IL DINAMISMO PLASTICO

Su l'importanza storica dell'impressionismo, del neo-impressionismo e del post-impressionismo quale idiota o analfabeta può ancora dissentire? Chi può ancora mettere in dubbio l'influenza di Cézanne per la rinnovazione delle forme nella pittura moderna e per un ritorno al volume, e l'influenza delle sue pericolose indicazioni classiche secondo gli antichi maestri italiani, che i Cubisti si sono affrettati ad adottare, a esagerare fino alla cristallizzazione e all'immobilità pre-impressionista? Chi può ancora deridere o credere un bluff reclamista la formula del Dinamismo e tutte le sue conseguenti manifestazioni come: simultaneità, complementarismo plastico, linee-forza, compenetrazione di piani, ecc. che noi propugnamo? Non ci arrivano forse lettere d'entusiastica adesione di giovani pittori da tutta l'Europa, dall'America, dal Giappone? Tutti i giovani artisti moderni sono ormai scossi e elettrizzati. Essi adottano, applicano e sviluppano la formula del dinamismo. Chi può dubitare ancora della pittura pura? Gl'italiani soli ridono, forse..., ma esistono dei pittori italiani dal 500 fino a noi pittori futuristi? Solo i nostri poveri pittori o scultori provinciali possono ancora ignorare il disprezzo con cui si è parlato fino ad oggi all'estero della pittura e scultura italiana moderna. Dunque l'ignoranza e l'accidia mentale del nostro paese ci addolorano ma non ci scoraggiano, perché siamo sicuri di vincere. Non v'è in noi un semplice e giovanile istinto di ribellione .... Noi siamo i primi e i soli assertori di una verità plastica nella quale dovrà fatalmente affluire tutta la sensibilità plastica futura.
Noi lavoriamo per la gloria d'Italia malgrado lo scherno che ci copre e l'incuria in cui ci si vorrebbe lasciare. A ogni giorno che passa nella vita intellettuale italiana si sente sempre più pesare la forza della nostra fede e della nostra opera. Ben presto non vi sarà pittore italiano mediocremente intelligente che non sia costretto ad inchinarsi e a seguirei.
Cercherò di spiegare che occorre avere un'ambizione ancora maggiore di quella che abbiamo avuta, più violenta e più alta.
Bisogna comprendere che noi siamo definitivamente alla testa dell'arte mondiale e che noi futuristi dobbiamo dirigere, nelle arti plastiche, la sensibilità europea.
Già abbiamo visto con l'Orphisme in Francia, che i cubisti hanno fatto tesoro del nostro dinamismo, della simultaneità e quel che è più importante (ora che parlo degli stati d'animo) del soggetto. Ciò significa che anche i francesi, che erano quelli che più potevano resistere ad una rinnovazione italiana, grazie alla loro meravigliosa tradizione ultima, (dall'impressionismo al cubismo), hanno sentito che il concetto di una pura pittura la quale altro non curasse che le relazioni di piani e di volumi non poteva procedere senza ripetersi ed involgersi in sè stesso, hanno sentito che questa pittura avrebbe generato un infinito succedersi di gelide opere analitiche per quanti sono gli innumerevoli effetti pittorici o plastici in cui appare un oggetto, senza mai giungere ad una sintesi universale della moderna sensibilità.
Questo lo dico per la Francia che è stata fino ad oggi alla testa della pittura europea.
Osserviamo ora brevemente se altri popoli che, per ragioni storiche, etniche e sociali dovrebbero trovarsi in una situazione più favorevole dell'Italia, siano dotati plasticamente di qualità maggiori delle nostre per potere ereditare dalla Francia la direzione della sensibilità plastica mondiale.
I tedeschi sono, con i russi, i più entusiasti protettori dell'arte d'avanguardia. Le nostre continue e fortunate vendite e l'entrata dei nostri nomi nelle più severe collezioni di Germania stanno a provarlo. Gli editori tedeschi sono i più illuminati e infaticabili volgarizzatori di questa nuova sensibilità, ma gli artisti tedeschi non sono capaci di trapiantare nella loro razza le innovazioni francesi, dando loro una continuazione e uno sviluppo tale da creare un nuovo organismo plastico tedesco. Se anche giungeranno a caratterizzarsi più profondamente che non oggi, è difficile o impossibile che sorga una sensibilità plastica tedesca di carattere universale.
I tedeschi seguono troppo i francesi. Li imitano nei colori che non sono tedeschi, nella teoria che non è tedesca e che in loro s'impoverisce perchè in pittura la materia pittorica tedesca cerca sempre, per sostenersi, un contenuto fuori della plastica: filosofico, sentimentale, dimostrativo. Portano una loro speciale diligenza pedissequa, nell'applicazione delle formule, nelle timidezze, e un'incurabile povertà plastica.
Le libertà dateci dalla rivoluzione plastica francese si trasformano in Germania in un'infantile frenesia a esagerare espressionisticamente, il valere schematico della forma. Essi rappresentano nella sensibilità plastica moderna l'espressionismo cerebrale.
