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il manifesto - 09 Giugno 2005 CULTURA pagina 13
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L'occidente in maschera
MARCO D'ERAMO
 

pag.13

Le radici biologiche della religione
ANDREA CAPOCCI
 
Al Maxxi di Roma le utopie realizzabili di De Carlo
PIPPO CIORRA
 
A Bocca di Magra con Sereni e Calvino
 
 

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Le radici biologiche della religione
Un seminario titolato «Bio-logica della religione. Il rito come soglia tra natura e cultura» si svolgerà domani pomeriggio e sabato a Salerno, presso la Fondazione Menna
ANDREA CAPOCCI
Il fenomeno religioso non dipende (non in modo prevalente, almeno) dai rapporti di produzione e di potere, dagli squilibri e dalle iniquità che di volta in volta caratterizzano l'organizzazione sociale. Dipende invece dall'intreccio problematico tra esistenza culturale ed esistenza biologica, storia contingente e tratti immutabili della nostra specie. Questa è l'ipotesi di fondo del convegno di studi, titolato per l'appunto «Bio-logica della religione. Il rito come soglia tra natura e cultura», che si svolgerà domani pomeriggio e sabato 11 giugno, a Salerno, presso la Fondazione Menna (Via Lungomare Trieste 15). Un antropologo marxista, Ernesto de Martino, giudicava «del tutto infantile» la convinzione di tanta parte del marxismo, secondo cui la religione è destinata ad avvizzire allorché ci si lasci finalmente alle spalle l'alienazione economica. La religione è piuttosto uno dei modi in cui si fa valere, all'interno dei più diversi contesti sociali, l'invariante «natura umana»; è una delle forme, cioè, con cui si manifesta la dimensione metastorica in seno alla prassi storica. Il pericolo maggiore, per la filosofia e le scienze umane interessate a mettere a punto un naturalismo dalle spalle larghe, sta nel misconoscere la radice biologica della religione, l'intimità che lega quest'ultima a certe caratteristiche cognitive e comportamentali di un determinato organismo vivente. Un simile misconoscimento si ripercuote disastrosamente, del resto, anche sul piano politico. Un materialista leopardiano come Sebastiano Timpanaro ha ammonito per tempo: «Pretendere di assegnare alla religione una genesi esclusivamente storico-sociale, trascurando il fatto che la religione è anche una elaborazione dell'oppressione esercitata sull'uomo dalla natura significa fare il gioco, che si voglia o no, dei sostenitori del valore autonomo e privilegiato dell'esperienza religiosa». Qualche anno fa, Walter Burkert, il grande studioso dei riti religiosi del mondo classico, ha pubblicato un libro sintomatico e istruttivo, La creazione del sacro. Orme biologiche nell'esperienza religiosa (tradotto in Italia da Adelphi). Burkert ritiene che sia vano, e non poco ridicolo, andare a caccia di un gene della religione. Quel che si può e si deve, a suo giudizio, è ricondurre l'impulso alla trascendenza e le connesse pratiche liturgiche all'aspetto che più di ogni altro distingue, sul piano filogenetico, l'Homo sapiens dalle altre specie: il linguaggio verbale. L'animale loquace è sempre, in certa misura, un animale religioso. Il linguaggio è un ibrido, dice Burkert: dispositivo biologico congenito che, però, rende possibile la massima variabilità culturale e storica. Allo stesso modo, un ibrido è il rito religioso, poiché esso, dall'interno di un peculiare sistema culturale, rinvia sempre di nuovo a ciò che è innato e invariante. Burkert a parte, sono innumerevoli gli autori che hanno messo in luce la stretta parentela che unisce pensiero proposizionale e inclinazioni teologiche. Basti ricordare come, in Wittgenstein, «l'urto contro i limiti del linguaggio» (ossia l'impossibilità di un metalinguaggio esaustivo) provochi sempre di nuovo il sentimento religioso. Per non dire degli studi (tra cui spicca il recente La parole efficace. Signe, rituel, sacré di Irène Rosier-Catach, Seuil 2004, dedicato ai sacramenti nella tradizione cristiana) sulla parola liturgica in quanto parola performativa, tale cioè da realizzare una azione per il solo fatto di essere pronunciata. Ma sono solo esempi tra i tanti possibili. Il convegno salernitano sulla «bio-logica della religione» è stato organizzato dai dipartimenti di filosofia delle università di Salerno, della Calabria, di Roma Tre. Sono previste le seguenti relazioni: Brunella Antomarini, «La regressione alla naturalità religiosa nei primi seguaci di Gesù»; Paolo Virno, «Il rito religioso come ripetizione dell'antropogenesi: l'esempio della glossolalia»; Elettra Stimilli, «Antropogenesi e ateismo»; Felice Cimatti, «La geometria del sacro: crisi della presenza, performativo e rituale»; Marco Mazzeo, «Homo homini lupus: riti cannibalici»; Franco Piro, «Immaginazione e religione»; Remo Guidieri, «Natura del rito»; Franco Lo Piparo, «Perché il linguaggio nella bio-logica della religione»; Barbara Fiore e Tommaso Russo, «Linguaggio rituale e divinazione».


 
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