WILLIAM SHAKESPEARE

ENRICO IV - PARTE PRIMA - ATTO SECONDO

Atto Secondo
SCENA I - Rochester, il cortile di una locanda. Notte.

Entra un Vetturale con una lanterna

Primo vetturale - Ohi là, di casa! Che! Dormono tutti?
Accidenti, voglio essere impiccato
se non son già le quattro del mattino!
Vedo l’Orsa Maggiore
già sul comignolo nuovo del tetto,
ed i nostri cavalli ancora scarichi.
Ehi, oh, stalliere!
Stalliere - (Da dentro)
Vengo, vengo subito!

Entra un altro Vetturale, anch’esso con lanterna
Primo vetturale - Tom, per favore dammi una spianata
alla sella di Cut, mettici sotto
un po’ d’ovatta; la povera bestia
è tutta massacrata nei garresi.
Secondo vett. - Corpo d’un cane! Qui piselli e fave
son tutti marci! non c’è via più spiccia
per far venire i vermi a queste bestie.
Da quando è morto Robin, lo stalliere,
questa locanda è tutto uno sconquasso.
Primo vett. - Poveraccio! Non sorrideva più
da quando rincararono la biada:
è stata la sua morte.
Secondo vett. - Tra le locande sulla via per Londra
credo che questa sia la più schifosa
per le pulci. Son tutto un lividore
pei loro morsi, che sembro una tinca .
Primo vett. - Altro che tinca! Credo, per la messa,
che non ci sia mai stato re cristiano
come me pizzicato in tutto il corpo
da quando qui ha cantato il primo gallo.
Secondo vett. - Già, non ci danno mai un orinale,
sicché dobbiamo farla nel camino,
e l’urina fa pulci come un ghiozzo.
Primo vett. - (Chiamando)
Ehi, stalliere, vien fuori, che t’impicchino!
Secondo vett. - Ho un prosciutto e due radiche di zenzero
da consegnare fino a Charing Cross.
Primo vett. - Sacramento! I tacchini nel mio cesto
stan morendo di fame. Oh, stalliere,
peste ti colga! Non hai occhi in fronte?
Non ci senti? Se romperti la zucca
non sarebbe un’azione salutare
come bere un bicchiere di buon vino,
io sono una carogna. Vieni fuori,
t’impiccassero! Non hai religione?

Entra Gadshill
Gadshill - Buon giorno, vetturali. Che ora abbiamo?
Primo vett. - A occhio e croce, le due del mattino.
Gadshill - Ti prego, prestami la tua lanterna.
Voglio dare un’occhiata nella stalla
al mio castrone.

(Fa per afferrargli la lanterna, ma quello lo respinge)
Primo vett. - No, fermo, perdio!
In quanto a certi trucchi, io, compare,
ne so uno che vale due dei tuoi.
Gadshill - (All’altro vetturale)
Fammi il favore, prestami la tua.
Secondo vett. - (Ricusandosi anche lui di dargli la lanterna)
E come no! Domani. Che ne dici?
“Prestami la lanterna... ” E come no!
Prima impiccato ti voglio vedere!
Gadshill - (Desistendo)
E bravo il vetturale! E, dimmi un po’:
per che ora contate di arrivare
a Londra?
Secondo vett. - Per un’ora giusto in tempo
d’andare a letto a lume di candela.
(Al primo vetturale)
Su, su, compagno Mugs,
andiamo a dar la sveglia a quei signori.
Quelli voglion viaggiare in compagnia,
per via che portan dietro assai bagaglio.

(Escono i due vetturali)
Gadshill - (Chiamando)
Ohilà, cameriere, dove sei?
Cameriere - (Da dentro)
“Sottomano” - rispose il tagliaborse...
Gadshill - Tanto valeva che mi rispondessi:
“Sottomano, rispose il cameriere”,
perché tra cameriere e tagliaborse,
tra te e me, non c’è più differenza
che c’è tra l’ordinare e l’eseguire:
ché tu sei quello che stende la trama.

Entra il Cameriere della locanda
Cameriere - Buongiorno, mastro Gadshill. Confermato
tutto quello che ho detto ieri sera:
c’è un possidente che viene dal Kent
ed ha con sé trecento marchi d’oro;
l’ho sentito che lo diceva a cena,
ieri sera, ad un altro viaggiatore,
una specie di controllore ai conti
che ha con sé anche lui un bel carico
Dio sa di che... Son già levati entrambi
e fanno colazione a uova e burro.
È segno che a momenti partiranno.
Gadshill - Beh, amico, se stamane questi due
non andranno a incappare dritto dritto
la confraternita di San Nicola ,
tagliami il collo.
Cameriere - No, e che ci faccio?
Tienilo conservato per il boia,
ché anche tu San Nicola, ti conosco,
lo veneri con la sincera fede
che s’addice ad un vero borsaiolo.
Gadshill - Che discorsi! Che c’entra adesso il boia?
Se vado sulla forca, accanto a me
ci sarà un pendaglio bello grasso,
perché vicino, a penzolar con me,
sarà Sir John, e sai che ha un corpicino
non certo striminzito dalla fame.
Pfu!... Oltre a lui ci sono altri troiani
che tu manco ti sogni: personaggi
che per amor di svago e di trastullo
si piacciono di dare un po’ di lustro
a questa oscura nostra professione,
e che, se alcuno vuol ficcarci il naso,
son sempre pronti, per salvarsi il nome,
a trovar modo di salvare tutto.
Io, con i giramondo scalcagnati
o coi tipi che, armati di bastone,
sgrassano il prossimo per sei scellini,
non ci bazzico; né con quei pazzoidi,
grossi mustacchi e faccia paonazza,
imbevuti di boria come spugne;
ma con tranquilli e nobili signori,
con borgomastri e grossi tesorieri
che sanno ben tener chiusa la bocca,
usi a colpire prima di parlare,
ed a parlare prima di trincare,
ed a trincare prima di pregare...
anzi, no, ma che dico, Cristo Santo!,
il loro santo, la finanza pubblica,
quelli non cessano mai di pregarlo,
anzi no, mi correggo, non lo pregano,
lo predano, perché ci passan sopra,
se la lavorano per ogni verso
e se ne servono poi da stivali .
Cameriere - La pubblica finanza da stivale?
Come sarebbe? E sa risputar l’acqua
a camminarci in mezzo ad un pantano?
Gadshill - Altroché, gli dà il grasso la giustizia !
Noi rubiamo protetti ad al sicuro,
mio caro, come dentro una fortezza:
con la ricetta dei semi di felce ,
ci muoviamo senz’essere veduti.
Cameriere - Frottole! Credo invece, in fede mia,
che a farvi andare in giro non veduti,
non che i semi di felce, sia la notte.
Gadshill - Bah, qua la mano. Avrai la parte tua
dal nostro ricavato,
com’è vero che sono un uomo onesto...
Cameriere - Sarei stato, in coscienza, più sicuro
d’averla, se tu m’avessi dichiarato:
“Com’è vero che son ladro e bugiardo”.
Gadshill - Andiamo, su, “homo” è nome comune
a tutti gli uomini. Di’ allo stalliere,
piuttosto, di portar fuor dalla stalla
il mio castrone. Addio, sozzo furfante!

(Escono da parti diverse)
SCENA II - Strada maestra presso Gadshill

Entrano il Principe di Galles e Poins

Poins - Nascondiamoci, presto, nascondiamoci!
Ho traslocato il cavallo di Falstaff,
e lui si va struggendo dalla rabbia
come un velluto tramato di gomma .
Principe - Tu nasconditi là.

