Il carteggio Boccioni - Busoni
a cura di Laureto Rodoni

Questo carteggio è stato pubblicato nel volume Tra Futurismo e cultura europea, ancora ottenibile presso la Libreria Alberti di Intra Pallanza c/o Libreria Alberti, c.so Garibaldi 74 (I-28921) Verbania Intra (VB); tel. +39 323 402534 - fax +39 323 401074. In questa sede è pubblicato il testo senza le copiosissime note.
Oltre al carteggio, comprendente le dieci lettere inedite di Boccioni (2 del 1912 e 8 del 1916) e le tre di Busoni (1916) già apparse negli «Archivi del Futurismo», sono qui pubblicate due lettere inedite della madre del pittore a Busoni, una lettera di quest’ultimo alla stessa (pure pubblicata negli «Archivi» citati ) e l’articolo in memoria di Boccioni scritto dal musicista alla fine di agosto del ’16 per la «Neue Zürcher Zeitung».
Nelle note al carteggio non mi sono limitato a rinviare alle pagine dell’articolo introduttivo in cui cito o interpreto brani delle lettere, ma ho aggiunto altre osservazioni e citazioni che permettono di meglio inserire i documenti nel loro contesto storico, umano e artistico. Le lettere sono inoltre collegate da brevi testi che offrono indicazioni sulla visione del mondo e dell’arte, sullo stato d’animo e sull’attività dei due artisti durante i quattro anni della loro amicizia.
Per quanto riguarda l’aspetto filologico, ho trascritto i documenti mantenendo per quanto possibile la punteggiatura e i segni grafici usati dai due autori. Anche gli a capo sono stati scrupolosamente rispettati. Ho corretto i pochi errori ortografici di Boccioni senza segnalarli in nota, quando era evidente che si trattava di banali sviste.


1912
Gennaio - aprile

Le prime due, brevi lettere del carteggio furono scritte da Boccioni nell’aprile e nel luglio del 1912, anno fondamentale per il futurismo, giacché, soprattutto grazie alla frenetica e instancabile attività pubblicitaria di Marinetti, questo movimento artistico uscì con grande clamore dai confini italiani e si diffuse rapidamente su scala mondiale, entrando a pieno diritto tra le principali avanguardie dell’epoca.
In questa incisiva azione di propaganda all’estero fu molto importante anche il ruolo di Boccioni: egli infatti, nei primi mesi del 1912, contribuì ad allestire e in seguito animò con il consueto fervore la mostra itinerante dei pittori futuristi italiani in alcune città europee: dapprima a Parigi, poi a Londra, Berlino e Bruxelles. Esuberante nelle conferenze e nelle discussioni sull’arte, era però interiormente insoddisfatto e inquieto, anche perché aveva un impellente desiderio di continuare il lavoro interrotto alla fine dell’11. Purtroppo, lontano dal suo studio milanese, l’attività artistica gli era preclusa. A questo proposito scrisse a Carrà:

Ti vorrei parlare della pittura, della ‘seule chose qui nous reste’, ma sono stufo di pensare e non lavorare... Per quanto, pensare, sia l'unico mezzo per evolvermi e dimenticare tutte le orribili forme e metodi che ho imparati e che mi fanno sempre essere un abile pittore. Non c'è più verità che fuori del pittorico (come l'ho inteso fino a ieri); non mi interessa per il momento che la materia espressa secondo me stesso... et tout le reste est littérature, per ripetere ancora con Verlaine! Per quanto tutto me stesso senta in questi giorni il bisogno e l'impeto della costruzione, sono pronto a sacrificare ogni cosa pur di approfondire in me la nuova concezione delle cose portata incidentalmente o volutamente in molte opere dei giovani d'avanguardia e che noi abbiamo intuite nel buio di Milano.

Busoni trascorse invece i primi due mesi del 1912 nella «sua» Berlino, immerso nella frenetica attività musicale della metropoli prussiana. Il 19 gennaio la Gesellschaft der Musikfreunde dedicò un concerto esclusivamente a sue composizioni: un evento artistico importante per il musicista italiano che, felice e onorato, si sentiva sempre più legato alla sua patria d’adozione. Tra il pubblico «attento e pronto al riconoscimento» c’era anche Arnold Schönberg, con cui Busoni era in quel periodo in stretti rapporti. Qualche settimana dopo ricambiò la cortesia partecipando, con una ristretta e qualificata cerchia di persone, a un concerto di musiche da camera schönberghiane. Alla fine di febbraio, ebbe anche l’occasione di ascoltare una conferenza del musicista viennese su temi stimolanti per le sue ricerche in ambito musicale ed estetico. Subito dopo scrisse un articolo in cui, riferendosi al concerto con musiche sue e alla conferenza di Schönberg, proclamava l’indipendenza dai modelli e dai dettami delle scuole e manifestava, come Boccioni nella lettera sopra citata ma con toni più pacati e meno sofferti, una completa devozione all’arte:

Il creatore tende, in fondo, solo alla perfezione. E mentre cerca di armonizzarla con la propria individualità, una nuova legge involontariamente sorge. Nel concetto del «creare» è contenuto quello del «nuovo»; per questo la creazione differisce dall’imitazione. Si segue un grande modello con la massima fedeltà se non lo si segue: giacché il modello è grande in quanto si allontana da ciò che l’ha preceduto. In questo senso Arnold Schönberg ha parlato a una piccola cerchia di persone quando ha dimostrato di quanto poco aiuto sia la teoria della composizione. Questa insegna ciò che è già noto. Ma il creatore vuole l’ignoto. [...] Per me l’opera d’arte è lo scopo supremo di ogni aspirazione umana.

All’inizio di marzo lascia Berlino per recarsi a Londra, dove, oltre che esibirsi come pianista, visita (il 18) la mostra dei futuristi. Molto impressionato dalla pittura di Boccioni, ne acquista l’enorme dipinto «La città che sale». Qualche giorno dopo si trasferisce ad Amburgo per seguire le prove del suo primo, imponente lavoro teatrale («Die Brautwahl»), di cui ha scritto anche il libretto. Quest’opera «comico-fantastica» in tre atti e un epilogo nacque sotto il potente influsso del «Falstaff» di Verdi, delle opere di Mozart, dell’opera comica italiana settecentesca, e tenne occupato il maestro per ben sei anni, dal 1906 al 1911. La prima mondiale ebbe luogo allo Stadttheater di Amburgo il 13 aprile 1912, il giorno dopo l’arrivo di Boccioni a Berlino.
Durante il periodo delle prove Busoni rilasciò una breve intervista al Piccolo di Trieste, in cui, oltre che parlare della sua nuova opera, manifestava generiche simpatie per il futurismo e annunciava il recentissimo acquisto de «La città che sale». Probabilmente quest’ultima notizia era già di pubblico dominio in Italia poiché Boccioni e Marinetti alla fine di marzo avevano fatto pervenire ai direttori dei principali giornali italiani un volantino propagandistico in cui, tra l’altro, si elencavano anche i nomi degli acquirenti di quadri futuristi a Parigi e a Londra.


