito un facchino e porto al deposito i bagagli. A Roma avevo cambiato i miei denari in oro, carta francese e argento li trovo sul piazzale. Poca impressione; gli assalti che m'aspettavo non ci sono, la gente cammina tranquilla, i fiacre trottano ugualmente, così gli omnibus... E la confusione? Io non pensavo che stavo fuori da un qualunque centro e che ero sceso in una delle 19 stazioni tra grandi e piccole di Parigi! Cerco un albergo e pago due lire per notte mando a prendere i bagagli e faccio un po' di toletta. Mentre mi spoglio viene dentro une dame che mi offre i suoi servizi e dicendomi che quando avrò desi derio d'amour sono avvertito che lei abita nella camera vicina alla mia! La ringrazio gentilmente e la prego d'andarsene perché voglio lavarmi. Il giorno trovai subito quel pittore romano e fui subito invitato a colazione da un pittore francese. L'impressione che ebbi di Parigi fu una grande intonazione nera le case, le strade, gli uomini. Quello stesso dopo pranzo andai nel gran centro di Parigi sui grandi boulevard, enormi strade dove vi sono i migliori magazzini. Parigi non ha un centro con 3 milioni di abitanti (!), i centri sono a diecine e tutti tali che se tu non vedessi il resto non li prenderesti per secondari. L'impressione durò per tutto il giorno mediocre. Forse ero troppo stanco o m'aspettavo troppo. Il fatto è che nei giorni successivi e per l'ultima volta oggi ho potuto constatare che sono in una città addirittura straordinaria. Qualche cosa di mostruoso, di strano, di meraviglioso! Poiché vi parlo di Parigi metto qui alcune cifre che vi daranno un'idea mentre a parole sarebbe impossibile.
In tutta l'Italia vi è una sola agenzia telegrafica... a Parigi ve ne sono 17!
100 agenzie matrimoniali, che combinano in media 10000 matrimoni all'anno.
3000 architetti.
12 asili notturni che ospitano 52000! uomini e 4000 donne!
1500 avvocati che esercitano!!!
500 fabbriche di calzature con alcune che confezionano 300 paia di scarpe al giorno!
180000 stranieri dimoranti! Non compreso me che sono arrivato da poco. 400 dentisti! Buono per me!
40000 operai e operaie per la fabbricazione delle piume e fiori artificiali.
40 fabbriche di guanti!
26 brigate (!!) di guardie di questura e 6 compagnie di riserva.
10 fabbriche di ghiaccio con una media in estate di 30000 kilogr. Al giorno. 500 fabbriche di giocattoli con 12000 operai e 20 milioni di affari annui!
2700 medici che esercitano!
250 orefici con 3000 operai.
200 fabbriche di profumi con 4000 operai e 250 impiegati!
1100 pompieri.
2500 sarti!!!
Con queste poche cifre che tolgo dalle curiosità parigine immaginate cos'è questa città. Pensate alle migliaia di carrozze e centinaia d'omnibus, tramvai a cavalli, elettrici, a vapore, tutti con l'imperiale e gli automobili da piazza, alla metropolitana che è una ferrovia elettrica che passa sotto tutta Parigi e i biglietti si prendono discendendo in gran sotterranei tutti illuminati a luce elettrica; i vaporini, identici a quelli di Venezia e sempre colmi di gente. È qualche cosa d'inverosimile. In mezzo a questo movimento mettete migliaia di biciclette, di carri, carrettini e carrettoni, di automobili private, di biciclette porta roba come quelle che aveva Bonaldi a Padova; il lastrico è pieno di réclame; le insegne fin sui tetti; i caffè a migliaia tutti coi tavoli fuori e frequentatissimi in mezzo a questi tre milioni di gente che smania, che corre, che ride, che combina affari e via via fin che ne volete...
Ci sono 43 teatri tra prosa e opera; 23 grandi caffè concerti, 5 circhi, 5 balli. Questi sono i principali e portati ogni giorno dai giornali! Pensa poi alle centinaia che si trovano in altri punti per il popolino...