(Poins si nasconde dietro un cespuglio)

Entra Falstaff, arrancando
Falstaff -
(Chiamando forte)

Poins, Poins, Poins! T’impiccassero!
Ma dove diavolo ti sei cacciato?
Principe - Eh, oh, quanto fracasso!
Zitto, coglione imbottito di grasso!
Falstaff - Oh, Hal, sei qui? E Poins?
Principe - Dev’essere salito su quel poggio.
Te lo vado a cercare?
Falstaff - Che dannazione ch’io debba rubare
in compagnia d’un ladro come lui!
M’ha spostato il cavallo, quel bastardo,
e l’è andato a legare chissà dove;
e io, se faccio ancora quattro passi
a piedi, mi si smungono i polmoni.
Ah, se potessi scampare alla forca
dopo averlo ammazzato, quel furfante,
che bella morte mi preparerei!
Sono ventidue anni
che ogni ora giuro a me di liberarmene,
ma senza mai riuscirsi; m’ha stregato
la compagnia di questa gran canaglia.
Se non è vero che m’ha propinato
qualche filtro di simpatia per lui,
questo gran farabutto, m’impiccassero!
Non può essere altro: qualche droga
m’hanno dato da bere qualche droga...
Poins! Hal! La peste a tutti e due
Bardolfo! Peto! Morire di fame,
piuttosto che avanzare un altro passo
sulla via del rubare!
Se non è vero ch’è una cosa santa,
come quella di farsi un buon boccale,
piantare in asso questi farabutti
e diventare una persona onesta,
io sono la canaglia più schifosa
ch’abbia mai masticato con un dente!
Sette iarde di strada rotta, a piedi,
sono per me come settanta miglia,
e questi mascalzoni cuor-di-pietra
lo sanno bene. Che peste bubbonica
quando i ladri non sanno comportarsi
lealmente nemmeno tra di loro!

(S’ode un fischio prolungato)

Oh, che vi colga un accidente a tutti!
Ridatemi il cavallo, delinquenti!
Il mio cavallo, oh, che Dio v’impicchi!
Principe - Zitto, panzone! Mettiti giù, a terra,
poggia a terra l’orecchio e ascolta bene
se si sentono passi...
Falstaff - A terra, io?...
E ce l’avete poi un bel paranco
per rimettermi in piedi?
Io questa ciccia non la porto, a piedi,
più lontano d’un pollice da qui,
nemmeno se mi danno tutto l’oro
racchiuso nei forzieri di tuo padre.
Che pestifero modo di giocarmi
è questo?
Principe - Menti. Tu non sei giocato,
sei solo scavallato .
Falstaff - Hal, sii gentile, principe, ti prego,
aiutami a trovare il mio cavallo,
mio buon figlio di re.
Principe - Va’ via, furfante!
Ti devo forse fare da stalliere?
Falstaff - Va’ ad impiccarti alle tue giarrettiere
di erede presuntivo .
Se mi prendono, vi denuncio tutti;
e se non troverò dei cantastorie
che ti mettano nelle lor ballate
per cantarle su sconci motivetti,
Dio mi faccia morire avvelenato
dopo bevuto un gotto di vin secco!
Quando uno scherzo passa così i limiti,
e con uno ch’è a piedi... è cosa odiosa!

Entra Gadshill
Gadshill - Fermo là!
Falstaff - Fermo sto, purtroppo, e a piedi .
Poins - (Uscendo dal nascondiglio)
Oh, questo è il nostro palo.
Riconosco la voce.

Entrano Bardolfo e Peto
Bardolfo - (A Gadshill)
Novità?
Gadshill - Su, su, copritevi. Giù le visiere!
C’è buon danaro di conio reale
che scende per di qua dalla collina,
diretto alla real tesoreria .
Falstaff - Quale tesoreria reale, scemo!
Alla taverna reale, vuoi dire !
Gadshill - Ce n’è abbastanza da arricchirci tutti.
Falstaff - O da mandarci tutti sulla forca.
Principe - Voi quattro, allora, li affrontate là,
nella stretta del colle; Poins ed io
ci appostiamo più sotto,
se mai dovessero sfuggire a voi,
incapperanno di sicuro in noi.
Peto - (A Gadshill)
Quanti saranno?
Gadshill - Otto-dieci circa.
Falstaff - Sangue di Cristo! Non andrà a finire
che saran loro a derubare noi?
Principe - Che! Sir John Panciagrossa un vigliaccone?
Falstaff - Non sarò certo un Giovanni di Gaunt,
tuo grande nonno , ma un vigliacco, no.
Principe - Beh, ti aspettiamo ai fatti.
Poins - (A Falstaff)
Mastro Zannino, il tuo cavallo è là,
dietro la siepe; quando n’hai bisogno
lo trovi là: Addio, e tieni duro.
Falstaff - (Tra sé)
Ah, sonargliene quattro, a quello lì,
a costo di finire sulla forca!
Principe - (A Poins, a parte)
Ned, i travestimenti dove sono?
Poins - (Al principe, a parte)
Son qui vicino. Vieni. Nascondiamoci.

(Escono il Principe e Poins)
Falstaff - E ora, mastri, a ognuno la sua sorte,
ciascuno alla sua parte.

Entrano i Viaggiatori
Primo viaggiatore - Vieni amico, ci penserà il garzone
a condurre i cavalli per la costa,
mentre noi ci facciamo quattro passi
per sgranchirci le gambe...
Falstaff e
gli altri ladroni - Fermi tutti!
Viaggiatori - O Dio Gesù, proteggici!
Falstaff - Forza, ragazzi, addosso!
Finiamoli, tagliamogli la gola
a questi malfattori! Ah, parassiti!
Ah, figli di puttana!
Manigoldi imbottiti di lardume!
Addosso, addosso, addosso!
Ci detestano perché siamo giovani!
Ammazzateli tutti! Scotennateli!
Primo viagg. - Ah, poveretti noi, siamo spacciati
noi e le nostre famiglie, per sempre!
Falstaff - Alla forca, panciuti farabutti!
Spacciati siete? No, grassi taccagni!
Magari fosse qui tutta la roba
dei vostri magazzini! Avanti, avanti,
canaglie, pure i giovani han da vivere!
Siete grandi giurati, non è vero ?
Ve lo daremo noi, ora, il giury !

(I quattro li legano, li rapinano ed escono)

Entrano il Principe di Galles e Poins in casacche di
cascherame e visiera
Principe - I ladroni han legato i galantuomini,
ora a noi due di sgrassare i ladroni,
e tornarcene allegramente a Londra.
Sarebbe un argomento, se va bene,
da parlarne una intera settimana
e sghignazzarci sopra per un mese:
e una beffa solenne, da far epoca.
Poins - Arrivano. Li sento. Nascondiamoci.

(Si appartano)

Rientrano Falstaff, Bardolfo, Peto e Gadshill
Falstaff -
Allora, mastri, spartiamo il bottino
e poi via a cavallo,
prima che faccia chiaro.
Se non è vero che il Principe e Poins
son due grandi vigliacchi,
non c’è più un sol granello di giustizia
a questo mondo. E non c’è più coraggio
in Poins che in un’anatra selvatica

(Mentre si spartiscono il bottino, sbucano all’improvviso il Principe e Poins, sempre travestiti)
Principe - Fuori il denaro!
Poins - Fior di delinquenti!

(I quattro scappano, abbandonando il bottino; solo Falstaff tenta di reagire, ma poi scappa anche lui)
Principe - È stato facilissimo, uno scherzo!
Ora a cavallo, allegramente, a casa.
I ladroni si sono sparpagliati
ed eran presi da tale paura
da non fidarsi più d’andarsi incontro
l’uno all’altro, perché prende ciascuno
l’altro per uno sbirro. Andiamo, Ned.
Falstaff starà sudando da morire,
e chi sa quanto grasso andrà buttando
mentre cammina, sulla secca terra.
Ne avrei pietà, se non fosse da ridere.
Poins - E come urlava, quel grasso bestione!