Gli scandinavi sono rimasti alquanto indietro nelle conquiste per una liberazione dalle vecchie forme. Sono anche essi preoccupati dell'aneddoto e da un dannoso carattere locale che li limita a episodi, a espressioni strettamente etniche e nazionali. Manca in loro l'intimità della coscienza plastica. Eseguiscono con una specie di dilettantismo eclettico, con una specie di curiosità psicologica. Sembra che per loro la pittura e la scultura siano esercitazioni che altri popoli fanno naturalmente e che anch'essi vogliono fare .... È la cultura. L'abisso che separa il loro teatro e la loro letteratura dalla loro pittura e dalla loro scultura è forse incolmabile.
V'è anche nei loro temperamenti migliori una specie di espressionismo psicologico che dimostra una tendenza di razza la quale però non giunge a identificarsi con una concezione plastica analoga e profonda.
Agli slavi non si possono negare una vivacità e una agilità che li rendono interessanti. Sono sopratutto d'una estrema volubilità. Nelle loro manifestazioni plastiche essi mostrano le caratteristiche della loro razza: una certa foga manuale, della contraddizione, una tendenza fantastica e una superficialità cosmopolita. Essi si distinguono per un violento guazzabuglio di impressionismo, di neo e di postimpressionismo, di fauvismo arrabbiato, di orientalismo bizantino.
La loro pittura e la loro scultura hanno qualche temperamento clic tenta canalizzare nel profondo della propria razza la sensibilità che dobbiamo alla Francia .... Ma vi riescono? Sanno superare il mostruoso e concretare il fantastico? Qual è d'altra parte la sensibilità plastica dei Russi, dei Boemi, degli Ciechi, ecc.?... Troppa scoraggiante analisi interna hanno mostrato in letteratura per fare sperare molto della loro profondità plastica ....
Il mio simpatico amico Archipenko ha portato nella scultura un forte contributo demolitore. Ma la sua opera interessantissima - se si libera dal cubismo precipita nelle sculture dei negri o degli orientali; se esce di qui, cade nello stecchimento bizantino, nelle silhouettes arcaiche, ischeletrite rigide e sgambettanti, caratteristiche di tutti i primitivismi di tutti i tempi. Sembra che un puro russo, come è lui, dovrebbe, quale rappresentante di quella che si suole chiamare una «razza giovane», essere libero di contatti col passato. Invece vi è in lui una assoluta impossibilità a superare la cultura, la quale si basa sui primitivi è vero, ma, non superandoli come, ispirazione, rimane fuori della sensibilità moderna.
Nella pittura russa i tentativi del Kandinsky mostrano una tendenza musicale interessante. Ma anche qui il senso plastico soccorre poco. La musica plastica si elabora nel Kandinsky sotto l'influenza ossessionante del poema sinfonico, delle sinfonie, delle sonate, ecc., che è quanto dire del museo del suono... Ne risulta un quadro che è una superficie colorata di onde cromatiche violentissime, gradevoli, ma che non divengono materia plastica. I colori rimangono colori, le forme hanno una sola dimensione, l'arabesco è spesso preso in prestito dai giapponesi e il quadro rimane stoffa... tappeto... o decorazione. Anche in Kandinsky la preoccupazione per il contenuto soverchia la preoccupazione per un raffinamento della sensibilità che giunga a creare una nuova intuizione plastica della vita. Le arti plastiche nelle loro infinite possibilità, non possono uscire di qui. In un suo libro
[Kandinsky: Über das Geistige in der Kunst. - R. Piper e C. - Monaco, 1912] il Kandinsky scrive: «La voce dell'anima dice all'artista quale forma abbisogna... a ed anche: «Ogni forma, ogni colore ha un valore mistico... e parla di c contrappunto del disegno ...»
Tutte queste preoccupazioni d'ordine spirituale e musicale sono dannose quando, come nel Kandinsky, si basano su trasposizioni di cultura musicale, letteraria e filosofica, quando come fa lui si considera la forma come un suono interno o si parla di analogia della composizione pittorica ritmica, complicata con i vecchi cori... Mozart... Beethoven, «con l'architettura sublime d'un duomo gotico».
Non voglio qui analizzare un'opera scritta da un pittore che è un fervido talento. Dirò soltanto che noi futuristi non dobbiamo disinteressarci di queste varie tendenze della moderna sensibilità europea. Questi diversi espressionismi nordici, queste tendenze musicali, che nella vastità della sensibilità futurista sono sempre stati inclusi senza che per questo abbiano mai sopraffatto il problema plastico, ci mostrano l'insufficienza del puro naturalismo francese ad abbracciare tutto quello che si agita nella nuova coscienza plastica europea.
V'è qualche cosa in noi modernissimi che non si appaga più dell'effetto per l'effetto, dell'oggetto per l'oggetto, del tono o del piano, ecc., dati col solo scopo voluttuario di ridare il tono e il piano. Non dobbiamo dimenticare noi italiani destinati a riassumere, che in tutte le tendenze europee dell'ultimo secolo vi sono stati dei tentativi per esprimere per mezzo di una nuova forma e di un nuovo colore, qualche cosa di inespresso che si agita nel fondo della nostra modernissima sensibilità, che rappresenta lo spirito dei nostri tempi, e che non possiamo trascurare, qualche cosa di completamente nuovo che è la negazione e la continuazione di quello che ha formato l'oggetto dell'arte in tutti i tempi.