1. BOCCIONI A BUSONI

Illustre Maestro
Ferruccio Busoni
Hotel Esplanade
Hamburg
Berlino 12 Aprile 1912
Illustre Maestro,
Appena giunto per la Nostra Esposizione futurista, mi sono recato a casa Sua per avere l’onore e il piacere di fare la Sua conoscenza e ringraziarla della compera da Lei fatta del mio quadro «La ville qui monte» —
Ho avuto il dispiacere di saperla ad Amburgo fino al 18 corrente.
Non so se io sarò qui per quel giorno, perché desidero tornare a Milano per lavorare. Con grande rincrescimento, Illustre Maestro, sono costretto a inviarle tutta la mia affettuosa riconoscenza per la spinta che Lei ha generosamente data al mio avvenire!
Nella speranza che la mia opera avvenire possa fare onore alla nostra cara Italia, a Lei che così gloriosamente la rappresenta invio il mio fervido e riverente saluto!
Umberto Boccioni

P.S. Qualunque cosa Lei volesse sapere circa il quadro, collocamento od altro, Lei può farmi l’onore di scrivermi qui: Hotel Esplanade —
Dev.mo
U.B.


Aprile - luglio

Rientrato a Berlino il 18 aprile, Busoni si prepara per una nuova tournée in sei città italiane. A Bologna assiste a uno spettacolo di marionette durante il quale la figura di Arlecchino lo impressiona a tal punto, da suscitare in lui il desiderio di comporre un’opera incentrata su questo personaggio. Sulla via del ritorno, a Basilea, scrive una lettera a Petri in cui fa un bilancio del soggiorno italiano:

La piccola tournée di concerti è stata animata e brillante. Anche se non ha aggiunto nulla all'immagine incompleta che la mia patria continua a farsi di me. Rimango l'eccellente «Concertista», professione che per inciso occupa il quarto e ultimo gradino nella scala di coloro che praticano la musica; l'ordine è: Compositore, Cantante, Direttore d'orchestra, Strumentista.

Il 20 maggio arriva a Berlino e sulla sua scrivania trova «tre bellissimi volumi del Marlowe», un regalo di Edward Dent : «Essi mi sproneranno - scrive al suo futuro biografo - ad occuparmi [...] del problema del Faust, che formerà probabilmente il mio lavoro principale.»

Boccioni, dopo il soggiorno berlinese, torna a Milano insoddisfatto per le scarse vendite. Ma Walden gli annuncia che un certo dottor Borchart è disposto a comperare gran parte dei quadri esposti. Torna quindi a Berlino, passando prima per Parigi. Dopo estenuanti trattative, il facoltoso dottore acquista 24 quadri per meno di 12000 marchi. Boccioni non ne è entusiasta, ma l’esito deludente della mostra a Berlino non offre alternative. Tra il 18 aprile e la fine di maggio, non si sa con precisione quando e in quale occasione, Boccioni incontra per la prima volta Busoni.
In giugno il pittore si reca a Bruxelles dove la mostra è molto ben frequentata. In questo periodo i suoi pensieri sono rivolti soprattutto alla scultura: vuole infatti tentare di imporre anche alla forma tridimensionale i principi di compenetrazione dei vari elementi compositivi su cui già si fonda la sua pratica pittorica. Ma è assillato dall’incapacità di afferrare il senso di questa sua sperimentazione:

Io lavoro molto ma non concludo, mi sembra. Cioè spero che quello che faccio significhi qualche cosa perché non capisco cosa faccio. È strano ed è terribile ma sono calmo. Oggi ho lavorato sei ore consecutive alla scultura e non capisco il risultato. [...] Piani su piani, sezioni di muscoli, di faccia e noi? E l'effetto totale? Vive ciò che creo? dove vado a finire? Posso chiedere ad altri comprensione quando io stesso mi domando qual è l’emozione che scaturisce da ciò che faccio? Basta ci sarà sempre un revolver... e pure sono calmissimo.

Io lotto poi con la scultura: lavoro lavoro lavoro e non so cosa do. È interno? è esterno? è sensazione? è delirio? è cervello? Analisi? Sintesi? che c... sia non so nulla!... Forme su forme... confusione... I cubisti han torto... Picasso ha torto. Gli accademici han torto. Tutti un sacco di teste di c... Io non so piú che vita condurre... tremo! Intanto mi calmo... Se dovessi continuare su questo tono non potrei che uccidermi. Certo la vita va diventandomi un tormento insopportabile.

In questo stato d’animo scrive la seconda lettera a Busoni, senza che nulla trapeli del suo rovello artistico.


2. BOCCIONI A BUSONI

Illustre Maestro
Ferruccio Busoni
Victoria Luisenplatz n. 11
Berlin

[Milano, 2 luglio 1912]

Illustre Maestro,
Le sarei grato se mi volesse dire se il quadro «La ville qui monte» è in Sua casa —- So che è arrivato a Berlino — Lei può chiedere in ogni modo al Signor H. Walden direttore del «Der Sturm» Postdamerstrasse 18.
Il telefono è numero 4443 —
Nella speranza che tutto sia in regola le invio i miei omaggi per la Sua gentile Signora e uniti ai miei i saluti di Marinetti e dei pittori e poeti futuristi. Mi creda Illustre Maestro Suo devotissimo
Umberto Boccioni
Via Adige 23 Milano


1912 - 1916

Busoni: dalla fase creativa sperimentale all’esilio volontario

Dal luglio del ‘12 alla primavera del ‘16 non vi furono scambi epistolari tra i due artisti, ma solo due fugaci incontri.
Dopo aver concluso la Sonatina Seconda e altre opere minori, nell’agosto del ‘12 Busoni lascia Berlino per recarsi a Parigi dove incontra per la prima volta Gabriele D’Annunzio. Il musicista è incantato dalla rapidità e vivacità di pensiero del poeta, dalla «pompa di immagini e di colori» che sviluppa nei suoi racconti. I due artisti si separano «molto affettuosamente, con più di un progetto in germe».
Tornato a Berlino, si prepara per le abituali, logoranti tournées autunnali e primaverili. Il 13 maggio a Milano esegue per la prima volta la Sonatina seconda (tra il pubblico vi è anche Boccioni). Dopo la metà di giugno si reca a Parigi dove incontra di nuovo il pittore e D’Annunzio. A Busoni non sarebbe dispiaciuto collaborare con il poeta. Aveva in mente di scrivere un’opera con Leonardo come protagonista. Ma questo progetto non fu condotto in porto, anche per l’enorme diversità di temperamento e di culture dei due artisti. Di ritorno a Berlino, Busoni riprende e conclude la partitura del «Nocturne Symphonique» per orchestra, secondo «studio» per il «Doktor Faust», dopo la «Sonatina seconda».
Il 1º ottobre assume ufficialmente carica di direttore del Conservatorio di Bologna, offertagli dal comune qualche mese prima. L'esperienza bolognese lo delude quasi subito: «Benché abbia in mano molto, è difficilissimo combinare qualcosa. È come se mi si regalasse un’isola e mi si levasse la nave per andarci.» Alla fine di giugno, terminato l’anno scolastico, fa ritorno a Berlino dove si dedica alla composizione e all’edizione delle opere di Bach per pianoforte.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, è colto da profondo sconforto e chiede a Bologna un anno di aspettativa. Decide poi di compiere la tournée in America, programmata prima del fatidico 1º agosto, anche per avere il tempo di riflettere sul da farsi. Dopo aver concluso il libretto del «Doktor Faust», il 3 gennaio 1915 parte con tutta la famiglia. Resterà negli Stati Uniti ben oltre il tempo previsto, fino all’inizio di settembre. Poi la Svizzera, Zurigo, l’esilio...