(Escono)
SCENA III - Sala nel castello di Warkworth

Entra Hotspur, solo, leggendo una lettera
Hotspur - (Leggendo)
“Per quanto mi riguarda, monsignore,
“sarei ben lieto di partecipare,
“non fosse solo per il grande affetto
“che nutro verso la vostra famiglia”.
Sarebbe lieto... E perché non lo è?...
Pel grande affetto per la mia famiglia...
Ma facendo così, del suo affetto
mostra d’averne più pel suo granaio.
Ma seguitiamo a leggere...
“L’impresa cui volete metter mano
è quanto mai rischiosa... ” Che scoperta!
Rischioso è tutto al mondo: un raffreddore,
una dormita, una bella bevuta...
Ma io ti dico, sciocco mio signore,
che noi da questo rischio,
da quest’ispida ortica,
coglieremo un bel fiore: la salvezza.
(Legge)
“... L’impresa cui volete metter mano
“è quanto mai rischiosa; malsicuri
“gli alleati di cui mi fate i nomi;
“anche il momento è scelto molto male
“e l’intero complotto è troppo fragile
“per poter bilanciare il contrappeso
“d’un avversario di tanta potenza”.
Ah, così dici, eh?
Ed io ti replico che sei un tanghero,
un imbecille, un codardo, e che menti,
menti e poi menti. È vuoto di cervello
quest’uomo, ché se ci fu mai complotto
perfettamente ordito, è questo nostro:
alleati fedeli e ben costanti,
amici buoni, di piena fiducia,
un eccellente piano operativo...
Che carogna dall’animo di ghiaccio
è mai costui?... Ma come!
Se il progetto ed il corso dell’azione
hanno incontrato il pieno gradimento
anche dell’Arcivescovo di York!
Sangue di Cristo, avessi qui quel tanghero
m’andrebbe di spaccargli le cervella
a colpi di ventaglio della moglie!
E non ci sono mio padre e mio zio?
Non ci son io? Non c’è Edmondo Mortimer?
E l’Arcivescovo? Non c’è Glendower?
E non c’è pure Douglas?
Non ho avuto conferma da tutti
per iscritto che converremo in armi
il giorno nove del prossimo mese?
E alcuni già non si son messi in marcia?
Ma che empia carogna è mai costui!
Che razza d’infedele!
Sta a vedere che adesso per paura,
e da quel cuore gelido che è
va’ dal re a svelargli i nostri piani.
Mi verrebbe la voglia di sdoppiarmi,
e di prendermi a schiaffi da me stesso
per aver chiesto di partecipare
a un’impresa gloriosa come questa
a quella ciotola di latticello!...
E vada a dirlo al re, e che s’impicchi!
Noi siamo pronti. Io parto stanotte.

Entra Lady Percy

Oh, Catina, sei qui!
Fra un paio d’ore ti dovrò lasciare.
Lady percy - Signore mio diletto, che cos’è
che ti fa stare così solitario?
Per qual mia colpa da due settimane
mi ritrovo una moglie
messa al bando dal letto del mio Harry?
Dimmi, dolce signore,
che cos’è che ti toglie l’appetito,
il tuo umor sereno,
e ti priva del tuo dorato sonno?
Perché quel tuo fissare gli occhi a terra
e quel tuo trasalir, a quando a quando,
mentre sei solo? Com’è ch’hai perduto
il tuo fresco incarnato sulle guance?
Come hai potuto abbandonar così
i tesori del mio starti vicino
e i miei diritti di moglie affettuosa
per questo meditare torvo-occhiuto
e questo maledetto umore nero?
T’ho udito spesso, nel vegliarti accanto
nei tuoi sonni leggeri,
mormorare di scontri ferro a ferro,
dar ordini al focoso tuo destriero
gridando: “Avanti, in campo!”,
e parlar di sortite e ritirate,
di valli, di trincee, attendamenti,
frontiere, parapetti, basilischi,
cannoni, colubrine, di riscatti
di prigionieri, di soldati uccisi
e delle alterne sorti
d’una battaglia dura ed accanita.
Era l’animo tuo
a farti guerra ed ad agitarti tanto
da farti stilar gocce di sudore
giù per la fronte, come bolle d’aria
sul pelo d’acqua d’un torrente in piena...
E sul tuo viso strane contrazioni,
come vediamo in chi trattiene il fiato
per qualche grave improvviso comando.
Che presagi son questi, mio signore?
Qualche grave progetto il mio signore
ha per le mani, ed io devo saperlo,
oppure egli non m’ama.
Hotspur - (Chiamando, senza badarle, come assorto in altri pensieri)
Ehi, di là!

Entra un Servo

Mi sai dire se Gilliams
è partito col pacco dei messaggi?
Servo - Sì, monsignore; è andato un’ora fa.
Hotspur - Butler è andato poi dallo sceriffo
per quei cavalli?
Servo - È andato e ritornato,
mio signore, ma con un sol cavallo.
Hotspur - Quale, un roano dalle orecchie mozze?
Servo - Quello, signore.
Hotspur - Bene. Quel roano
sarà il mio trono. Lo monterò subito.
Oh, Esperance !... Va’, va’ a dire a Butler
che me lo porti subito nel parco.
(Esce il servo)
Lady percy - Tu non m’ascolti, signor mio: Perché?
Hotspur - Ah, sì, che dice questa bella dama?
Lady percy - Ma che cos’è che mi ti porta via?
Hotspur - Il mio cavallo, cara, il mio cavallo.
Lady percy - Sei proprio uno scimmiotto testamatta!
Una donnola non è più frenetica.
Harry, voglio sapere
questa faccenda che ti tien sì preso.
E la saprò. Ho paura che Mortimer,
mio fratello, si stia dando da fare
per la revindica dei suoi diritti
ed abbia chiesto a te di dargli mano.
Ma se ci andrai...
Hotspur - A piedi, fin lassù?
Che dici, amore mio? Mi stancherei.
Lady percy - Via, via, pappagalletto, non scherzare,
rispondi a tono, non tergiversare.
Harry, se non mi dici tutto e subito,
ti faccio a pezzettini il dito mignolo.
Hotspur - Evvia, giocherellona... Amarti, io?
Ma nemmeno per sogno, Caterina!
Non mi curo di te, non me ne importa...
Devi capir che questo non è mondo
da pupattole e schiocchi sulle labbra:
nasi che colan sangue e teste rotte
ci tocca avere, e prenderli alla buona,
per moneta corrente... Il mio cavallo...
Che mi dici, Catina? Che vuoi, cara?...
Lady percy - Veramente non m’ami? Proprio no?
Fa’ pure come vuoi. Ma sta’ attento:
se veramente finirai d’amarmi,
finirà ch’io non ami più me stessa...
Insomma, dimmi: scherzi o fai sul serio?
Hotspur - Aspetta, lasciami montare in sella,
e, una volta a cavallo, t’assicuro
che giurerò d’amarti all’infinito.
Ma, Catina, non voglio, d’ora in poi
sentirmi domandare dove vado
e perché vado: vado ove devo.
E insomma questa sera, mia Catina,
debbo lasciarti. Lo so, tu sei saggia,
ma non più della sposa di Harry Percy.
Sei di cuore costante, ma sei donna;
e quanto a segretezza, questa volta,
non c’è donna che sappia più di te
mantenere un segreto; e ciò perché
non potrai rivelar quel che non sai
Vedi fino a che punto ho fede in te,
dolce Catina?
Lady percy - Fino a questo punto?
Hotspur - Non un sol pollice più in là. Ma ascolta,
Catina, dov’io vado, anche tu vieni.
Io parto oggi, tu parti domani.
Sei contenta?
Lady percy - Per forza devo esserlo.

