WILLIAM SHAKESPEARE ENRICO IV - PARTE PRIMA - ATTO SECONDO |
Atto Secondo SCENA I - Rochester, il cortile di una locanda. Notte. Entra un Vetturale con una lanterna Primo vetturale - Ohi là, di casa! Che! Dormono tutti? Accidenti, voglio essere impiccato se non son già le quattro del mattino! Vedo lOrsa Maggiore già sul comignolo nuovo del tetto, ed i nostri cavalli ancora scarichi. Ehi, oh, stalliere! Stalliere - (Da dentro) Vengo, vengo subito! Entra un altro Vetturale, anchesso con lanterna Primo vetturale - Tom, per favore dammi una spianata alla sella di Cut, mettici sotto un po dovatta; la povera bestia è tutta massacrata nei garresi. Secondo vett. - Corpo dun cane! Qui piselli e fave son tutti marci! non cè via più spiccia per far venire i vermi a queste bestie. Da quando è morto Robin, lo stalliere, questa locanda è tutto uno sconquasso. Primo vett. - Poveraccio! Non sorrideva più da quando rincararono la biada: è stata la sua morte. Secondo vett. - Tra le locande sulla via per Londra credo che questa sia la più schifosa per le pulci. Son tutto un lividore pei loro morsi, che sembro una tinca . Primo vett. - Altro che tinca! Credo, per la messa, che non ci sia mai stato re cristiano come me pizzicato in tutto il corpo da quando qui ha cantato il primo gallo. Secondo vett. - Già, non ci danno mai un orinale, sicché dobbiamo farla nel camino, e lurina fa pulci come un ghiozzo. Primo vett. - (Chiamando) Ehi, stalliere, vien fuori, che timpicchino! Secondo vett. - Ho un prosciutto e due radiche di zenzero da consegnare fino a Charing Cross. Primo vett. - Sacramento! I tacchini nel mio cesto stan morendo di fame. Oh, stalliere, peste ti colga! Non hai occhi in fronte? Non ci senti? Se romperti la zucca non sarebbe unazione salutare come bere un bicchiere di buon vino, io sono una carogna. Vieni fuori, timpiccassero! Non hai religione? Entra Gadshill Gadshill - Buon giorno, vetturali. Che ora abbiamo? Primo vett. - A occhio e croce, le due del mattino. Gadshill - Ti prego, prestami la tua lanterna. Voglio dare unocchiata nella stalla al mio castrone. (Fa per afferrargli la lanterna, ma quello lo respinge) Primo vett. - No, fermo, perdio! In quanto a certi trucchi, io, compare, ne so uno che vale due dei tuoi. Gadshill - (Allaltro vetturale) Fammi il favore, prestami la tua. Secondo vett. - (Ricusandosi anche lui di dargli la lanterna) E come no! Domani. Che ne dici? Prestami la lanterna... E come no! Prima impiccato ti voglio vedere! Gadshill - (Desistendo) E bravo il vetturale! E, dimmi un po: per che ora contate di arrivare a Londra? Secondo vett. - Per unora giusto in tempo dandare a letto a lume di candela. (Al primo vetturale) Su, su, compagno Mugs, andiamo a dar la sveglia a quei signori. Quelli voglion viaggiare in compagnia, per via che portan dietro assai bagaglio. (Escono i due vetturali) Gadshill - (Chiamando) Ohilà, cameriere, dove sei? Cameriere - (Da dentro) Sottomano - rispose il tagliaborse... Gadshill - Tanto valeva che mi rispondessi: Sottomano, rispose il cameriere, perché tra cameriere e tagliaborse, tra te e me, non cè più differenza che cè tra lordinare e leseguire: ché tu sei quello che stende la trama. Entra il Cameriere della locanda Cameriere - Buongiorno, mastro Gadshill. Confermato tutto quello che ho detto ieri sera: cè un possidente che viene dal Kent ed ha con sé trecento marchi doro; lho sentito che lo diceva a cena, ieri sera, ad un altro viaggiatore, una specie di controllore ai conti che ha con sé anche lui un bel carico Dio sa di che... Son già levati entrambi e fanno colazione a uova e burro. È segno che a momenti partiranno. Gadshill - Beh, amico, se stamane questi due non andranno a incappare dritto dritto la confraternita di San Nicola , tagliami il collo. Cameriere - No, e che ci faccio? Tienilo conservato per il boia, ché anche tu San Nicola, ti conosco, lo veneri con la sincera fede che saddice ad un vero borsaiolo. Gadshill - Che discorsi! Che centra adesso il boia? Se vado sulla forca, accanto a me ci sarà un pendaglio bello grasso, perché vicino, a penzolar con me, sarà Sir John, e sai che ha un corpicino non certo striminzito dalla fame. Pfu!... Oltre a lui ci sono altri troiani che tu manco ti sogni: personaggi che per amor di svago e di trastullo si piacciono di dare un po di lustro a questa oscura nostra professione, e che, se alcuno vuol ficcarci il naso, son sempre pronti, per salvarsi il nome, a trovar modo di salvare tutto. Io, con i giramondo scalcagnati o coi tipi che, armati di bastone, sgrassano il prossimo per sei scellini, non ci bazzico; né con quei pazzoidi, grossi mustacchi e faccia paonazza, imbevuti di boria come spugne; ma con tranquilli e nobili signori, con borgomastri e grossi tesorieri che sanno ben tener chiusa la bocca, usi a colpire prima di parlare, ed a parlare prima di trincare, ed a trincare prima di pregare... anzi, no, ma che dico, Cristo Santo!, il loro santo, la finanza pubblica, quelli non cessano mai di pregarlo, anzi no, mi correggo, non lo pregano, lo predano, perché ci passan sopra, se la lavorano per ogni verso e se ne servono poi da stivali . Cameriere - La pubblica finanza da stivale? Come sarebbe? E sa risputar lacqua a camminarci in mezzo ad un pantano? Gadshill - Altroché, gli dà il grasso la giustizia ! Noi rubiamo protetti ad al sicuro, mio caro, come dentro una fortezza: con la ricetta dei semi di felce , ci muoviamo senzessere veduti. Cameriere - Frottole! Credo invece, in fede mia, che a farvi andare in giro non veduti, non che i semi di felce, sia la notte. Gadshill - Bah, qua la mano. Avrai la parte tua dal nostro ricavato, comè vero che sono un uomo onesto... Cameriere - Sarei stato, in coscienza, più sicuro daverla, se tu mavessi dichiarato: Comè vero che son ladro e bugiardo. Gadshill - Andiamo, su, homo è nome comune a tutti gli uomini. Di allo stalliere, piuttosto, di portar fuor dalla stalla il mio castrone. Addio, sozzo furfante! (Escono da parti diverse) SCENA II - Strada maestra presso Gadshill Entrano il Principe di Galles e Poins Poins - Nascondiamoci, presto, nascondiamoci! Ho traslocato il cavallo di Falstaff, e lui si va struggendo dalla rabbia come un velluto tramato di gomma . Principe - Tu nasconditi là. (Poins si nasconde dietro un cespuglio) Entra Falstaff, arrancando Falstaff - (Chiamando forte) Poins, Poins, Poins! Timpiccassero! Ma