In questi tentativi v'è l'aspirazione a dare un nuovo contenuto trascendente e lirico alle impassibili analisi veristiche e naturalistiche. Insomma bisogna convincerci che misurare, contare, pesare, in pittura come in scultura, non vuole ancora dire essere saliti al canto e alla danza.
Il pericolo della negazione in ogni campo del pensiero moderno sta per tramontare e noi c'incamminiamo verso una nuova danza e un nuovo canto, cioè verso nuove affermazioni, nuovi assoluti. Non per questo torniamo in pittura e in scultura alle immagini a significato aneddotico filosofico o morale, o letterario, o religioso. Tutt'altro! Noi constatiamo però, contrariamente alla corrente, che si è andata formando (che noi abbiamo contribuito a formare: non bisogna dimenticarlo) che anche il più piccolo saggio di pittura pura ha in sè il «germe», l'aspirazione alla costruzione basata sul soggetto, cioè sulla certezza e il prestabilito, e che, qualunque cosa ne dicano i ritardatari della rivoluzione, questa costruzione è lo scopo dell'arte.
Affermiamo finalmente con coraggio, ascoltando dal profondo la nostra sensibilità, che noi c'incamminiamo verso una nuova grande arte di convenzione, la quale per l'ampiezza della formula sarà la più vasta, la più grandiosa, la più luminosa che sia mai esistita.
Questa costruzione che noi futuristi abbiamo sempre propugnata, questo «passare dalla melodia alla sinfonia», è la più bella dimostrazione che lo spirito costruttivo italiano torna a dominare nell'arte della nostra epoca.
L'opera d'arte impressionista è stata un frammento che aspirava invano a un centro. L'opera d'arte cubista tenta creare un centro (composizione), ma è una composizione esteriore, anti-impressionista, inquinata di arcaismo e perciò affetta di senilità precoce più vicina alle vecchie formule di Ingres, di Poussin, di Raffaello, che non alla sensibilità della nostra epoca.
Bisogna invece dimenticare quello che fino ad ora ai è chiesto al meccanismo esteriore del quadro e della statua. Bisogna considerare l'opera d'arte di pittura o di scultura come costruzione di una nuova realtà interna che gli elementi della realtà esterna concorrono a costruire per una legge di analogia plastica quasi completamente sconosciuta prima di noi.
Ed è per questa analogia - essenza stessa della poesia - che noi giungiamo agli stati d'animo plastici.
È vero che se non si passa attraverso il concetto di pittura pura è impossibile distruggere tutte le volgari abitudini letterarie e filosofiche, ma bisogna anche rammentare che non possiamo accontentarci di puri accordi di toni, o di volumi, o di linee.
Se a questi accordi di toni, di volumi, di linee noi accordiamo la possibilità di una evoluzione lirica, vediamo che essi sono il principio degli stati d'animo plastici: anzi sono lo stesso stato d'animo in potenza. Siamo convinti perciò che dalle reciproche influenze dell'ambiente con l'oggetto, dai suggerimenti della potenzialità plastica degli oggetti, dalla loro forza, che ho chiamata psicologia primordiale, scaturisce l'organizzazione coordinatrice dello stato d'animo plastico, e ciò senza che la forza plastica della pittura e della scultura possa esserne diminuita. Quelli che negano ciò sono vittime di un pregiudizio nordico verista che trionfa oggi.
Rammentiamoci che tutta la pittura moderna segue le leggi gotiche dei popoli nordici. Queste leggi segnano il trionfo della lotta che gli artisti del nord hanno fatto per secoli contro l'italianismo. Ma se dobbiamo esser loro grati per averci «delivrés des Grecs et des Romains», noi futuristi italiani dobbiamo far sapere al mondo che lo spirito definitivo italiano risorge con gl'italiani del Secolo XX, che tutte le ricerche e i documenti del naturalismo nordico serviranno a noi italiani come elaborazioni, come i dati positivi di una sensibilità che dovranno servire alla costruzione degli stati d'animo plastici, quindi della sintesi.
Come questa aspirazione al definitivo invada nuovamente l'Europa, lo dimostrano gli stessi errori dei Cubisti influenzati dall'antico concetto classico italiano e perciò dal museo, e lo dimostra la tendenza imperialista di tutti i paesi trionfante sulle basse accidentalità del razionalismo tedesco.
Con Rembrant comincia in potenza la pittura pura. I suoi innumerevoli autoritratti, le sue innumerevoli ripetizioni di una stessa testa, l'identico effetto ripetuto per amore di ricerca, sono altrettanti esperimenti che aprono la via allo sperimentalismo pittorico moderno. È il principio della creazione di una rappresentazione che trascende dal rappresentato. Tutta la pittura moderna ne è influenzata e noi purissimi italiani ci ribelliamo per i primi.
