WILLIAM SHAKESPEARE ENRICO IV - PARTE PRIMA |
ATTO TERZO SCENA I - Westminster, il palazzo Entra Re Enrico in veste da camera, seguito da un paggio. Notte. Enrico - (Al Paggio) Va dai conti di Surrey e di Warwick, e di loro che vengano da me; ma che prima si leggan questo foglio e ci riflettan bene. Corri, va. (Esce il Paggio, con il messaggio) Chi sa quante migliaia di miei sudditi, i più umili, dormiran tranquilli, a questora?... O sonno, dolce sonno, della natura soave ristoro, che avrò mai fatto io, di tanto male da terrorizzarti al punto che non vuoi tu più venire a gravar del tuo peso le mie palpebre e immergere i miei sensi nelloblio? Perché più volentieri ami tu ritrovare il tuo riposo allinterno di fumidi tuguri, disteso sopra scomodi giacigli ed in mezzo al ronzio delle zanzare, che non dentro le alcove profumate dei grandi, sotto ricchi baldacchini, e cullato dal conciliante suono di dolci melodie? Torpido Iddio, perché ti giaci con la bassa gente, su immondi pagliericci, e lasci invece la regale alcova rassomigliare alla cassa dun pendolo o ad un qualunque segnale dallarme ? Puoi tu sulla vertiginosa coffa della nave serrare gli occhi al mozzo, cullandogli il cervello al brontolio degli impetuosi flutti, tra il soffiare dei venti che abbrancano per le schiumose creste gli infuriati marosi, raggricciandone le mostruose teste e agganciandole alle sfuggenti nuvole con tale strepito, che al suo rimbombo la stessa morte sembra ridestarsi? Come puoi esser, sonno, sì parziale da dispensare il tuo riposo al mozzo inzuppato di pioggia e di salsedine, in mezzo al turbinar degli elementi , e negarlo ad un re, nella calma di notti tranquillissime, con modi e mezzi adatti a conciliarlo? E riposate, allora, umili genti, riposate felici, e solo inquieto giaccia il capo che porta una corona! Entrano Warwick e Surrey Warwick - Mille volte buongiorno a Sua Maestà! Enrico - Già è buongiorno, signori? Warwick - Sì, mezzanotte è passata da unora. Enrico - Buongiorno, allora, a entrambi voi, signori. Suppongo abbiate letto il mio messaggio. Warwick - Certo, sire. Enrico - Così siete informati da qual disfacimento è affetto il corpo del nostro regno, quali brutti mali vanno infestandolo, e con qual pericolo proprio vicino al cuore. Warwick - Fino ad ora, esso è soltanto un corpo malandato che tuttavia può esser ricondotto al primitivo stato di vigore con accorto consiglio e con limpiego di blande medicine. A Lord Northumberland i bollori saran presto freddati. Enrico - O Dio, se fosse mai concesso alluomo di leggere nel libro del destino e contemplare il tempo, nel suo volgere, ripianare perfino le montagne, e i continenti della terraferma stanchi della lor solida saldezza, dissolversi nel mare; o la sabbiosa cinta degli oceani estendersi da farsi troppo larga pei fianchi di Nettuno; e constatare come i tempi di noi si faccian gioco col riempire di liquidi diversi la coppa delle loro metamorfosi; oh, si potesse antivedere tanto, il più felice dei giovani doggi mirando al corso della propria vita, ai pericoli corsi nel passato ed alle avversità dellavvenire, chiuderebbe quel libro, ansioso sol di vivere adagiato nella supina attesa della morte. Dieci anni ancora non si son compiuti dal tempo che Riccardo e Lord Northumberland, grandi amici, sedevano a banchetto; due anni dopo si facevan guerra. E non più di ottanni son passati da quando questo Percy era con me la persona più prossima al mio