dove diavolo ti sei cacciato? Principe - Eh, oh, quanto fracasso! Zitto, coglione imbottito di grasso! Falstaff - Oh, Hal, sei qui? E Poins? Principe - Devessere salito su quel poggio. Te lo vado a cercare? Falstaff - Che dannazione chio debba rubare in compagnia dun ladro come lui! Mha spostato il cavallo, quel bastardo, e lè andato a legare chissà dove; e io, se faccio ancora quattro passi a piedi, mi si smungono i polmoni. Ah, se potessi scampare alla forca dopo averlo ammazzato, quel furfante, che bella morte mi preparerei! Sono ventidue anni che ogni ora giuro a me di liberarmene, ma senza mai riuscirsi; mha stregato la compagnia di questa gran canaglia. Se non è vero che mha propinato qualche filtro di simpatia per lui, questo gran farabutto, mimpiccassero! Non può essere altro: qualche droga mhanno dato da bere qualche droga... Poins! Hal! La peste a tutti e due Bardolfo! Peto! Morire di fame, piuttosto che avanzare un altro passo sulla via del rubare! Se non è vero chè una cosa santa, come quella di farsi un buon boccale, piantare in asso questi farabutti e diventare una persona onesta, io sono la canaglia più schifosa chabbia mai masticato con un dente! Sette iarde di strada rotta, a piedi, sono per me come settanta miglia, e questi mascalzoni cuor-di-pietra lo sanno bene. Che peste bubbonica quando i ladri non sanno comportarsi lealmente nemmeno tra di loro! (Sode un fischio prolungato) Oh, che vi colga un accidente a tutti! Ridatemi il cavallo, delinquenti! Il mio cavallo, oh, che Dio vimpicchi! Principe - Zitto, panzone! Mettiti giù, a terra, poggia a terra lorecchio e ascolta bene se si sentono passi... Falstaff - A terra, io?... E ce lavete poi un bel paranco per rimettermi in piedi? Io questa ciccia non la porto, a piedi, più lontano dun pollice da qui, nemmeno se mi danno tutto loro racchiuso nei forzieri di tuo padre. Che pestifero modo di giocarmi è questo? Principe - Menti. Tu non sei giocato, sei solo scavallato . Falstaff - Hal, sii gentile, principe, ti prego, aiutami a trovare il mio cavallo, mio buon figlio di re. Principe - Va via, furfante! Ti devo forse fare da stalliere? Falstaff - Va ad impiccarti alle tue giarrettiere di erede presuntivo . Se mi prendono, vi denuncio tutti; e se non troverò dei cantastorie che ti mettano nelle lor ballate per cantarle su sconci motivetti, Dio mi faccia morire avvelenato dopo bevuto un gotto di vin secco! Quando uno scherzo passa così i limiti, e con uno chè a piedi... è cosa odiosa! Entra Gadshill Gadshill - Fermo là! Falstaff - Fermo sto, purtroppo, e a piedi . Poins - (Uscendo dal nascondiglio) Oh, questo è il nostro palo. Riconosco la voce. Entrano Bardolfo e Peto Bardolfo - (A Gadshill) Novità? Gadshill - Su, su, copritevi. Giù le visiere! Cè buon danaro di conio reale che scende per di qua dalla collina, diretto alla real tesoreria . Falstaff - Quale tesoreria reale, scemo! Alla taverna reale, vuoi dire ! Gadshill - Ce nè abbastanza da arricchirci tutti. Falstaff - O da mandarci tutti sulla forca. Principe - Voi quattro, allora, li affrontate là, nella stretta del colle; Poins ed io ci appostiamo più sotto, se mai dovessero sfuggire a voi, incapperanno di sicuro in noi. Peto - (A Gadshill) Quanti saranno? Gadshill - Otto-dieci circa. Falstaff - Sangue di Cristo! Non andrà a finire che saran loro a derubare noi? Principe - Che! Sir John Panciagrossa un vigliaccone? Falstaff - Non sarò certo un Giovanni di Gaunt, tuo grande nonno , ma un vigliacco, no. Principe - Beh, ti aspettiamo ai fatti. Poins - (A Falstaff) Mastro Zannino, il tuo cavallo è là, dietro la siepe; quando nhai bisogno lo trovi là: Addio, e tieni duro. Falstaff - (Tra sé) Ah, sonargliene quattro, a quello lì, a costo di finire sulla forca! Principe - (A Poins, a parte) Ned, i travestimenti dove sono? Poins - (Al principe, a parte) Son qui vicino. Vieni. Nascondiamoci. (Escono il Principe e Poins) Falstaff - E ora, mastri, a ognuno la sua sorte, ciascuno alla sua parte. Entrano i Viaggiatori Primo viaggiatore - Vieni amico, ci penserà il garzone a condurre i cavalli per la costa, mentre noi ci facciamo quattro passi per sgranchirci le gambe... Falstaff e gli altri ladroni - Fermi tutti! Viaggiatori - O Dio Gesù, proteggici! Falstaff - Forza, ragazzi, addosso! Finiamoli, tagliamogli la gola a questi malfattori! Ah, parassiti! Ah, figli di puttana! Manigoldi imbottiti di lardume! Addosso, addosso, addosso! Ci detestano perché siamo giovani! Ammazzateli tutti! Scotennateli! Primo viagg. - Ah, poveretti noi, siamo spacciati noi e le nostre famiglie, per sempre! Falstaff - Alla forca, panciuti farabutti! Spacciati siete? No, grassi taccagni! Magari fosse qui tutta la roba dei vostri magazzini! Avanti, avanti, canaglie, pure i giovani han da vivere! Siete grandi giurati, non è vero ? Ve lo daremo noi, ora, il giury ! (I quattro li legano, li rapinano ed escono) Entrano il Principe di Galles e Poins in casacche di cascherame e visiera Principe - I ladroni han legato i galantuomini, ora a noi due di sgrassare i ladroni, e tornarcene allegramente a Londra. Sarebbe un argomento, se va bene, da parlarne una intera settimana e sghignazzarci sopra per un mese: e una beffa solenne, da far epoca. Poins - Arrivano. Li sento. Nascondiamoci. (Si appartano) Rientrano Falstaff, Bardolfo, Peto e Gadshill Falstaff - Allora, mastri, spartiamo il bottino e poi via a cavallo, prima che faccia chiaro. Se non è vero che il Principe e Poins son due grandi vigliacchi, non cè più un sol granello di giustizia a questo mondo. E non cè più coraggio in Poins che in unanatra selvatica (Mentre si spartiscono il bottino, sbucano allimprovviso il Principe e Poins, sempre travestiti) Principe - Fuori il denaro! Poins - Fior di delinquenti! (I quattro scappano, abbandonando il bottino; solo Falstaff tenta di reagire, ma poi scappa anche lui) Principe - È stato facilissimo, uno scherzo! Ora a cavallo, allegramente, a casa. I ladroni si sono sparpagliati ed eran presi da tale paura da non fidarsi più dandarsi incontro luno allaltro, perché prende ciascuno laltro per uno sbirro. Andiamo, Ned. Falstaff starà sudando da morire, e chi sa quanto grasso andrà buttando mentre cammina, sulla secca terra. Ne avrei pietà, se non fosse da ridere. Poins - E come urlava, quel grasso bestione! (Escono) SCENA III - Sala nel castello di Warkworth Entra Hotspur, solo, leggendo