Perchè credere ancora avanguardia e coraggioso il farsi trascinare nella scia di Rembrant? Michelangelo è l'ultimo colosso del paganesimo cristiano, ed è stramorto; non lo ricordiamo più. Il suo sublime ci fa pietà, la sua terribilità ci mette di buon umore; è finito, e non ci fa più paura! Ma Rembrandt... Rembrandt è il primo colosso del cristianesimo-razionalista, è di un'altra razza, è glorioso, trionfa, impera sempre sui latini con la sua tozza e bamboccia profondità pittorica. Rovesciamolo! Nessuno forse ha pensato che nella lotta contro il passato sono più temibili i vicini che i lontani. Ormai Cézanne è più dannoso di Fidia.
Noi futuristi italiani dobbiamo sintetizzare la nostra passione italiana col materiale nordico-naturalista, giuntoci con un lavorio secolare da Rembrandt agli impressionisti. Mostriamo al mondo che la nostra intuizione già intravede un nuovo ordine a cui tutte le forze della modernità aspirano e che creerà il grande stile definitivo sulla nuova realtà plastica che la Francia ei ha trasmesso.
Lo stato d'animo è organizzazione, cioè creazione. Organizzazione fu sempre caratteristica fondamentale del genio italiano. L'anarchia evolve logicamente verso l'imperialismo, e oggi, sul mondo confuso dei valori plastici, la legge del quadro deve tornare a imperare! Non credano i superficiali che questo segni un ritorno al passato. Noi apriamo un periodo definitivo e imperialista come spirito, senza per questo tornare a Giove o a Minerva, nè alla proporzione greca o leonardesca. Così l'imperialismo in politica non può significare ritorno al clericalismo e alla tirannia.
Che cosa rispondere agli incompetenti che ci hanno accusati, riguardo al dinamismo, di andare alla caccia di accidenti frammentari o a chi ci ha accusati di portare nell'arte una concezione democratica? Noi vogliamo invece, poiché viviamo nel concetto unitario di oggetto + ambiente interpretato nella sua trasformazione evolutiva, creare una pittura unitaria in antitesi al concerto frammentario dell'universo cui corrispondente naturalmente un'arte frammentaria.
Noi lavoriamo per la creazione d'una formula sintetica trasmissibile, che guidando l'intuizione dia la possibilità della costruzione liberata dal peso gravoso della ricerca analitica. Vogliamo finirla col laboratorio in arte, per cominciare realmente un'era di creazione secondo la formula evolutiva del dinamismo.
Uno dei caratteri della sensibilità futurista, anzi il più importante, è il suo entusiasmo. Il simultaneo apparire della sintesi nella analisi, dell'affermazione nella negazione, della fede nella critica. Noi ci siamo chiamati i primitivi di una nuova sensibilità completamente trasformata, perchè sentiamo alle volte in noi l'incertezza dei primitivi nella ricerca, per ogni oggetto, del mezzo adeguato per esprimerlo e lo stupore per lo spettacolo che ci circonda.
Osservare un oggetto anche nello specchio del ricordo interno, e dipingerlo, e scolpirlo non vuole ancora dire creazione. Questo procedimento, per quanto sia spinto nella deformazione, rimane sempre un impressionismo soggettivo, Ecco perché noi futuristi vogliamo superarci. Bisogna dunque liberare l'oggetto dalla relatività della rassomiglianza. È questa la via che conduce alla sintesi che fa sommare e concorrere tutti gli elementi di un'opera d'arte alla formazione del tipo.
Possiamo noi italiani creare un tipo, fondandoci, come punto di partenza, sulle ricerche naturalistiche che ci vengono dal Nord? Noi crediamo fermamente che sì.
Vi sono elementi emotivi sparsi che ai possono riunire in una composizione plastica emotiva. Questi elementi sentimentali sono strettamente connaturati alla forma degli oggetti, anzi sono gli stessi elementi plastici della realtà.
Vi sono nei moti della materia degli elementi di passionalità che fanno convergere le linee di un dramma plastico verso una determinata catastrofe. La composizione quindi di uno stato d'animo plastico non si basa sulle disposizioni dei gesti di figure o nell'espressioni di occhi, di visi, di atteggiamenti (tutto vecchio bagaglio letterario che noi disprezziamo) ma consiste nella ritmica distribuzione delle forze degli oggetti, dominate e guidate dalla energia stessa dello stato d'animo a comporre l'emozione.
Quello che ho intuito negli stati d'animo è questa sintesi, cioè lo sforzo di far vivere degli elementi plastici rinnovati nella corrente di un'emozione plastica rinnovata.
Riassumo. L'arte si allontana sempre più dalla rappresentazione della figura umana presa come tipo di bellezza, quindi come fuoco principale dell'emozione estetica. Primo principio dell'arte è stata l'architettura, che era il concetto oscuro della terribilità di ciò che era al di fuori e al disopra dell'uomo. In quelle epoche remote ogni concezione individuale si perdeva in un carattere anonimo generale che riassumeva tutto.
Il periodo che seguì fu quello ch'ebbe il massimo fulgore con l'arte greca, in cui l'individuo compare alla luce del sole e vede il mondo come un riflesso di sè stesso. È il momento in cui la formula della figura umana ha un culmine religioso che non sarà mai più superato. Questo periodo getta il suo ultimo raggio glorioso con Michelangelo e si spegne.