(Escono)
SCENA IV - Eastcheap, la taverna “Alla Testa di Cinghiale”.

Entra il Principe di Galles, attraversa la stanza, apre una porta sul lato opposto e chiama

Principe - Ned, avanti, ti prego,
vieni fuori da quella stanza untosa,
che ci facciamo insieme due risate.
Poins - (Uscendo)
Oh, Hall, dove sei stato?
Principe - In compagnia di tre-quattro sbornioni
fra tre-quattro dozzine di barili.
Ho fatto risuonare in me stavolta
la corda della più bassa umiltà.
Son diventato amico per la pelle
d’una terna di veri spillabotti,
li chiamo tutti a nome di battesimo,
Tomasino, Domenico, Checchino.
Son pronti già a giurare
sulla salvezza delle loro anime
ch’io, pur essendo ancora niente più
del Principe di Galles, sono il re
delle buone maniere con il prossimo,
e mi dicono senza peli in bocca
che non sono un borioso come Falstaff,
bensì un “corinzio”, un giovane di spirito ,
un ragazzo di buon temperamento,
(perdio, mi dicono proprio così!),
e dicono che quando sarò re
l’Inghilterra può fare assegnamento,
in quanto a devozione alla corona,
su tutti i bravi ragazzi di Eastcheap.
Tracannare di grosso, in bocca a loro,
si chiama “dare una mano di rosso”;
se, mentre bevi, t’arresti un istante
a prender fiato, ti gridano: “Hem!”
e ti senti ordinare: “Tutto giù!”
Insomma, m’è bastato un quarto d’ora
per poter bere ormai tutta la vita
con qualunque stagnino, nel suo gergo.
Ned, t’assicuro, ci hai perduto molto
a non trovarti là insieme a me.
Ma dolce Ned, per farti un po’ più dolce
questo nome che porti,
ti regalo questo pochin di zucchero
che m’ha passato or ora di nascosto
un inserviente di quest’osteria,
uno che in vita sua
non ha mai detto nella nostra lingua
più di così: “Otto scellini e mezzo”,
oppure: “Benvenuto a lorsignori”,
aggiungendo a gran voce: “Vengo subito”,
“Una pinta di moscatello rosso
per quei clienti nella Mezzaluna ”
o altra frase dello stesso genere.
Ma ora, Ned, per ammazzare il tempo
finché non giunga Falstaff,
stattene in qualche stanza qui vicino,
mentr’io domando al mio spilabottino
a che scopo m’ha dato questo zucchero;
e tu, da dentro, chiama forte “Checco!”,
senza smettere mai, e il suo discorso
a me non potrà essere nient’altro
che: “Vengo, vengo subito ”.
Ritirati, e te ne darò la prova.
(Poins rientra nella stanza da dove era uscito, lasciando aperta la porta)
Poins - (Da dentro)
Checco!
Principe - Perfetto. Bene così.
Poins - (c.s.)
Checco!

Entra Checco, tutto affannato
Checco - Eccolo, viene subito, signore!
Ralph, vedi tu che vogliono di sotto
al Melograno .
Principe - Checco, vieni qua.
Checco - Monsignore?
Principe - Quant’altro tempo, Checco,
ti manca per finir l’apprendistato?
Checco - Eh, cinqu’anni, in coscienza, tanto che...
Poins - (Da dentro)
Checco!
Checco - Sì, subito, signore, subito!
Principe - Cinqu’anni! Caspita, che tirocinio
per imparare a far tinnire il peltro !
Ma. Checco, ce l’avresti tu il coraggio
di fare una solenne vigliaccata
infischiandoti del tuo principale,
mostrargli i tacchi e filartela via?
Checco - Oddio, signore, vi potrei giurare
sopra tutte le bibbie d’Inghilterra
che quel coraggio lo potrei trovare...
Poins - (c.s.)
Ohi, Checco, insomma!
Checco - Subito, signore!
Principe - Checco, quanti anni hai?
Checco - Ecco, vediamo... verso San Michele
che viene, ce ne avrò, diciamo...
Poins - (c.s.)
Checco!
Checco - Arrivo subito da voi, signore,
vi prego d’aspettare un solo istante...
Principe - (Fermandolo)
No, Checco, sta’ a sentire: quello zucchero
che m’hai dato... valeva un penny, vero?
Checco - Oh, Signore, magari forse due...
Principe - Io te lo pagherò mille sterline.
Richiedimele pure quando vuoi,
e le avrai.
Poins - (c.s.)
Checco!
Checco - Arrivo, arrivo subito!
Principe - Subito, Checco? No, Checco, non subito;
le avrai domani, Checco; o giovedì
o, sì, quando vorrai, Checco... ma Checco...
Checco - Sì, mio signore?
Principe - Te la sentiresti
di rapinar quella giubba di cuoio,

(Indica il Vinaio che sta entrando )

quello con quei bottoni di cristallo,
le trecce in testa, le calzette blu,
la lingua tutto miele
e la scarsella di cuoio di Spagna?
Checco - Oh, signore, che cosa avete in mente?
Principe - Ho capito, il tuo moscatello rosso
resterà la tua unica bevanda;
perché, vedi, questo tuo bel giubbetto
di tela bianca diventerà sporco.
In Barberia lo zucchero, ragazzo,
non può venire a costar così caro.
Checco - Come, signore...
Poins - (c.s.)
Checco!!!
Principe - Va’, gaglioffo,
non senti che ti chiamano di là?

(Mentre Checco sta per uscire, il Principe e Poins si mettono a chiamare insieme: “Checco!”, “Checco!” e il poveretto, frastornato, non sa più a chi dar retta)
Vinaio - (A Checco)
Ohi, senti che ti chiamano così,
e te ne resti là, fermo impalato?

(Checco esce, stralunato)

(Al Principe)
Alla porta c’è il vecchio Sir John Falstaff
e una mezza dozzina d’altra gente.
Li faccio entrare?
Principe - No, per il momento.
Lasciali fuori, a rinfrescarsi un po’.
Gli aprirai dopo.

(Esce il vinaio)

Vieni fuori, Poins.

Rientra Poins
Poins - (Facendo il verso a Checco)
“Arrivo, arrivo subito, signore!”
Principe - Messere, Falstaff con gli altri ladroni
son giù alla porta. Ci siamo. È il momento.
Vogliamo stare allegri?
Poins - Come grilli,
ragazzo mio. Ma spiegami una cosa:
che diamine di svago è stato il tuo,
con questo scherzo fatto al taverniere?
Che n’è venuto fuori?
Principe - Mi son saltati tutti i ghiribizzi
che gli uomini hanno preso per facezie
dai vecchi tempi del buonuomo Adamo
giù giù fino all’infanzia
di questo giorno d’oggi a mezzanotte.

Rientra Checco, traversando di corsa la scena portando
da bere ad altri clienti

Checco, che or’è?
Checco - (Senza fermarsi)
Sì, subito, signore.

(Esce)
Principe - Che costui debba avere sulla lingua
meno vocaboli d’un pappagallo,
uno nato da donna!...
Tutto quel che sa fare
è andar di su e di giù per una scala,
tutto quel che sa dire
sono i prezzi del vino che ha servito.
Io non mi sento ancora, se Dio vuole,
dell’umore focoso di Harry Percy,
detto altresì “Caldosprone del Nord”,
che ti fa fuori solo a colazione
sei o sette dozzine di scozzesi,
poi si lava le mani, e fa’ alla moglie:
“Alla malora questa vita oziosa!
Io ho necessità di lavorare”.
“Harry mio dolce” - gli domanda lei -
“quanti n’hai ammazzati stamattina?”
E lui: “Abbeverate il mio roano”,
e un’ora dopo: “Un quattordici circa”,
le risponde, “bazzecole, bazzecole!”
Ora fa’ entrare Falstaff, per favore.
Voglio fare con lui come fa Percy,
e quel dannato porco
rifarà Lady Mortimer, sua moglie.
“Rivo!” gridano i grandi bevitori !
Fa’ entrare il Trippa, fa’ entrare Braciola.

