WILLIAM SHAKESPEARE ENRICO IV - PRIMA PARTE - ATTO TERZO |
Atto Terzo SCENA I - Il castello di Glendower nel Galles Entrano Hotspur, Worcester, Mortimer, Glendower, questultimo con un una mappa in mano. Mortimer - Abbiamo qui affidabili promesse, alleati sicuri: il nostro esordio è farcito di prospere speranze. Hotspur - Lord Mortimer, e tu, caro cugino Glendower, non volete accomodarvi? E tu, zio Worcester?... Ah, dannazione! Ho scordato la mappa. Glendower - Cugino Percy, siedi, statti comodo cugino Sproneardente: ogni volta che Lancaster ti nomina con questo nomignolo, si sbianca in volto e ti spedisce al cielo con un lungo sospiro. Hotspur - Così come spedisce te allinferno ogni volta che sente nominare Owen Glendower. Glendower - Non so biasimarlo: al momento chio venni concepito tutto larco del cielo si riempì di forme fiammeggianti, e quando poi son venuto alla luce la struttura e le stesse fondamenta della terra si misero a tremare al pari delle membra dun codardo. Hotspur - Beh, in quel momento avrebbero tremato pure se a partorire , fosse stata la gatta di tua madre e tu non fossi mai venuto al mondo. Glendower - Dico e ripeto che tremò la terra nel momento chio son venuto al mondo... Hotspur - E io dico e ripeto che la terra era dumore diverso dal mio, se pensi che si sia messa a tremare per paura di te. Glendower - Il firmamento era tutto una fiamma, e la terrà tremò. Hotspur - Oh, allora è chiaro: tremò pel firmamento che bruciava non già per tema di te che nascevi. La natura malata esplode spesso, esplode spesso in eruzioni strane chhanno del portentoso; spesso la terra gravida è squassata dagli spasimi come duna colica e tormentata dentro i suoi precordi da una specie di vento irresistibile che, stando prigioniero nel suo ventre e sforzandosi di venirne fuori ne scuote la malata vecchia crosta e fa crollare giù i suoi campanili e le sue torri coperte di muschio. È verosimile che alla tua nascita questa nostra vetusta Nonna Terra fosse in preda a un simile disturbo, e tremasse per via di quegli spasimi. Glendower - Bada, cugino, non son molti gli uomini da cui tollero desser contraddetto. Permettimi dinsistere a ripeterti che quandio sono nato la fronte dellintero firmamento si riempì di forme fiammeggianti, le capre diruparono dai monti e gli armenti lanciarono per laria strani clamori agli atterriti campi. Tutti questi portenti di natura mhanno segnato come un individuo fuori dellordinario: e la mia vita, in ogni fase del suo svolgimento, sta ad indicare chio non sono iscritto nel registro degli uomini comuni. Cè forse chi, tra questo arco di mare che cintura le coste dInghilterra, della Scozia e del Galles, la persona che possa dir chio sono suo discepolo o che mabbia insegnato qualche cosa? E portatemi qui nato di donna che sia capace di tenermi dietro sulle sudate vie dellarte magica, o di tenere il passo insieme a me negli intriganti suoi esperimenti . Hotspur - Io per me credo che meglio di te non cè nessuno che parli il gallese . E detto questo, me ne vado a pranzo. (Salza per uscire. Mortimer lo ferma) Mortimer - (A parte, a Hotspur) Cugino, modera; lo fai infuriare. Glendower - Io riesco a evocare gli spiriti con la voce, dai più profondi abissi. Hotspur - Oh, per questo, evocarli con la voce, posso anchio e chiunque. Resta però a vedere se, evocati, gli spiriti verranno allo scoperto... Glendower - Cugino, io posso dirti come si fa a comandare al diavolo. Hotspur - Ed io, cugino, ti posso insegnare come scornarlo, il diavolo, col dir la verità. Perché sta scritto: Se dici il vero, avrai scornato il diavolo. Se hai il potere di farlo venir fuori, mandalo qui da me, e io - ti giuro - ho il potere di farlo scappar via per la vergogna. Di la verità, finché vivi, ed avrai scornato il diavolo. Mortimer - Su, su, basta con queste vane ciarle! Glendower - Tre volte ha già spedito Enrico Bolingbroke contro di me un esercito; tre volte, io, dalle sponde del Wye e dal sabbioso letto della Severn lho ricacciato dentro i suoi confini coi piedi scalzi e inzuppato di pioggia. Hotspur - Eh, senza scarpe a casa, e col maltempo! Come ha fatto a non prendersi un cimurro? Glendower - Basta, questa è la mappa. Vogliamo fare la ripartizione delle zone che spettano a ciascuno conformemente allordine fissato col nostro patto a tre? Mortimer - Ha provveduto già lArcidiacono , e con molta equità, a ripartirle in tre lotti, perfettamente uguali. LInghilterra, compresa a sud e ad est tra la Severn e il Trent, è la mia parte; tutta la zona ad occidente - il Galles - aldilà delle rive della Severn e la fertile piana limitata entro questi confini va a Glendower. (A