FERRUCCIO BUSONI

KULTASELLE

10 brevi variazioni per violoncello
e pianoforte KiV 237

MATTIA ZAPPA

violoncello

MASSIMILIANO MAINOLFI

pianoforte

DUCALE CDL 028

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Umberto Boccioni, disegno preparatorio
per il grande «Ritratto di Busoni» (Pallanza 1916)


TESTO DI LAURETO RODONI

Nato a Empoli nel 1866 e morto a Berlino nel 1924, formatosi in area mitteleuropea e germanica, idealmente cosmopolita, Ferruccio Busoni è noto soprattutto per essere stato uno tra i più grandi pianisti di tutti i tempi. Ma fu anche prolifico compositore, trascrittore ed editore delle opere di Bach e di altri musicisti, poeta, saggista, filosofo della musica, direttore d'orchestra, insegnante di pianoforte e di composizione, operatore culturale, raffinato bibliofilo, collezionista di opere pittoriche e generoso mecenate. Per la vastità degli interessi e per le molteplici attività in campo letterario e musicale, è spesso paragonato agli artisti rinascimentali.
Fu autore di circa 300 composizioni originali: 4 opere teatrali (l'incompiuto «Doktor Faust» è considerato il suo capolavoro), molta musica per pianoforte (tra cui 7 Elegie, 6 Sonatine, la «Fantasia Contrappuntistica», la «Toccata»), musica da camera, concerti per strumenti solisti e orchestra, pezzi sinfonici e Lieder.
 


Ritratto fotografico di Michael Schwarzkopf

 

Secondo Roman Vlad, Busoni raggiunse come pensatore «alcune delle vette più alte nel pensiero musicale di tutti i tempi». Edgard Varèse, che fu influenzato in maniera determinante dal suo pensiero estetico, scrisse nel 1966: «Dappertutto, nei suoi scritti, si trovano profezie sulla musica del futuro che si sono in seguito avverate. Di fatto, non c'è sviluppo che lui non abbia previsto.» La sua breve estetica pubblicata nel 1907 (poi ampliata nel 1916) svolse un ruolo fondamentale nell'ambito delle avanguardie storiche dei primi del Novecento e costituì un punto di riferimento teorico per molti artisti, non soltanto in campo musicale.
Gli articoli, i saggi, le oltre diecimila lettere, le testimonianze di coloro che ebbero contatti con lui e i recenti studi critico-biografici provano inconfutabilmente che egli fu uno tra i più lucidi e perspicaci testimoni del suo tempo. Arnold Schönberg, che fu in contatto con lui per alcuni anni, lo definì nel 1912 «indubbiamente un uomo geniale; in ogni caso di gran lunga il migliore che io abbia mai conosciuto».
Nell'aprile del 1888, nonostante la giovane età (22 anni), Busoni venne nominato insegnante di pianoforte nel Conservatorio di Helsinki. Sebbene non conoscesse né il finnico né lo svedese, era felice di aver finalmente ottenuto, per la prima volta, un impiego fisso, poiché la situazione finanziaria sua e della sua famiglia era molto precaria. Bassissimo gli parve il livello musicale del Conservatorio, in particolare della scuola di pianoforte. Egli assolse il suo compito con grande impegno, ma non riuscì a migliorare la situazione come sperava.
 


Busoni nei primi anni del Novecento

 