Entrano Falstaff, Gadshill, Bardolfo e Peto, seguiti da
Checco che reca boccali di vino
Poins - Ben arrivato, Jack, da dove vieni?
Falstaff - Peste colga ai vigliacchi,
dico, e su loro piova la vendetta,
per la Madonna, amen!
(A Checco)
Ragazzo, dammi un boccale di secco.
Anziché seguitare questa vita,
mi metto a fare e rammendare calze,
e rifarci anche i petuli, perdio!|
Peste ai vigliacchi!...
(A Checco)
Ebbene, furfantaccio,
arriva o non questo gotto di secco?
Non c’è più religione a questo mondo?

(Checco gli porge un boccale di vino, che Falstaff si scola lentamente)
Principe - (A Poins, indicandogli Falstaff che beve)
Hai mai visto il Titano (cuore tenero)
che bacia un piatto di burro fondente
alla soave carezza del sole?
Se l’hai visto, rimira questa scena .
Falstaff - (Restituendo a Checco il boccale vuotato)
Furfante, in questo vino c’è la calce!
Delinquenziale natura dell’uomo!
Non vi si trova che canaglieria.
Meglio comunque un gotto di vin secco
sia pure adulterato con la calce
che avere a che spartire coi vigliacchi.
Un infame vigliacco!...
Va’ vecchio John, tu va per la tua via,
e muori quando vuoi. Se non è vero
che la virilità, la buona e vera
virilità è caduta nell’oblio
sulla faccia del mondo,
allora io sono un’aringa seccata !
Ci saranno sì e no in Inghilterra
al giorno d’oggi tre uomini veri
che siano ancora scampati al capestro,
e di loro uno è grasso e si fa vecchio.
Che intanto Dio provveda. Mondo infame!
Perché non mi son fatto tessitore?
potrei cantare salmi ed ogni cosa .
Peste a tutti i vigliacchi, dico ancora!
Principe - Che hai da bofonchiare, materasso?
Falstaff - Un bel figlio di re, non c’è che dire!
Se non ti butto fuori dal tuo regno
a colpi d’una daga di bambù,
e non ti caccio innanzi tutti i sudditi
come una frotta d’anitre selvatiche,
non voglio aver più barba sulla faccia!
Il Principe di Galles... bella roba!
Principe - Beh, corpaccione figlio di puttana,
che ci hai da dire?
Falstaff - Non sei un vigliacco?
Rispondimi su questo. E quel Poins là?
Poins - (Sfoderando la spada)
Sangue di Cristo, pancione di sugna,
se mi dài del vigliacco, io t’infilzo!
Falstaff - Io, darti del vigliacco?
All’inferno voglio vederti, io,
prima di dare del vigliacco a te...
però son pronto a dar mille sterline
per esser gambalesta come te
pronto a scappare. Hai le terga dritte,
tu, e non t’importa di chi te le veda.
E questo chiami “spalleggiar gli amici”?
Accidenti, che bello spalleggiare!
Datemi per amici
gente che sappiano guardarmi in faccia!
(A Checco)
Portami un altro boccale di secco.
Canaglia a me se oggi ne ho bevuto.
Principe - Oh, spudorato! Ma se hai le labbra
umide ancor dell’ultima trincata!
Falstaff - (Bevendo)
Non me ne importa un fico.
Peste a tutti i vigliacchi, ancora e sempre!
Principe - Ma che hai?
Falstaff - Che ho?... Quattro di noi
che siamo qui s’erano procacciate
stamattina un migliaio di sterline.
Principe - Dove sono, compare, dove sono?
Falstaff - Dove sono? Ce l’han portate via!
In cento, contro noi poveri quattro.
Principe - Che dici, cento?
Falstaff - Sono una carogna
se non è vero che mi son battuto
con una buona dozzina di loro
a mezza lama, per due ore buone.
E l’ho scampata proprio per miracolo:
otto volte colpito al giustacuore,
quattro volte alle braghe,
il brocchiere forato da ogni parte,
questa spada ridotta tutta denti
come una sega a mano. Ecce signum !
(Sguaina la spada e mostra le tacche)
Non ho mai fatto meglio di così
da quando sono diventato uomo.
E tutto invano, peste a quei vigliacchi!
Ma parlino anche loro.
(Indica gli altri tre compagni)
E se diranno un etto in più o in meno
di quella ch’è la pura verità,
sono ignobili figli di puttana.
Principe - Dite, dite, signori, com’è stato?
Gadshill - Ci siam trovati in quattro
contro all’incirca una dozzina...
Falstaff - Sedici,
e non uno di meno, signor mio.
Gadshill - E li abbiamo legati, impastoiati.
Peto - No, no, non furono legati affatto.
Falstaff - Idiota, furono legati eccome!
Dal primo all’ultimo! Se non è vero,
ditemi pure che sono un ebreo,
un ebreo di Giudea!
Gadshill - Mentre stavamo a spartirci il malloppo,
ci son piombati addosso in sei o sette
altri freschi di forze...
Falstaff - Che slegarono gli altri ch’era là,
e poi ne vennero degli altri ancora.