cuore; parteggiava per me come un fratello, deponendo il suo cuore e la sua vita sotto i miei piedi, sì, e per amor mio, sfidando anche Riccardo a viso aperto. Ma chi di voi era presente... tu, (A Warwick) se ben ricordo, cugino Neville, quando Riccardo, gli occhi pien di lacrime, rampognato e insultato dal Northumberland, disse queste parole che profetiche si rivelano oggi: Tu, Northumberland, sei la scala per cui Enrico Bolingbroke, mio cugino, sale ora sul mio trono. Eppure, allora, Dio mè testimonio, io ero lungi dallaver tal mira; ma la necessità volle per forza, con lo Stato caduto così in basso, che la grandezza ed io ci combaciassimo. Tempo verrà - ricordo chegli aggiunse - tempo verrà che quel peccato immondo suppurerà come un bubbone marcio; e, proseguendo sullo stesso tono, preconizzò gli eventi di questora e la rottura della nostra pace. Warwick - Nella vita dogni uomo cè una storia che ripete gli eventi del passato; chi losservi riesce a presagire, con alto grado di approssimazione , i grandi lineamenti delle cose ancora non venute ad esistenza, i loro semi, i lor gracili bocci chiusi come tesori in uno scrigno che il tempo cova e quindi fa dischiudere nella forma assegnata lor dal fato ; ed è con losservare questa forma che Riccardo poté ben prevedere, giudicando sul metro della storia, come il grande Northumberland, già allora a lui mostratosi sleale, sarebbe poi cresciuto da quel seme a maggior tradimento miglior terreno a mettere radici non potendo trovar che il vostro danno. Enrico - Sono dunque voluti dal destino gli eventi che viviamo?... E allora come una fatalità li affronteremo; e sia questa parola ad ammonirci anche ora in questa azione. Insieme lArcivescovo e Northumberland disporrebbero, a quanto mi si dice, dun nerbo di cinquantamila uomini. Warwick - Non lo credo possibile, signore. La diceria ripete, raddoppiandolo, così come fa leco con la voce, il numero di quelli che si temono. Per il momento piaccia a Vostra Grazia dandare a letto. Sullanima mia, mio signore, le forze messe in campo da Vostra Maestà son sufficienti ad ottenervi un facile successo. E vi dico, a maggior vostro conforto, daver appreso da fonte sicura che Glendower è morto. Queste due settimane Vostra Grazia è stata male, e stare ancora in piedi in queste ora inconsueta non può che peggiorarle la salute. Enrico - Va bene, seguirò il tuo consiglio. Ma una volta che avremo, miei signori, le mani libere da questa guerra, nostra meta sarà la Terrasanta! (Escono) SCENA II - Nella Contea di Gloucester, davanti alla casa del giudice Zucca Entrano Zucca e Silente, da parti opposte Zucca - Avanti, avanti, avanti! Qua la mano, signor cugino, diamoci la mano! (Si stringono la mano) Croce di Dio, sei proprio mattiniero! E come sta mio cugino Silente? Silente - Bene. Buongiorno a te, cugino Zucca. Zucca - E come sta la mia cara cugina tua compagna di letto? E lElenuccia, la bella tua figliola e mia figlioccia? Silente - Ahimé, cugino, nera come un merlo. Zucca - E che fa mio nipote Guglielmino? Scommetto che a questora è diventato uno studente in gamba. Ancora ad Oxford, vero? Silente - Sì, sì, certo, signore, ed a mie spese. Zucca - Allora presto dovrà frequentare la facoltà di legge . Ai tempi miei ho frequentato anchio la Clement Inn e credo che si parli ancora là di quella testa pazza dello Zucca. Silente - Ti chiamavano Zucca il rompicollo. Zucca - Eh, per la Messa, quanto a soprannomi me naffibbiavano