Comincia il terzo periodo, il periodo naturalista in cui l'aspirazione panteistica cristiana aspira alla comprensione di tutto il creato. L'uomo abbassa l'orgoglio pagano e si sente fratello con tutto: con le piante, con le acque, con l'atmosfera e sorge il paesaggio con tutte le sue derivazioni. Questo pero, che è un progresso verso la liberazione dal determinato, grande conquista dei nostri tempi, rimane pur sempre una espressione esteriore che deve essere superata. Vicino all'uomo sono sorti l'albero, il sasso, la casa, sono ancora elementi frammentarii per la costruzione di una scena accidentale che non viene ancora individualizzata. Esempio: il motivo impressionista.
Con le ricerche ultime di Cézanne e le sue conclusioni opposte all'impressionismo, con le ricerche di Derain, di Picasso, di Braque, la pittura entra in una fase più audace. Gli elementi dell'oggetto sono presi nella loro integralità costruttiva e per il loro intrinseco valore plastico. Essi si avviano a costruire sulla tela un insieme plastico assomigliante con sè stesso. È un passo, ma siamo sempre nel campo dell'analisi e della enumerazione che impediscono che il quadro assuma il valore di una individualità assolutamente autonoma. Il soggetto non si è ancora identificato con l'oggetto.
A questa concezione analitica ha tenuto dietro una affermazione sintetica francese che comprendeva il definitivo ma lo cercava nel passato. Abbiamo visto quali siano gli errori fondamentali del cubismo e le cause del suo rapido disseccarsi.
Arriviamo coni alla affermazione sintetica italiana futurista 'ad una concezione trascendentale fisica che si esprime col dinamismo e gli stati d'animo.
Il dinamismo si propone di unire gli sforzi impressionisti e gli sforzi cubisti in un tutto che possa dare una forma unica integrale e dinamica all'idea di vibrazione (dinamismo impressionista), all'idea di volume (statica cubista).
Lo stato d'animo è la sintesi, anzi l'architettura emotiva delle forze plastiche degli oggetti interpretate nella loro evoluzione architettonica.
Il principio stesso dell'emozione pittorica è uno stato d'animo. Esso è l'organizzazione di elementi plastici della realtà interpretati nella emotività stessa della loro dinamica, non la trascrizione di immagini riflettenti idee letterarie e filosofiche. Esso è la valutazione lirica dei moti della materia, espressi attraverso le forme.
Occorre quindi che le sensazioni naturali suggeriscano al pittore degli stati di colore, degli stati di forma, in modo che le forme e i colori esprimano in sè, senza ricorrere alla rappresentazione formale degli oggetti nè di parti di essi. I colori e le forme debbono perciò divenire concetti architettonici.
Occorre che gli oggetti dettino attraverso l'emozione il ritmo di segni, di volumi, di piani, di gamme astratte e concrete che saranno all'occhio quello che il sonoro e non la musica è all'udito. Occorre quindi che le forme e i colori rappresentino e comunichino un'emozione plastica, avvolgendo nel ritmo plastico colui che osserva, ricorrendo il meno possibile alle forme concrete (oggetti) che lo hanno suscitato.
Così la musica di Pratella ha distrutto, secondo me, le note che ci passano innanzi nella musica comune on uno svolgimento ondulato, ma ha creato una musica a spirale che avvolge il nostro spirito e fa vivere la nostra emozione immergendola nell'atmosfera musicale. Così le parole in libertà di Marinetti hanno distrutto «il sollevarsi monotono del periodo e il suo cadere graduale di onda sulla spiaggia».
Sono note le violente discussioni avvenute a Parigi quando presentai per la scultura una nuova costruzione a spirale invece di quella tradizionale a piramide che volgarmente si chiama, in linguaggio da atelier, «il ben piantato».
Voglio citare qui nella sua integralità un brano della conferenza che tenni in Roma al Circolo Artistico il 29 maggio 1911, epoca nella quale lavoravo attorno ai tre quadri (Stati d'animo plastici) intitolati: 1º «Gli Addii» 2º «Quelli che vanno» 3º «Quelli che restano». Questi tre quadri che furono esposti in tutta l'Europa, hanno già attorno tutta una loro letteratura. Portano con sè, data l'epoca in cui furono concepiti, delle incertezze, ma hanno caratterizzate la vastità e l'infinita possibilità della pittura e scultura futuriste. Tutti coloro che hanno seguito le indicazioni di queste 3 opere, si sono affrancati dalla freddezza accademica cubista, e mentre hanno mantenuto il concetto di pittura pura, hanno potuto innalzarlo alla comprensione lirica del dinamismo universale. Ecco quanto dicevo in una serata burrascosa tra l'incredulità quasi generale: «Se Watts disse che dipingeva le idee, il che poi si riduceva a dar forme e colori tradizionali a visioni puramente letterarie e filosofiche, noi rispondiamo che con lo stato d'animo dipingiamo la sensazione volendo rimanere di conseguenza nel campo esclusivo della pittura. Infatti dipingendo la pura sensazione noi fermiamo l'idea plastica prima che si localizzi in un senso e si determini con una qualsiasi ripercussione sensoria (musica, poesia, pittura). Risaliamo fino alla sensazione prima, universale che il nostro spirito già percepisce per la sintesi acutissima di tutti i sensi in uno unico universale che ci farà ritornare attraverso la nostra millenaria complessità alla semplicità primordiale. Noi vogliamo cioè che il soggetto si identifichi con l'oggetto.