Hotspur) A te, cugino, tutta laltra parte che sta aldilà del Trent. Il nostro patto è scritto in tre esemplari, e, tosto che sia stato sigillato, (il che può farsi questa notte stessa), e ciascuno abbia avuto la sua copia, ci metteremo in marcia, tu ed io, cugino Percy, e il nostro buon lord Worcester, domani stesso, per unirci, a Shrewsbury, con tuo padre e lesercito scozzese, secondo i precedenti nostri accordi. Per domani mio suocero Glendower credo che non sarà ancora pronto; ma non avrem bisogno del suo aiuto almeno prima di due settimane. (A Glendower) Tu potrai radunare in questo tempo sudditi, amici e nobili vicini. Glendower - Non ci vorrà tanto tempo, signori, perchio possa raggiungervi non credo; e con me condurrò le vostre mogli dalle quali dovete ora partire allinsaputa e senza dirvi addio: se no chi sa qual diluvio di lacrime sarebbe adesso la separazione. Hotspur - (Esaminando la mappa) Mi pare che la parte a me assegnata a nord di Burton, qui, su questa mappa, non sia eguale, quanto ad estensione, ad alcuna delle vostre altre due. Ecco, guardate: questansa di fiume taglia via unenorme mezzaluna di terra dalla mia parte migliore: una mutilazione inconcepibile! Sarò costretto a sbarrar la corrente del fiume in questo punto, e far sì che il tranquillo argenteo Trent scorra placido e piano in nuovo letto, eliminando così questa curva che mi defrauda di sì ricca piana. Glendower - La curva?... Ma ci vuole quella curva al Trent. È necessaria. Deve farla. Mortimer - (A Hotspur) Infatti. E vedo poi come il suo corso prosegue disegnando unaltra curva dallaltra parte, che avvantaggia te, perché si mangia, dalla riva opposta, quanto sottrae a te la prima curva. Worcester - Eppoi con poca spesa si può sbarrare il fiume in questo punto e guadagnar questa lingua di terra a nord, a da quel punto convogliarlo per un percorso dritto e pianeggiante. Hotspur - Farò così, sarà spesa da poco. Glendower - Ma io non voglio deviarlo, il fiume. Hotspur - Ah, no? Glendower - Non voglio, e tu non lo farai. Hotspur - Cè chi potrà impedirmelo? Glendower - Sì, io. Hotspur - Meglio chio non intenda quel che dici. Parla gallese. Glendower - So parlare inglese, come lo parli tu, signore mio. Son cresciuto alla corte dInghilterra, da giovane, ed ho composto là, in inglese, da accompagnar con larpa, più dun mottetto di buona fattura che ha reso nuova grazia a quella lingua, dote che in te non trovò mai nessuno. Hotspur - E chio son lieto di non possedere con tutto il cuore, per la Santa Vergine. Preferirei piuttosto essere un gatto, e andare miagolando giorno e notte, che non uno di questi versaioli trafficanti di ballatette in rima. È più dolce al mio orecchio lo stridio dun doppiere dottone sotto il torchio o il cigolar sullasse duna ruota male ingrassata: ché nulla di questo mi farebbe allegare tanto i denti quanto ascoltare le svenevolezze sdolcinate di certa poesia: è come udire il passo affaticato dun ronzino che strascica gli zoccoli. Glendower - Va bene, via, fa deviare il Trent. Hotspur - Non me ne importa niente. Sono pronto a regalar tre volte tanta terra, in amicizia, ad uno che lo meriti; però in via di baratto, statti accorto, so spaccare il capello in nove parti. Sono stati stilati gli strumenti? Si parte? Glendower - Cè una bella luna chiara, potrete cavalcare anche di notte. Vado a sollecitare lo scrivano e ad informare nello stesso tempo le vostre mogli che siete partiti. Mia figlia, temo, avrà una crisi isterica innamorata comè del suo Mortimer. (Esce) Mortimer - Evvia, cugino Percy! Che maniera di stare sempre a contraddir mio suocero? Hotspur - Non so che fare. Talvolta mi stizza col venirmi vicino a raccontare la storia della talpa e la formica, o quella del lunatico Merlino e le sue profezie, del dragone e del pesce senza pinne, del grifone dallali smozzicate, o del corbaccio che muta le penne, o del vecchio leone accovacciato, o del gatto rampante, e che so io, tante altre fanfaluche come queste, che mi mettono fuori dalla grazia. Ieri sera, ad esempio - senti questa -, mha trattenuto fin quasi alle nove ad elencarmi i nomi, ad uno ad uno, dei diavoli che dice suoi lacchè. Io sbottai alla fine: Uhm, va là! senza averne capito una parola. Ah, credimi, è stucchevole come un cavallo che ha mangiato troppo , come una moglie piena di puntigli, peggio duna stamberga affumicata! Meglio campare daglio e di formaggio dentro un mulino a vento in capo al mondo, che mangiar bene ed aver lui accanto a raccontarmi quelle sue scempiaggini, nella più bella abitazione estiva di tutta la cristianità. Alla larga. Mortimer - In fede mia, è un degno gentiluomo, deccellenti letture, assai