Principe - E voi quattro a vedervela con tutti?
Falstaff - Tutti. Non so che intendi tu per “tutti”,
ma se non erano almeno cinquanta
quelli con cui mi son dovuto battere,
io sono un cespo di radicchi secchi!
Se, dico, addosso a questo vecchio John
non ce ne stavano cinquantadue,
di quelli, forse pur cinquantatre,
beh, dite pure allora che sir John
non è un bipede umano.
Principe - C’è da pregare Dio
che tu non ne abbia ammazzato nessuno.
Falstaff - Pregar Dio per questo ormai non serve.
Un paio li ho conditi a sale e pepe,
due son certo d’averli sistemati,
due malandrini in casacche incerate.
Hal, questo è quanto, e se dico bugia,
sputami in faccia, e di’ che sono un brocco.
Tu conosci quel vecchio mio scattare
“in guardia”, ecco, così. E così stavo
quando appunto mi son venuti addosso
quattro di quei gaglioffi in bucherame...
Principe - Quattro? Ma non avevi detto due?
Falstaff - Erano quattro, Hal, ho detto quattro.
Poins - È vero, ha detto quattro.
Falstaff - Questi quattro
vengono avanti frontalmente, in riga,
e si dirigono verso di me.
Senza scompormi, resto lì impalato,
ad aspettar che le lor sette spade
vengano ad infilarsi sul mio scudo,
così...
Principe - Com’è? Sono diventate sette?
Ma non erano quattro ancor poc’anzi?
Falstaff - Erano quattro quelli in bucherame.
Poins - Sì, quattro in robe di tela cerata.
Falstaff - Sette, dico, e lo giuro su quest’elsa ,
o io sono un emerito gaglioffo.
Principe - (A parte a Poins)
Lascialo dire: Aumenteranno ancora.
Falstaff - Mi ascolti, Hal?
Principe - Sì, sì, son tutt’orecchi.
Falstaff - Ecco, bravo, perché ne val la pena.
Dunque, come dicevo,
quei nove con casacca d’incerata...
Principe - (c.s.)
E son già diventati due di più.
Falstaff - ... quando gli si spezzarono le punte...
Poins - (A parte al Principe)
Sì, sì calarono loro le braghe .
Falstaff - ... cominciarono a cedere terreno,
ma io li premo sempre più da presso,
mi butto su di loro corpo a corpo
e ne sistemo, in un battibaleno,
sette degli undici.
Principe - (c.s.)
Fenomenale!
Undici uomini in bucherame
figliati dagli originari due.
Falstaff - ...ma, come volle il diavolo, tre bischeri
dannati, in panno verde di Kendall ,
mi vennero lì dietro all’improvviso
assaltandomi (era così buio,
che non saresti riuscito a distinguere
credimi, Hal, nemmeno la tua mano)...
Principe - Queste non son che frottole,
a misura di chi le ha generate,
panzane grosse come una montagna,
palpabili, palesi, manifeste!
Ma come tu, sacco di budellame
col cervello d’argilla quale sei,
scemo zuccone, figlio di puttana,
spudorato grassone unto e bisunto...
Falstaff - Ehi, che ti prende, Hal?
Diventi matto, eh? Diventi matto?
La verità non è più verità?
Principe - ... come avresti potuto riconoscere
quei tali in roba verde di Kendall
in tanta oscurità da non distinguere
nemmeno la tua mano? Che rispondi?
Avanti, sputaci le tue ragioni.
Poins - Le tue ragioni, Jack, le tue ragioni.
Falstaff - Eh, diamine! Cos’è, un’imposizione?
Sangue di Cristo, sotto costrizione
no, nemmeno se fossi sottoposto
alla tortura dello strappamento ,
o di tutte le ruote della terra !
La mie ragioni sotto costrizione!
Ma fossero abbondanti come more,
le mie ragioni, non le darei mai
a chi le pretendesse con la forza .
Principe - Non voglio rendermi più a lungo reo
d’un tal peccato , la finisco subito;
(Indicando agli altri Falstaff)
questo grassone schiacciamaterassi,
questo sfiaccaronzini,
questa imponente montagna di ciccia...
Falstaff - Cristo, senti chi parla! Parli tu,
morto che parla, anguilla tutta pelle,
lingua secca di bue, stringa di cuoio,
stoccafisso (oh, avere tutto il fiato
per dirti tutto quello cui somigli!),
canna di sarto, guaina di pugnale,
fodero d’arco, lama stemperata!...
Principe - Bravo. ripiglia fiato e poi va’ a capo.
E quando sarai stanco
di queste tue plebee similitudini,
sentimi, che ho da dirti una cosuccia.
Poins - Sì, Jack, attento adesso, ascolta bene.
Principe - Noi due, io e lui, vi abbiamo visti
che saltavate addosso tutti e quattro
ad altri quattro, che li legavate
e li svaligiavate del denaro.
Ascolta adesso come un raccontino
semplice e chiaro ti sbugiarda. Attento.
È stato a questo punto che noi due
(Indica Poins)
vi siam saltati addosso,
ed è bastato appena darvi voce
perché scappaste e mollaste il bottino;
il quale adesso è qui, in mano nostra,
e possiamo mostrarvelo.
E tu, Falstaff, correvi così svelto
a mettere al sicuro le budella,
e imploravi pietà, mentre scappavi,
mugghiando forte, che nemmeno un toro.
Ma che anima di canaglia sei,
a intaccare così questa tua spada,
per poi venirci a dire, come niente,
ch’era successo nel combattimento?
Quale trappola, trucco, scappatoia
sarai capace di trovare ancora
per nasconderti dietro questo smacco
palese, manifesto, vergognoso?
Poins - Avanti, Jack, che trucco hai ancora in serbo?
Falstaff - Ma giuraddio, io v’ho riconosciuti
voi due, che manco chi v’ha generato.
Però, padroni miei, state a sentire:
ma doveva toccare proprio a me
d’ammazzare l’erede presuntivo?
Dovevo rivoltarmi a mano armata
contro un principe vero?
Io sono coraggioso, lo sapete,
quanto un Ercole; c’è però l’istinto:
il leone non tocca il vero principe .
Per l’istinto. L’istinto è una gran dote.
Se questa volta sono stato vile,
è stato per l’istinto.
Ma per questo avrò migliore stima
di me e di te per tutta la mia vita:
di me come leone valoroso,
e di te come principe verace.
Con tutto ciò, ragazzi, son contento
che quel danaro ce l’abbiate voi.
Chiudi i battenti, ostessa! Questa notte
si fa baldoria! Pregherai domani.
Cavalieri, ragazzi, giovanotti,
cuori d’oro, e chi più n’ha ne metta
di appellativi di buona amicizia
per tutti. Bene. S’ha da stare allegri?
Vogliamo improvvisare una commedia?
Principe - E perché no. Soggetto: la tua fuga.
Falstaff - Ah, no, di questo, Hal, se mi vuoi bene,
non parliamone più!

Entra l’Ostessa Quickly
Ostessa - (Riconoscendo il Principe e inchinandosi)
Oh, Gesù! Signor Principe, signore!
Principe - Salve, madama ostessa,
che ci dici di bello?
Ostessa - Monsignore,
alla porta c’è un nobile di corte
che vorrebbe parlar con vostra altezza,
e dice di venir da vostro padre.
Principe - Dàgli quanto gli manca a far di lui
un reale, e rimandalo a mia madre .
Falstaff - Che tipo è?
Ostessa - Un anziano gentiluomo.
Falstaff - E che ci fa la dignità barbogia
fuori dal letto a quest’ora di notte?
(Al principe)
Vado io a portargli la risposta?
Principe - Sì, Jack, ti prego.
Falstaff - Vado. In fede mia,
gli faccio fare subito fagotto.

(Esce)
Principe - Dunque, signori: vi siete battuti,
per la vostra madonna, un sacco bene;
così tu, Peto, e così tu, Bardolfo.
Leoni pure voi: scappati via
per istinto; un principe del sangue
voi non lo toccherete mai, ohibò!
Bardolfo - Io, in coscienza, me la son filata
quando ho visto scappare tutti gli altri.
Principe - Che qualcuno mi spieghi,
ma senza infingimenti, com’è andata
che la spada di Falstaff
abbia subìto tutte quelle tacche.
Peto - Beh, l’ha intaccata lui, col suo pugnale,
e poi diceva che davanti a te
avrebbe spergiurato fino al punto
di bandire la stessa verità
dall’Inghilterra, pur di farti credere
ch’era avvenuto a forza di combattere.
Ed ha convinto noi a far lo stesso.
Bardolfo - Non solo a questo; ma a fregarci il naso
con dei rovi, per farci uscire il sangue
e imbrattarci i vestiti, ed a giurare
che quello fosse vero sangue umano .
A udire i suoi mostruosi machiavelli
ho fatto quel che mai avevo fatto
da sett’anni: arrossire.
Principe - Spudorato furfante! Ma se tu
da quando - circa diciott’anni fa -
ti rubasti un boccale di vin secco
e ti facesti cogliere sul fatto,
sei tutto rosso in faccia, in permanenza !
E pur avendo tutto questo fuoco
dalla tua parte, ed una spada al fianco ,
sei scappato? Che istinto t’ha guidato?
Bardolfo - (Sporgendogli la faccia)
Mio signore, le vedi queste vampe?
Osserva bene queste esalazioni.
Principe - Vedo.
Bardolfo - Che segni credi ch’essi siano?
Principe - Di fegato infiammato e borsa magra .
Bardolfo - Di collera, se bene interpretati.
Principe - No, di collare, se intesi a dovere .