di tutte specie. E certo ne avrei fatte dogni sorta ed anche a ruota libera, a quel tempo. Cero io e Giannetto Monetina , quel piccolino dello Staffordshire, e quel nerone di Giorgietto Barnes , e Franco Bucalossi, e Bill Mugugno , un tipo dalle parti di Gottswold Nelle scuole di legge dInghilterra quattro tipi così, scavezzacollo, compagnoni, gaudenti, capiscarichi, non serano mai visti, e, posso dirlo, sapevamo ove stava bona roba ed avevamo sempre le migliori a nostra discrezione, sempre pronte. A quel tempo Jack Falstaff, ora Sir John, era ancora un ragazzo, ed era paggio di Thomas Mowbray, duca di Norfolk. Silente - Quello stesso Sir John che dovrebbe arrivare qui tra poco per le requisizioni? Zucca - Quello stesso, appunto, proprio lui. Quanti ricordi! Gli ho visto un giorno rompere la testa a Scoggin , sul cancello del collegio, quandera ancora solo un pivellino non più alto di tanto; e fu quel giorno chio stesso mi trovai ai ferri corti con un certo Sansone Stoccafisso , un fruttaiolo, dietro la Grays Inn. Gesù, Gesù, quante pazze giornate ho passato laggiù! E veder ora quante sono morte di tutte quelle vecchie conoscenze... Silente - Eh, cugino, li seguiremo tutti, Zucca - Certo, certo, sicuro, sicurissimo! La morte, come recita il Salmista, è certa; tutti debbono morire... A quanto sta una coppia di torelli alla fiera di Stanford? Silente - In verità, non ci sono passato. Zucca - (Tornando al suo pensiero di prima) Eh, sì, la morte è certa... E il vecchio Double, quel tuo conterraneo, è ancora vivo? Silente - Morto, mio signore. Zucca - Ah, sì?... Gesù, Gesù! Sapeva così bene tirar darco! Morto! Un arciere in gamba! Un tiratore! Giovanni Gaunt laveva molto a cuore e scommetteva forte su di lui. Morto sicché, eh?... Quello era capace di centrarti un bersaglio a ottanta passi, e lanciarti un quadrello a centottanta, centonovanta, che solo a vederlo ti sallargava il cuore, veramente! Una ventina di pecore buone quanto credi che possano costare? Silente - Dipende... una ventina, delle buone, faranno il prezzo di dieci sterline. Zucca - E sicché anche il vecchio Double è morto... Entrano Bardolfo e un altro (che non parla) Silente - Ecco due uomini di Sir John Falstaff, come penso. Zucca - Buongiorno, brava gente! Bardolfo - Di grazia, il giudice Zucca, chi è? Zucca - Roberto Zucca sono io, signore, modestamente, un umile scudiero della contea e giudice di pace . In che posso servirvi? Bardolfo - Il nostro capo vi manda i suoi omaggi, monsignore... dico il mio capitano, Sir John Falstaff, un gentiluomo dalta levatura, perdio, e un valoroso condottiero. Zucca - Il vostro capitano è ben gentile con me, signore; io lho conosciuto come buon tiratore di bastone . Come sta quellegregio cavaliere? E mè lecito chiedervi altresì come sta la sua nobile consorte? Bardolfo - Un soldato, signore, chiedo scusa, è meglio accomodato che con moglie. Zucca - Ben detto, in fede mia, molto ben detto! È meglio accomodato... . Bene, bene! Sì, infatti, certo: le belle espressioni son certamente, e sono state sempre, assai lodevoli... Accomodato... già, deriva da accommodo . Benissimo! Bella frase. Bardolfo - Scusatemi, signore, questa parola io lho già sentita... frase voi la chiamate?... In fede mia, non so cosa voglia dire frase, ma manterrò con la mia spada il punto che la parola è degna dun soldato, una bella parola soldatesca, eh, si, perdio, straordinariamente! Accomodato, cioè quando un uomo è, come