Tra i caffè concerti vi sono i così detti cabaret, che sono una cosa stranissima. Uno è intitolato il Cielo; la porta e l'interno sono azzurri cosparsi di stelle. Alla porta chi riceve i clienti e l'introduce è uno vestito da S. Pietro in tunica barba e chiavi. Mi dimenticavo di dire che nei cabaret non si paga l'entrata come nei caffè concerti, v'è un aumento nelle consumazioni. Entrate in fondo, chi vi dice bon soir monsieur è il proprietario vestito da padre eterno, i camerieri naturalmente sono tutti uomini vestiti da angeli! Un altro cabaret è chia mato l'Inferno sta vicinissimo al primo nella stessa strada: la porta è un'enorme bocca di diavolo con la testa che fa da stipite; il soffitto e le pareti sono rosse e piene di lampadine rosse: un diavolo t'introduce, dentro è semibuio; delle donne bellissime bruciano tra le fiamme, i camerieri vestiti da diavoli servono inappuntabilmente. Questi stanno a Montmartre e se non li avessi visti non crederei. Le Néant altro cabaret, questo invece è macabro: servono la birra su casse da morto; i camerieri sono vestiti da becchini e appaiono degli spettri. Poi altri chiamati con nomi strani, dei Nottambuli, degli Assassini, delle Quattro Arti, della Lepre agile! ecc. tutti questi ritrovi sono poi pieni ricolmi di cocottes... A Parigi di segnate in questura ce ne sono 80000!!!!!! E questo credetemi è la cosa caratteristica di Parigi. Io ho veduto donne come non avrei mai immaginato che esistessero! Sono tutte dipinte: capelli, ciglia, occhi, guance, labbra, orecchi, collo, spalle, petto, mani e braccia! Ma dipinte in un modo così meraviglioso, così sapiente, così raffinato da diventare opere d'arte. E notate che questo fanno anche quelle di basso rango.
Non sono dipinte per supplire alla natura, sono dipinte per gusto, con colori vivissimi: immaginate: capelli del più bell'oro con sopra dei cappellini che sembrano delle canzoni: meravigliosi! Il volto pallido, d'un pallido di porcellana bianca; le gote leggermente rosee, le labbra di puro carminio tagliate nette e ardite, le orecchie rosee; il collo, la nuca e il seno bianchissimi. Le mani e le braccia dipinte in modo che tutte hanno mani bianchissime attaccate con polsi dolcissimi a braccia musicali. Taratan taratan taratan!!!
Voi riderete ma io sono in un godimento continuo. E ciò che mi fa piacere è che queste donne non hanno per me alcuna attrattiva sensuale; sono troppo diverse dalle donne che ho sempre osservate e queste mi sembrano oggetti. Non vi parlo poi degli abiti; anche questi sono una perfetta musica: elegantissimi così le calzature così tutto. Gli uomini a prima vista sono seri; portano tutti il cilindro, che [è] una caratteristica unita a quella dei calzoni amplissimi degli operai e artisti. Qui tutti portano vestiti di velluto che costano pochissimo e durano eterni.
Io me ne farò uno non avendo più nulla da mettermi. Con 15 lire avrò tutto il vestito.
Sono stato ad una delle cose più caratteristiche di Parigi al ballo chiamato: Moulin de la Galette. È uno dei più sfrenati. Anche qui dovevo riportare una di quelle impressioni che non dimenticherò facilmente. Si paga 2 fr. d'ingresso ma io ho ottenuto dal proprietario l'ingresso gratis per poter disegnare. Sono entrato in una immensa sala (alla porta siccome al collo avevo una sciarpa m'ànno fatto scoprire per vedere se portavo il colletto) dove sotto una luce sfolgorante ci saranno state 500 persone tra uomini e donne. Lì ho veduto le donne che v'ho descritto! Che tipi! Che spettacolo! chi si abbracciava, che si baciava; molti stavano ai tavoli, gli uomini tra le braccia delle donne: era un abbandono generale. Cominciò un valzer e io mi dovetti domandare dove mi trovavo. Le posizioni di ballo più strane erano in uso. Ognuno cerca inventare una posizione di ballo e ognuna è più voluttuosa dell'altra. Le donne erano leggerissime, vaporose; sembrava un ballo di duchesse e tre quarti erano antiche sartine e modelle. Con quel pittore francese venne a parlare una donna così elegante di figura e d'abito che a Roma l'avrei creduta una gran dama, invece era una modella. L'orchestra suonò un ballo spagnolo ora in voga e allora vidi delle coppie ballare con tali ondulazioni e contorcimenti veramente mai visti. I corpi si piegavano a destra e a sinistra, ondulavano, volteggiavano tra gli sguardi entusiasti di chi non ballava. Due donne specialmente danzavano in modo tale che mi fu detto essere alcune volte costretta la guardia dei costumi che sta lì di intervenire perché non si vada a finire ... chissà dove. Credetemi che io sono stato tutta la sera sbalordito e quando ritornai a casa mi domandai come diavolo pensasse tutta quella gente per godere in simili modi. Domani sera torno. Vorrei portar via un quadro di tale spettacolo!
Come forse non vi avrò detto qui non vi sono stanze ammobigliate in famiglia. Tutti vivono all'Hotel. Ve ne sono di elegantissimi che vanno da camere da 150 fr. al mese fino a 20.