versato in certe strane discipline occulte, coraggioso come un leone, affabile e conversevole oltre ogni dire, prodigo come una miniera dIndia ; eppoi, cugino, te lo voglio dire, ha gran rispetto per il tuo carattere tanto da raffrenare in sé gli impulsi, che pure gli verrebbero istintivi quando vede che tu lo contraddici. Ti dico che è così, parola mia. Non cè nessuno al mondo, tassicuro, che lavrebbe potuto provocare come lhai fatto tu, senza provar sapore di pericolo o dacerba rampogna; ma ti prego, fa in modo di non abusarne troppo. Worcester - È vero, mio signore: tu fai mostra con lui di troppa asprezza, e da quando sei qui, hai fatto tutto per esasperarlo. Devi correggerti assolutamente dun tal difetto; ché sanche talvolta esso è segnale di grandezza danimo, di coraggio e di buon temperamento - e questo è il più pregevole ornamento chesso ti conferisce - troppo spesso rivela rugginosa ostilità, mancanza di civile educazione, insufficiente dominio di sé, superbia, tracotanza, presunzione, alterigia, disprezzo per il prossimo: tutti vizi dei quali anche il più lieve, quando è presente in un uomo di rango, gli allontana le simpatie di tutti e lascia dietro a sé una tale traccia che macchia tutte laltre belle doti, rubando ad esse la debita lode. Hotspur - Bene, mi son beccato la lezione. Buon pro vi faccia la vostra creanza! Ecco le nostre mogli; convien da loro prendere congedo. Entra Glendower con Lady Mortimer e Lady Percy Mortimer - Ecco: mindispettisce mortalmente che mia moglie non sappia una parola del mio inglese, e io del suo gallese. Glendower - (A Mortimer, indicando Lady Mortimer che piange) Mia figlia piange; non ti vuol lasciare; vuole arruolarsi; venire alla guerra. Mortimer - Buon padre, dille chella e la zia Percy ci seguiranno presto insieme a te. (Glendower dice qualcosa in gallese alla figlia, che gli risponde in gallese) Glendower - Non vuol saperne di restare a casa, e si dispera, questa riottosa, testarda ed egoista pazzerella. (Lady Mortimer dice qualcosa in gallese al marito, che non capisce) Mortimer - Io capisco il linguaggio dei tuoi occhi: quel grazioso gallese che versi da codesti cieli gonfi, è linguaggio che so fin troppo bene, e se non fosse che nho un po vergogna, anchio con esso ti risponderei . (Lady Mortimer gli dice ancora qualcosa in gallese) Io capisco il linguaggio dei tuoi baci, e tu quello dei miei, e questo è il nostro colloquiar con lanima. Ma non sarò un alunno negligente, amore mio, perché voglio impararlo codesto tuo linguaggio: in bocca a te il gallese è una musica soave, una canzone altamente ispirata suonata da una splendida regina sul tocco carezzante dun liuto sotto un bel pergolato un dì destate. Glendower - Eh, se ti sciogli in certe tenerezze, davvero adesso me la fai impazzire! (Lady Mortimer dice ancora qualcosa in gallese, che Mortimer non capisce, ed esclama:) Mortimer - Ah, non capisco! Che ignorante sono! Glendower - Ti chiede di adagiarti mollemente su questa morbida stuoia di giunco e di posare il capo nel suo grembo, mentrella canterà la tua canzone, quella che più ti piace, a incoronare sopra le tue palpebre il dio del sonno, incantando il tuo sangue in un dolce torpore tale da fare che tra veglia e sonno sia come il tempo tra il giorno e la notte unora prima che il carro celeste cominci a oriente il dorato cammino. Mortimer - Con tutto il cuore: mi metterò qui seduto, ad ascoltar la sua canzone; nel frattempo, sarà finita, spero, la stesura dei nostri documenti. (Si siede per terra, col capo poggiato sul grembo della moglie, anchessa seduta ) Glendower - Fate così, e i musici che dovranno suonare qui per voi già si libran nellaria mille leghe lontano, ma in un attimo saranno qui. Sedete ed ascoltate. Hotspur - Vieni anche tu, Catina, tu sei perfetta nel metterti giù. Vieni, su, presto, presto, chio riposi il mio capo sul tuo grembo . Lady percy - Oh, sta fermo, va via, papero pazzo! (Egli la prende di forza per i polsi, ella si dibatte, poi cede; si siedono entrambi a terra sui giunchi, e lui le posa il capo in grembo, mentre Glendower dice qualcosa in gallese e una musica suona allinterno) Hotspur - Oh, il diavolo capisce anche il gallese, a quanto pare; e non cè da stupirsene, daltra parte, lunatico comè. Ed è buon musicista, per la Vergine! Lady percy - Allora dovresti essere tutto musica, tu, che sei governato dalle lune. Sta buono, ora, brigante, sentiamo come canta in buon gallese la dama. Hotspur - La mia Dama, preferirei sentire, la mia cagna , guaire in irlandese. Lady percy - Vuoi star zitto? Vuoi che ti rompa la testina? Hotspur - No. Lady percy - E allora zitto. Hotspur - No, nemmeno