si suol dire, accomodato; o quando viene a trovarsi in tal modo che lo si può stimare accomodato; il che è cosa eccellente. Zucca - Molto giusto. Ma toh, chi arriva, lottimo Sir John! (Gli va incontro) Qua la mano, la vostra brava mano di vostra riverita signoria! In fede mia, vi vedo in bella forma e vi portate gli anni a meraviglia! Benvenuto tra noi, caro Sir John! Falstaff - Sono felice di vedervi bene, mio caro Mastro Zucca, ben felice! (Verso Silente) Mastro Cartasicura , se non erro? Zucca - No, Sir John, è Silente, mio cugino, e giudice di pace come me. Falstaff - Caro Mastro Silente, ben vi si addice lessere di pace. Silente - Troppo gentile, Vostra Signoria! Falstaff - Però che caldo, auff, signori miei! Mavete provveduto qui da voi mezza dozzina duomini efficienti? Zucca - Per la Vergine, se labbiamo fatto, signore. (Offrendogli da sedere) Non volete accomodarvi? Falstaff - (Sedendosi) Me li fate vedere, per favore? Zucca - Il ruolino... dovè dunque il ruolino? Dovè il ruolino?... Vediamo, vediamo... Ah, ecco, sì, perbacco: Raffo Muffa. (A Silente) Si presentino come io li chiamo, uno alla volta, come vien chiamato... Vediamo... (Chiamando) Dovè Muffa? Entra Muffa Muffa - Qui presente, se così piace a Vostra signoria. Zucca - Che ne dite, Sir John? È ben piantato, giovane, valido, di buona tacca. Falstaff - Muffa è il tuo nome? Muffa - Se così vi piaccia. Falstaff - È più che tempo di metterti in uso . Zucca - (Ridendo) Ah, ah, questa è davvero formidabile! Le cose con la muffa vanno usate! Che battuta stupenda! Straordinaria! In coscienza, Sir John, azzeccatissima! Falstaff - Spuntatelo. Muffa - Spuntato, in verità, lo sono stato già abbastanza prima , e avreste ben potuto, questa volta, farmi restare in pace a casa mia. La mia vecchia dovrà dannarsi lanima per trovare qualcuno al posto mio che le coltivi il campo e tutto il resto. Potevate evitare di spuntarmi; ce ne son altri migliori di me da mandare alla guerra. Falstaff - Taci, Muffa! È tempo che tu sia messo a consumo. Muffa - A consumo!... Zucca - Sta calmo, giovanotto. Sta calmo e fatti in là. Sai dove sei? Passiamo allaltro, Sir John. Ecco qua: (Legge sul ruolino) Ombra Simone. Falstaff - Eh, questo lo prendo. Mi starà bene per sedermi al fresco. Zucca - Ombra dovè? Entra Ombra Ombra - Presente, qui, signore. Falstaff - Ombra, di chi sei figlio? Ombra - Di mia madre, signore. Falstaff - Di tua madre? È probabile; ed ombra di tuo padre. Succede spesso: figlio della femmina e del maschio ombra... lui però dal padre ombra parecchia ma sostanza poca. Zucca - Vi piace allora, Sir John? Falstaff - Sì, spuntatelo. Lombra destate farà sempre comodo; (Tra sé) e quanto ad ombre poi ne abbiamo tante da ricolmarne un intero ruolino . (Ombra si fa da parte, in piedi, con Muffa) Zucca - (Chiamando) Tommaso Bubbolo. Falstaff - Dovè? Entra Bubbolo Bubbolo - Presente! Falstaff - Ti chiami Bubbolo? Bubbolo - Sì, per servirvi. Falstaff - Sei un bitorzolo assai trasandato. Zucca - Devo spuntarlo? Falstaff - No, non cè bisogno: ha già appuntato il vestito di dietro e tutto quello che si porta addosso si regge con gli spilli. Non spuntatelo. Zucca - (Ridendo) Ah, ah, ah, ah! Complimenti, Sir John! Le dite bene assai! Ma bene assai! (Chiama) Avanti un altro: Francesco Cannuccia. Entra Cannuccia Cannuccia - Presente! Zucca - Che mestiere fai, Cannuccia? Cannuccia - Sarto da donna. Zucca - (A Falstaff) Lo devo spuntare? Falstaff - Fatelo, sì... perché se di mestiere fosse stato costui sarto da uomo, avrebbe ben potuto spuntar voi . (A Cannuccia) Saprai fare, Cannuccia, tanti buchi nelle linee nemiche quanti buchi hai fatti nei corpetti per signore? Cannuccia - Farò tutto il possibile, signore; ma più di questo non potete attendervi. Falstaff - Ben detto, bravo il mio sarto da donna! Ben detto, bravo! Sarai valoroso come la tortorella incollerita o come il più coraggioso dei sorci. Bene, appuntatelo il sarto da donna, Mastro Zucca, appuntatelo profondo. Cannuccia - Avrei desiderato, monsignore, che aveste reclutato insieme a me, anche Bubbolo. Falstaff - Ed io avrei voluto che tu, invece che sarto da donna, fossi stato da uomo, così avresti potuto rappezzarlo e metterlo in assetto di partire. Eppoi non posso prendere con me con il grado di semplice soldato uno che ne comanda addosso a sé tante migliaia . No, basta così, basta, scannacciatissima Cannuccia . Cannuccia - E basti pure. Falstaff - Ti sono obbligato, reverendo Cannuccia. (Cannuccia si fa da parte cogli altri) (A Zucca) Chi cè dopo? Zucca - (Chiamando) Piero Torello della prateria! Torello - Presente! Falstaff - Questo, quanto è vero Dio, somiglia veramente ad un torello! Spuntatemi, spuntatemi il Torello fino a farlo muggire unaltra volta. Torello - Oh, Signore, mio buon lord capitano! Falstaff - Che! Ti metti a muggire prima ancora daver sentito il pungolo . Torello - Oh Dio, signore, io sono malato. Falstaff - Di che? Torello - Dun maledetto raffreddore, con tosse, monsignore: li ho buscati a suonar le campane per il re alla festa dellincoronazione. Falstaff - Beh, vorrà dire che andrai alla guerra in una calda vestaglia da camera. Ti faremo passare il raffreddore e darò ordine ai tuoi compagni di suonarle per te . (Torello si mette da parte cogli altri) Non ce nè altri? Zucca - Ne avevamo chiamati due in più di quanti ve ne dovevamo qui, cioè non più di quattro, monsignore. Vogliate favorire a casa mia, ora, vi prego, per il pranzo. Falstaff - E sia, ma ci verrò soltanto a bere un goccio; a pranzo, no, non posso. Mi dispiace. Eh, perbacco, mha fatto assai piacere di rivedervi, caro Mastro Zucca! Zucca - Oh, Sir John, ricordate quella volta che trascorremmo insieme una nottata nel campo di San Giorgio? Falstaff - E come no! Ah, non me ne parlate, Mastro Zucca, acqua passata... Zucca - Che nottata, quella! E Gianna Notturnina è ancora viva? Falstaff - Ancora, sì. Zucca - Non poteva soffrirmi. Falstaff - Infatti, infatti, lo diceva sempre che Mastro Zucca non le andava a genio. Zucca - Eh, per la Messa, la mandavo in bestia. Era, a quel tempo, unassai bona-roba ! E si mantiene bene? Falstaff - Vecchia, vecchia, Mastro Zucca. Zucca - Eh sì, devesser vecchia, non può non esserlo. Certo che è vecchia; aveva avuto già quel figlio, Robin, dal vecchio Notturnino prima ancora chio fossi entrato allievo presso la Clement Inn. Silente - E son passati cinquantacinque anni. Zucca - Eh, cugino Silente, avessi visto quello che questo cavaliere ed io abbiam visto. Sir John, ho detto bene? Falstaff - Abbiamo udito suonar le campane a notte alta, vero, Mastro Zucca? Zucca - Eccome, eccome, in fede; e quante volte, Sir John le abbiam sentite... E la parola dordine per noi era: Prosit, ragazzi, su il bicchiere ! Ma andiamo, su, venite, andiamo a pranzo. Gesù, che giorni abbiamo visti insieme, noi due!... Andiamo, andiamo!... (Escono Falstaff, Zucca e Silente) Torello - Buon