Io perciò abito al Grand Hotel de Lisbonne Rue Vaugirard 4 vicinissimo (come dal negozio d'Amelia alla Posta) al gran giardino de Luxembourg. Sono dunque in pieno Quartier Latino nel punto di Parigi d'aria più pura. Nel mio Hotel hanno dimorato il gran poeta P. Verlaine, lo statista L. Gambetta e J. Fleury come vedete è un buon augurio. Lo stare in questo Hotel porta che si vive vicino a gente la più disparata: di sopra a te uno studente in medicina; da una parte un musicista, dall'altra una sartina; di sotto una miss inglese o come da me che, alle finestre di fronte a me, ci sono due o tre studenti di medicina, cinesi, in cilindro; di sotto una bella donna; di fianco una donna con bambini, ecc.
Le ragazze che vivono sole è a Parigi una cosa normale. Quasi tutte hanno l'amante: le studentesse, le sartine, le operaie. Andando a vedere una camera la padrona dell'Hotel mi disse che m'avrebbe dato una camera dove stava una giovane sarta, con i parenti in provincia, ma disse con ingenua disinvoltura, la benedetta figliuola ha l'amante e torna a casa ogni 15 o 20 giorni perché si corica sempre presso di lui. E credetemi così fanno moltissime. Immaginate che in un corteo fatto di studenti pro vittime delle miniere, gli studenti marciavano in colonna abbracciati con ragazze giovanissime, alcune erano sartine. Di tanto in tanto le baciavano... In mezzo poi sgambettavano studentesse vestite completamente da uomo. M'hanno detto che questo è un uso in questi cortei! Tutto questo la gente guarda e passa oltre. A Parigi tutto costa poco. Casa, vitto, vestiti. Io spendo per mangiare 90 centesimi al giorno. Faccio tutto da me.
Una bellissima signorina Polacca (che ho conosciuta in casa della Sig. Tomascetwzka dove vado di tanto in tanto), e che vive sola a Parigi facendo la scultrice, mi ha regalato una grossa macchina a spirito, due piatti e una casseruola. Io mangio sempre o uova e formaggio, o cotechini, ecc. per bere bevo sempre thè. È un'abitudine presa a Roma. Me lo faccio tre perfino quattro volte al giorno. Mentre scrivo l'acqua bolle e me ne faccio un'altra tazza. Le uova si comprano in scatola di 12, a 24 soldi. La grande economia che faccio mi permette di tirare innanzi senza troppo angustiarmi e poter studiare. Tutte le sere sono in casa alle 8 e alle sette di mattina già al lavoro. Lavoro tutto il giorno perché mi son trovato indietro. Credetemi che a Roma ero arrivato a un punto tale che mi sarei dovuto tirare una revolverata o gettarmi a far la vita di Valéry. Non studio più da due anni per quei maledetti pannelli. Mi hanno rovinato i nervi, non posso più soffrire nessuno, non amo più nulla, mi vedo proprio rovinato. Non vi ho mai scritto questo perché era inutile, lo dico ora che è passato tutto e che da una settimana studio come una volta quando ero puro. Sono contaminato da quel commercio infame e non farò più nulla. In un'altra vi parlerò di questa faccenda. Solo a pensarci mi sento una tal rabbia che darei la testa nel muro. Ho perduto due anni senza accorgermene, mi sono fatto sorpassare vergognosamente e chissà se mi alzerò su più. E basta!
La mia camera è a mezzogiorno, piena di luce, ciò mi fa molto piacere. La casa è una vecchia casa francese con tetti aguzzi e le finestre quadrate a piccoli vetri, nella mia ce ne sono 16. È piena di poesia. C'è anche il caminetto per quest'inverno. Pago 20 franchi e 2 per il servizio. Papà mi ha scritto, dice che vi dica di venire ad un accomodamento. Come va l'affare? Il mio indirizzo ora è questo Rue Vaugirard Bureau N. 6. È il numero dell'ufficio postale vicino a casa mia; la posta centrale è lontana qualche chilometro. Avete notizie da Roma? Scrivete parlando della mia partenza e fingendo di non sapere come sono andate le cose e che non l'ho salutati partendo. Scrivetemene. Maria Capobianco forse verrà a raggiungermi tra qualche mese. Poverina! sento di volerle un po' bene. Lei mi scrive di volermene tanto. Lei ha qui una cugina ricca, credo. Scrivetemi di tutti e di tutto per compensarmi di questa letterona durata 3 ore!
Baci
vostro Umberto

Scusate se ho scritto in pessimo italiano e me ne vergogno ma a correggere perderei troppo tempo... Tanti saluti affettuosi alla Signorina Adriana. Mandatemi chiaro il nome del gerente. Ho avuto la sua cartolina. Salutatelo per me.