questo: è un difettuccio delle donne, questo. Lady percy - Bene. Dio taccompagni. Hotspur - Al letto, sì, della dama gallese. Lady percy - Che cosa dici? Hotspur - Silenzio, ella canta. (Lady Mortimer intona una canzone in gallese) Catina, anche da te voglio sentir cantare una canzone. Lady percy - Oh no, in fede mia! Hotspur - In fede mia! ... Tesoro mio, tu giuri alla maniera della moglie del pasticcere allangolo: Non tu, in fede mia; Iddio massista; Comè vero che sono viva e vegeta; Lampante come la luce del giorno, e via dicendo: un modo di giurare chesprime una certezza di taftà , duna che non sè mai allontanata dal suo quartiere in tutta la sua vita . Giurami un giuramento , mia Catina, quale saddice alla dama che sei, di quelli che riempiono la bocca, e lascia gli smielati in fede mia e simili espressioni in panpepato alle dame guarnite di velluto ed ai borghesi in abito da festa . Avanti, canta. Lady percy - Ho detto che non voglio. Hotspur - Eppure è questa la via più spedita per imparare a diventare sarti o insegnare a cantare ai pettirossi. Se son pronti i contratti, entro due ore io sarò partito, e tu potrai seguirmi quando vuoi. Glendower - Su, su, lord Mortimer; sei lento a muoverti per quanto è ansioso e sempre sulla brace il focoso Lord Percy. Il nostro patto a questora sarà stata stilato, non dobbiamo far altro che siglarlo, e via a cavallo. Hotspur - Sì, non vedo lora!. (Escono) SCENA II - Londra, il palazzo reale. Entrano Re Enrico, il Principe di Galles e nobili Enrico - Signori, con licenza, vogliate allontanarvi per un poco da qui: il Principe di Galles ed io dobbiamo intrattenerci qualche istante in privato colloquio; ma vi prego di non andar lontano, fra poco avremo bisogno di voi. (Escono i nobili) Non so se sia la volontà di Dio, per qualche mia azione a Lui sgradita, o per imperscrutabil suo decreto, chio generassi dal mio stesso sangue la Sua vendetta e la mia punizione: perché tu, con la vita che conduci mi fai pensare che Dio tha segnato per esser la cocente Sua vendetta, la sua celeste verga, a punizione dei peccati miei. Se no, spiegami tu come voglie così smodate e basse, prodezze così ignobili e meschine, spassi così sfacciati, da dementi, compagnie così rozze e grossolane come quelle che tu vai frequentando quasi ad esse innestato, si potrebbero mai accompagnare alla regal grandezza del tuo sangue e star al pari del tuo cuor di principe. Principe - Con la licenza dellaltezza vostra, di tutte queste accuse vorrei potermi scagionare in pieno con una chiara giustificazione così come son certo di potermi lavare da me stesso di molte delle quali mi si biasima. Pure, lasciatemi impetrar da voi, dopo chio vabbia dimostrate false molte calunnie fabbricate ad arte che troppo spesso lorecchio dei grandi deve ascoltar da sorridenti bocche di sicofanti e bassi ciarlatani, di poter io trovar da voi perdono, per alcune mie colpe, queste sì, di cui la mia sfrenata giovinezza si sente pienamente consapevole. Enrico - Ti voglia perdonare prima Iddio. Ma come posso non meravigliarmi, Harry, di queste tue inclinazioni che van battendo lali sì lontano dal cammino seguìto dai tuoi avi? Hai perduto il tuo seggio nel Consiglio per lincivile tuo comportamento, e sè dovuto mettere al tuo posto tuo fratello più giovane; alla corte ti sei quasi alienato tutti i cuori, così come anche quelli di tutti i tuoi principeschi parenti. Le speranze e le promettenti attese della tua giovinezza son distrutte, e tutti ormai, con spirito profetico, non fan che presagir la tua caduta. Sio fossi stato, come lo sei tu, così consueto gli occhi della gente, mi fossi reso così frusto e trito e svilito per basse compagnie, senza dubbio la pubblica opinione che mi spianò la strada alla corona si sarebbe tenuta ancor fedele a colui che la deteneva prima, e me avrebbe ancor lasciato al bando, da uomo oscuro e privo dogni credito e dogni prospettiva di successo. Al contrario, mostrandomi di rado, mai sincontrò chio apparissi in pubblico senzessere guardato con stupore e meraviglia, come una cometa. E chi, indicandomi, diceva ai figli. Eccolo, è lui!, chi chiedeva al vicino avidamente: Dove? Qualè Bolingbroke? Ed io, rubando al cielo le sue grazie, mi rivestivo di tale umiltà da strappare obbedienza ai loro cuori e osanna alle lor bocche, anche in presenza dello stesso re. Ho serbato così agli occhi loro la mia persona sempre fresca e nuova, la mia apparizione alla lor vista preziosa come il manto dun pontefice che mai si vede senza meraviglia; e così la regale mia presenza, infrequente, ma sempre assai sontuosa, assumeva un carattere di festa più solenne per quanto più