Rientra Falstaff

Eccolo, il nostro Zanni lo Stecchino,
il nostro caro tutto pelle-e-ossa!
Ehilà, dolce creatura di bambagia,
da quanto tempo, Jack,
non riesci a vederti le ginocchia?
Falstaff - Le mie ginocchia, Hal!...
Quando avevo all’incirca gli anni tuoi,
ero più fino d’un artiglio d’aquila:
sarei passato attraverso l’anello
che si portano al dito gli aldermanni .
Accidenti ai sospiri ed agli affanni!
Ti fanno gonfio come una vescica.
Ci son notizie distratrose, fuori:
quello ch’era venuto poco fa
da parte di tuo padre, era sir Bracy:
devi trovarti a corte in mattinata.
Quel pazzoide del nord, quell’Harry Percy
e quell’altro del Galles,
di cui dice la gente che una volta
ha bastonato il diavolo Amamone,
ed ha messo le corna anche a Lucifero
e s’è fatto giurare sudditanza
dal demonio sull’elsa fatta a croce
d’una picca scozzese... sì, quel tale,
intendo... come diavolo si chiama?
Poins - Owen Glendower.
Falstaff - Ecco, Owen, Owen,
esattamente, e suo genero Mortimer,
insieme con Northumberland il vecchio
e quello spiritato di scozzese
che più scozzese di lui non ce n’è,
quel Douglas, che sa scendere al galoppo
giù da una ripa quasi a perpendicolo...
Principe - Quello, dici, che in sella al gran galoppo
coglie a volo con la pistola un passero?
Falstaff - Bravo, l’hai colto bene.
Principe - Io, lui, sì,
non altrettanto bene lui quel passero!
Falstaff - Però ha buona tempra, quel ribaldo,
è uno che non scappa...
Principe - Il ribaldo sei tu, che poco fa
lo lodavi perché sa correr tanto.
Falstaff - A cavallo, però, bel mammalucco,
perché a piedi non fa nemmeno un passo.
Principe - Per istinto, naturalmente, vero?
Falstaff - Per istinto, se vuoi, te lo concedo.
Insomma c’è anche lui, e un certo Mordake
con un migliaio d’altri caschi blu.
Worcester è fuggito questa notte
di soppiatto. La barba di tuo padre
s’è fatta bianca quando l’ha saputo.
Adesso in Inghilterra
si possono comprare latifondi
al prezzo di pesciacci puzzolenti.
Principe - Vuol dire che se avremo un giugno afoso,
e durerà questa zuffa intestina,
ci compreremo le verginità
a rozze, come i chiodi per le scarpe.
Falstaff - Dici bene, perdio, ragazzo mio!
E chi sa che con quella mercanzia
non si possa imbastire un buon commercio.
Ma dimmi adesso, Hal, com’è possibile
che tutto ciò non ti faccia paura?
Che, come erede presuntivo al regno,
ti dovessi trovare a fronteggiare
tutti insieme un terzetto di nemici
del tipo di quel diavolo di Douglas,
di quello spiritato di Harry Percy,
e di quel satanasso di Glendower?
Non ti senti pervaso da terrore,
non ti si gela il sangue al sol pensarlo?
Principe - Per niente, in fede mia.
Mi manca un po’ del tuo famoso “istinto”.
Falstaff - Da tuo padre stamane, quando andrai,
ti prenderai un solenne rabbuffo.
Se mi vuoi bene, preparati adesso
le risposte da dargli insieme a me.
Principe - Bene, fa’ tu mio padre,
e interrogami sui particolari
della mia vita.
Falstaff - D’accordo, proviamo.
Facciamo conto che sia questa sedia
il trono, questo pugnale lo scettro,
e sia questo cuscino la corona.
(Si mette un cuscino in testa e si siede)
Principe - Ecco, questa starà a significare
che il tuo trono da me è considerato
un comune sgabello,
il tuo scettro un pugnale di vil legno,
e la tua ricca e preziosa corona
una misera zucca spelacchiata .
Falstaff - Bene, se in te la fiamma della grazia
non s’è del tutto spenta,
ora a vedermi così combinato
non potrai fare a meno di commuoverti.
Datemi un bel boccale di vin secco
che mi faccia arrossare il bianco agli occhi,
perché debbo dar voce al mio dolore
alla maniera del gran re Cambise .

(Qualcuno gli porta del vino ed egli beve)
Principe - (Inginocchiandosi)
Eccomi inginocchiato avanti a te.
Falstaff - Ed ecco il mio discorso. Nobiltà,
fate ala.
Ostessa - Gesummio, che spasso, questo!
Uno spasso davvero sopraffino!
Falstaff - (Fingendo di parlare alla sua regina)
Dolce regina, deh, frena le lacrime
ché vano è spremere dagli occhi il pianto.
Ostessa - Signore Iddio, se sa darsi un contegno!
Falstaff - (Solenne)
Gentiluomini, per la Dio mercé,
questa afflitta regina
conducete lontan da qui: le lacrime
occludono le chiuse dei suoi lumi.
Ostessa - Gesù, come fa bene la sua parte!
Meglio d’uno di quei figli di cani
di commedianti che si vedon sempre!
Falstaff - (c.s.)
Taci, mio buon boccale da una pinta.
Taci, mia buona stuzzicacervelli.
Harry, di molto son meravigliato
non solo che tu sperperi il tuo tempo,
ma soprattutto in quale compagnia;
ché, s’è pur vero che la camomilla
più è calpestata, meglio si sviluppa,
la giovinezza, più è dissipata
più presto si degrada e se ne va.
Che tu sia figlio mio,
me n’assicura in parte la parola
di colei ch’è tua madre,
in parte la mia stessa convinzione,
ma soprattutto quel tuo guardar bieco
e quella mossa del labbro inferiore
pendulo, che ti dà un’aria folle.
Se dunque sei mio figlio, il punto è questo:
per qual motivo tu, come mio figlio,
sei da tutti così segnato a dito?
Deve il consacrato figlio del cielo
dimostrarsi un volgare ladroncello
e cibarsi di more delle siepi?
La domanda non va nemmeno posta.
Deve l’erede del re d’Inghilterra
fare il ladron di strada e il tagliaborse?
Ecco la vera domanda da porsi.
C’è una cosa di cui anche tu, Harry,
devi aver spesso sentito parlare
cui molta gente di questo paese
danno il nome di pece.
Questa pece, secondo che c’insegnano
i nostri testi antichi,
insudicia chiunque la maneggia;
così la compagnia che tu frequenti,
ed io, Harry, ti parlo, bada bene,
non intriso di vino, ma di lacrime,
non per mia voluttà, ma per mia pena,
e non sono le mie solo parole
ma voce della mia interna ambascia.
C’è però un uomo virtuoso e dabbene,
di cui purtroppo non conosco il nome,
che ho notato far parte di frequente
della tua compagnia...
Principe - Che tipo è,
se non dispiace a vostra maestà?
Falstaff - Un bel tipo, direi, gran bell’uomo,
un poco corpulento, in verità,
ma gioviale d’aspetto, occhio piacente
e portamento quanto mai distinto...
D’età sarà, mi pare, sui cinquanta,
o forse no, (Madonna!) sui sessanta...
Ah, ecco adesso mi sovviene il nome:
Falstaff. Se risultasse che quell’uomo
sia dedito ai bagordi,
francamente ne resterei deluso;
perché, Harry, io scorgo nel suo aspetto
la virtù. Vedi di tenerlo caro,
e manda a quel paese tutti gli altri.
Ed ora dimmi, mio mascalzoncello,
dove sei stato tutto questo mese?
Principe - Questo sarebbe il tuo parlar da re?
Ora mettiti tu nella mia parte
ed io mi metto in quella di mio padre.
Falstaff - (Alzandosi)
Mi deponi? Se sei solo a metà
capace di rifare tu il mio tono
grave e solenne nel rifar tuo padre,
mi faccio appendere a testa in giù
alla maniera che fa il pollivendolo
coi conigli di latte ed i leprotti.
Principe - (Sedendo)
Dunque, io qui, seduto...
Falstaff - Ed io qui in piedi...
Signori, adesso a voi di giudicare.
Principe - Ebbene, Harry, da che parte vieni?
Falstaff - Da Eastcheap, mio altissimo signore.
Principe - Odo gravi lagnanze sul tuo conto.
Falstaff - Giuraddio, monsignore, sono false.
(Ora la parte del giovane principe
ti fo vedere io come si fa).
Principe - Bestemmi, eh, screanzato ragazzo!
D’ora in avanti non osare più
levare gli occhi in faccia a me. Traviato
dalla grazia di Dio ti sei, violentemente.
C’è un diavolo che ti sta sempre accanto
nelle sembianze d’un vecchio grassone;
t’è socio di bagordi un uomo-botte.
Che t’è saltato mai di far brigata
con quel baule carico d’umori,
con quel cassone di bestialità,
quel pacco turgido d’ipocrisia,
quell’otre enorme di vino di Spagna,
quel borsone imbottito di budella,
quel manzo arrosto col ventre farcito ,
quel reverendo simbolo del vizio,
quella malvagità grigio-canuta,
quel gran ministro di ruffianeria,
quella prosopopea carica d’anni?
A che è buono costui,
se non che a bere vin secco di Spagna?
In che può aver man pulita e netta
altro che nello scalcare un cappone
e trangugiarlo? In che può esser destro
se non che nel mostrarsi un gran furbastro?
E in che può esser egli un gran furbastro
se non nel compiere ribalderie?
E in che è ribaldo, se non sempre e in tutto?
E in che, se non in niente, rispettabile?
Falstaff - Vorrei che vostra grazia mi spiegasse
chi è questa persona di cui parla.
Principe - Quel tristo, abominevole figuro
corruttore di giovani, quel Falstaff,
quel vecchio Satana bianco-barbuto.
Falstaff - Quell’uomo lo conosco, monsignore.
Principe - Lo so bene.
Falstaff - Dovessi però dire
che scorgo più nequizia in lui che in me,
sarebbe dire più di quel che so.
Che sia vecchio, tanta pietà per lui,
lo dimostrano i suoi capelli bianchi;
ma che sia - con rispetto a vostra altezza -
un puttaniere, lo contesto netto.
Se vino bianco e zucchero
son peccato, che Dio aiuti i reprobi.
S’è peccato esser vecchio e cuorcontento,
più d’uno allora dei miei vecchi soci
è dannato all’inferno;
s’esser grasso vuol dire essere odiato,
si devon solo amar le vacche magre
del Faraone. No, mio buon signore;
bandisci pure Peto,
bandisci Poins, bandisci Bardolfo;
ma il soave John Falstaff,
il gentile John Falstaff,
il fedele John Falstaff,
il valente John Falstaff,
il quale è uomo tanto più valente
in quanto è quel che è,
vale a dire il vecchio sir John Falstaff,
non lo bandire dalla compagnia
del tuo Enrico, no, non lo bandire
dall’amicizia di tuo figlio Harry.
Cacciare al bando il rubicondo John
è aver cacciato al bando il mondo intero.
Principe - Lo faccio. Lo farò.