una lettera Hotspur - (Leggendo) Per quanto mi riguarda, monsignore, sarei ben lieto di partecipare, non fosse solo per il grande affetto che nutro verso la vostra famiglia. Sarebbe lieto... E perché non lo è?... Pel grande affetto per la mia famiglia... Ma facendo così, del suo affetto mostra daverne più pel suo granaio. Ma seguitiamo a leggere... Limpresa cui volete metter mano è quanto mai rischiosa... Che scoperta! Rischioso è tutto al mondo: un raffreddore, una dormita, una bella bevuta... Ma io ti dico, sciocco mio signore, che noi da questo rischio, da questispida ortica, coglieremo un bel fiore: la salvezza. (Legge) ... Limpresa cui volete metter mano è quanto mai rischiosa; malsicuri gli alleati di cui mi fate i nomi; anche il momento è scelto molto male e lintero complotto è troppo fragile per poter bilanciare il contrappeso dun avversario di tanta potenza. Ah, così dici, eh? Ed io ti replico che sei un tanghero, un imbecille, un codardo, e che menti, menti e poi menti. È vuoto di cervello questuomo, ché se ci fu mai complotto perfettamente ordito, è questo nostro: alleati fedeli e ben costanti, amici buoni, di piena fiducia, un eccellente piano operativo... Che carogna dallanimo di ghiaccio è mai costui?... Ma come! Se il progetto ed il corso dellazione hanno incontrato il pieno gradimento anche dellArcivescovo di York! Sangue di Cristo, avessi qui quel tanghero mandrebbe di spaccargli le cervella a colpi di ventaglio della moglie! E non ci sono mio padre e mio zio? Non ci son io? Non cè Edmondo Mortimer? E lArcivescovo? Non cè Glendower? E non cè pure Douglas? Non ho avuto conferma da tutti per iscritto che converremo in armi il giorno nove del prossimo mese? E alcuni già non si son messi in marcia? Ma che empia carogna è mai costui! Che razza dinfedele! Sta a vedere che adesso per paura, e da quel cuore gelido che è va dal re a svelargli i nostri piani. Mi verrebbe la voglia di sdoppiarmi, e di prendermi a schiaffi da me stesso per aver chiesto di partecipare a unimpresa gloriosa come questa a quella ciotola di latticello!... E vada a dirlo al re, e che simpicchi! Noi siamo pronti. Io parto stanotte. Entra Lady Percy Oh, Catina, sei qui! Fra un paio dore ti dovrò lasciare. Lady percy - Signore mio diletto, che cosè che ti fa stare così solitario? Per qual mia colpa da due settimane mi ritrovo una moglie messa al bando dal letto del mio Harry? Dimmi, dolce signore, che cosè che ti toglie lappetito, il tuo umor sereno, e ti priva del tuo dorato sonno? Perché quel tuo fissare gli occhi a terra e quel tuo trasalir, a quando a quando, mentre sei solo? Comè chhai perduto il tuo fresco incarnato sulle guance? Come hai potuto abbandonar così i tesori del mio starti vicino e i miei diritti di moglie affettuosa per questo meditare torvo-occhiuto e questo maledetto umore nero? Tho udito spesso, nel vegliarti accanto nei tuoi sonni leggeri, mormorare di scontri ferro a ferro, dar ordini al focoso tuo destriero gridando: Avanti, in campo!, e parlar di sortite e ritirate, di valli, di trincee, attendamenti, frontiere, parapetti, basilischi, cannoni, colubrine, di riscatti di prigionieri, di soldati uccisi e delle alterne sorti duna battaglia dura ed accanita. Era lanimo tuo a farti guerra ed ad agitarti tanto da farti stilar gocce di sudore giù per la fronte, come bolle daria sul pelo dacqua dun torrente in piena... E sul tuo viso strane contrazioni, come vediamo in chi trattiene il fiato per qualche grave improvviso comando. Che presagi son questi, mio signore? Qualche grave progetto il mio signore ha per le mani, ed io devo saperlo, oppure egli non mama. Hotspur - (Chiamando, senza badarle, come assorto in altri pensieri) Ehi, di là! Entra un Servo Mi sai dire se Gilliams è partito col pacco dei messaggi? Servo - Sì, monsignore; è andato unora fa. Hotspur - Butler è andato poi dallo sceriffo per quei cavalli? Servo - È andato e ritornato, mio signore, ma con un sol cavallo. Hotspur - Quale, un roano dalle orecchie mozze? Servo - Quello, signore. Hotspur - Bene. Quel roano sarà il mio trono. Lo monterò subito. Oh, Esperance !... Va, va a dire a Butler che me lo porti subito nel parco. (Esce il servo) Lady percy - Tu non mascolti, signor mio: Perché? Hotspur - Ah, sì, che dice questa bella dama? Lady percy - Ma che cosè che mi ti porta via? Hotspur - Il mio cavallo, cara, il mio cavallo. Lady percy - Sei proprio uno scimmiotto testamatta! Una donnola non è più frenetica. Harry, voglio sapere questa faccenda che ti tien sì preso. E la saprò. Ho paura che Mortimer, mio fratello, si stia dando da fare per la revindica dei suoi diritti ed abbia chiesto a te di dargli mano. Ma se ci andrai... Hotspur - A piedi, fin lassù? Che dici, amore mio? Mi stancherei. Lady percy - Via, via, pappagalletto, non scherzare, rispondi a tono, non tergiversare. Harry, se non mi dici tutto e subito, ti faccio a pezzettini il dito mignolo. Hotspur - Evvia, giocherellona... Amarti, io? Ma nemmeno per sogno, Caterina! Non mi curo di te, non me ne importa... Devi capir che questo non è mondo da pupattole e schiocchi sulle labbra: nasi che colan sangue e teste rotte ci tocca avere, e prenderli alla buona, per moneta corrente... Il mio cavallo... Che mi dici, Catina? Che vuoi, cara?... Lady percy - Veramente non mami? Proprio no? Fa pure come vuoi. Ma sta attento: se veramente finirai damarmi, finirà chio non ami più me stessa... Insomma, dimmi: scherzi o fai sul serio? Hotspur - Aspetta, lasciami montare in sella, e, una volta a cavallo, tassicuro che giurerò damarti allinfinito. Ma, Catina, non voglio, dora in poi sentirmi domandare dove vado e perché vado: vado ove devo. E insomma questa sera, mia Catina, debbo lasciarti. Lo so, tu sei saggia, ma non più della sposa di Harry Percy. Sei di cuore costante, ma sei donna; e quanto a segretezza, questa volta, non cè donna che sappia più di te mantenere un segreto; e ciò perché non potrai rivelar quel che non sai Vedi fino a che punto ho fede in te, dolce Catina? Lady percy - Fino a questo punto? Hotspur - Non un sol pollice più in là. Ma ascolta, Catina, dovio vado, anche tu vieni. Io parto oggi, tu parti domani. Sei contenta? Lady percy - Per forza devo esserlo. (Escono) SCENA IV - Eastcheap, la taverna Alla Testa di Cinghiale. Entra il Principe di Galles, attraversa la stanza, apre una porta sul lato opposto e chiama Principe - Ned, avanti, ti prego, vieni fuori da quella stanza untosa, che ci facciamo insieme due risate. Poins - (Uscendo) Oh, Hall, dove sei stato? Principe - In compagnia di tre-quattro sbornioni fra tre-quattro dozzine di barili. Ho fatto risuonare in me stavolta la corda della più bassa umiltà. Son diventato amico per la pelle duna terna di veri spillabotti, li chiamo tutti a nome di battesimo, Tomasino, Domenico, Checchino. Son pronti già a giurare sulla salvezza delle loro anime chio, pur essendo ancora niente più del Principe di Galles, sono il re delle buone maniere con il prossimo, e mi dicono senza peli in bocca che non sono un borioso come Falstaff, bensì un corinzio, un giovane di spirito , un ragazzo di buon temperamento, (perdio, mi dicono proprio così!), e dicono che quando sarò re lInghilterra può fare assegnamento, in quanto a devozione alla corona, su tutti i bravi ragazzi di Eastcheap. Tracannare di grosso, in bocca a loro, si chiama dare una mano di rosso; se, mentre bevi, tarresti un istante a prender fiato, ti gridano: Hem! e ti senti ordinare: Tutto giù! Insomma, mè bastato un quarto dora per poter bere ormai tutta la vita con qualunque stagnino, nel suo gergo. Ned, tassicuro, ci hai perduto molto a non trovarti là insieme a me. Ma dolce Ned, per farti un po più dolce questo nome che porti, ti regalo questo pochin di zucchero che mha passato or ora di nascosto un inserviente di questosteria, uno che in vita sua non ha mai detto nella nostra lingua più di così: Otto scellini e mezzo, oppure: Benvenuto a lorsignori, aggiungendo a gran voce: Vengo subito, Una pinta di moscatello rosso per quei clienti nella Mezzaluna o altra frase dello stesso genere. Ma ora, Ned, per ammazzare il tempo finché non giunga Falstaff, stattene in qualche stanza qui vicino, mentrio domando al mio spilabottino a che scopo mha dato questo zucchero; e tu, da dentro, chiama forte Checco!, senza smettere mai, e il suo discorso a me non potrà essere nientaltro che: Vengo, vengo subito . Ritirati, e te ne darò la prova. (Poins rientra nella stanza da dove era uscito, lasciando aperta la porta) Poins - (Da dentro) Checco! Principe - Perfetto. Bene così. Poins - (c.s.) Checco! Entra Checco, tutto affannato Checco - Eccolo, viene subito, signore! Ralph, vedi tu che vogliono di sotto al Melograno . Principe - Checco, vieni qua. Checco - Monsignore? Principe - Quantaltro tempo, Checco, ti manca per finir lapprendistato? Checco - Eh, cinquanni, in coscienza, tanto che... Poins - (Da dentro) Checco! Checco - Sì, subito, signore, subito! Principe - Cinquanni! Caspita, che tirocinio per imparare a far tinnire il peltro ! Ma. Checco, ce lavresti tu il coraggio di fare una solenne vigliaccata infischiandoti del tuo principale, mostrargli i tacchi e filartela via? Checco - Oddio, signore, vi potrei giurare sopra tutte le bibbie dInghilterra che quel coraggio lo potrei trovare... Poins - (c.s.) Ohi, Checco, insomma! Checco - Subito, signore! Principe - Checco, quanti anni hai? Checco - Ecco, vediamo... verso San Michele che viene, ce ne avrò, diciamo... Poins - (c.s.) Checco! Checco - Arrivo subito da voi, signore, vi prego daspettare un solo istante... Principe - (Fermandolo) No, Checco, sta a sentire: quello zucchero che mhai dato... valeva un penny, vero? Checco - Oh, Signore, magari forse due... Principe - Io te lo pagherò mille sterline. Richiedimele pure quando vuoi, e le avrai. Poins - (c.s.) Checco! Checco - Arrivo, arrivo subito! Principe - Subito, Checco? No, Checco, non subito; le avrai domani, Checco; o giovedì o, sì, quando vorrai, Checco... ma Checco... Checco - Sì, mio signore? Principe - Te la sentiresti di rapinar quella giubba di cuoio, (Indica il Vinaio che sta entrando ) quello con quei bottoni di cristallo, le trecce in testa, le calzette blu, la lingua tutto miele e la scarsella di cuoio di Spagna? Checco - Oh, signore, che cosa avete in mente? Principe - Ho capito, il tuo moscatello rosso resterà la tua unica bevanda; perché, vedi, questo tuo bel giubbetto di tela bianca diventerà sporco. In Barberia lo zucchero, ragazzo, non può venire a costar così caro. Checco - Come, signore... Poins - (c.s.) Checco!!! Principe - Va, gaglioffo, non senti che ti chiamano di là? (Mentre Checco sta per uscire, il Principe e Poins si mettono a chiamare insieme: Checco!, Checco! e il poveretto, frastornato, non sa più a chi dar retta) Vinaio - (A Checco) Ohi, senti che ti chiamano così, e te ne resti là, fermo impalato? (Checco esce, stralunato) (Al Principe) Alla porta cè il vecchio Sir John Falstaff e una mezza dozzina daltra gente. Li faccio entrare? Principe - No, per il momento. Lasciali fuori, a rinfrescarsi un po. Gli aprirai dopo. (Esce il vinaio) Vieni fuori, Poins. Rientra Poins Poins - (Facendo il verso a Checco) Arrivo, arrivo subito, signore! Principe - Messere, Falstaff con gli altri ladroni son giù alla porta. Ci siamo. È il momento. Vogliamo stare allegri? Poins - Come grilli, ragazzo mio. Ma spiegami una cosa: che diamine di svago è stato il tuo, con questo scherzo fatto al taverniere? Che nè venuto fuori? Principe - Mi son saltati tutti i ghiribizzi che gli uomini hanno preso per facezie dai vecchi tempi del buonuomo Adamo giù giù fino allinfanzia di questo giorno doggi a mezzanotte. Rientra Checco, traversando di corsa la scena portando da bere ad altri clienti Checco, che orè? Checco - (Senza fermarsi) Sì, subito, signore. (Esce) Principe - Che costui debba avere sulla lingua meno vocaboli dun pappagallo, uno nato da donna!... Tutto quel che sa fare è andar di su e di giù per una scala, tutto quel che sa dire sono i prezzi del vino che ha servito. Io non mi sento ancora, se Dio vuole, dellumore focoso di Harry Percy, detto altresì Caldosprone del Nord, che ti fa fuori solo a colazione sei o sette dozzine di scozzesi, poi si lava le mani, e fa alla moglie: Alla malora questa vita oziosa! Io ho necessità di lavorare. Harry mio dolce - gli domanda lei - quanti nhai ammazzati stamattina? E lui: Abbeverate il mio roano, e unora dopo: Un quattordici circa, le risponde, bazzecole, bazzecole! Ora fa entrare Falstaff, per favore. Voglio fare con lui come fa Percy, e quel dannato porco rifarà Lady Mortimer, sua moglie. Rivo! gridano i grandi bevitori ! Fa entrare il Trippa, fa entrare Braciola. Entrano Falstaff, Gadshill, Bardolfo e Peto, seguiti da Checco che reca boccali di vino Poins - Ben arrivato, Jack, da dove vieni? Falstaff - Peste colga ai vigliacchi, dico, e su loro piova la vendetta, per la Madonna, amen! (A Checco) Ragazzo, dammi un boccale di secco. Anziché seguitare questa vita, mi metto a fare e rammendare calze, e rifarci anche i petuli, perdio!