«Insomma si sono invertiti i termini: mentre gli antichi concepivano l'astratto e davano il concreto (architettura edilizia, corpo umano) noi, attraverso l'analisi, concepiamo il concreto e diamo l'astratto (stato d'animo plastico).
«Michelangelo è tra gli antichi quello che più ebbe lo stato d'animo in potenza. In lui l'anatomia diviene musica. In lui il corpo umano è materiale quasi puramente architettonico. I corpi vengono mossi, negli affreschi e nelle statue, al di là del loro perchè logico, e le linee melodiche dei muscoli s'inseguono con legge musicale, non con legge di logica rappresentativa.
«Noi entriamo con lo stato d'animo in una nuova e sconfinata concezione. Per essa l'indidualità dell'artista scompare non già per umiltà o terrore, ma perché il suo spirito s'identifica con la realtà per mostrarsi in un tutto, attraverso pure forme e puri colori divenuti simboli del dinamismo universale».
Da quel lontano giorno, quanto abbiamo lavorato e discusso, quanto abbiamo sfrondato, precisato, approfondito! Malgrado tutto rimane sempre più luminosa la verità che ci ha fatto agire fin dalle nostre prime manifestazioni futuriste. Altri potranno aggiungere, modificare o togliere a quanto affermavo allora; resta in me l'orgoglio di avere tracciata la via ad una evoluzione della sensibilità plastica, della quale è impossibile fissare il termine!
Mi sembra risulti chiaro che lo stato d'animo plastico non è letteratura come credono coloro che non comprendendo affatto la pittura e la scultura hanno in ritardo agguantata la formula cubista, e non avendo facoltà di scoperta saranno costretti a rimanervi congelati ancora chi sa per quanto tempo. E mi sembra anche chiaro che lo stato d'animo plastico non possa condurre a perdersi nell'astrazione.
Noi vogliamo, attraverso la nostra sensibilità trasformata, sviluppata e raffinata nel nuovo brivido della vita moderna, portare nella pittura e nella scultura quegli elementi della realtà che fino ad oggi la paura di offendere il tradizionale e la nostra rozzezza ci avevano fatti considerare come plasticamente inesistenti e invisibili.
Quindi: creazione dell'atmosfera come nuovo corpo esistente tra oggetto e oggetto (solidificazione dell'impressionismo); creazione di una nuova forma scaturita dalla forza dinamica dell'oggetto (linee-forza); creazione di un nuovo oggetto + ambiente (compenetrazione di piani); creazione di una nuova costruzione emotiva al di là d'ogni unità di terne di luogo (ricordo e sensazione, simultaneità).
Noi non daremo dunque una formula astratta al di fuori di noi, ma daremo una formula che sarà in noi e con noi, attraverso la sensazione.
Questa formula che sarebbe la integrazione completa di ciò che ho chiamato trascendentalismo fisico nasce dall'intuizione della realtà concepita come moto. Quindi se la potenzialità plastica dei corpi suscita emozioni che noi interpretiamo attraverso i loro moti, sono questi moti puri che noi fisseremo.
Questi moti puri mi facevano affermare nella prefazione al catalogo della mia Iª Esposizione di scultura (1913), che io cercavo «in scultura non già la forma pura, ma il ritmo plastico puro, non la costruzione dei corpi, ma la costruzione dell'azione dei corpi».
Nella mia teoria degli Stati d'animo plastici, che come ho detto esposi per la prima volta in una conferenza al Circolo Internazionale Artistico di Roma (1911), affermai che «i colori e le forme devono esprimere in sè, senza ricorrere alla rappresentazione oggettiva e devono creare nel pittore degli stati di forma e degli stati di colore».
Chiarivo poi questo concetto di stato di forma e di colore, nella prefazione-manifesto al catalogo della Iª Esposizione di Parigi (1912), esponendo il procedimento della composizione dei miei tre quadri Stati d'animo. Fin d'allora dicevo che in ognuno di essi la direzione delle forme e delle linee era fissata con un determinato scopo drammatico. Spiegavo la diversità emozionale delle ( linee perpendicolari, ondulate e spossate nel quadro «Quelli che restano»; delle linee confuse, agitate, dirette e curve nel quadro «Gli addii» e delle linee orizzontali, fuggenti, rapide e sobbalzanti nel quadro «Quelli che vanno».
Nell'affermare ciò mi basavo su questa intuizione: Ad ogni emozione sensoria corrisponde una analoga forma-colore.
La pittura degli stati d'animo vuole che questo arabesco di forme e di colori si determini nell'artista nella sua caratteristica fatalità drammatica. Questa è la pura parte viva, creatrice dell'intuizione artistica. Insomma la realtà non è l'oggetto, ma la trasfigurazione che esso subisce nell'identificarsi col soggetto. Creazione ed emozione sono la stessa cosa.