(Colpi alla porta)
(Escono l’ostessa Quickly, Checco e Bardolfo)

Rientra Bardolfo di corsa
Bardolfo - Signore mio, signore, c’è alla porta
lo sceriffo con una grossa scorta!
Falstaff - Fuori, bastardo!
(Al principe)
Finiam la commedia
noi due: ho ancor molto da dire, io
sul conto ed in favore di quel Falstaff.

Rientra l’ostessa Quickly
Ostessa - O Gesù! Mio signore, mio signore!
Principe - Eh, che succede! Sta arrivando il diavolo
a caval d’un archetto di violino?
Ostessa - È che alla porta, giù, c’è lo sceriffo
con la ronda al completo.
Sono venuti a perquisir la casa.
Devo lasciarli entrare?
Falstaff - (Senza badare all’ostessa)
Hal, vuoi sentire quello che ti dico?
Non dire mai che una moneta è falsa
se sai ch’è d’oro schietto. Tu sei oro,
nella sostanza, se pur non l’appari .
Principe - E tu sei un vigliacco di natura,
senza l’istinto.
Falstaff - Nego la premessa ,
se tu neghi l’ingresso allo sceriffo.
Se no, lascialo entrare.
Se poi io non farò sulla carretta
la figura che fanno tutti gli altri,
peste al mio essere cresciuto tanto !
In ogni caso penso che il capestro
impiegherà con me lo stesso tempo
a strangolarmi che con chiunque altro.
Principe - Va’, nasconditi dietro quell’arazzo,
gli altri vadan di sopra.
Ora si dia ciascuno, miei padroni,
faccia innocente e coscienza pulita.
Falstaff - Le possedevo, un tempo, l’una e l’altra,
ma quel tempo è scaduto da un bel pezzo.
E dunque nascondiamoci.

(Si va a nascondere dietro l’arazzo)

(Escono tutti, meno il Principe)
Principe - (All’ostessa)
Fa’ entrare lo sceriffo.

Esce l’ostessa, rientrando subito col lo Sceriffo e un Vetturale

Sceriffo, ebbene, in che posso servirvi?
Sceriffo - Per prima cosa, vogliate scusarmi,
mio signore; poc’anzi in questa casa,
una folla ha inseguito schiamazzando
certi individui.
Principe - Individui? Quali?
Sceriffo - Uno di loro è molto conosciuto,
mio buon signore: un omaccione grosso.
Vetturale - E grasso come il burro.
Principe - Ah, ho capito.
Quell’uomo non è qui, ve l’assicuro,
perché io stesso l’ho spedito or ora
per una commissione.
Ma, Sceriffo, vi do la mia parola
che verso l’ora di pranzo domani
ve lo mando perché possa rispondere
a voi personalmente o a chi si voglia
d’ogni accusa che gli si possa muovere.
Per cui mi sia permesso, pel momento,
d’invitarvi a lasciare questa casa.
Sceriffo - Signorsì, mio signore, lo farò.
Ci son due gentiluomini,
che per effetto di questa rapina
hanno perduto ben trecento marchi.
Principe - Può succedere. Non lo metto in dubbio.
E se sia stato lui a rapinarli,
dovrà risponderne. Per ora, addio.
Sceriffo - La buona notte a voi, mio buon signore.
Principe -
Il buon giorno, piuttosto.
Sceriffo - È vero, infatti.
Credo bene che siano già le due.

(Esce con il vetturale)
Principe - Quell’untuoso cialtrone
è conosciuto in tutta la città
più della cattedrale di San Paolo.
(A Poins)
Dàgli una voce, fallo venir fuori.
Poins - Falstaff!
(Falstaff non risponde. Poins solleva l’arazzo)
Addormentato. In gran letargo.
E ronfa peggio d’un cavallo bolso
Principe - Senti come fatica a respirare...
Rovistagli le tasche.

(Poins fruga nelle tasche di Falstaff addormentato e trova
alcune carte)
Che hai trovato?
Poins - Nient’altro che cartacce, mio signore.
Principe - Vediamo che cartacce sono: leggile.
Poins - (Legge)
“Un cappone: scellini due e due pence.
“Salsa, scellini quattro.
“Acciughe e bianco secco dopo cena,
“due scellini e sei pence.
“Pane, mezzo scellino”.
Principe - Orripilante!
Solo mezzo scellino per il pane
con tutta quella abbondanza di vino!
Le altre carte serbale con te,
le leggeremo a miglior tempo e luogo.
Lui lasciamolo lì,
che se ne dorma pure quanto vuole,
finché non si fa giorno.
In mattinata devo stare a corte.
Ci toccherà partire per la guerra,
tutti, e tu avrai un grado nell’esercito
da farti onore. A quel grasso cialtrone
farò dare un comando in fanteria:
gli basterà una marcia
di due-trecento metri, e sarà morto.
Quel danaro sarà restituito
con gli interessi. Tròvati da me
domani di buon’ora. Ora va’ pure.
Buongiorno, amico.
Poins - Buongiorno, signore.

(Escono)