infrequente. Il re, al contrario, frivolo comera, collandar sgambettando a destra e a manca attorniato da insulsi perdigiorno o da scapati spiriti salaci, frascame presto acceso e presto spento, scardassava la propria dignità col mischiare la sua regal persona a quella di grotteschi giocolieri lasciando profanar dai loro lazzi il suo grande casato, e dando questo in pasto ai miagolii di volgari e sboccati monellacci, sopportando frecciate e doppi sensi dal primo scriteriato sbarbatello, associandosi a gente dogni risma, vassallo della popolarità; tantoché, ingoiato a sazietà un giorno dopo laltro, dai loro occhi, finì per satollarli di quel miele, e quelli si ridussero a schifare, come sempre succede, quel dolciume di cui appena più del poco è troppo. Così, quando sorgeva alcun motivo chegli apparisse ufficialmente in pubblico, era per lui come il cuculo a giugno, che canta, ma nessuno ci fa caso; guardato, ma da occhi così stanchi e resi ciechi dalla consuetudine da non attrarre più sopra di sé gli sguardi di stupita meraviglia che attira il sole della maestà quando splende di rado allammirata vista della gente: guardato, ma da palpebre assonnate, che gli dormivano perfino in faccia, o gli facevano ostentatamente quellaria corrucciata che hanno gli uomini quando sono davanti ad un nemico, tanto sazi eran tutti, anzi stuccati ormai della sua vista. Tale è la tua precisa situazione, Harry, perché con questa tua condotta hai perduto la tua prerogativa di principe associandoti ogni giorno a sì volgari e basse compagnie. E non cè occhio che della tua vista non sia stuccato, tanto gli è consueta, salvo purtroppo il mio, che avrebbe invece assai desiderato di vederti più spesso, e che, ahimè, fa ora quel che non vorrei facesse lasciandosi accecare da lacrime di sciocca tenerezza. Principe - Mi sforzerò, grazioso mio signore, dora in avanti desser più me stesso. Enrico - Quale sei oggi tu, per tutto il mondo, era Riccardo , quando dalla Francia rimisi piede a Ravenspurgh, e quel chio ero allora è oggi Percy. Ebbene, giuro su questo mio scettro e sullanima mia che più degno di regger questo regno egli è di te, che della mia successione sei lombra; perché pur non avendone diritto né lontana parvenza di diritto, egli riempie i campi del reame duomini armati ed ordigni di guerra, leva il capo contro le fauci armate del leone, e pur non essendo in debito cogli anni più di quanto lo sia tu, riesce a trascinare dietro di sé anziani pari e reverendi vescovi in cruente battaglie e duri scontri. Quale gloria perenne non sè egli acquistata combattendo contro lillustre Douglas, le cui gesta, le cui brucianti ardite scorribande ed il gran nome nel mestier dellarmi gli han guadagnato un grado eminentissimo e il supremo comando presso tutti gli eserciti dei regni che riconoscono la fede in Cristo. Tre volte questo Hotspur, questo infante guerriero, un Marte in fasce, ha sconfitto in battaglia il grande Douglas; una volta lha preso prigioniero, lha liberato e se lè fatto amico per dar più forte voce alla sua sfida tesa a scrollare dalla fondamenta la pace e la salute del mio trono. Che dici tu, davanti a tutto questo? Questo Percy, Northumberland suo padre, sua grazia larcivescovo di York, Mortimer, Douglas sono ora alleati contro di noi e son già scesi in armi... Oh, ma perché ti dico queste cose?... Perché parlare a te dei miei nemici, a te che sei, Harry, il più vicino e il più crudele di questi nemici? A te, che sei tal uomo, che per servil paura o basso istinto, o per un semplice accesso di stizza, saresti anche capace di combattere contro di me al soldo di quel Percy, strisciargli alle calcagna come un cane, inchinandoti ad ogni suo cipiglio, ansioso di mostrare avanti a tutti fino a che punto sei degenerato? Principe - Non pensatelo questo. Non sarà. Lo vedrete. Dio voglia perdonare a chi ha tanto da me allontanato il buon giudizio di vostra maestà. Di tutto questo mi redimerò con la testa di Percy, e al tramonto dun giorno vittorioso oserò di chiamarmi vostro figlio: avrò indosso un vestito tutto sangue, ed una maschera di sangue in faccia che, lavata, porterà via con sé lultima traccia della mia vergogna. E sarà il giorno - quando sia per sorgere - in cui questo rampollo dellonore e della fama, questo prode Hotspur, questo tanto osannato cavaliere e il vostro oscuro ed ignorato Enrico si saranno incontrati faccia a faccia. Vorrei che diventasse moltitudine ogni onore che splende sul suo elmo, e che si raddoppiasse sul mio capo ogni vergogna, perché verrà lora chio questo baldo giovane del nord costringerò a scambiare le sue glorie con le mie indegnità. Percy non è che il mio