Quando Busoni e Boccioni si incontrarono a Milano, tra il 17 e il 21 marzo, da circa sei mesi il musicista si trovava a Zurigo. Nella primavera del ‘16 la vita artistica della città sulla Limmat era attiva, frenetica e creativa come mai lo era stata prima. Un gruppo di rifugiati provenienti dai paesi belligeranti, costituito dal filosofo e scrittore Hugo Ball, dallo scrittore Tristan Tzara, dai pittori Hans Arp e Marcel Janco, aveva fondato, all’inizio di febbraio, il «Cabaret Voltaire» e nel contempo il movimento Dada. [Altri links]
Busoni, come non si sentiva in sintonia con il radicale «anti-passatismo» dei futuristi, così non manifestò grande entusiasmo per la nascita del dadaismo, che si fondava su principi estetici si può ben dire opposti a quelli, rigorosi e saldamente radicati nella tradizione, che egli stava elaborando in quel periodo: una profonda riflessione estetica, maturata sulle partiture di Mozart, che lo avrebbe portato, tra il 1919 e il 1920, ad enunciare il concetto di «Junge Klassizität».
Tuttavia partecipò, come spettatore, ad alcune serate, forse stimolato dal suo allievo Sulzberger, in contatto con Tzara. Si dice per esempio che il 1º febbraio del 1916 si trovasse tra il pubblico che gremiva il Cabaret Voltaire: quella sera fu costituita una società di giovani artisti e letterati, il cui scopo era quello di procurare un centro di ritrovo per gli artisti. L’unico esponente dada che Busoni frequentava in quel periodo era Hans Richter. I colloqui tra i due artisti vertevano soprattutto sul problema della trasposizione del contrappunto dal campo musicale a quello pittorico.

Tra febbraio e marzo Busoni, come sappiamo, si reca a Roma per una serie di concerti. Fa ritorno a Zurigo il 6 marzo, molto soddisfatto del soggiorno, e riprende la composizione di Arlecchino. Durante un breve soggiorno a Milano, tra il 17 e il 21 marzo, visita lo studio di Boccioni.
Tornato a Zurigo, continua la sua attività di concertista con esiti trionfali. Dirige anche l’orchestra della Tonhalle, sostituendo il maestro stabile V. Andreae. Nel contempo lavora alla seconda edizione dell’Abbozzo di una nuova estetica della musica (che dedica all’amico R.M. Rilke - [cfr. anche
*] e studia le partiture di Mozart.
Fino all’inizio di maggio il suo umore è ottimo. Si rabbuia a partire dal momento in cui viene a sapere da Arrigo Serato che l’editore Tito Ricordi è disposto ad offrirgli soltanto revisioni di opere pianistiche. Comincia inoltre a provare un senso di disagio per la situazione precaria in cui si trova: «I miei progetti sono ancora nebulosi, le circostanze indecifrabili. [...] Così la vita si esaurisce e devo far conto su quel che mi resta...» In una lettera a Petri definisce le guerre «orrori organizzati».


Boccioni: dallo studio del cubismo all’esperienza della guerra

Boccioni trascorre l’estate e parte dell’autunno del 1912 a Parigi dove lo assale di nuovo il desiderio di stabilirsi in questa città per sempre, poiché ormai Milano gli sembra troppo angusta e culturalmente arretrata. Ma gli affetti familiari, soprattutto la madre, lo richiamano nella capitale lombarda.
A Parigi riprende lo studio del cubismo che continua ad influenzare il suo lavoro. La scansione dei piani e la conseguente compenetrazione spaziale delle singole parti dell'immagine teorizzate dai cubisti si concretizzano nella seconda serie degli «Stati d'animo», eseguiti al ritorno dalla Francia. Boccioni tuttavia elabora criticamente questi influssi, cercando di sostituire a un'arte di pura visione un'arte di concezione, in cui privilegia, appunto, lo stato d'animo, che è il tema dell'opera. Tra i nuovi risultati in questa direzione: «Materia», «Elasticità», «Volumi orizzontali» (dipinti del 1912 ) e poi, nel 1913, l’importante serie sul tema del «Dinamismo», in cui «fonde vorticosamente i corpi in movimento con lo spazio attraversato.»
Nel gennaio 1913 collabora con numerosi articoli al periodico «Lacerba» dove pubblica anche l'articolo Fondamento plastico della scultura e pittura futuriste, in cui sottolinea la sua sempre maggiore distanza dal cubismo. Anima in questi primi mesi del 1913 molte serate futuriste, spesso turbolente. Sul piano artistico, si dedica prevalentemente alla scultura. Le opere realizzate a partire dal 1911, frutto di lunghe e tormentate riflessioni estetiche, vengono esposte in giugno alla «Galerie La Boétie» di Parigi. Come sappiamo, anche Busoni visita la mostra e ne resta deluso. A partire da questo momento i rapporti tra i due artisti si raffreddano. [Le partole chiave del futurismo - Il futurismo]
Tra l’autunno del 1913 e la primavera del 1914 Boccioni partecipa a mostre in Italia e all’estero, tiene conferenze che quasi sempre si concludono con violente gazzarre. Dopo la pubblicazione del suo più importante testo teorico Pittura scultura futuriste (Dinamismo plastico), attraversa un periodo di crisi: «Dei momenti non capisco più le battaglie da combattere... - scrive a Cecchi. - Le lunghe ore di tavolo mi hanno lasciato quasi una nausea dell’esposizione teorica.» Nella stessa lettera sfoga la sua amarezza per la situazione culturale italiana, un leitmotiv del suo pensiero: «Si vede in tutti, della nostra generazione, l'anacronismo tra la maturità individuale e la bassezza dell'ambiente. Precediamo troppo il nostro paese. Corriamo dove si sta seduti e inciampiamo tra le sedie.»
Tra la primavera e l’estate del 1914, Boccioni si allontana gradatamente dal dinamismo ritmico e ritorna a un rapporto con la realtà vissuto drammaticamente: questa ulteriore elaborazione del suo linguaggio, in cui è evidente l’influsso di Cézanne, trova riscontro in opere quali «Bevitore», «Sotto la pergola di Napoli», «Nudo simultaneo» e «I selciatori».
Nel corso del mese di settembre, mentre l’amico musicista vive drammaticamente e nella solitudine lo scoppio della guerra, Boccioni inscena, con altri, manifestazioni interventiste a Milano, in seguito alle quali viene arrestato. Il suo atteggiamento nei confronti della guerra è quindi antitetico rispetto a quello di Busoni. L’esaltazione guerresca di Boccioni tocca il culmine nel luglio del 1915, quando, con altri amici pittori, si arruola nel ‘Battaglione dei volontari ciclisti’.
Ai primi di dicembre torna in licenza a Milano, dove trascorre anche i primi mesi del ‘16. Si rimette a dipingere, frequenta spesso il salotto di Margherita Sarfatti e, a partire dal 30 gennaio, collabora assiduamente alla rivista «Gli Avvenimenti» nella rubrica «Le arti plastiche». Scrive molti articoli su mostre e pittori, in cui continua l’analisi della situazione italiana: «Questi testi - scrive Zeno Birolli - documentano la sua volontà di aderire criticamente al travaglio di questa cultura in un periodo di guerra e di mobilitazione nazionale.» Nel corso del mese di aprile, nel periodo della terza lettera a Busoni, la prima nel 1916, redige un lungo e importante articolo sulla pittura di Virgilio (Achille) Funi. La produzione pittorica di questo periodo è sempre più orientata verso Cézanne, non solo nei dipinti a olio, ma anche nei disegni e negli acquerelli.