Ebbe inoltre molte difficoltà a inserirsi nell'ambiente provinciale della città che non gli offriva molto sul piano culturale. Strinse poche amicizie veramente importanti. Per questo si sentiva solo, spaesato e depresso: «Questa solitudine» - scrisse alla madre - «anche se interrotta da continue occupazioni, è terribile. A sera, quando ho terminato il mio lavoro, sono costretto a star una o due ore senza far nulla, dopo di che sento un penosissimo senso di vuoto.» Nemmeno i successi strepitosi che riscuoteva come pianista riuscivano a mitigare il suo disagio e il suo malumore.
Anche l'attività creativa non fu molto intensa in quel periodo: paradossalmente solo nel vortice delle metropoli gli riusciva facile il lavoro di composizione, l'attività musicale che già a 22 anni considerava molto più importante della carriera di pianista e di didatta: «Ciò che più importa» - aggiunse nella lettera citata - «è la volontà e lo sforzo di non trascurare la composizione, il 'tutto' della mia vita, il definitivo scopo della mia esistenza, senza cui tutto ciò che ho realizzato fino ad ora sarebbe relativamente senza valore.»
Tra le poche persone con cui ebbe intensi contatti e che gli permisero di alleviare il disagio di trovarsi in un ambiente che non gli era congeniale vi furono il direttore del Conservatorio Martin Wegelius, il direttore d'orchestra Richard Faltin, e il compositore (ma a quel tempo era ancora studente, pur essendo quasi suo coetaneo) Jean Sibelius, col quale mantenne fino alla morte cordiali rapporti di amicizia.
Nel marzo del 1889 la sua situazione esistenziale e affettiva cambiò radicalmente. Conobbe infatti Gerda Sjöstrand, la sua futura moglie: fu un colpo di fulmine, da cui nacque una passione travolgente. Busoni definì i mesi successivi all'incontro i più belli della sua vita sul piano umano. Molto attraente, colta e perspicace, sensibile e riservata, Gerda divenne una compagna fedele, paziente ed energica nel contempo, «pronta a sacrificare e osare ogni cosa per rendere possibile il raggiungimento delle mie aspirazioni», ma mai sottomessa. Le lettere che Ferruccio le scrisse documentano «la profondità del colloquio spirituale e affettivo, quella comunione appagante e totale con una persona che dopo aver realizzato l'ideale sognato di donna e di moglie diviene una confidente e una compagna, un sostegno morale e materiale insostituibile» (Sergio Sablich).
Probabilmente tra la primavera e l'estate del 1890, poco prima di partire per Mosca, dove avrebbe sposato Gerda e insegnato pianoforte al Conservatorio, compose «Kultaselle, 10 brevi variazioni per violoncello e pianoforte» su un tema popolare finlandese, di cui si servì anche nella quinta parte (Finnische Ballade) dei Sechs Klavierstücke op. 33b, KiV 241. Questo breve ma pregnante pezzo cameristico, pur non avendo un numero d'opera (nel catalogo di Kindermann è la n. 237) fu forse l'unica composizione giovanile a cui Busoni rimase sempre affezionato (si ricordi, a questo proposito, che egli considerava la Sonata per pianoforte e violino n. 2 op. 36a, composta ben 8 anni dopo, come la sua vera e propria op. 1) e nel 1910 ne dedicò 4 battute all'allora tredicenne Enrico Mainardi.
I motivi di questo attaccamento sono due: artistico, per la notevole qualità musicale della composizione; e umano, poiché essa era l'unica sua composizione dedicata, anche se in pectore, a Gerda (ufficialmente la dedicò a un collega del Conservatorio di Mosca, Alfred von Glehn). «Kultaselle» in finnico vuol dire infatti «alla persona amata» e nel 1890 questa persona non poteva che essere la futura moglie. Il clima sonoro a volte tormentato è forse il riflesso di un sentimento di gelosia che traspare da alcune magnifiche lettere di quel periodo: «Penso a te con tanta intensità» - scrisse per esempio nel giugno del 1899 - «che letteralmente ne soffro. [...] Meglio soffrire la fame e le privazioni con te, che essere ricchi e avere il superfluo senza di te. [...] Dalla mia scrittura puoi vedere come sono agitato. Ti amo sopra ogni cosa. Per te rinuncerei persino alla mia arte. [...] Oh, amami fedelmente, saldamente, costantemente, è la sola cosa che ti chiedo: in cambio puoi esigere da me tutto ciò che possiedo; ma sii solo la mia donna e appartieni anima e corpo solo a me. Capisci? Solo a me. In compenso ti dedicherò tutta la mia vita.»
«Kultaselle» fu pubblicata nel 1891. In una copia conservata alla Staatsbibliothek zu Berlin (Busoni-Nachlass) sono contenute delle importanti correzioni manoscritte del compositore che non furono mai prese in considerazione dalla casa editrice nelle ristampe successive. Solo di recente il prof. Joachim Draheim dell'Università di Karlsruhe, specialista del primo Busoni, ne ha tenuto conto per costituire l'edizione critica dell'opera, da cui ha finalmente espunto anche i numerosi errori di stampa. La presente registrazione si basa su questa versione definitiva pubblicata da Breitkopf & Härtel.
Per Busoni le melodie popolari, fossero esse irlandesi, indiane d'America, napoletane o, appunto, finlandesi, avevano una scarsa valenza etnica: erano semplicemente un materiale grezzo su cui egli lavorava per i suoi fini compositivi; le trattava, per così dire, spietatamente, come qualsiasi altro materiale sonoro desunto da composizioni altrui. Attribuendo importanza solo alla visione personale di un «oggetto musicale», era poco sollecitato da scrupoli filologici.
In «Kultaselle» il tema popolare è delicato, intriso di malinconia e con le variazioni crea affascinanti atmosfere esotiche che evocano antichi canti eroici o dolci canti d'amore (Nadel), ma forse anche, come detto, autobiografici tormenti connessi a una esaltante situazione affettiva. Queste variazioni si susseguono quasi senza soluzione di continuità e in modo molto libero, con impercettibili passaggi dal modo maggiore al minore, uno stilema che riapparirà spesso nelle composizioni successive.
La struttura della composizione è tripartita per la presenza di due pause con corona: la prima parte, con il tema in do minore che funge da preludio, è una sorta di climax ascendente che si conclude bruscamente alla fine della seconda variazione; quella centrale inizia antiteticamente in modo sereno e disteso, si anima nel mezzo per poi chiudersi mestamente in un clima sonoro stranito, visionario che da una parte evoca certe atmosfere dei tempi lenti delle sonate beethoveniane (nn. 4 e 5 in particolare), dall'altra anticipa in modo sconcertante il Busoni maturo delle Elegie; l'ultima, ritmicamente aggressiva, è di nuovo un climax ascendente sottolineato da indicazioni dinamiche o espressive come feroce, agitato, martellato, crescendo, sempre crescendo, più crescendo [sic] che fanno precipitare la composizione verso un perentorio accordo dei due strumenti finalmente riuniti nella tonalità iniziale.