depositario, mio buon signore, al quale ho dato incarico dincettare per me gesta gloriose, di cui lo chiamerò a un certo punto a rendere sì rigoroso conto che dovrà cedermi tutta la gloria, sì, signore, anche lultima infinitesima parte donore guadagnata in tutta sua vita, o sarò io col filo della spada a strappargli dal cuore questo conto . Questo, davanti Dio, qui vi prometto; e sEi così vorrà, lo adempirò; e supplico la vostra maestà di ritenere questa mia promessa balsamo a risanare le ferite della trascorsa mia dissolutezza. Se no, che sia la fine di mia vita a sanare ed estinguere ogni debito; chio vo morir di centomila morti prima dinfrangere di questo voto la più piccola parte. Enrico - E sia questo tuo voto morte per centomila rivoltosi! Avrai in questa guerra il comando supremo dellesercito e la piena fiducia del tuo re. Entra sir Walter Blunt Che cè, Blunt? I tuoi occhi mi pare che trabocchino durgenza. Blunt - Ed urgente è lannuncio per cui vengo: Lord Mortimer di Scozia fa sapere che lundici di questo mese, a Shrewsbury, Douglas sè unito ai rivoltosi inglesi. Se le promesse saran mantenute dalle due parti, avran formato insieme il più potente e temibile esercito che mai tramò ai danni duno Stato. Enrico - Lord Westmoreland è già da oggi in marcia coi nostri, ed è con lui anche mio figlio Giovanni di Lancaster; la notizia è già vecchia di almeno cinque giorni. Tu, Harry, partirai mercoledì, giovedì ci mettiamo in marcia noi. Il nostro appuntamento è a Bridgenorth; e, Harry, andrai per la contea di Gloucester; sicché, a conti fatti, e calcolando il tempo necessario a sbrigare gli affari sottomano, tutte le nostre forze potran trovarsi concentrate a Bridgenorth fra circa dodici giorni da oggi. Abbiam le mani cariche dimpegni, ed ogni nostro indugio non fa che rimpinguare il lor vantaggio. (Escono) SCENA III - La taverna Alla testa di cinghiale a Eastcheap, prima mattina. Entrano Falstaff, con una mazza ferrata alla cintola, e Bardolfo Falstaff - Bardolfo, che ne dici, non ti pare chio sia pietosamente dimagrito dopo lultima nostra spedizione? Non son calato? Diventato minzo? Guarda, toh! Ho la pelle che mi casca manco fosse la gonna sbrindolata duna vecchi matrona; sono vizzo come la scorsa duna mela secca . Bah, devo fare proprio contrizione... e subito finché mi trovo in carne, perché presto sarò ridotto male e non avrò nemmeno più la forza per pentirmi. Se non mi son scordato comè fatto linterno duna chiesa sono una nullità , un cavallo bolso . Linterno duna chiesa... Eh, che rovina. sono state le male compagnie! Bardolfo - Sir John, ma voi con tutti questi crucci che vi date, non camperete molto. Falstaff - Eh, sì, è vero. Su, cantami tu allora qualche oscena canzoncella che mi rimetta un poco in allegria. Io ero un tipo incline alla virtù, come convien che sia un gentiluomo, virtuoso, voglio dire, quanto basta: qualche bestemmia ogni tanto; coi dadi non più di sette volte a settimana , non andavo al bordello più duna volta ogni quarto... Bardolfo - Di luna ? Falstaff - ... dora. I quattrini che prendevo a prestito tre, quattro volte li ho restituiti . Vivevo bene, insomma, e in buona regola; adesso vivo fuor dogni misura, e maledettamente fuori squadra. Bardolfo - È che voi siete, sir John, così grasso che per forza dovete essere fuori da ogni ragionevole misura Falstaff - Tu pensa ad emendare la tua faccia, io penso ad emendare la mia vita. Perché con quel tuo naso tu sei come la lampada di poppa dellammiraglia della nostra flotta: il Cavalier della lampada ardente . Bardolfo - Evvia, sir John, non vha mai fatto male. questa mia faccia. Falstaff - Ah, questo no, lo giuro. Io mi servo di essa come tanti si servon dun anello con la testa di morto, ovverossia ne faccio luso dun memento mori : ché non posso guardare la tua faccia senza pensare al fuoco dellinferno ed al ricco epulone del Vangelo chera vissuto sempre nella porpora ed ora eccolo lì, sulla tua faccia che brucia e brucia nei suoi paramenti. Se per caso tu fossi in qualche modo una persona incline alla virtù, sulla tua faccia ci potrei giurare: Giuro su questo fuoco - giurerei - chesso è quello dun angelo di Dio. Ma tu sei tutto in potere del diavolo, e se non fosse per quella lanterna che porti sempre accesa sulla faccia, saresti il figlio della super-tenebra. Quando correvi su per la collina di Gadshill, laltra notte, per andare a riprendermi il cavallo, se non ti presi per un fuoco fatuo o una palla infuocata da battaglia , al mondo non cè più moneta buona . Oh, tu sei proprio una luce perpetua, un eterno falò. Con la tua luce mhai fatto risparmiare mille marchi in torce e fiaccole, quando, di