| Peste ai vigliacchi!... (A Checco) Ebbene, furfantaccio, arriva o non questo gotto di secco? Non cè più religione a questo mondo? (Checco gli porge un boccale di vino, che Falstaff si scola lentamente) Principe - (A Poins, indicandogli Falstaff che beve) Hai mai visto il Titano (cuore tenero) che bacia un piatto di burro fondente alla soave carezza del sole? Se lhai visto, rimira questa scena . Falstaff - (Restituendo a Checco il boccale vuotato) Furfante, in questo vino cè la calce! Delinquenziale natura delluomo! Non vi si trova che canaglieria. Meglio comunque un gotto di vin secco sia pure adulterato con la calce che avere a che spartire coi vigliacchi. Un infame vigliacco!... Va vecchio John, tu va per la tua via, e muori quando vuoi. Se non è vero che la virilità, la buona e vera virilità è caduta nelloblio sulla faccia del mondo, allora io sono unaringa seccata ! Ci saranno sì e no in Inghilterra al giorno doggi tre uomini veri che siano ancora scampati al capestro, e di loro uno è grasso e si fa vecchio. Che intanto Dio provveda. Mondo infame! Perché non mi son fatto tessitore? potrei cantare salmi ed ogni cosa . Peste a tutti i vigliacchi, dico ancora! Principe - Che hai da bofonchiare, materasso? Falstaff - Un bel figlio di re, non cè che dire! Se non ti butto fuori dal tuo regno a colpi duna daga di bambù, e non ti caccio innanzi tutti i sudditi come una frotta danitre selvatiche, non voglio aver più barba sulla faccia! Il Principe di Galles... bella roba! Principe - Beh, corpaccione figlio di puttana, che ci hai da dire? Falstaff - Non sei un vigliacco? Rispondimi su questo. E quel Poins là? Poins - (Sfoderando la spada) Sangue di Cristo, pancione di sugna, se mi dài del vigliacco, io tinfilzo! Falstaff - Io, darti del vigliacco? Allinferno voglio vederti, io, prima di dare del vigliacco a te... però son pronto a dar mille sterline per esser gambalesta come te pronto a scappare. Hai le terga dritte, tu, e non timporta di chi te le veda. E questo chiami spalleggiar gli amici? Accidenti, che bello spalleggiare! Datemi per amici gente che sappiano guardarmi in faccia! (A Checco) Portami un altro boccale di secco. Canaglia a me se oggi ne ho bevuto. Principe - Oh, spudorato! Ma se hai le labbra umide ancor dellultima trincata! Falstaff - (Bevendo) Non me ne importa un fico. Peste a tutti i vigliacchi, ancora e sempre! Principe - Ma che hai? Falstaff - Che ho?... Quattro di noi che siamo qui serano procacciate stamattina un migliaio di sterline. Principe - Dove sono, compare, dove sono? Falstaff - Dove sono? Ce lhan portate via! In cento, contro noi poveri quattro. Principe - Che dici, cento? Falstaff - Sono una carogna se non è vero che mi son battuto con una buona dozzina di loro a mezza lama, per due ore buone. E lho scampata proprio per miracolo: otto volte colpito al giustacuore, quattro volte alle braghe, il brocchiere forato da ogni parte, questa spada ridotta tutta denti come una sega a mano. Ecce signum ! (Sguaina la spada e mostra le tacche) Non ho mai fatto meglio di così da quando sono diventato uomo. E tutto invano, peste a quei vigliacchi! Ma parlino anche loro. (Indica gli altri tre compagni) E se diranno un etto in più o in meno di quella chè la pura verità, sono ignobili figli di puttana. Principe - Dite, dite, signori, comè stato? Gadshill - Ci siam trovati in quattro contro allincirca una dozzina... Falstaff - Sedici, e non uno di meno, signor mio. Gadshill - E li abbiamo legati, impastoiati. Peto - No, no, non furono legati affatto. Falstaff - Idiota, furono legati eccome! Dal primo allultimo! Se non è vero, ditemi pure che sono un ebreo, un ebreo di Giudea! Gadshill - Mentre stavamo a spartirci il malloppo, ci son piombati addosso in sei o sette altri freschi di forze... Falstaff - Che slegarono gli altri chera là, e poi ne vennero degli altri ancora. Principe - E voi quattro a vedervela con tutti? Falstaff - Tutti. Non so che intendi tu per tutti, ma se non erano almeno cinquanta quelli con cui mi son dovuto battere, io sono un cespo di radicchi secchi! Se, dico, addosso a questo vecchio John non ce ne stavano cinquantadue, di quelli, forse pur cinquantatre, beh, dite pure allora che sir John non è un bipede umano. Principe - Cè da pregare Dio che tu non ne abbia ammazzato nessuno. Falstaff - Pregar Dio per questo ormai non serve. Un paio li ho conditi a sale e pepe, due son certo daverli sistemati, due malandrini in casacche incerate. Hal, questo è quanto, e se dico bugia, sputami in faccia, e di che sono un brocco. Tu conosci quel vecchio mio scattare in guardia, ecco, così. E così stavo quando appunto mi son venuti addosso quattro di quei gaglioffi in bucherame... Principe - Quattro? Ma non avevi detto due? Falstaff - Erano quattro, Hal, ho detto quattro. Poins - È vero, ha detto quattro. Falstaff - Questi quattro vengono avanti frontalmente, in riga, e si dirigono verso di me. Senza scompormi, resto lì impalato, ad aspettar che le lor sette spade vengano ad infilarsi sul mio scudo, così... Principe - Comè? Sono diventate sette? Ma non erano quattro ancor pocanzi? Falstaff - Erano quattro quelli in bucherame. Poins - Sì, quattro in robe di tela cerata. Falstaff - Sette, dico, e lo giuro su questelsa , o io sono un emerito gaglioffo. Principe - (A parte a Poins) Lascialo dire: Aumenteranno ancora. Falstaff - Mi ascolti, Hal? Principe - Sì, sì, son tuttorecchi. Falstaff - Ecco, bravo, perché ne val la pena. Dunque, come dicevo, quei nove con casacca dincerata... Principe - (c.s.) E son già diventati due di più. Falstaff - ... quando gli si spezzarono le punte... Poins - (A parte al Principe) Sì, sì calarono loro le braghe . Falstaff - ... cominciarono a cedere terreno, ma io li premo sempre più da presso, mi butto su di loro corpo a corpo e ne sistemo, in un battibaleno, sette degli undici. Principe - (c.s.) Fenomenale! Undici uomini in bucherame figliati dagli originari due. Falstaff - ...ma, come volle il diavolo, tre bischeri dannati, in panno verde di Kendall , mi vennero lì dietro allimprovviso assaltandomi (era così buio, che