Per portare qualche esempio elementare, dirò che un oggetto in velocità (treno, automobile, bicicletta) nella pura sensazione appare come un ambiente emotivo sotto forma di penetrazione orizzontale ad angolo acuto, completamente diverso dall'ambiente emotivo in forma di pieno cilindrico perpendicolare in cui appare una figura umana in piedi. Questi due ambienti emotivi sono completamente diversi dalla pesantezza ondulata longitudinale (ambiente emotivo creato da una figura umana sdraiata), dalla elasticità cilindrica appoggiata su scatti angolari e quadrangolari (ambiente emotivo della figura di un cavallo che trotta), dalla leggerezza spiralica dei segmenti di cono (ambiente emotivo di un vaso di fiori).
Una folla che passeggia crea un ambiente emotivo iner-te con direzioni perpendicolari, mentre una folla che parte vive in un ambiente emotivo agitato con direzioni irregolari ad angoli acuti, a linee oblique e a zig-zag aggressivi. Si potrebbe continuare all'infinito, ma ad un certo punto non si può più parlare di plastica che con la plastica stessa.
Queste direzioni formali, questi urti, simpatie, affinità, esplosioni, spessori, levigatezze, pesantezze, elasticità, ecc., salgono nella composizione dello stato d'animo plastico fino alla trasfigurazione completa dell'oggetto che le ha suggerite. L'oggetto appare quindi nel suo moto assoluto, che è la potenzialità plastica che l'oggetto porta in sè strettamente legata alla propria sostanza organica: è quella che ho chiamata la psicologia primordiale dell'oggetto.
Credo che non vi possano essere dubbi sulle nostre intenzioni.
Noi vogliamo modellare l'atmosfera, disegnare le forze digli oggetti, le loro reciproche influenze, la forma unica della continuità nello spazio. Questa materializzazione del fluido, dell'etereo, dell'imponderabile; questa trasposizione nel concreto di quello che si potrebbe chiamare il nuovo infinito biologico e che la febbre dell'intuizione illumina, è forse letteratura? Tutte le ricerche umane nel nostro tempo non anelano forse verso questo imponderabile che è in noi, attorno a noi e per noi? Non dimentichiamo che la vita risiede nell'unità dell'energia, che siamo dei centri che ricevono e trasmettono, cosicché noi siamo indissolubilmente legati al tutto.
La nostra sensibilità deve essere l'esponente di questi sconfinati intrighi di energie: dimentichiamo perciò tutti i miserabili valori morali ed estetici... Perchè la scienza può avere il coraggio di formulare ipotesi che trascendono lo sperimentale, e l'arte, che è l'intuizione stessa, deve rimanere ancora la fabbricatrice di copie sperimentali della realtà o di giuochetti sentimentali nostalgici Perchè avere il terrore di scostarsi dalla rappresentazione tradizionale? La teoria elettrica della materia, secondo la quale la materia non sarebbe che energia, elettricità condensata e non esisterebbe che come forza, è un'ipotesi che ingigantisce la certezza della mia intuizione.
Noi possiamo affermare e creare plasticamente le vibrazioni, le emanazioni, le densità, i moti, l'alone invisibile tra l'oggetto e la sua azione, la sintesi analogica che vive ai confini tra l'oggetto reale e la sua plastica ideale, tutto quello insomma che rappresenta la vita dell'oggetto (Cap. 10, pag. 199).
Le ultime ipotesi scientifiche, le incommensurabili possibilità offerteci dalla chimica, dalla fisica, dalla biologi e da tutte le scoperte della scienza, la vita dell’infinitamente piccolo, l'unità fondamentale dell'energia che ci dà la vita, tutto ci spinge a creare delle analogie nella sensibilità plastica con queste nuove e meravigliose concezioni naturali.
Intorno a noi vagano energie che vengono osservate e studiate; dai nostri corpi emanano fluidi di potenza, di attrazione o di ripulsione (le categorie: simpatia, antipatia, amore, non ci interessano); le morti sono prevedete a distanza di centinaia di chilometri; i presentimenti ei animano di forza o ci annientano di terrore. Le onde Hertziane portano a migliaia di chilometri attraverso gli oceani, attraverso i deserti, il febbrile pulsare delle razze. Il microbo è inseguito nelle insondabili profondità della materia, studiato nelle sue abitudini, fotografato e fissato nella sua infinitesima individualità. Gli elettroni roteano nell'atomo a diecine di migliaia, separati gli uni dagli altri come i pianeti del sistema solare e come questi aventi un'orbita e una velocità inconcepibili alla nostra mente, e l'atomo è già invisibile ai nostri occhi e ai nostri strumenti ottici... Si tagliano i continenti, si sondano gli oceani, si scende nelle gole incandescenti dei vulcani... E noi artisti? Noi ci attardiamo a suddividere la natura in paesaggio, figura, ecc. ecc., a misurare la prospettiva di una strada, e tremiamo dal terrore di non essere compresi, applauditi... tremiamo di dubbio se dobbiamo violentare una luce, sconvolgere una forma, costruire un'opera qualsiasi che si scosti dalle leggi estetiche tradizionali!
Convinciamoci che se questo infinito, questo imponderabile, questo invisibile, diventa sempre più oggetto d'indagine e di osservazione è perchè nei moderai qualche senso meraviglioso va destandosi nelle profondità sconosciute della coscienza.
