Antonio Smareglia (1854 - 1929)

Biografia e opere

L'incontro con Boito

Iniziò lo studio della musica a Vienna, iscrivendosi poi al Conservatorio di Milano, che frequentò fino al 1877, allievo di F. Faccio e altri, senza tuttavia diplomarsi. Frequentò la "Scapigliatura" milanese. Esordì come compositore con la sinfonia "Leonora", che ebbe grande successo, e con la scena lirica "Caccia lontana". In seguito seguì la strada del melodramma. Come operista debuttò a Milano nel 1879 con "Preziosa", seguitando poi a dare alla scena varie opere, alcune delle quali in Paesi di lingua tedesca, dove era molto apprezzato (riscosse le lodi di Brahms e di Hanslick). In generale, la tematica delle opere di Smareglia non è originalissima, ma egli seppe sottolineare in modo suggestivo, in termini musicali, ogni situazione e atmosfera di ogni momento del dramma Inoltre, benché tendenzialmente wagneriano, questo musicista fu in grado di ridare alla voce dei personaggi il giusto risalto rispetto all'orchestra, anticipando per certi versi il declamato pizzettiano.
Nel 1887 la sua opera "Re Nala" cadde al Teatro La Fenice, e per lo sconforto Smareglia ne distrusse il manoscritto, ma due anni dopo si prese una sonora rivincita con "Il vassallo di Szigeth", rappresentata con grande successo a Vienna e al Metropolitan di New York, e lodata dallo stesso Brahms. Dopo aver composto per Praga l'opera "Cornil Schut" (chiamata in seguito "Pittori fiamminghi"), fece ritorno a Trieste componendo ancora altre opere e iniziando un fecondo rapporto di amicizia e di lavoro col librettista Silvio Benco. Nel 1900 Smareglia perdette la vista, ma non si scoraggiò e continuù a lavorare scrivendo altre due opere. Nel 1921 fu nominato direttore onorario del Conservatorio Giuliano di Trieste, e fu anche incaricato, unitamente a V. Tommasini, di completare il "Nerone" di Boito, del quale fu amico. Grandi personaggi quali Toscanini e Richard Strauss ammirarono la sua maestria nel contrappunto, e tuttavia le opere di Smareglia non riuscirono mai a diventare veramente popolari, anche se James Joyce disse di lui: "Sarà ricordato per secoli dopo la sua morte". Dopo la Grande Guerra, Smareglia visse povero e dimenticato nella sua amata Trieste, circondato solo dai figli e da pochi devoti amici.

Pressoché sconosciuto fuori da Trieste e dall'Istria, Smareglia viene ancora regolarmente eseguito al Teatro Verdi di Trieste, che sta richiamando una crescente attenzione su una produzione operistica che a pieno diritto si iscrive nel vivo della storia italiana degli ultimi decenni dell'Ottocento. Ed infatti, anche se, per ragioni anagrafiche e biografiche (soggiorno viennese tra il 1888 e il '94) Smareglia può accostarsi ad altre tradizioni musicali (è pure innegabile la presenza della musica slava), egli appartiene, per formazione e per scelta artistica, all'ambiente milanese di F. Faccio, di A. Boito, di L. Illica.

[DEUMM e Corrado AMBIVERI, "Operisti minori dell'Ottocento italiano", Roma, Gremese Editore, 1998, pp. 145-146]