non saresti riuscito a distinguere credimi, Hal, nemmeno la tua mano)... Principe - Queste non son che frottole, a misura di chi le ha generate, panzane grosse come una montagna, palpabili, palesi, manifeste! Ma come tu, sacco di budellame col cervello dargilla quale sei, scemo zuccone, figlio di puttana, spudorato grassone unto e bisunto... Falstaff - Ehi, che ti prende, Hal? Diventi matto, eh? Diventi matto? La verità non è più verità? Principe - ... come avresti potuto riconoscere quei tali in roba verde di Kendall in tanta oscurità da non distinguere nemmeno la tua mano? Che rispondi? Avanti, sputaci le tue ragioni. Poins - Le tue ragioni, Jack, le tue ragioni. Falstaff - Eh, diamine! Cosè, unimposizione? Sangue di Cristo, sotto costrizione no, nemmeno se fossi sottoposto alla tortura dello strappamento , o di tutte le ruote della terra ! La mie ragioni sotto costrizione! Ma fossero abbondanti come more, le mie ragioni, non le darei mai a chi le pretendesse con la forza . Principe - Non voglio rendermi più a lungo reo dun tal peccato , la finisco subito; (Indicando agli altri Falstaff) questo grassone schiacciamaterassi, questo sfiaccaronzini, questa imponente montagna di ciccia... Falstaff - Cristo, senti chi parla! Parli tu, morto che parla, anguilla tutta pelle, lingua secca di bue, stringa di cuoio, stoccafisso (oh, avere tutto il fiato per dirti tutto quello cui somigli!), canna di sarto, guaina di pugnale, fodero darco, lama stemperata!... Principe - Bravo. ripiglia fiato e poi va a capo. E quando sarai stanco di queste tue plebee similitudini, sentimi, che ho da dirti una cosuccia. Poins - Sì, Jack, attento adesso, ascolta bene. Principe - Noi due, io e lui, vi abbiamo visti che saltavate addosso tutti e quattro ad altri quattro, che li legavate e li svaligiavate del denaro. Ascolta adesso come un raccontino semplice e chiaro ti sbugiarda. Attento. È stato a questo punto che noi due (Indica Poins) vi siam saltati addosso, ed è bastato appena darvi voce perché scappaste e mollaste il bottino; il quale adesso è qui, in mano nostra, e possiamo mostrarvelo. E tu, Falstaff, correvi così svelto a mettere al sicuro le budella, e imploravi pietà, mentre scappavi, mugghiando forte, che nemmeno un toro. Ma che anima di canaglia sei, a intaccare così questa tua spada, per poi venirci a dire, come niente, chera successo nel combattimento? Quale trappola, trucco, scappatoia sarai capace di trovare ancora per nasconderti dietro questo smacco palese, manifesto, vergognoso? Poins - Avanti, Jack, che trucco hai ancora in serbo? Falstaff - Ma giuraddio, io vho riconosciuti voi due, che manco chi vha generato. Però, padroni miei, state a sentire: ma doveva toccare proprio a me dammazzare lerede presuntivo? Dovevo rivoltarmi a mano armata contro un principe vero? Io sono coraggioso, lo sapete, quanto un Ercole; cè però listinto: il leone non tocca il vero principe . Per listinto. Listinto è una gran dote. Se questa volta sono stato vile, è stato per listinto. Ma per questo avrò migliore stima di me e di te per tutta la mia vita: di me come leone valoroso, e di te come principe verace. Con tutto ciò, ragazzi, son contento che quel danaro ce labbiate voi. Chiudi i battenti, ostessa! Questa notte si fa baldoria! Pregherai domani. Cavalieri, ragazzi, giovanotti, cuori doro, e chi più nha ne metta di appellativi di buona amicizia per tutti. Bene. Sha da stare allegri? Vogliamo improvvisare una commedia? Principe - E perché no. Soggetto: la tua fuga. Falstaff - Ah, no, di questo, Hal, se mi vuoi bene, non parliamone più! Entra lOstessa Quickly Ostessa - (Riconoscendo il Principe e inchinandosi) Oh, Gesù! Signor Principe, signore! Principe - Salve, madama ostessa, che ci dici di bello? Ostessa - Monsignore, alla porta cè un nobile di corte che vorrebbe parlar con vostra altezza, e dice di venir da vostro padre. Principe - Dàgli quanto gli manca a far di lui un reale, e rimandalo a mia madre . Falstaff - Che tipo è? Ostessa - Un anziano gentiluomo. Falstaff - E che ci fa la dignità barbogia fuori dal letto a questora di notte? (Al principe) Vado io a portargli la risposta? Principe - Sì, Jack, ti prego. Falstaff - Vado. In fede mia, gli faccio fare subito fagotto. (Esce) Principe - Dunque, signori: vi siete battuti, per la vostra madonna, un sacco bene; così tu, Peto, e così tu, Bardolfo. Leoni pure voi: scappati via per istinto; un principe del sangue voi non lo toccherete mai, ohibò! Bardolfo - Io, in coscienza, me la son filata quando ho visto scappare tutti gli altri. Principe - Che qualcuno mi spieghi, ma senza infingimenti, comè andata che la spada di Falstaff abbia subìto tutte quelle tacche. Peto - Beh, lha intaccata lui, col suo pugnale, e poi diceva che davanti a te avrebbe spergiurato fino al punto di bandire la stessa verità dallInghilterra, pur di farti credere chera avvenuto a forza di combattere. Ed ha convinto noi a far lo stesso. Bardolfo - Non solo a questo; ma a fregarci il naso con dei rovi, per farci uscire il sangue e imbrattarci i vestiti, ed a giurare che quello fosse vero sangue umano . A udire i suoi mostruosi machiavelli ho fatto quel che mai avevo fatto da settanni: arrossire. Principe - Spudorato furfante! Ma se tu da quando - circa diciottanni fa - ti rubasti un boccale di vin secco e ti facesti cogliere sul fatto, sei tutto rosso in faccia, in permanenza ! E pur avendo tutto questo fuoco dalla tua parte, ed una spada al fianco , sei scappato? Che istinto tha guidato? Bardolfo - (Sporgendogli la faccia) Mio signore, le vedi queste vampe? Osserva bene queste esalazioni. Principe - Vedo. Bardolfo - Che segni credi chessi siano? Principe - Di fegato infiammato e borsa magra . Bardolfo - Di collera, se bene interpretati. Principe - No, di collare, se intesi a dovere . Rientra Falstaff Eccolo, il nostro Zanni lo Stecchino, il nostro caro tutto pelle-e-ossa! Ehilà, dolce creatura di bambagia, da quanto tempo, Jack, non riesci a vederti le ginocchia? Falstaff - Le mie ginocchia, Hal!... Quando avevo allincirca gli anni tuoi, ero più fino dun artiglio daquila: sarei passato attraverso lanello che si portano al dito gli aldermanni . Accidenti ai sospiri ed agli affanni! Ti fanno gonfio come una vescica. Ci son notizie distratrose, fuori: quello chera venuto poco fa da parte di tuo padre, era sir Bracy: devi trovarti a corte in mattinata. Quel