A Gino Severini
Milano, [ottobre-novembre 1907]

Caro Severini!
inutile dirti che non vedo l'ora che tu venga a Milano carico di novità e di notizie per darci una di quelle chiacchierate di ventiquattr'ore che sono la nostra specialità.
Per questo ti raccomando di osservare e prendere sul mio conto tutto quello che si dice e si diceva... io a Roma non torno più dunque m'interessa molto [...].
Guarda cosa fanno tutti e sappimi dire bene. Son certo che scruterai bene perché dopo la lontananza sarai curioso anche tu [...].
Quanto pagherei fare una corsa fino a Roma, rendermi conto come procedono (nell'Arte e nella Vita) e poi correre qui.
Andrai certo a trovare Sironi e sappimi dire come sta. Temo che sia seriamente ammalato perché lui mi scrive d'essere sempre in cattive condizioni.
Guarda se riesci tu a far sì che mi spediscano (porto assegnato) la mia roba. Dillo a Prini, Sironi farà quello che potrà con la Sig. Virginia. Parlarti di me mi sembra un po' inutile tanto più che tra poco ne saprai delle carine se già non le sai dagli amici di Roma. Intanto ti dico che dormirai da me, sto a camera mobigliata (va bene il g?). In quanto a pranzare ci accomoderemo noi due perché a casa mia non è il caso di parlarne non per il cuore, ma per l'altra cosa.
Preparati a vedere una città che fa onore all'Italia anzi la rappresenta lei sola. Vedrai anche dei capolavori tra i quali la cena di Leonardo e altre sue opere e una "Pietà" di G. Bellini, miracolosa!
Credo che un quadro così perfetto si veda raramente.
Di mio non vedrai nulla. Tutto quello che ho fatto è andato o distrutto, o regalato, o venduto. Purtroppo l'ultimo caso è il più raro. Questo a causa del continuo cambiamento di città. È per questo che desidero fermarmi definitivamente e avere tutta la mia roba di Roma. Occupatene un momento acciocché mi spediscano libri e tele. Saranno buone a lavorarci sopra.
Mi meraviglia che tu vicino a Segantini trovi dell'entusiasmo per Fornara ch'io trovo un imitatore per quanto valoroso. E Previati? che impressione ti ha fatto? Anch'io ho avuto l'impressione di una serietà che manca ai Francesi a moltissimi per lo meno.
Anche a me Balla è stato un ricordo di energia che mi ha molto sorretto. Ne sono anche un ammiratore, ma quanta energia quasi inutile! Come lo vedo lontano dal nuovo movimento intellettuale e artistico. Dimmi cosa e come fa e verso quali strade muove. FORSE tutto il suo lavoro e di chi ha lavorato come lui avrà la sorte del minatore che fruga e cerca il metallo prezioso che altri lavora e mostra alle turbe stupefatte.
Balla, educato quando il quadretto di genere declinava ha messa tutta la sua potenza pittorica e coscienza artistica a servizio di quello. Lui non ci crederà ma è così. A Balla manca assolutamente la visione decorativa la sola che possa fare grande un'opera d'arte.
Balla forse a causa della sua stessa forza ha cercato e studiato molto ma in un circolo già segnatosi da giovane. Ha moltiplicato la sua energia con una fede incrollabile ma sordo a tutti i pianti a tutte le gioie. Gli è mancato quel senso della misura che tutti i grandi artisti posseggono. Ha voluto camminare ad ogni costo senza accorgersi che era circondato da un muro chiuso.
Il fermarsi troppo all'osservazione di una foglia gli ha fatto dimenti care che sulla sua testa cantano gli uccelli. Le nuvole corrono lontano, lontano, le farfalle si rincorrono e si amano... Egli ti dà quel tono accidentale della foglia meravigliosamente ma la tua sensazione resta, lì circoscritta, fredda, isolata... L'universo non palpita! La nostalgia di ciò che non è, che non è mai stato forse, che non sarà mai non è appagata! Tu continui a soffrire e a desiderare nella stessa contemplazione della sua opera: ecco perché non è grande, perché, secondo me, la sua è una via sbagliata!
Malgrado questo devo ancora trovare un uomo della sua tempra.
Dimmi cosa ne pensi, scrivimi che vieni presto e credimi tuo
Boccioni

Telegramma ad Ardengo Soffici
Milano (prima del 19 maggio 1910)

Malgrado note ostilità vostri amici Voce contro futurismo noi conoscendo vostra coraggiosa campagna per grande Medardo Rosso e per risveglio arte italiana avendo letto vostro interessantissimo articolo impressionismo sentiamo bisogno esprimervi nostra fraterna ammirazione.

Boccioni, Russolo, Carrà e poeti Marinetti, Paolo Buzzi