LUCIANO CHAILLY

SONATA TRITEMATICA nº 5
PER VIOLONCELLO E PIANOFORTE

MATTIA ZAPPA
violoncello

MASSIMILIANO MAINOLFI
pianoforte

DUCALE CDL 028


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Padre del direttore d'orchestra Riccardo, Luciano Chailly è nato a Ferrara il 19 febbraio del 1920. Si è diplomato in violino nella sua città natale nel 1941 e in composizione a Milano quattro anni dopo. Nel contempo ha frequentato l'Università di Bologna, conseguendo nel 1943 la laurea in lettere con una tesi sui Trovatori. Sotto la guida di Antonino Votto, ha studiato anche direzione d'orchestra e nel 1948 ha seguito un corso di perfezionamento con Hindemith a Salzburg.
Parallelamente al lavoro di composizione, ha svolto altre attività: programmatore musicale alla RAI TV, direttore artistico di alcuni Enti Lirici tra cui il Teatro alla Scala di Milano (dal '68 al '71), insegnante di composizione in Istituti Musicali di Milano, Perugia e Cremona.
Insignito di vari premi nazionali e internazionali, Luciano Chailly è membro dell'Accademia Medicea (Firenze) e di S. Cecilia (Roma). Attualmente vive a Milano.
Ha composto 13 opere teatrali, 5 balletti, musica per orchestra, corale (tra cui una Messa dedicata a Paolo VI), vocale, da camera e di scena per la televisione e il cinema. È autore di sei libri di argomento autobiografico e musicale; ha scritto inoltre numerosi saggi, articoli, voci di enciclopedie e un'opera didattica per lo studio della composizione.
Chailly è stato ed è tuttora un acuto osservatore degli sviluppi della musica contemporanea, senza però mai «schierarsi» e tenendosi lontano dagli eccessi dello sperimentalismo fine a se stesso. Decisivo è stato per il suo sviluppo artistico l'insegnamento di Paul Hindemith, con cui ha approfondito lo studio del contrappunto: nelle sue composizioni, egli ha però sempre saputo temperarlo, come ha scritto Cresti, «grazie all'innato senso espressivo che carica di pathos il rigoroso articolarsi polifonico, come avviene nella serie delle Sonate tritematiche».
Ripercorrendo alcuni stilemi storici con coscienza critica e rara sensibilità, Chailly ha quindi saputo sviluppare un suo composito e originale, ma sempre coerente linguaggio musicale, con il quale esprime la condizione esistenziale del nostro tempo, scandagliata con psicanalitica profondità. E questo non soltanto nelle opere teatrali, caratterizzate da «una tavolozza orchestrale che nulla trascura in fatto di effetti timbrici» (Montale), da «straordinarie ambientazioni sonore e atmosfere talvolta allucinate», dove «gli avvenimenti conoscono l'ambiguità e l'incertezza di ciò che può apparire e in realtà non lo è» (Mosso), ma anche in altri generi musicali: si pensi a esempio all'Es-Konzert (1984) in cui il compositore si ispira alle teorie freudiane della personalità.
Sul piano umano e artistico è stato determinante, oltre all'incontro con Hindemith, anche il sodalizio, iniziato nel 1954 e durato parecchi anni, con lo scrittore Dino Buzzati che gli ha fornito quattro libretti d'opera, influenzando in senso onirico, allegorico, surreale il suo mondo poetico. Un influsso fecondo sulla sua Weltanschauung ebbero anche le opere di Cechov e di Ionesco. Come G. F. Malipiero negli anni Trenta, anche Chailly si è accostato con fervore alla drammaturgia e alla filosofia di Pirandello: da questo studio approfondito del complesso mondo pirandelliano è nato, nel 1975, l'atto unico tratto dalla commedia «Sogno (ma forse no)» . Quest'opera «segnò un momento importante della mia evoluzione, e precisamente l'inizio [...] di una terza maniera. La prima era stata quella neo-classica, posthindemithiana. La seconda era stata quella di marca dodecafonica. Questa terza, da un punto di vista espressivo, era di 'allucinazione sonora' e da un punto di vista tecnico di stemperamento del serialismo su strutture, se non sempre deformate, deformalizzate.»
Renzo Cresti distingue la musica strumentale di Chailly in due categorie: quella basata su forme rapsodiche in cui sono prevalenti gli elementi introspettivi, onirici, fantastici, patetici, e quella in cui predomina una forma più rigorosa, connessa a modelli del passato e basata sul contrappunto. Il ciclo delle 12 Sonate tritematiche, composto fra il 1951 e il 1962, appartiene a questo secondo filone: «operazione monumentale» - continua Cresti - «in cui Chailly mette a frutto l'alto insegnamento di Hindemith e si inserisce nella cultura musicale europea (specie in quella della Gebrauchsmusik)». Termine, quest'ultimo, coniato da Hindemith stesso e traducibile con l'espressione «musica d'uso»: uno degli scopi primari del maestro ferrarese è proprio quello di «riportare la musica vicino agli uomini» - come scrisse Mila - «e magari restituirle una vera e propria funzione sociale nel mondo moderno, strappandola all'estetismo da museo che le ha conferito l'istituzione mondana del concerto, e inserendola di nuovo nella vita dell'uomo, come avevano saputo fare il cristianesimo medievale e alcune civiltà antiche».
In una lettera agli interpreti Zappa e Mainolfi del 22 febbraio 2000, il compositore scrisse: «L'idea della struttura tritematica mi venne nel 1951. Anzi me la fece venire l'illustre critico musicale Giulio Confalonieri, mio estimatore, quando mi disse: 'Ma Lei che ha fantasia e che ha fiducia nel neoclassicismo perchè non prova ad inventare una nuova forma?' Così nacque la Sonata Tritematica nº 1 per pianoforte, breve, quasi schematica, col preciso scopo di conciliare in un solo movimento princìpii del Primo Tempo di Sonata con altri della Fuga.»
La Sonata tritematica nº 5 fu composta a Milano nel 1954 e pubblicata da Forlivesi (Firenze) l'anno successivo. In essa la sonata classica, concepita come struttura unitaria, viene rinnovata ma non scardinata. Infatti - annota ancora Chailly - lo schema generale di questa gloriosa forma musicale è ancora seguito fedelmente:

Introduzione (con accenno al terzo tema)
I TEMA (sereno e cordiale
Sviluppo
II TEMA (allegro agitato)
Sviluppo simultaneo dei due TEMI
III TEMA (Largo melanconico)
Sviluppo sintetico dei tre TEMI
STRETTI (tra le prime due idee).
Conclusione
Si tratta, insomma, di una sorta di riflessione in musica sulla forma sonata, in cui il tema della memoria e quindi del rapporto fra presente e passato diventa centrale. Essa «è concepita» - conclude Chailly - «in un linguaggio di libero atonalismo, non dodecafonico. Sul piano espressivo il lontano ricordo hindemithiano viene superato (come fu scritto) da una vivacità e da una luminosità tipicamente italiane.» A sua volta Cresti mette in rilievo che sia la disposizione dei motivi tematici, sia quella delle zone espressive è dialettica, poiché alterna e mette in relazione momenti di tensione emotiva e drammatici con momenti distesi e sereni: «è in quest'ultimi che Chailly esprime la sua vena cantabile, concedendosi a parti melodiche evidenti e avvolgenti, senza rinunciare [...] a parti virtuosistiche, a forti tensioni, a un andamento motorio e concitato» e al colore, al quale il compositore presta sempre un'attenzione costante.