pazzoide del nord, quellHarry Percy e quellaltro del Galles, di cui dice la gente che una volta ha bastonato il diavolo Amamone, ed ha messo le corna anche a Lucifero e sè fatto giurare sudditanza dal demonio sullelsa fatta a croce duna picca scozzese... sì, quel tale, intendo... come diavolo si chiama? Poins - Owen Glendower. Falstaff - Ecco, Owen, Owen, esattamente, e suo genero Mortimer, insieme con Northumberland il vecchio e quello spiritato di scozzese che più scozzese di lui non ce nè, quel Douglas, che sa scendere al galoppo giù da una ripa quasi a perpendicolo... Principe - Quello, dici, che in sella al gran galoppo coglie a volo con la pistola un passero? Falstaff - Bravo, lhai colto bene. Principe - Io, lui, sì, non altrettanto bene lui quel passero! Falstaff - Però ha buona tempra, quel ribaldo, è uno che non scappa... Principe - Il ribaldo sei tu, che poco fa lo lodavi perché sa correr tanto. Falstaff - A cavallo, però, bel mammalucco, perché a piedi non fa nemmeno un passo. Principe - Per istinto, naturalmente, vero? Falstaff - Per istinto, se vuoi, te lo concedo. Insomma cè anche lui, e un certo Mordake con un migliaio daltri caschi blu. Worcester è fuggito questa notte di soppiatto. La barba di tuo padre sè fatta bianca quando lha saputo. Adesso in Inghilterra si possono comprare latifondi al prezzo di pesciacci puzzolenti. Principe - Vuol dire che se avremo un giugno afoso, e durerà questa zuffa intestina, ci compreremo le verginità a rozze, come i chiodi per le scarpe. Falstaff - Dici bene, perdio, ragazzo mio! E chi sa che con quella mercanzia non si possa imbastire un buon commercio. Ma dimmi adesso, Hal, comè possibile che tutto ciò non ti faccia paura? Che, come erede presuntivo al regno, ti dovessi trovare a fronteggiare tutti insieme un terzetto di nemici del tipo di quel diavolo di Douglas, di quello spiritato di Harry Percy, e di quel satanasso di Glendower? Non ti senti pervaso da terrore, non ti si gela il sangue al sol pensarlo? Principe - Per niente, in fede mia. Mi manca un po del tuo famoso istinto. Falstaff - Da tuo padre stamane, quando andrai, ti prenderai un solenne rabbuffo. Se mi vuoi bene, preparati adesso le risposte da dargli insieme a me. Principe - Bene, fa tu mio padre, e interrogami sui particolari della mia vita. Falstaff - Daccordo, proviamo. Facciamo conto che sia questa sedia il trono, questo pugnale lo scettro, e sia questo cuscino la corona. (Si mette un cuscino in testa e si siede) Principe - Ecco, questa starà a significare che il tuo trono da me è considerato un comune sgabello, il tuo scettro un pugnale di vil legno, e la tua ricca e preziosa corona una misera zucca spelacchiata . Falstaff - Bene, se in te la fiamma della grazia non sè del tutto spenta, ora a vedermi così combinato non potrai fare a meno di commuoverti. Datemi un bel boccale di vin secco che mi faccia arrossare il bianco agli occhi, perché debbo dar voce al mio dolore alla maniera del gran re Cambise . (Qualcuno gli porta del vino ed egli beve) Principe - (Inginocchiandosi) Eccomi inginocchiato avanti a te. Falstaff - Ed ecco il mio discorso. Nobiltà, fate ala. Ostessa - Gesummio, che spasso, questo! Uno spasso davvero sopraffino! Falstaff - (Fingendo di parlare alla sua regina) Dolce regina, deh, frena le lacrime ché vano è spremere dagli occhi il pianto. Ostessa - Signore Iddio, se sa darsi un contegno! Falstaff - (Solenne) Gentiluomini, per la Dio mercé, questa afflitta regina conducete lontan da qui: le lacrime occludono le chiuse dei suoi lumi. Ostessa - Gesù, come fa bene la sua parte! Meglio duno di quei figli di cani di commedianti che si vedon sempre! Falstaff - (c.s.) Taci, mio buon boccale da una pinta. Taci, mia buona stuzzicacervelli. Harry, di molto son meravigliato non solo che tu sperperi il tuo tempo, ma soprattutto in quale compagnia; ché, sè pur vero che la camomilla più è calpestata, meglio si sviluppa, la giovinezza, più è dissipata più presto si degrada e se ne va. Che tu sia figlio mio, me nassicura in parte la parola di colei chè tua madre, in parte la mia stessa convinzione, ma soprattutto quel tuo guardar bieco e quella mossa del labbro inferiore pendulo, che ti dà unaria folle. Se dunque sei mio figlio, il punto è questo: per qual motivo tu, come mio figlio, sei da tutti così segnato a dito? Deve il consacrato figlio del cielo dimostrarsi un volgare ladroncello e cibarsi di more delle siepi? La domanda non va nemmeno posta. Deve lerede del re dInghilterra fare il ladron di strada e il tagliaborse? Ecco la vera domanda da porsi. Cè una cosa di cui anche tu, Harry, devi aver spesso sentito parlare cui molta gente di questo paese danno il nome di pece. Questa pece, secondo che cinsegnano i nostri testi antichi, insudicia chiunque la maneggia; così la compagnia che tu frequenti, ed io, Harry, ti parlo, bada bene, non intriso di vino, ma di lacrime, non per mia voluttà, ma per mia pena, e non sono le mie solo parole ma voce della mia interna ambascia. Cè però un uomo virtuoso e dabbene, di cui purtroppo non conosco il nome, che ho notato far parte di frequente della tua compagnia... Principe - Che tipo è, se non dispiace a vostra maestà? Falstaff - Un bel tipo, direi, gran belluomo, un poco corpulento, in verità, ma gioviale daspetto, occhio piacente e portamento quanto mai distinto... Detà sarà, mi pare, sui cinquanta, o forse no, (Madonna!) sui sessanta... Ah, ecco adesso mi sovviene il nome: Falstaff. Se risultasse che quelluomo sia dedito ai bagordi, francamente ne resterei deluso; perché, Harry, io scorgo nel suo aspetto la virtù. Vedi di tenerlo caro, e manda a quel paese tutti gli altri. Ed ora dimmi, mio mascalzoncello, dove sei stato tutto questo mese? Principe - Questo sarebbe il tuo parlar da re? Ora mettiti tu nella mia parte ed io mi metto in quella di mio padre. Falstaff - (Alzandosi) Mi deponi? Se sei solo a metà capace di rifare tu il mio tono grave e solenne nel rifar tuo padre, mi faccio appendere a testa in giù alla maniera che fa il pollivendolo coi conigli di latte ed i leprotti. Principe - (Sedendo) Dunque, io qui, seduto... Falstaff - Ed io qui in piedi... Signori, adesso a voi di giudicare. Principe - Ebbene, Harry, da che parte vieni? Falstaff - Da Eastcheap, mio altissimo signore. Principe - Odo gravi lagnanze sul tuo conto. Falstaff - Giuraddio, monsignore, sono false. (Ora la parte