Egon Petri

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Figlio di Henri e Katharina, pianista, violinista e didatta tedesco naturalizzato americano (Hannover, 23 marzo1881 - Berkeley, California, 27 maggio1962). Studiò violino col padre e pianoforte con Teresa Carreno e Buchmayer. Già violinista nell'orchestra del Teatro di corte di Dresda dal 1899 al 1901 e 2º violino nel Quartetto organizzato dal padre, volle perfezionarsi a Berlino in pianoforte con Busoni. Dal 1905 al 1911 insegnò pianoforte nel Royal College of Music di Manchester e dopo esser stato attivo come concertista in varie città europee fra cui Londra (dove nel 1921 suonò in un concerto per 2 pianoforti con Busoni) e aver insegnato in Polonia e a Basilea (1920-21), si stabilì a Berlino come insegnante di pianoforte alla Hochschule (1921-26). Durante la grande Guerra e dal 1926 al 1939 visse a Zakopane (Polonia), quindi si trasferì negli Stati Uniti dove dal 1940 al '47 insegnò alla Cornell University in Ithaca, New York e dal 1947 al '57 al Mills College in Oakland (California). Nel 1957 insegnò nuovamente a Basilea, quindi ritornò negli Stati Uniti. Fu compositore, revisore e trascrittore delle opere di Bach (con Busoni e Mugellini curò la revisione delle opere di Bach, la "Bach-Busoni Ausgabe" in 25 volumi, 1890-1920. [DEUMM]
Ridusse per pianoforte le opere "Die Brautwahl" e il "Doktor Faust". A Egon, Busoni dedicò le "Vier Bagatellen für Violine und Pianoforte", op. 28 KiV 229 (1888); l'Elegia nº 2 "All'Italia" (1907) e la "Heroischer Marsch im ungarischen Stil für Pianoforte von F. Liszt, für Pianoforte bearbeitet", KiV B 62 (data di composizione sconosciuta, pubblicata nel 1905).

"Luigi Dallapiccola riteneva che Egon Petri fosse uno tra i maggiori pianisti del Novecento, se non il maggiore in assoluto, e le superstiti incisioni ci dicono che Petri fu effettivamente un grande pianista. Allievo della Carreno, ma violinista agli inizi della carriera, Petri fu 'scoperto' come pianista da Busoni, che era amico del padre. Dal principio del secolo - era nato nel 1881 - Petri diventava il devotissimo allievo ed interprete di Busoni, di cui eseguiva i più importanti lavori, con cui suonava a due pianoforti e con cui collaborava quale coeditore delle opere di Bach. Molto ammirato come interprete di Bach, Petri tentò un ampliamento del repertorio pianistico al repertorio prebachiano: non più al modo di Anton Rubinstein, che aveva eseguito pagine dei virginalisti inglesi, ma trascrivendo per pianoforte musiche per organo di Buxtehude. Il tentativo, in cui Petri fu imitato da Prokofiev, era anacronistico e non ebbe successo, ma dimostra la curiosità intellettuale di Petri, che tentò anche di riportare con onore Alkan e Henselt.
Le incisioni di Petri non sono numerosissime, e tuttavia, oltre ad una eccellente 'Fantasia contrappuntistica' di Busoni, di storica importanza, egli ha lasciato alcune interpretazioni brahmsiane e lisztiane da antologia: di Brahms le Variazioni su un tema di Händel e su un tema di Paganini, di Liszt il Concerto nº 2, la più bella 'Ricordanza' che io abbia mai udita, ed alcune trascrizioni di 'Lieder' di Schubert eseguite con un magistero dell'architettura sonora che deriva sicuramente da Busoni e che non fa rimpiangere il Maestro. Altro modello di interpretazione lisztiana, che potrei definire 'sociologica' è il Valzer del Faust, di cui scrive Dallapiccola: 'Qui Egon Petri crea un'apoteosi del Salon-Stück, evocando un'epoca e un pubblico che conosciamo indirettamente, attraverso letture o per sentito dire più che per esperienza personale. Nemmeno per un istante l'interprete cede alla tentazione di ironizzare quel mondo di ieri che la prima guerra mondiale soppresse in modo definitivo: egli ci ridà quell'epoca ormai consegnata alla storia, senza giudicarla; giuoca con la materia sonora e, nell'arditissimo giuoco, gode della propria bravura'."