3. BOCCIONI A BUSONI

Al Maestro
Ferruccio Busoni
Tonhalle
Zurigo [inizio aprile 1916]

Caro e grande Maestro,
è stato da me il nostro simpaticissimo Ing. Anzoletti e mi ha detto quanto lei gli aveva scritto.
Le avrà già scritto che ho aderito senza discussione alla sua proposta, felicissimo di farle piacere e lusingato che la mia arte sia così desiderata da lei!
L’Ing. Anzoletti è stato così buono da comperare anche lui, con un atto delicatissimo, una collezione delle mie acqueforti e puntesecche.
Sarei felice se lei mi scrivesse una parola.
Mi ha scritto la gentile Marchesa di Casanova. Ci attende! La mia classe non è ancora stata chiamata. Chi sa se faremo in tempo a lavorare a S. Remigio? Io faccio un lavoro irregolare. Non ho quiete. La prossima chiamata alle armi mi rende incerto. Sono felice però di tornare a servire il mio paese anche se questo rappresenta per me un danno enorme. In questi giorni cerco, di conseguenza, di aggiustare i miei affari.
Buon lavoro, caro e grande amico! Omaggi alla Sua gentile Signora.
Le stringo affettuosamente le mani
suo
Boccioni
Bastioni Romana 35

(Vedo, rileggendo, che ho ripetuto la parola felicità tre volte.... Sono realmente in un periodo felice. Chi sa perché? Procedo con passo di danza... Meglio così. Buon lavoro e auguri!!)


4. BOCCIONI A BUSONI

Illustre Maestro
Cav. Ferruccio Busoni
Scheuchzerstr. 36
Tonhalle
(Svizzera) Zurigo
[7 maggio 1916]

Caro Maestro e Amico,
Mi sono subito recato a Brera per l’esportazione del quadro il «Lutto». Nulla ostacola la partenza del quadro essendo le comunicazioni con la Svizzera normalissime.
Vorrei spedire subito ma ci vorranno parecchi giorni per far la cassa, per far fotografare il lavoro che vorrei conservare nella collezione fotografica dei miei lavori e poi sono assolutamente schiacciato dalle occupazioni.
Faccio una mia esposizione di scultura il 25 corr. più della pittura insieme a quella di altri amici. Tutta la preparazione pesa su me e non è poca, né divertente.
La gentile Marchesa Casanova mi scrive che lei va a S. Remigio il 15. Siccome non penso assolutamente a [sic] rimandare il ritratto che tengo in onore di fare, non so più dove battere il capo per essere a S. Remigio e a Milano... Cosa difficile...
L’esposizione a beneficio feriti e prigionieri l’ho accettata prima che la Marchesa mi fissasse il 15 corrente. Ora non posso più ritirarmi: si stampano già i cataloghi.
La data del 15 è improrogabile? È fissata assolutamente? Quanto si ferma a S. Remigio? Sono dolentissimo di dover discutere una cosa che mi interessa tanto ma così è la vita. Si passano mesi interamente vuoti per poi precipitare in una ressa di impegni che impediscono di godere la cosa che farebbe piacere.
Scrivo subito alla Marchesa avvertendola di questo contrattempo.
Grazie mio caro e grande amico della bellissima lettera e delle lusinghiere espressioni a mio riguardo. Spero di lavorare sempre più e sempre meglio per poter essere all’altezza della stima che mi dimostra.
È stato a trovarmi l’Ing. Anzoletti e abbiamo sempre parlato di lei.
Penso che sarò obbligato a venire su e giù da Pallanza a Milano.
Pazienza e avanti!
Appena posso mi occupo della partenza del «Lutto» ma difficilmente potrà essere a Zurigo per il 15.
La prego di porgere i miei affettuosi saluti alla Sua Signora.
A Lei Maestro buon lavoro e gioia!
Le stringo la mano affettuosamente,
Suo
Boccioni
Bastioni Romana 35


5. BOCCIONI A BUSONI

Illustre Maestro
Cav. Ferruccio Busoni
Tonhalle
(Svizzera) Zurigo
[14 maggio]

Egregio e carissimo amico!
Grazie della lettera come sempre bellissima! Mi sono liberato dell’Esposizione grazie ad un incidente che offendendo la mia dignità mi ha fatto ritirare la mia adesione. Quindi l’Esposizione non ha più luogo —
Però devo sbrigare parecchie cose prima di partire. Spedire il quadro ordinare tele e colori e qualche altro affaruccio. Sarei a sua completa disposizione il 20 corrente o il 21. Telegraferei il giorno. Va bene?
Grazie della sua continua bontà e della amicizia. Spero che lavoreremo bene.
Se ha qualcosa in contrario mi scriva. Arrivederci a presto.
Saluti affettuosi.
Boccioni


6. BUSONI A BOCCIONI

S. Remigio 31 maggio 1916
Caro Boccioni,
fummo ben contenti di sapervi sulla via della guarigione: vi attendiamo dunque sabato, e a braccia aperte.
La casa ed il parco di S. Remigio sono una bella opera d'arte, il frutto di 30 anni di cure e di progetti. Le terrazze dominano il lago, come se questi loro appartenesse. Il tutto ha carattere d'utopia e, se volete, di cosa artificiale e — senza esser fantastico — tiene del sogno. (Non potrei sopportare troppo a lungo un tale ambiente).
Arrivederci dunque, se venite; perché probabilmente non ripasserò da Milano al ritorno.
Vostro aff.mo F. Busoni


4 giugno - 23 giugno

Busoni e Boccioni soggiornano tre settimane a Pallanza, ospiti del Marchese Silvio della Valle di Casanova. Il musicista rievoca in una lettera al marchese il soggiorno a San Remigio:

Quel soggiorno colmo di bellezza naturale e artistica resa maggiore e più gustevole da una squisita ospitalità mi fornirà d’ora in quà un purissimo ricordo. Di questo dono ringrazio la Marchesa e Lei collo animo vibrante di simpatia. — La seccità [sic] relativa di questo ambiente svizzero mi serve bene a raccogliermi nuovamente per por fine ad alcuni ed inaugurare altri lavori. Così mi consolo d’un ideale abbandonato. Sarò felice rivederli... Se Boccioni è tutt’ora a S. Remigio lo saluti da confratello. Il quadro è in casa mia e mi costò quasi 200 lire di spese! (che non rimpiango). Tendo le braccia alle statue agli alberi alle terrazze di S. Remigio; al lago, ai monti ed alle nuvole (sue predilette) benché tal volta un po’ troppo generose del loro elemento...

[Testimonianza di Francesco Cangiullo]

Fine giugno - luglio

Busoni, come sempre d’estate, si dedica soprattutto alla composizione. Infatti, non appena arriva a Zurigo, continua la partitura di «Arlecchino». Nonostante la frenesia compositiva che lo proietta, come sappiamo, ben oltre questo capriccio teatrale, trova il tempo di farsi fare un altro ritratto, questa volta al pianoforte, da Max Oppenheimer. Sulla sua scrivania vi sono anche le bozze della nuova edizione della sua Estetica musicale e lo spartito della «Danse Macabre» di Liszt prestatogli dal Marchese per essere pubblicato.
Era inoltre in stretti rapporti epistolari con Arrigo Serato e Hugo Leichtentritt: l’amico violinista cercava di mettersi in contatto con Tito Ricordi poiché Busoni desiderava che l’editore italiano acquistasse i diritti di «Arlecchino»; al dottor Leichtentritt, che stava scrivendo la prima biografia busoniana, inviava notizie sulla sua vita e le sue opere.
Tra luglio e agosto acquista un cane San Bernardo, Giotto, a cui si affeziona a tal punto, da considerarlo come un figlio.