La nostra audacia futurista ha già forzato le porte di un mondo sconosciuto. Noi andiamo creando qualche cosa di analogo a quello che il fisiologo Richet chiama eteroplastica o ideoplastica. Per noi il mistero biologico della materializzazione medianica è una certezza, una chiarezza nell'intuizione del trascendentalismo fisico e degli stati d'animo plastici.
Nello stato d'animo plastico la sensazione è la veste materiale dello spirito.
E con ciò finalmente l'artista creando non guarda, non osserva, non misura, non pesa; egli sente, e le sensazioni che lo avvolgono gli dettano le forme e i colori che susciteranno le emozioni che lo hanno fatto agire plasticamente.
Usciamo dalla pittura?... Non lo so. Purtroppo la mente umana opera tra due linee d'orizzonte ugualmente infinite: l'assoluto e il relativo, e tra queste la nostra opera segna la linea spezzata e dolorosa della possibilità. Non temano dunque i nostri giovani amici: non vi sarà mai abbastanza audacia per uscire dalla ferrea legge dell'arte che ognuno esercita.
Verrà un tempo forse in cui il quadro non basterà più. La sua immobilità, i suoi mezzi infantili saranno un anacronismo nel movimento vertiginoso della vita umana! Altri valori sorgeranno, altre valutazioni, altre sensibilità di cui noi non concepiamo l'audacia...
L'occhio umano percepirà il colore come emozione in sè. I colori moltiplicati non avranno bisogno di forme per essere compresi e le forme vivranno per sè stesse al di fuori degli oggetti che le esprimono. Le opere pittoriche saranno forse vorticose architetture sonore e odorose di enormi gas colorati, che sulla scena di un libero orizzonte elettrizzeranno l'anima complessa di esseri nuovi che non possiamo oggi concepire.
Usciamo forse dai concetti tradizionali di pittura e scultura che imperano da quando il mondo ha una storia? Giungiamo alla distruzione dell'arte come è stata intesa fino ad oggi? Forse! Non lo so! non importa saperlo! L'essenziale è marciare in avanti!
Lo stato d'animo plastico dovrebbe essere il riassunto definitivo di tutte le ricerche plastiche ed espressionistiche di tutti i tempi. Dovrebbe essere la fusione perfetta tra l'impassibile potenza plastica (che emana dall'anonimo arabesco formale della pittura pura) e l'espressione del problema lirico della coscienza completamente rinnovata e interpretata come esponente assoluto della modernolatria.
Esteticamente, lo stato d'animo è la via d'uscita dalla scettica negazione analitica, è l'aspirazione esaltante per una futura distinzione e gerarchia tra la scoraggiante uguaglianza dei valori plastici ed emotivi the ingombrano la nostra mente troppo razionalista. È la creazione di un nuovo ordine di una nuova chiarezza opposti al concetto classico che ne aveva Puvis de Chavannes, e scaturiti dall'odio futurista per le leggi antiche e le ultime schiavitù democratico-veriste.
È la nausea per le piccole ed infinite accidentalità plastiche che ci commuovono e gridano il loro diritto ad ogni istante; è la conseguente volontà di coordinarle e subordinarle ad un concetto superiore unico e dinamico ed evolutivo.
Desiderare un soggetto coordinatore in pittura non è fare dell'aneddoto, della descrizione sentimentale, lo ripeto! Dipingere qualsiasi cosa ed enumerare all'infinito senza una misura superiore, ecco un concetto vecchio e superato, ecco il segno di una mente senza una direttiva the trascenda dall'immediato, senza aspirazione d'ascesa, ecco insomma il seguo di uno snervante impressioniamo etico e quindi plastico.
Noi futuristi abbiamo un ardore lirico che ci inebria dei nuovi concetti di forza che la Scienza ci ha rivelati. Siamo dogmatici e disciplinati. Amiamo con furore e odiamo! L'accusa di musica, di letteratura, di filosofia, per la nostra pittura o per la nostra scultura, ci fa sorridere...
E infine, ripetiamo la domanda che col terrore nella strozza ci fa ogni artista timorato: «Saremo noi che troveremo definitivamente - le formule dinamiche della continuità nello spazio e dello stato d'animo plastico, o siamo solo destinati ad aprire una strada?» Che cosa importa saperlo?... Giungeremo proprio noi ad elevare il rinnovamento dell'estetica moderna fino alla creazione di nuovi assoluti, di nuovi tipi di bellezza fondati au leggi fino ad oggi ignorate e che noi vogliamo cercare nelle nuove terribilità del inondo moderno creato dalla scienza?
Perchè chiederci se il fuoco che portiamo in noi finirà col bruciare noi stessi? Che cosa importa? purché si possa propagare l'incendio sul mondo! Noi lavoriamo cantando.
La fede che abbiamo nel futuro ci fa disprezzare il nostro avvenire immediato. Siamo forse giunti a sapere a che cosa aspiri la velocità dei 300 chilometri all'ora? Sappiamo perchè l'uomo è spinto ad uccidersi per salire a 5000, i0000, 20000... all'infinito? Unica necessità, unica volontà:

SALIRE

UMBERTO BOCCIONI FUTURISTA