«Smareglia si cimentò dapprima nel genere della grande opera italiana con "Bianca da Cervia" (Scala, 1882; libretto di F. Pozza) e nel genere-Cavalleria con "Nozze istriane" (Trieste, 1895; libretto di Luigi Illica); ma poi seppe mettere a frutto la vicinanza con il letterato Silvio Benco [...]: nacquero "La falena" (Venezia, 1897), "Oceàna" (Milano, 1904) e Abisso (Milano, 1914). In tutte queste opere la musica rivela una ricerca di raffinatezza estetizzante che possa dar ragione di drammi letterari da cui non emergono grandi personalità o grandi passioni, ma dove ogni atto e ogni figura appaiono immerse in una baudelairiana foresta di segni e di allusioni simboliche. [...] La musica di Smareglia mira all'uniforme staticità del dramma e alla sua dimensione onirica. L'orchestra svolge la funzione di suggerire un vasto orizzonte di richiami; un alone simbolico dove s'immergono i precisi connotati dell'azione e della parola. [...] L'ultima opera di Smareglia, "Abisso", mostra ancor maggiori difficoltà nel rapporto con il testo di Benco. [...] Eppure dalla partitura emergono, come le più felici tra le idee musicali, quelle più distesamente descrittive.»

[Guido SALVETTI, 'Dal Verdi della maturità a Giacomo Puccini', in Musica in scena, Torino, UTET, 1996, pp. 396-401]

Nativo di Pola, terminati gli studi medi a Gorizia, abbandonati quelli del Politecnico a Vienna per seguire il suo genio, divenuto, a Milano, scolaro privato di Faccio, poi allievo di questo e in fine di Coronaro al Conservatorio, Smareglia si diplomerà nel '77, vedremo come. Prima giova dire com'egli stesso narrasse d'essere entrato in relazione personale con Boito. "Alla prova d'un concerto il mio maestro Faccio, additandomi un giovane alto, biondo, elegante, dai modi aristocratici, mi mormorò: - Quello lì è Arrigo Boito -. Qualche anno piú tardi, dopo una lezione, il mio maestro mi disse: - Va da Boito, in Via Principe Amedeo, e digli a mio nome che mi faccia il favore di prestarmi la 'Passione di San Matteo' di Bach, che voglio leggere, e della quale egli mi parlò con un fanatismo...!" Smareglia va in Via Principe Amedeo (non dovevano essere ancora i tempi delle ferree consegne alla portinaia di dichiarare il Maestro non in casa), fatte le scale, suona il campanello dell'appartamento (non era ancora vicina al Maestro l'amica che gli suggerirà di mettere l'interruttore alla suoneria), ode il rumore di passi lenti e strascicati dietro l'uscio, e si vede guardato da un occhio sospettoso attraverso la spia rotonda. Passa qualche istante. Poi l'uscio si apre: e compare l'alta, magra figura del padron di casa, con tanto di fucile militare spianato sull'importuno visitatore. - Cosa vuole? - Il mio maestro Faccio la prega di prestargli la 'Passione di San Matteo' che vuol leggere e che spero d'udire anch'io. - Ah! Anche lei vuol conoscere Bach? Bene, bene, bene. Allora entri -. Nello studio, che gli serve pure da camera da letto, Boito siede al pianoforte, suona un brano di Bach, poi, facendo fare un mezzo giro alla poltrona che sta fra lo strumento e la scrivania, appunta da dietro le lenti quel suo sguardo d'acciaio sull'ospite: - Ha udito il miracolo?
Potrà parere strano oggi, in anni di cultura scaltrita da esperienze mondiali, un simile episodio: Faccio incuriosito dagli invasamenti di Boito per la 'Passione di San Matteo'; Smareglia, studente di Conservatorio, ed eccezionale studente, il quale non sapeva nulla di Bach prima che Boito gliene svelasse il miracolo. Ma quelli erano ancora tempi di scoperta, e Boito restava una specie di Cristoforo Colombo. Smareglia si presenterà dunque alI'accademia del Conservatorio alla fine dell'anno scolastico '76-77 con un poema sinfonico su argomento tratto dalla celebre ballata del Burger, "Leonora". E Filippi, nella Perseveranza, parlerà di processo di assimilazione d'opere classiche assai bene studiate dal compositore, di riflessi beethoveniani, di sintesi ispirata resa possibile da vastità culturale. Dal suo legno in rotta per le Americhe della cultura, Boito doveva voltarsi indietro a spiare soddisfatto i legni seguaci.

[Piero NARDI, "Vita di Arrigo Boito", Milano 1942, pp. 355-356,]