del giovane principe ti fo vedere io come si fa). Principe - Bestemmi, eh, screanzato ragazzo! Dora in avanti non osare più levare gli occhi in faccia a me. Traviato dalla grazia di Dio ti sei, violentemente. Cè un diavolo che ti sta sempre accanto nelle sembianze dun vecchio grassone; tè socio di bagordi un uomo-botte. Che tè saltato mai di far brigata con quel baule carico dumori, con quel cassone di bestialità, quel pacco turgido dipocrisia, quellotre enorme di vino di Spagna, quel borsone imbottito di budella, quel manzo arrosto col ventre farcito , quel reverendo simbolo del vizio, quella malvagità grigio-canuta, quel gran ministro di ruffianeria, quella prosopopea carica danni? A che è buono costui, se non che a bere vin secco di Spagna? In che può aver man pulita e netta altro che nello scalcare un cappone e trangugiarlo? In che può esser destro se non che nel mostrarsi un gran furbastro? E in che può esser egli un gran furbastro se non nel compiere ribalderie? E in che è ribaldo, se non sempre e in tutto? E in che, se non in niente, rispettabile? Falstaff - Vorrei che vostra grazia mi spiegasse chi è questa persona di cui parla. Principe - Quel tristo, abominevole figuro corruttore di giovani, quel Falstaff, quel vecchio Satana bianco-barbuto. Falstaff - Quelluomo lo conosco, monsignore. Principe - Lo so bene. Falstaff - Dovessi però dire che scorgo più nequizia in lui che in me, sarebbe dire più di quel che so. Che sia vecchio, tanta pietà per lui, lo dimostrano i suoi capelli bianchi; ma che sia - con rispetto a vostra altezza - un puttaniere, lo contesto netto. Se vino bianco e zucchero son peccato, che Dio aiuti i reprobi. Sè peccato esser vecchio e cuorcontento, più duno allora dei miei vecchi soci è dannato allinferno; sesser grasso vuol dire essere odiato, si devon solo amar le vacche magre del Faraone. No, mio buon signore; bandisci pure Peto, bandisci Poins, bandisci Bardolfo; ma il soave John Falstaff, il gentile John Falstaff, il fedele John Falstaff, il valente John Falstaff, il quale è uomo tanto più valente in quanto è quel che è, vale a dire il vecchio sir John Falstaff, non lo bandire dalla compagnia del tuo Enrico, no, non lo bandire dallamicizia di tuo figlio Harry. Cacciare al bando il rubicondo John è aver cacciato al bando il mondo intero. Principe - Lo faccio. Lo farò. (Colpi alla porta) (Escono lostessa Quickly, Checco e Bardolfo) Rientra Bardolfo di corsa Bardolfo - Signore mio, signore, cè alla porta lo sceriffo con una grossa scorta! Falstaff - Fuori, bastardo! (Al principe) Finiam la commedia noi due: ho ancor molto da dire, io sul conto ed in favore di quel Falstaff. Rientra lostessa Quickly Ostessa - O Gesù! Mio signore, mio signore! Principe - Eh, che succede! Sta arrivando il diavolo a caval dun archetto di violino? Ostessa - È che alla porta, giù, cè lo sceriffo con la ronda al completo. Sono venuti a perquisir la casa. Devo lasciarli entrare? Falstaff - (Senza badare allostessa) Hal, vuoi sentire quello che ti dico? Non dire mai che una moneta è falsa se sai chè doro schietto. Tu sei oro, nella sostanza, se pur non lappari . Principe - E tu sei un vigliacco di natura, senza listinto. Falstaff - Nego la premessa , se tu neghi lingresso allo sceriffo. Se no, lascialo entrare. Se poi io non farò sulla carretta la figura che fanno tutti gli altri, peste al mio essere cresciuto tanto ! In ogni caso penso che il capestro impiegherà con me lo stesso tempo a strangolarmi che con chiunque altro. Principe - Va, nasconditi dietro quellarazzo, gli altri vadan di sopra. Ora si dia ciascuno, miei padroni, faccia innocente e coscienza pulita. Falstaff - Le possedevo, un tempo, luna e laltra, ma quel tempo è scaduto da un bel pezzo. E dunque nascondiamoci. (Si va a nascondere dietro larazzo) (Escono tutti, meno il Principe) Principe - (Allostessa) Fa entrare lo sceriffo. Esce lostessa, rientrando subito col lo Sceriffo e un Vetturale Sceriffo, ebbene, in che posso servirvi? Sceriffo - Per prima cosa, vogliate scusarmi, mio signore; pocanzi in questa casa, una folla ha inseguito schiamazzando certi individui. Principe - Individui? Quali? Sceriffo - Uno di loro è molto conosciuto, mio buon signore: un omaccione grosso. Vetturale - E grasso come il burro. Principe - Ah, ho capito. Quelluomo non è qui, ve lassicuro, perché io stesso lho spedito or ora per una commissione. Ma, Sceriffo, vi do la mia parola che verso lora di pranzo domani ve lo mando perché possa rispondere a voi personalmente o a chi si voglia dogni accusa che gli si possa muovere. Per cui mi sia permesso, pel momento, dinvitarvi a lasciare questa casa. Sceriffo - Signorsì, mio signore, lo farò. Ci son due gentiluomini, che per effetto di questa rapina hanno perduto ben trecento marchi. Principe - Può succedere. Non lo metto in dubbio. E se sia stato lui a rapinarli, dovrà risponderne. Per ora, addio. Sceriffo - La buona notte a voi, mio buon signore. Principe - Il buon giorno, piuttosto. Sceriffo - È vero, infatti. Credo bene che siano già le due. (Esce con il vetturale) Principe - Quelluntuoso cialtrone è conosciuto in tutta la città più della cattedrale di San Paolo. (A Poins) Dàgli una voce, fallo venir fuori. Poins - Falstaff! (Falstaff non risponde. Poins solleva larazzo) Addormentato. In gran letargo. E ronfa peggio dun cavallo bolso Principe - Senti come fatica a respirare... Rovistagli le tasche. (Poins fruga nelle tasche di Falstaff addormentato e trova alcune carte) Che hai trovato? Poins - Nientaltro che cartacce, mio signore. Principe - Vediamo che cartacce sono: leggile. Poins - (Legge) Un cappone: scellini due e due pence. Salsa, scellini quattro. Acciughe e bianco secco dopo cena, due scellini e sei pence. Pane, mezzo scellino. Principe - Orripilante! Solo mezzo scellino per il pane con tutta quella abbondanza di vino! Le altre carte serbale con te, le leggeremo a miglior tempo e luogo. Lui lasciamolo lì, che se ne dorma pure quanto vuole, finché non si fa giorno. In mattinata devo stare a corte. Ci toccherà partire per la guerra, tutti, e tu avrai un grado nellesercito da farti onore. A quel grasso cialtrone farò dare un comando in fanteria: gli basterà una marcia di due-trecento metri, e sarà morto. Quel danaro sarà restituito con gli interessi. Tròvati da me domani di buonora. Ora va pure. Buongiorno, amico. Poins - Buongiorno, signore. (Escono) |