notte passavamo da una taverna allaltra: anche se tutto il vin secco di Spagna che ti sei tracannato a spese mie mavrebbe consentito di comprare a pari prezzo una serqua di lumi dalla più cara cereria dEuropa. Per ben trentadue anni ho mantenuto la salamandra di quella tua faccia, alimentandola a fuoco continuo, che Dio Signore me ne renda merito! Bardolfo - Sangue di Cristo, nella vostra pancia dovreste averla voi questa mia faccia! Falstaff - Misericordia di Dio! Di sicuro brucerei tutto dentro dalla rabbia ! Entra lostessa Quickly Ebbene, Donna Partlett la pollastra , siete poi riuscita ad accertare chi è stato a ripulire la mia tasca? Ostessa - Oh, che mi dite mai, Sir John, sir John! Io, tener dei marioli in casa mia? Ho frugato, cercato, interrogato, e così ha fatto pure mio marito con tutti i miei garzoni, ad uno ad uno. Mai finora è mancata in casa mia la millesima parte dun capello. Falstaff - Bugiarda dunostessa! In questa casa Bardolfo ci si fece far la barba e perse più dun pelo; e a me, qui dentro, giuro che mhan ripulito le tasche. Va là, va là, che sempre donna siete! Ostessa - Che, io? Allora non mi conoscete ! Per la luce di Dio! Nessuno mai mha chiamata così, in casa mia! Falstaff - Va là, chio vi conosco troppo bene! Ostessa - No, sir John, non mi conoscete affatto, sir John, ma io conosco voi, sir John! Voi mi dovete un bel po di quattrini, e adesso mattaccate briga apposta per non restituirmeli, sir John! Ho comprato per voi, di tasca mia, una buona dozzina di camicie. Falstaff - Robaccia, sporca tela di Bretagna. Lho regalata a mogli di fornai perché ce ne facessero setacci. Ostessa - Ah, che devo sentire! Quella roba, comè vero chio son donna per bene, era finissima tela dOlanda, roba da otto scellini la canna! Ed oltre a questo mi dovete ancora, sir John, altro danaro per il vitto, per le vostre bevute fuori pasto e per quel prestituccio che vho fatto: venticinque sterline, cavaliere! Falstaff - (Indicando Bardolfo) Cera anche lui. Che paghi la sua parte. Ostessa - Lui? Poveretto, se non ha un quattrino! Falstaff- Poveretto? Guardategli la faccia. E chi chiamate ricco voi, allora? Si può batter moneta con quel naso, con quelle guance là. Per conto mio, io non vi pago il becco un quattrino. E che! Non sono mica un giovincello! Chio non mi possa mettere a mio agio tra le pareti della mia locanda senza aver le mie tasche ripulite? Ho perduto un anello di mio nonno, un anello con tanto di sigillo, quaranta marchi almeno di valore. Ostessa - O Gesù! Ma non so quante mai volte ho udito il Principe che gli diceva che quellanello era rame placcato! Falstaff - Ah, sì, eh? Il principe è una canaglia, un subdolo furfante. Fosse qui, Sangue di Cristo, lo bastonerei come un cane, se ripetesse questo! Entra il Principe DI Galles, dietro di lui Peto; Falstaff va loro incontro fingendo di suonare il piffero col bastone che ha alla cintola, come a volerne accompagnare scherzosamente la marcia. Falstaff - Beh, ragazzo, qual vento spira da quella porta? Tutti in marcia ? Bardolfo - Tutti in fila per due, come a Newsgate . Ostessa - (Al Principe) Monsignore, di grazia, una parola... Principe - Oh, sì, madama Quickly, che mi dici? Come sta di salute tuo marito? Gli voglio bene, gran brava persona. Ostessa - Mio buon signore, vogliate ascoltarmi... Falstaff - Lasciala andare. Ascolta me piuttosto. Principe - Che hai da dirmi, cocco? Falstaff - Laltra sera mi sono addormentato qui, dietro quellarazzo, ed al risveglio mi trovo borseggiato. Questa casa è diventata un bordello: ci rubano. Principe - Perché, ti manca qualche cosa, cocco? Falstaff - Mi crederai, Hal, se te lo dico? Tre o quattro obbligazioni del Tesoro di quaranta sterline cadauna e lanello a sigillo di mio nonno. Principe - Robetta, forse un otto pence in tutto. Ostessa - Così gli ho detto anchio, signore mio, e che avevo sentito dir da voi la stessa cosa; ma lui, monsignore, parlò di voi nel modo più villano da quella gran malalingua che è, e disse che vavrebbe bastonato. Principe - Ha detto questo? No, non è possibile! Ostessa - Se non è verità, potete dire che in me non cè più fede, verità ed essenza di donna. Falstaff - In quanto a fede, non ce nè in te sicuramente più che in una prugna cotta ; e verità quanta ce nè in una volpe stanata; e quanto poi allessenza di donna, la Pulzella Marianna , al tuo confronto potrebbesser la moglie intemerata del vice capitano delle guardie. Va, va, roba... Ostessa - Che roba, di, che roba? Falstaff - Roba da farsi il segno della Croce ! Ostessa - Io non son roba da segno di Croce, tienilo bene in mente! Son la moglie dun uomo rispettabile; e tu, a parte il tuo