[Piero RATTALINO, Da Clementi a Pollini. Duecento anni con i grandi pianisti, Milano, Ricordi-Giusti, terza edizione, 1989, p. 227."]

 







Dalla lettera nº 234 a Egon Petri, Zurigo il 6 dicembre 1915 (pp. 247-248):
[Traduzione italiana di Laura Dallapiccola]

[...] Hier weht gegenwärtig der 'Föhn', ein Südwind, der die Dezember Temperatur bis auf 15 Grade Wärme gebracht hat: derart, dass man die Winterkleider schwer erträgt. Am Tage bevor er anhub, hatten wir bereits 11 Grad unter Null erlitten.
Diese Extreme passen so wenig zu dem Schweizer Charakter, als ihre hohen Berge; von denen Spitteler, sagt, dass wenn die Schweizer sie gemacht hätten, jene viel flacher ausgefallen wären.
Mitten im Wechsel der Temperaturen, (dem einzigen den man erlebt), habe ich mir mal wieder gründlich die Partitur der 'Zauberflöte' vorgenommen. So liebenswerth sie ist, so steht sie dennoch - im Ganzen - hinter Anderem desselhen Mozart zurück.
An drei Stellen übertrifft er Früheres - in der Ouverture, im Klange beim ersten Auftreten der 3 Knaben, und in der Mystik der beiden geharnischten Männer - im Übrigen ist die Melodik gleichgültiger und weniger edel als man's bei ihm gewohnt ist, und die Mache grenzt ans Skizzenhafte. Die tragische Nachtkönigin, die plötzlich zu gackern anhebt, erinnert an E.[dgar] A.[llans]Poe's [Erzählung] System des Dr Feder und Prof. Therr. Die überlegen-leichte Lösungen machen Problemes, macht uns aber immer wieder stutzen.
Die lateinische Eigenschaft, die Kunst kühl-heiter und mit Bevorzugung der äusseren Form zu gestalten, ist mir persönlich wohlthuend. Einzig durch Beethoven ist ja die Musik in dieses grollende Fahrwasser gerathen, in dieses Stirnrunzelnde des Ausdrucks, das ihm naturgemäss ist, das aber vielleicht doch 'sein' einsamer Weg bleiben sollte. - Warum so böse?, möchte man oft fragen, namentlich bei der 2. periode!
Nach diesen Betrachtungen wirkt die Freude über die geplante Aufführung der 'Indianerin' recht kleinlich und fast anmassend. Aber, schliesslich, vollkommen ist Nichts (den Figaro ausgenommen!) und auch mein Stückchen hat insofern seine Daseinsberechtigung, als es Etwas darstellt, das anderswo nicht zu finden ist. -
- Dieser zweite Theil der 'Troyananer'! Der Clavier-Auszug ist eine Wüste, und zur Auffindung der Oasen braucht man ein Fernrohr. Da steht ein bedeutsames Werk, das - seiner Partitur entkleidet - in der That nur Blössen zeigt! -
Manches, an diesen Eindrücken, mag von meiner Stimmung regiert sein. Aber ich bin an den Punkt gelangt, da ich meine besorgte Ungeduld über das vergeblich sich erschöpfende Leben kaum mehr bemeistere. - Zu oft in meiner Existenz sind derartige todte Strecken aufgetreten, und immer, verhängnisvollerweise!, in entscheidenden Altersmomenten.
Die Schweiz ist Amerika leider nicht unähnlich; gebildeter zwar, doch dafür enger. [...]