Mentre Busoni passa il mese di luglio a Zurigo, lavorando intensamente, Boccioni, dopo aver ancora trascorso qualche giorno a San Remigio, torna a Milano, dove completa le opere eseguite a Pallanza, mostrandole ai suoi amici.
Verso la metà del mese riparte di nuovo per Pallanza. Questa volta però è ospite di Vittoria Colonna, Principessa di Teano, che possiede una villa all’Isolino. Conversando con lei, Boccioni scopre a poco a poco che non solo ha notevoli conoscenze nel campo della storia dell’arte e della musica, ma che in quello della tecnica pittorica. Boccioni è felice e fa partecipe Vico Baer della sua gioia:

Qui tutto è magnifico. Ogni giorno faccio gite in automobile che mi mostrano cose mai viste. La Marchesa di Casanova vuol venire a Milano per visitare la tua casa e vedere i miei quadri. Ho portato il mio album e le Tre donne hanno fatto furore! [...] Mi presento per la «vestizione»... il 24 mattina. Arrivo a Milano il 23 ma credo che mi lasceranno a Milano un giorno o due. Spero...


7. BOCCIONI A BUSONI

Cav. Ferruccio Busoni
Tonhalle 36 Scheuchzerstrasse
(Svizzera) Zurigo

[Milano, 29 giugno 1916]
Caro e terribile amico!
Sono a Milano dopo essere rimasto due giorni ancora a S. Remigio. Si è sempre parlato di voi e della gentile Signora [G]erda. Io sono ancora sotto l’impressione del soggiorno che, confesso, mi ha riconciliato un poco con la campagna e la solitudine.
Forse perché ho lavorato e perché la vostra sferzante genialità sempre lucida e sempre desta mi ha incitato enormemente e ha risvegliato in me infiniti contatti, assopiti negli ultimi tempi per molte ragioni che è inutile enumerare. Pensate dunque quante ragioni di riconoscenza mi legano ora a Voi.
Spero che avrete trovato subito la vena per lavorare, che la vista del vostro ambiente e sopratutto dei vostri manoscritti vi avranno lanciato subito nella divina ispirazione. Ora che mi avete concesso il tempo per fare il ritratto vi dico che temevo molto di vedervi resistere... So cosa vuol dire attendere e vedere lavorare gli altri. Vi sono perciò ancor più riconoscente.
La Marchesa mi consigliò di lasciare seccare un po’ le tele e io trovai giusto. Andrò quindi ad incassare i lavori la prossima settimana. Non vedo l’ora di averli nello studio. Grande curiosità hanno anche i miei due o tre amici e moltissimi non pittori vogliono vedere il ritratto di Busoni. Farò venire tutti il più possibile. Spero che anche nello studio il quadro mi farà la buona impressione che mi fece a S. Remigio l’ultimo giorno. Spiegandolo ad amici pittori ho potuto constatare in me stesso che è stato realmente uno sforzo grande e un lavoro che si fa solo sapendo fare. Cominciare a volontà e finire a volontà. Al di fuori dell’ispirazione che ci deve essere e che c’era. Ma tra il tempo pessimo, la debolezza fisica che avevo in principio, e le 24 o 26 ore nelle quali ho lavorato c’era da mandare all’aria tutto. Invece tutto è stato guidato e dominato come non si era mai riuscito in una figura intera all’aria libera. Vero è che il modello era formidabile... incrollabile e poi come le ho detto la sua presenza mi incitava e mi eccitava. Sentivo una mente accesa e vigile. Sono felice delle ultime applicazioni in due dei quadretti, in due paesaggi e parecchie cose del grande. In pochi giorni avevo superato diversi stadi e marciavo verso lo stile. Bisognava rimanere. Spero di rimanere all’Isolino ma per pochi giorni.
Bisogna uscire dal vero per entrare nella realtà. Per questo bisogna stare vent’anni davanti allo staffeletto! E tirar fuori da una figura tutti i polsteri possibili. Ringrazi tanto per me la Signora per la gentilezza e la bontà nel posare. La ringrazi e la saluti. Auguri di lavoro grande e glorioso, caro Maestro!
La abbraccio affettuosamente e la ringrazio di tutto!!!
suo Boccioni


8. BUSONI A BOCCIONI

Zurigo, 8 luglio 1916.

Carissimo e ammiratissimo, la Tua lettera senza data (impostata il 29) mi arriva oggi a mezzogiorno.
Mi affretto di dirti, che Serato dovrebbe trovarsi ancora a Milano, quando questa mia ti giungerà; e poiché son certo ch'egli godrà moltissimo il dipinto, ti prego di avvertirlo alla Via Ariosto 12.
Sono felicissimo della Tua contentezza e maggiormente di averne qualche parte. Starebbe a me di ringraziarti, dacché Tu ti sei data tanta seccatura con un tipo «greco-Romano[»], da cui «bisogna uscire». - «Per entrare nell'arte bisogna uscirne» (Tu diresti).
Attendo i quadri, (almeno tre ), e mi rallegro di rigustarmeli e d’esserne il padrino.
Ti abbraccio amichevolmente
Tuo F. Busoni

Saluti da Gerda.
Anche alla Sig[nora] Mamma.


9. BOCCIONI A BUSONI

[metà luglio 1916]
Caro Maestro!
Le ho scritto una lettera appena tornato a Milano. Ha ricevuto? Il ritratto con tutte le altre cosette è già arrivato ed è già stata fatta la aggiunta in fondo. Domani sarà completata la pittura dopo di che partirà subito. Spero che possa arrivare a Zurigo senza incidenti.
Purtroppo le scrivo senza nessun progetto di lavoro. La mia classe è stata chiamata ed io sono stato dichiarato abile ed assegnato all’Artiglieria di campagna. L’assegnazione mi piace molto e sono contento. Lo sarei completamente se non vi fosse di mezzo la mia ansia di lavoro che dopo San Remigio non mi lascia e mi faceva sognare un periodo fecondo. Inoltre ho mia madre e oltre al suo dipiacere spiegabilissimo, c’è la mia preoccupazione di lasciarla con mezzi pecuniari che non aumentino le sue e mie preoccupazioni già grandi.
Mi dispiace molto doverle dire questo ma l’ho troppo conosciuta come uomo e come artista per temere di poterla annoiare. La mia unica risorsa ora (poiché parto il 24 corr.) è quanto lei crederà di darmi per il ritratto e il resto del «Lutto», per il quale lei con tanta premura mi ha date L. 500 a San Remigio. Tutto questo con suo comodo e nei termini che lei crede.
Scrivo oggi stesso all'Ingegnere Anzoletti perché mi sembra che volesse acquistare qualche piccola cosa e poi perché lui stesso mi disse di avvertirlo se fossi stato chiamato.
Questa lettera non è certo elevata come idee... ma il tempo stringe e posso restare lontano chissà quanto.
Accetto questo sacrificio serenamente secondo quanto credo e quanto voglio per il mio paese. Non si arrabbi e comprenda la mia fede e la necessità indiscutibile di uniformarvi i miei atti.
Di quanto le dico sopra non occorre che lei si preoccupi subito. Posseggo ancora duecento lire nette (avendo da pagare l’affitto) e partirò come mi troverò.
Pazienza. Se avessi avuto dove rivolgermi non l’avrei seccata che più tardi. Lei comprende troppo bene queste cose. Speriamo che l’acqua non mi giunga alla gola e avanti.
Dunque lei riceverà il ritratto i disegni e le quattro piccole tele al più presto.
Vorrei sapere come è arrivato il «Lutto».
Mia Madre saluta tanto lei e la sua signora. Da parte mia saluti ancor più affettuosi alla dolce compagna sempre pronta al SÌ, anzi si può dire che ha la scienza del SÌ!
Ora che i quadretti sono da me sento la nostalgia dei giorni passati, delle discussioni del fervore che lei Maestro ispirava a tutti. Sono tornato a san Remigio: i Marchesi sono sempre gentili e parlano di lei con ammirazione commossa. Abbiamo sempre parlato di lei e il buon Marchese parlava liberamente pensando che lei non era più là a pungere a aprire il fuoco di fila d’una discussione inesorabile sui valori estetici... Lei ci terrorizzava un po’ tutti. Però erano giorni per me, che rimangono come una cosa straordinaria, come un’oasi... L’ho scritto anche alla Marchesa. Ora mi ricomincia la lotta e il deserto.
Addio caro Maestro e amico. Scusi se le ho parlato di cose che avrei lasciate al tempo. Appena sarò al reggimento le scriverò l’indirizzo.
Resto a Milano fino al 23 sera, poi l’ignoto... Non sono affatto territoriale e dopo tre mesi d’istruzione andrò al fuoco... Mia Madre non lo immagina. Se lei scrive non tocchi questo tasto, poiché le sue lettere le leggo alla mamma che è rimasta sbalordita dalla sua espressione e dalla sua affettuosità nel salutarla. Speriamo che non mi accada nulla di grave.
Arrivederci e la abbraccio e la bacio con affetto e riconoscenza. Aff.mo Boccioni