cavalierato, sei un infame a trattarmi così! Falstaff - E tu, a parte il tuo essere donna, sei una bestia a contraddirmi sempre. Ostessa - E che bestia sarei per te, furfante? Falstaff - Che bestia? Beh, una lontra. Principe - E perché mai, sir John? Perché una lontra? Falstaff - Perché come una lontra, non si sa se sia carne o se sia pesce, ed uno non sa mai come pigliarla. Ostessa - Siete davvero ingiusto a dir così, perché voi stesso, come chiunque altro, sapete bene da che parte prendermi. Principe - Parole sante, Ostessa! È una calunnia questa che lui ti fa. Ostessa - E come me, anche calunnia vostra signoria. Sapete che mha detto giorni fa? Che voi dovete a lui mille sterline. Principe - Gaglioffo, io mille sterline a te? Falstaff - Macché mille, un milione me ne devi, Hal, tanto vale lamor tuo per me, e di tanto mi sei tu debitore! Ostessa - No, monsignore, vi chiamò canaglia, e disse che vavrebbe bastonato. Falstaff - Bardolfo, ho detto questo? Bardolfo - Eh, sì, sir John, lavete detto, ad essere sinceri. Falstaff - Sì, ma sempre che lui avesse detto che il mio anello era fatto di rame. Principe - E così ho detto e ripeto: è di rame. Confermi adesso quelle tue parole? Falstaff - Beh, Hal, lo sai: con te in quanto uomo, io del coraggio ce navrei da vendere; ma di te come principe reale, ho paura, così come ho paura del ruggito dun cucciolo leone. Principe - Dun leone, perché? Falstaff - Il re è leone: solo di lui si deve aver paura. Credi forse chio possa aver la paura che ho del re tuo padre? No, e se mai accada, pregherò Dio che mi faccia spezzare questa cintura . Principe - Oh, chi sa che spettacolo, la cintura spezzata, e le budella che ti cascano giù fino ai ginocchi! Ma in codesto tuo torso non cè posto per fede, verità ed onestà, piena comè di trippa e di budella. Accusare una sì virtuosa donna daverti ripulito le saccocce! Ma, screanzato figlio di puttana, farabutto imbottito di grassume, se nelle tasche tue non cera altro che un ciarpame di conti dosteria, e liste di bordelli, e un cartoccetto con dentro un soldo di zucchero dorzo per tirarti su il fiato! Se puoi provarmi che nelle tue tasche oltre a questo ci fosse ancor dellaltro, io sono una carogna imbalsamata!. E ciò malgrado, insisti a contraddire e ti rifiuti dintascare il torto. Non ti vergogni? Falstaff - Hal, stammi a sentire: tu sai in quale stato dinnocenza cadde in peccato Adamo; e che può fare il povero John Falstaff in questepoca di ribalderia? Tu lo vedi, ho io più carne addosso di qualsiasi altro misero mortale, e dunque pure più fragilità. Confessi allora desser stato tu ad aver ripulito le mie tasche? Principe - Così parrebbe, a rigore di cronaca. Falstaff - Quandè così, Ostessa, ti discolpo. Va, pensa a preparar la colazione, ad amar tuo marito, a sorvegliare la tua servitù e a trattare a dovere i tuoi clienti. Mi troverai disposto dora innanzi ad ogni ragionevole argomento. Vedi che sono rappacificato. No, ti prego, ora va. (Esce lOstessa) Ed ora, Hal, veniamo alle notizie dalla corte: come si mette, cocco, la faccenda della rapina? Principe - Eh, mio dolce bue, debbo ancora una volta essere io il tuo angelo buono. Quel denaro sarà restituito. Falstaff - Ah, questusanza di restituire non mi va a genio: è una doppia fatica . Principe - Adesso sono in buona con mio padre, posso permettermi qualunque cosa. Falstaff - E permettiti, come prima cosa, di sgraffignargli allora lo scacchiere , senza nemmeno stare a perder tempo a lavarti le mani. Bardolfo - Oh, sì, signore! Fatelo. Principe - (A Falstaff) Vecchio John, tho procurato un grado in una compagnia di fanti. Falstaff - Meglio fossero stati cavalieri. (Tra sé) Dove lo trovo in mezzo a quelli un tipo che sappia ben rubare ? Mi servirebbe un ladruncolo in gamba, detà sui ventidue, o giù di lì. Sono sguarnito in modo vergognoso . Per fortuna ci son questi ribelli... solo i virtuosi ce lhanno con loro: io li lodo e li approvo. Principe - Bardolfo. Bardolfo - Mio signore? Principe - (Consegnandogli due lettere) Questa lettera al principe di Lancaster, mio fratello Giovanni, di carriera; questaltra a lord Westmoreland. Noi due, Peto, a cavallo! Trenta miglia dobbiamo fare entro lora di pranzo. (A Falstaff) Jack, ti farai trovare a Temple Hall domani, per le due del pomeriggio: Là ti diran la tua destinazione, riceverai denaro ed istruzioni per lequipaggiamento della truppa. La terra brucia, Percy alza la cresta sempre più in alto; adesso o noi o loro: uno dei due dovrà cadere in basso. (Esce) Falstaff - Parole sante! Mondo coraggioso! Ostessa, presto, la mia colazione! Ah, se questa taverna potesse diventare il mio tamburo ! (Esce) |