caporal Bardolfo, signoria, siatemi amico; qui sono quattro Enrichi , quattro monete da dieci scellini in corone francesi: son per voi. In coscienza, credetemi, signore, preferirei morire sulla forca piuttosto che partire per la guerra. Per parte mia, non è che me ne importi; ma è piuttosto che non me la sento e voglio rimanere con i miei; altrimenti, per parte mia, signore, non me ne importerebbe proprio niente. Bardolfo - Bene, fatti da parte. (Prende le monete) Muffa - (Venendo avanti) Anche per me, buon mastro caporale capitano, fatelo per amor della mia vecchia, siatemi amico; non ha più nessuno che le badi a sbrigare le faccende sio me ne vado; è molto in là cogli anni e da sola non potrà far più nulla. (Mostrandogli una moneta da uno scellino) Ve ne darò quaranta, monsignore. Bardolfo - Bene, fatti da parte. Cannuccia - Io, per me, parola mia, non me ne importa niente. Uno non può morire che una volta. La morte è un debito che abbiamo tutti con Dio, non sarò mai danimo vile. Se devesser destino, sia così; se non devessere, sia pur così. Quando si tratta di servire il Principe nessuno è troppo buono; e vada come vuole: vorrà dire che chi muore questanno si trova sistemato per il prossimo. Bardolfo - Ben detto; sei davvero un uomo in gamba. Cannuccia - Eh, sì, non sarò mai danimo vile. Rientrano Falstaff, Zucca e Silente Falstaff - Signore, allora quali debbo prendere? Zucca - Quattro di vostra scelta, monsignore. Bardolfo - (A parte a Falstaff) Signore, una parola... avrei, per tre sterline, combinato di lasciar liberi Muffa e Torello. Falstaff - (A parte a Bardolfo) Bene, procedi. Zucca - Allora chi prendete, Sir John? Falstaff - I quattro sceglieteli voi. Zucca - Bene, allora ecco qua: Muffa, Torello, Cannuccia e Ombra. Falstaff - (Rivolto a Muffa e Torello) Qua, Muffa e Torello: tu, Muffa, te ne resterai a casa fino a quando non avrai più letà pel servizio di guerra; e tu, Torello, fino a tanto che non lavrai raggiunta. Di voi due, nessuno fa per me. Zucca - Sir John, Sir John, adesso vingannate: sono i due uomini più adatti a voi, ed io vorrei vedervi, francamente, servito dai migliori. Falstaff - Mastro Zucca, pretendereste forse dinsegnarmi come si sceglie un uomo? Che mimporta dei muscoli, dei nervi, della taglia, della corporatura? Lo spirito io cerco, Mastro Zucca! Ecco, ad esempio, Bubbolo: vedete come è tutto sbrindellato? Eppure questo è uno che vi sa caricare e scaricare con la rapidità del ticchettio del martelletto in mano a un lattoniere; e vandrà avanti e indietro più veloce di uno che manovra il secchio del birraio. E questaltro, questOmbra faccia-smunta fa proprio al caso mio: smilzo comè, non presenta al nemico alcun bersaglio; mirare a lui sarà come mirare di precisione al filo dun trincetto. E, in caso duna nostra ritirata, con che velocità saprà scappare questo Cannuccia, il sarto per signora! Datemi insomma uomini sparuti, e risparmiatemi i corpacciuti. Bardolfo, dagli in mano un archibugio, a Bubbolo. Bardolfo - (Consegnando a Bubbolo larma) Toh, impugnalo, ragazzo. Avanti, muoviti... così, così. Falstaff - Suvvia, maneggiami quellarchibugio. Così, benissimo! Va là, vai bene! Avanti, molto bene, ottimamente! Oh, sì, datemi sempre fucilieri come lui, piccolino, smilzo, vizzo, pelato! Bravo, Bubbolo, ben fatto! Quel nome Bubbolo ti sta a pennello, sei una buona schiappa, in fede mia. (Gli dà una moneta) Toh, prendi; qui cè un testone per te . Zucca - Non è