10. BOCCIONI A BUSONI

Pallanza, 19 luglio 1916
Caro e grande Amico!
Sono qui a Pallanza dai nostri amici. Il 24 corrente vado sotto le armi essendo stato dichiarato abile e assegnato all'Artiglieria da Campagna. A proposito, mia Madre, poveretta, mi crede «territoriale» e siccome le mostro, o può leggere, le sue lettere le raccomando di non smentirmi, involontariamente. Non vorrei che perdesse questa illusione...
Profitto di una occasione per farle pervenire questa mia subito in luogo di un'altra scritta tre o quattro giorni fa e che temo riceva tra un mese —
Nella lettera che riceverà le dicevo che a causa di questa mia chiamata sotto le armi ero costretto a riunire tutte le mie forze per far fronte a quanto occorrerà a mia Madre e a me per un tempo purtroppo indefinito.
Le dicevo che ero dispiacente di disturbarla in cose che avrei lasciate maturare da sé. D'altra parte non ho in vista alcuna altra speranza di vendere data l'improrogabilità della mia chiamata.
Le sarei dunque infinitamente riconoscente se potesse mandarmi, nel modo che crede più opportuno, le rimanenti cinquecento lire del quadro «Lutto» e se potesse darmi un acconto su quanto lei crede sia degno di compenso il ritratto fatto a S. Remigio.
Ho pensato anche ad una cosa per quello che mi darà poi, e che se le va bene si può fare, e cioè di mandare, quanto vuole, mensilmente a mia Madre. Se questo non le dispiace, naturalmente. A me darebbe una grande tranquillità perché, come le ripeto, tutti i miei pensieri in questa faccenda sono per mia Madre. Io vado in caserma e con un po' di allegria tutto si accomoda... Insomma, caro Maestro, faccia come vuole. Sono stato veramente costretto a scriverle. So che farà quanto potrà.
Ho scritto all'Ing.re Anzoletti perché mi sembra che volesse acquistare il quadretto con la testa della Signora Gerda.
Appena tornerò a Milano, cercherò del Mº Serato e farò quanto dice. La Sua lettera dell'8 Luglio l'ho ricevuta il 18. La mia diretta a Lei deve aver messo molto più.
Lei riceverà una cassa contenente il «Ritratto» e quattro quadretti: due teste della Sig.ra Gerda e due paesaggi che terrà come modesto pegno del mio affetto, della mia ammirazione, e della mia gratitudine. Vedrà che le piaceranno ancora. Ai miei amici a Milano hanno [sic] piaciuto molto per la freschezza e la semplicità dei mezzi con cui sono eseguiti. Questa interruzione della mia vita (per lo meno artistica) mi mette terrore in certi momenti. Poi mi passa. Cominciava un bel periodo e grazie a lei avevo davanti un periodo di calma. Coraggio e avanti! La mia prossima lettera sarà dal reggimento.
Per ora indirizzi sempre a casa mia, Bastioni Romana 35.
Saluti affettuosissimi dal Signor Marchese e Marchesa e Ripamonti.
Tanti! tanti saluti alla Signora Gerda! Auguri per il suo figliuolo e a lei un affettuoso e fraterno abbraccio dal suo
Boccioni


11. BUSONI A BOCCIONI

Caro Boccioni,
La Tua lettera, tanto buona, m'ha sorpreso penibilmente per la inaspettata decisione, che da essa apprendo!
Stimo e rispetto le Tue opinioni, senza troppo comprenderle; e deploro anzitutto l'interruzione forzata del tuo lavoro, già iniziato con un bell'impeto a S. Remigio.
Sii intanto contento dell'esito di quel soggiorno, fecondo di progressi, di nuove visioni e d'innegabili risultati artistici.
Per il momento invio 2000 Fr all'indirizzo di Milano, dedicati al ritratto. In caso d'urgenza mi troverai sempre pronto ed amico.
Il «Lutto» arrivò intatto e piace a tutti coloro che lo vedono. Con quei lavori che mi prometti si potrebbe (includendo anche le acqueforti) iniziare qui un'esposizioncina all'autunno.
Dimmi cosa ne pensi e abbiti la mia benedizione.
Affettuosamente
Tuo F. Busoni

Z[urigo] 26 L[uglio] 1916


Agosto

L’8 agosto Busoni termina Arlecchino. Pur dovendo ancora concludere l’«Improvisation» iniziata a San Remigio e dedicata al marchese, può ora dedicare più tempo al progetto del Doktor Faust.
In questo periodo Busoni ha contatti con alcuni artisti che hanno trovato rifugio a Zurigo: per esempio lo scrittore Ludwig Rubiner e il compositore Ermanno Wolf-Ferrari. All’amica E. Andreae scrive: «Alle Nationen und Berufe sind im Augenblick hier versammelt; das gibt ein gutes Publikum und ein lebhaftes Bild.»


12. CECILIA BOCCIONI A BUSONI

Milano
35 Bastioni Romana
6 agosto 1916

Illustre Maestro
Ho ricevuto la Sua gentilissima lettera. Leggendo le pagine di eloggio [sic] rivolte a mio figlio mi sono commossa oltremodo! Venendo da un grande artista come Lei hanno maggiore valore.
Umberto si trova a Verona sino dal 24. Io mi sento relativamente tranquilla, perché a Verona ho mia figlia sposata. Da 5 giorni Umberto è in distaccamento in un paesetto lontano 4 chilometri dalla città. Il suo indirizzo è: Al Soldato Umberto Boccioni 29ª Artiglieria da Campagna 5ª Sezione, 5ª Squadra. Deposito. Verona.
Nel caso che Umberto sia cambiato ancora Le mando anche l’indirizzo di mia figlia: Boccioni presso il professore Callegari Lungadige Rubele 16 Verona.
Ringraziandola dell’interesse che ha per noi La saluto cordialmente e prego di presentare i miei osequi [sic] alla gentile Sua Signora.
Devot.ma
Cecilia Boccioni
La prego di mandarmi il Suo indirizzo.


