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Cenni biografici
Ilaria Sgarbozza

Böcklin nasce il 16 ottobre del 1827 a Basilea. Il padre, mercante, gli fa frequentare il ginnasio e, resosi conto del notevole talento artistico, non lo ostacola nell’iscrizione all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf (1845).

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Böcklin nasce il 16 ottobre del 1827 a Basilea. Il padre, mercante, gli fa frequentare il ginnasio e, resosi conto del notevole talento artistico, non lo ostacola nell’iscrizione all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf (1845). In questo periodo il giovane artista dipinge gli unici paesaggi e vedute dal vero della sua vita, ritraendo gli scenari alpini e il lago di Ginevra. Studia i dipinti di Caspar David Friedrich e approfondisce le tematiche della pittura romantica tedesca.
Nel 1848 Böcklin è a Parigi dove ha l’opportunità di vedere i lavori di Corot e di Couture. Lo scoppio dei moti insurrezionali lo costringe a rientrare in Svizzera. Qui conosce Louise Schmidt, con la quale si fidanza, e lo storico del Rinascimento Jacob Burckhardt, che lo finanzia, gli procura committenze e lo incoraggia a soggiornare in Italia.
A Roma si reca nel 1850, afflitto dalla morte di Louise. In gravi difficoltà finanziarie è costretto a dipingere paesaggi facilmente commerciabili delle ville urbane e della campagna laziale. Si sposa nel 1853 con Angela Pascucci, dalla quale avrà numerosi figli. I suoi paesaggi cominciano ad arricchirsi di presenze tratte dal mito e dalla storia antica, satiri e ninfe, dei ed eroine. Vi fa capo il sole mediterraneo e la fresca luminosità delle giornate estive sostituisce sulla tela gli umori freddi e umidi del nord.
Nel 1858 Böcklin si trasferisce in Germania dove, tra Monaco, Hannover e Weimar, riscuote i primi successi pubblici. Attratto irresistibilmente da Roma, vi torna nel 1862. Si mette a copiare gli affreschi vaticani di Raffaello, compie la sua prima visita a Napoli e studia gli affreschi pompeiani. Stimolato dalla pittura antica, abbandona i colori ad olio e fa dei tentativi con tecnica a resina e a cera per dare ai dipinti maggiore trasparenza e luminosità. Negli anni seguenti non smetterà mai di fare esperimenti: studierà vecchie ricette e si appassionerà allo studio della tecnica dei vecchi olandesi e fiamminghi e della pittura ad affresco.
A Basilea, dal 1866 al 1871, dipinge molti ritratti e affresca qualche residenza dell’alta borghesia locale. Realizza pure le pitture murali sullo scalone del Museo della città. Nel 1873 partecipa all’Esposizione di Vienna dove, contro tendenza, in un momento di forte espansione delle tematiche socialiste, presenta tre dipinti di soggetto storico e mitologico: Pietà, Euterpe, Lotta di centauri.
L’anno successivo si trasferisce a Firenze, in un appartamento in via Lorenzo il Magnifico. A Berlino il potente mercante Fritz Gurlitt comincia ad occuparsi delle sue opere tanto da fargli giungere la prima commissione ufficiale dalla Germania: I Campi Elisi, opera dispersa nel 1945. Gli anni tra il 1881 e il 1890 sono molto prolifici. Dipinge Prometeo, Il boschetto sacro e le varie versioni de l’Isola dei morti, che gli è stata richiesta da Marie Berna, sposata in seconde nozze al conte Oriola, con la esplicita richiesta di “un quadro per sognare”. Intanto compie degli esperimenti sul volo che suscitano l’interesse delle autorità militari prussiane.
Nel 1890 Böcklin viene colpito dal primo attacco di paralisi. La Galleria degli Uffizi gli richiede un autoritratto da inserire nella raccolta storica. Nel 1895 acquista Villa Bellagio a San Domenico vicino a Fiesole. Ampie esposizioni hanno luogo a Basilea, Berlino ed Amburgo per festeggiare il suo sessantesimo compleanno. La malattia si aggrava. Muore il 16 gennaio del 1901 nella sua casa. Viene sepolto a Firenze nel cimitero evangelico “Agli Allori”.
Cinque anni dopo uno dei più grandi artisti del Novecento, Giorgio De Chirico, incontra a Monaco la pittura di Böcklin. Tra il 1908 e il 1910 realizza una serie di dipinti di matrice böckliniana - marine, paesaggi rocciosi, distese di campagna – scenari per lotte di tritoni e nereidi o per apparizioni di divinità antropomorfe. Le atmosfere gelide e misteriose nelle quali compaiono solitarie figure di origine mitologica e letteraria affascinano il giovane pittore, futuro fondatore della Metafisica. Il mondo classico, già scenario dell’inquietante e del sorprendente, si carica con De Chirico di nuova linfa, rivelando le incongruenze e le magiche possibilità offerte dall’esplorazione della realtà psichica.
“Un quadro deve raccontare qualcosa, far pensare lo spettatore come una poesia, lasciare in lui un’impressione come un brano di musica” aveva sostenuto Böcklin. L’affermazione era sottoscritta qualche anno dopo da De Chirico e dai pittori surrealisti francesi, capaci di tradurre in pennellate parlanti le sconcertanti immagini dell’inconscio.



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