ancora padrone del mestiere; non lo sa fare come si dovrebbe. Ricordo che sul prato di Mile-end quandero allievo della Clement Inn - recitavo a quellepoca la parte di Messer Dragonet nel Re Artù - cera un ometto svelto, tutto pepe, che maneggiava il pezzo così bene, e dietro-front e via, e dietro-front, e avanti, e indietro, su, giù, ra-ta-ta faceva; e za, uno scatto e via di corsa, e subito rientrava e caricava. Uno così non lo vedrò mai più. Falstaff - Questi mi stanno bene, Mastro Zucca. Mastro Silente, che Dio vi conservi; con voi non spenderò troppe parole. Addio, signori, vi ringrazio entrambi. Questa notte ho da far dodici miglia. Bardolfo, da le divise ai soldati. Zucca - State bene, Sir John, Dio vi protegga e faccia prosperare i vostri affari. Dio ci mandi la pace! Ed al ritorno passate a visitar la nostra casa: rinfrescheremo lantica amicizia. E chissà chio con voi non torni a corte. Falstaff - Ah, comè vero Dio, lo vorrei bene, che ci veniste! Zucca - Statene pur certo, ormai lho detto. Che Dio vi conservi! Falstaff - Statemi bene, degni gentiluomini! (Escono Zucca e Silente) Bardolfo, avanti, conduci via gli uomini. (Esce Bardolfo con le quattro reclute, a passo di marcia) Falstaff - Come torno, questi due bravi giudici me li voglio pelare bene bene. Dio, Dio, come noi uomini, da vecchi, siamo soggetti al vizio di mentire! Codesto allampanato leguleio non ha saputo fare altro con me che cianciare, menandone gran vanto, della sua scapigliata giovinezza e delle sue magnifiche prodezze compiute un tempo attorno a Turnbull Street; e ad ogni tre parole, una bugia: una taglia, su chi stava a sentirlo, dun buon trenta per cento più costante dun tributo alle casse del Gran Turco . Lo ricordo alla Clement Inn comera; sembrava uno di quei pupazzetti che si ritagliano distrattamente da una crosta di cacio dopo cena. Quandera nudo, poi, parola mia, sembrava una radice biforcuta sopra la quale era stata intagliata col coltello una testa surreale: era così patito, evanescente, che la sua dimensione era invisibile anche allocchio più acuto e penetrante; era il genio incarnato della fame, eppur lascivo, simile a una scimmia; le troie lo chiamavano Mandragola . Era sempre in ritardo con la moda, e cantava alle fruste sue bagasce canzonacce e lascivi motivetti uditi fischiettar dai carrettieri, giurando cherano suoi madrigali, serenate prodotte dal suo estro. Ed ora questa spatola del Vizio eccolo diventato uno scudiero , e parlare con tanta confidenza di Giovanni di Gaunt, come se fosse suo compagno darmi; e giurerei che non lha visto mai, tranne una volta, quando, in un torneo, sebbe proprio da lui la testa rotta per essersi intromesso impunemente tra i delegati del Lord Maresciallo . Ed io che cero e vidi lepisodio, dissi scherzosamente a John di Gaunt che aveva bastonato il proprio nome; perché quello lo avreste fatto entrare vestito nella pelle di unanguilla; per lui anche lastuccio dun clarino sarebbe stato un palazzo, una corte. E adesso lo ritrovo possidente con terre e buoi. Ma se torno vivo da questa guerra, voglio, comei dice, rinfrescarla davvero lamicizia; e dovrà andarmi proprio per traverso se non farò di lui, a mio vantaggio, una pietra filosofale in doppio . Se la giovane carpa è buon boccone pel vecchio luccio, non vedo ragione perché, secondo legge di natura, io non debba papparmi questo Zucca. Lasciamo pur maturare gli eventi, ma così certamente andrà a finire. (Esce) |