«[La stagione musicale] venne degnamente inaugurata dall'opera Tristano ed Isotta di Riccardo Wagner [...] Questo lavoro [...] possiede tutti i pregi e tutti i difetti dell'ultima maniera di Wagner. Difetto principale è la soverchia lunghezza, che ne impedisce di gustare le bellezze e mette a dura prova la pazienza dell'uditore. Oltre a questo difetto - che vorremmo chiamare normale - ve n'è uno anormale, che non incontriamo nelle altre opere del maestro, ed è: l'abuso della cromatica. [...] Nei rari momenti in cui questa insistente cromatica cede a delle frasi più umane, ci sentiamo sollevati da un peso inesprimibile, peso che viene anche accresciuto da un'istrumentazione carica, inquieta e satura di suoni nasali, che solleticano - più che l'orecchio musicale - l'intero sistema nervoso: effetto strano, che deve avere certamente la sua ragione fisica. Il preludio è di fattura meravigliosa; la frase dei violoncelli a tratti interrotta dalle armonie dei legni è piena d'un desiderio indefinito, e tale è anche il carattere di tutto il preludio. [...] La morte d'amore, con cui chiude l'opera, è nota per la sua non comune bellezza, ed all'udirla mi persuasi che la fama di cui gode è ben meritata.» [11 gennaio 1884, BII, pp. 443-444]