13. BOCCIONI A BUSONI

Sorte 12 agosto 1916

Caro e Grande Amico!
Finalmente posso rispondere! Inutile dirle quanta gioia riconoscente mi abbia data la sua lettera e quanta tranquillità abbia dato alla mia vita l’invio delle 2000 lire a mia Madre! Grazie! Tutto questo periodo della mia vita è sotto la sua influenza e a Lei devo la pace e la calma con le quali posso sopportare questa vita terribile. Mi sembra d’essermi levato un gran peso e sono pronto a tutto. Speriamo che questo periodo militare si chiuda bene e tutto ricomincerà con più lena e più entusiasmo!
Mia Madre ha già ricevuto e un mio amico avvocato s’incarica di ritirare e mettere in un libretto al portatore il prezioso tesoretto.
Le vuole scrivere direttamente e le mando ora l’indirizzo.
D’arte, da qui, non posso parlare. La fatica è enorme e il cervello non funziona più. Speriamo in un riposo fecondo...
I superiori però sono molto gentili con me e mi usano cortesie eccezionali, specialmente rivolte alla mia qualità d’artista. È una cosa che mi ha molto consolato. I primi [giorni] sono stati atroci. La sera nella quale mi vestirono e dovetti portarmi sulle spalle paglia coperte tavole ecc. mi prese, confesso, un grande scoramento. Poi mi calmai. Poi istruzioni a piedi, a cavallo, al cannone. Sole e fatica indicibili. Adesso mi hanno dispensato da parecchie cose umili. Mi concedono il cavallo tutti i giorni e due volte alla settimana mi lasciano libero per scrivere e studiare se voglio. Mi si concede, tutto in via eccezionalissima, qualsiasi permesso e tutti hanno stima per me e grande rispetto. Ha giovato molto il mio nome che è qui più conosciuto di quello che potessi immaginare, e l’avere rifiutato di entrare in fureria come scrivano... La mia dichiarazione di volere rimanere in batteria per fare tutto il mio dovere di soldato mi ha data molta considerazione.
Le scrivo queste cose un po’ inutili perché credo sarà curioso di sapere come me la passo... Come sta Lei? Lavora? Ha ripreso la sua opera? Auguri caro Amico e che il suo genio vinca e soggioghi per l’eternità!
Da questa vita uscirò con una specie di sprezzo per tutto ciò che non è arte. Nulla è più terribile dell’arte. Tutto quanto vedo è giuoco in confronto ad una pennellata giusta ad un verso ad un accordo giusti. Voglio sviluppare questa idea se avrò tempo e voglia. Tutto è meccanico e facile e abitudinario. Pazienza e memoria. Non c’è che l’arte col suo soffio inconoscibile e i suoi abissi inscrutabili. Tutto il resto è raggiungibile basta darsene la pena.
A San Remigio grande convegno di Ministri italiani e inglesi.
Anzoletti è stato a casa mia e si è portato a Bergamo il ritratto della Signora Gerda.
Scusi la forma sciatta ma scrivo incomodo. Tutti parlano attorno a me...
Le sarò riconoscente se mi darà sue notizie.
Come sta la Signora Gerda? Le dica che se avessi qui uno staffelletto lavorerei, ma non ho avanti a me che un cannone da 75... Tanti saluti affettuosi per me.
Grazie infinite di nuovo e tutta la mia riconoscenza.
Un abbraccio dal suo
Boccioni

Sono accantonato a sei chilometri da Verona.

29º Artiglieria da Campagna
5ª Sezione 5ª Squadra Verona


14. BOCCIONI A BUSONI

Sorte 15 agosto 1916

Grazie! La lettera che Lei ha scritto a mia Madre ha dato una grande consolazione a tutti noi!
Sono molto contento! Però tanto per scrupolo di coscienza l’avverto di quanto segue. Avendo io scritto a mia Ma[dre] che Lei mi avrebbe mandato a Milano lire 2000, mia Madre alla Posta dove è stata chiamata (non so come) non gliene hanno date che 1000. Siccome è una donna semplice crede che venendo dall’estero... e con i cambi... ecc... possano strada facendo essere sparite le altre mille. Se fossi a Milano avrei visto io stesso ma da qui ho creduto mio dovere avvertire Lei e tranquillizzare così mia Madre. Sono convinto che se sono mille è perché Lei ha creduto bene mandare mille, e nulla è andato perduto. Le ho scritto questo che è un po’ buffo e un po’ ingenuo ma sa le mamme sono un po’ antiche e allarmiste.
Scusi per ciò e non pensi male, è solo un po’ comica e Lei non faccia la prego la sua risata terribile e ironica. Sono cose di famiglia...
Non ho notizie di Anzoletti. I quadri d’America sono in viaggio di ritorno e sono già arrivati i documenti. Se non accadono incidenti sono felice!
Tanti saluti alla Signora Gerda. Auguri di lavoro grande! Le stringo affettuosamente le mani.
Suo Boccioni.
29º Artiglieria da Campagna
5ª Sezione 5ª Squadra Verona


15. CECILIA BOCCIONI A BUSONI

Milano
35 Bastioni Romana 18 agosto 1916

Illustre Maestro
Perdoni se non ho scritto prima per ringraziarla della lettera raccomandata, ma solo ora Umberto mi ha mandato l’indirizzo.
Certo che anche mio figlio le avrà accusato ricevuta mi presenti alla gentile Sua signora. E si abbia i miei cordiali saluti
Dev.ma
Cecilia Boccioni.


16. BUSONI A CECILIA BOCCIONI

Zurigo 30 agosto 1916
Scheuchzerstasse 36
Cara mia Signora,
se mai uno fu vicino col cuore e colla mente al Suo Umberto, creda, lo è colui che Le scrive presentemente.
Cosa scrivere ad una Madre in tale frangente? Si consoli, se può, col pensiero che Suo figlio fu buono e grande, e che la storia lo ricorderà.
Nei prossimi giorni il Giornale di Zurigo recherà un mio articolo, nel quale ho dato sfogo ai miei sentimenti intorno all'irrimediabile caso, che mi ha scosso fin nelle radici dell'animo.
Mi permetta di dirLe, di tener grandissimo conto di tutto ciò che Ella possiede di disegnato e di dipinto dell'Umberto. Non si lasci sopraffare da mercanti zelosi e disonesti. Attenda. - Io sono felice e fiero d'aver presso di me l'ultime sue opere.
Le bacio le mani col più profondo rispetto e La prego di credermi il Suo sincerissimo Amico. - Di Lei, venerabile Signora, devotissimo
Ferruccio Busoni


17. IL CASO DI GUERRA BOCCIONI

Scritto tra il 22 e il 30 agosto, l’articolo in memoria di Boccioni fu pubblicato sulla prima pagina della «Neue Zürcher Zeitung» il 31 con il titolo Der Kriegsfall Boccioni. Busoni avrebbe voluto che fosse più lungo, ma temeva che la direzione del giornale non glielo avrebbe consentito. Ad Hans Huber scrisse infatti il 7 settembre: «Über Boccioni hätte ich noch manches andere geschrieben, aber man hätte es nicht zum Drucke angenommen.» E aggiunse, amaramente: «Die Zeit steht im Zeichen des Maulkorbes. Die Menschen sind nicht gut und auch nicht ehrlich. Um so mehr freut man sich über die Einzelnen, Einsamen, heute völlig Isolierten. Ich rechne Sie dankbar zu diesen. Krampfhaft klammere ich mich an die Arbeit.»
Siccome Boccioni e la sua opera non erano molto conosciuti a Zurigo, la redazione pubblicò insieme all’articolo anche una breve biografia del pittore.
«Der Kriegsfall Boccioni» ebbe larga diffusione anche perché il musicista lo allegò alle lettere indirizzate ai suoi amici più cari. Suscitò ammirazione negli ambienti intellettuali pacifisti, benché Busoni non lo considerasse uno «scritto pacifista» ma semplicemente «un piccolo feuilleton sulla morte di un eccellente pittore avvenuta durante il servizio militare; [...] in un accenno succinto l'arte vi è contrapposta alla guerra.» Con queste parole Busoni rispose all’amico Arnold Schönberg che, da Vienna, il 14 novembre 1916, gli chiedeva una copia dell’articolo:

Caro, stimatissimo signor Busoni, sento che Ella è a Zurigo, che ha scritto un articolo sulla pace, che dunque la guerra La affligge — debbo quindi scriverLe subito. Questa guerra mi fa soffrire orribilmente. Ha interrotto tante relazioni intime con persone di prim'ordine. Ha messo sotto confisca metà dei miei pensieri e mi ha mostrato che, se non posso continuare ad esistere con la metà che mi rimane, non posso farlo nemmeno con quella confiscata. Per favore mi mandi il Suo articolo sulla pace e mi dia Sue notizie. Se fosse permesso a noi due e a persone simili a noi di tutti i paesi di radunarci e deliberare sulla pace, entro una settimana la regaleremmo al mondo, con in più mille idee che basterebbero per una mezza eternità, per una pace più o meno eterna. Sì, gli uomini sono malvagi. Ma non tanto malvagi che non si possa esser arbitri fra loro. Sono terribilmente malvagi — è stata la guerra a rivelarlo. In tempo di pace almeno non era tanto evidente — vien fatto di credere che non lo fossero ancora. Certo un arbitro avrà bisogno di un bastone, che raggiunga tutti coloro che portano la colpa. Ma è proprio necessario farli diventare prima malvagi e infelici? Vede, malvagio e infelice, è la stessa cosa nel mondo materiale. In quello spirituale è diverso: infelice, e perciò buono!

Non si sa se Busoni abbia veramente spedito l’articolo. Il 30 gennaio del 1917 Schönberg non lo aveva ancora ricevuto poiché lo chiese di nuovo, usando questa volte le stesse parole di Busoni per definirlo: «Potrei avere il Suo feuilleton sulla morte di un eccellente pittore? Per favore, me lo mandi.»
L’articolo fu poi inserito da Busoni stesso nel volume di scritti teorici «Von der Einheit der Musik».
Per la prima volta i brani tratti dalle lettere di Boccioni sono pubblicati facendo capo agli originali e non alla ri-traduzione in italiano della traduzione tedesca fatta dall’autore.


Zurigo, agosto 1916

Lasciai Boccioni poco meno di due mesi fa, sul lago Maggiore, dove aveva dipinto un mio potente ritratto. Tre settimane di soggiorno comune parvero averlo stimolato molto; tanto che quando ci separammo, animato da nuovi ideali, Boccioni si sentiva pronto ad affrontare un periodo di lavoro per lui decisivo, e perciò fu felice quando dal comandante locale apprese che la chiamata alle armi della sua «categoria» - della sua classe militare - era stata rinviata di nuovo. Ero però appena arrivato a Zurigo quando una sua lettera mi annunciò che il suo richiamo era imminente: il 24 luglio, infatti, dovette presentarsi.
«Purtroppo le scrivo senza nessun progetto di lavoro. La mia classe è stata chiamata ed io sono stato dichiarato abile ed assegnato all’Artiglieria di campagna. L’assegnazione mi piace molto e sono contento. Lo sarei completamente se non vi fosse di mezzo la mia ansia di lavoro che dopo San Remigio non mi lascia e mi faceva sognare un periodo fecondo. Inoltre ho mia madre e oltre al suo dipiacere spiegabilissimo, c’è la mia preoccupazione di lasciarla con mezzi pecuniari che non aumentino le sue e mie preoccupazioni già grandi. [...] Non sono affatto territoriale e dopo tre mesi d’istruzione andrò al fuoco... Mia Madre non lo immagina. Se lei scrive non tocchi questo tasto. [...] Speriamo che non mi accada nulla di grave.»
In queste circostanze incresciose questi tre mesi di «istruzione» furono di conforto per me, che amavo Boccioni di cuore e lo ammiravo vivamente.
In una lettera del 12 agosto mi diceva inoltre: «Tutto questo periodo della mia vita è sotto la sua influenza e a Lei devo la pace e la calma con le quali posso sopportare questa vita terribile. [...] D’arte, da qui, non posso parlare. La fatica è enorme e il cervello non funziona più. [...] I primi [giorni] sono stati atroci. La sera nella quale mi vestirono e dovetti portarmi sulle spalle paglia coperte tavole ecc. mi prese, confesso, un grande scoramento. [...] Da questa vita uscirò con una specie di sprezzo per tutto ciò che non è arte. Nulla è più terribile dell’arte. Tutto quanto vedo è giuoco in confronto ad una pennellata giusta ad un verso ad un accordo giusti. Voglio sviluppare questa idea se avrò tempo e voglia. Tutto è meccanico e facile e abitudinario. Pazienza e memoria. Non c’è che l’arte col suo soffio inconoscibile e i suoi abissi inscrutabili. Tutto il resto è raggiungibile basta darsene la pena.»
Fin qui era arrivata la nostra corrispondenza, quando un giorno (il 22 agosto) mi fu porto con esitazione (a me che leggo poco i giornali) il «Corriere» del 19 agosto, nel quale si comunica la morte di Boccioni in seguito a una caduta da cavallo. L'annuncio ufficiale è accompagnato da qualcosa che vuol essere affettuoso elogio del giovane maestro, e infine da quanto segue:
«Quando scoppiò la guerra egli lasciò i pennelli, lasciò la fortuna che già sorrideva all'arte sua e s'arruolò nel battaglione volontari ciclisti [...]. Il battaglione fu più tardi disciolto. Umberto Boccioni fu chiamato sotto le armi con la sua classe. Alla visita medica scopersero in lui un enfisema polmonare; ma egli volle a ogni costo essere soldato; e divenne artigliere. Al reggimento la sua fama, la vivacità dell'ingegno, gli guadagnarono le simpatie dei suoi ufficiali. Egli scriveva da Verona lettere felici. Aveva trovato modo di lavorare qualche ora. La sua vita, tra queste due milizie, quella della patria e quella dell'arte, aveva raggiunto la sua più perfetta unità. La morte l'ha colto a trentaquattro anni in questo bellissimo fervore del suo spirito.»
Evidente è qui lo sforzo del «Corriere» di non sentire l'orrore dell'accaduto, e lo studio di soffocarlo con l'estasi patriottica, dato che, una volta tanto, il fatto non può passare sotto silenzio. Non una parola di rimpianto per la perdita di una così sicura promessa dell'arte figurativa. Un confronto fra il trafiletto giornalistico e la lettera a me indirizzata dimostra però senz'altro la deliberata deformazione della situazione. Perché avviene questo? Perché lo sdegno che tutta una parte degli italiani deve aver risentito non è apertamente espresso? A che mira e da che deriva questo sistema di prestabilita congiura del silenzio intorno a fatti imperdonabili, fatti originati da circostanze e azioni che «sono un gioco in confronto ad una pennellata giusta?»
Nel gruppo di acqueforti di Goya «Los Desastros [sic] de la guerra», la penultima incisione porta il titolo «La verdad es muerta» (La verità è morta) - «Ma essa risusciterà» - cosí si intitola l'ultima.
[Altri links. Inoltre: I - Virtual Museum - Global Arte - Zurigo - Dadaïsme - ]