«Il secondo concerto si distingueva dal primo per tre grandi pregi: la varietà del programma, Bülow in qualità di pianista, Brahms in quella di direttore. Né questi, né quelli seppe in quella sera farsi valere in questo suo nuovo aspetto; Bülow è da scusarsi per la stanchezza del braccio causata dal dirigere, all'invece la mano di Brahms è decisamente più adatta ad adoperare la penna che la bacchetta. [...] E' naturale, che dopo aver assistito a due simili concerti, io mi recai al terzo con lo spirito in festa [...]. Questa volta fu Brahms che suonò, e se Hanslick - di cui Brahms è l'idolo - giunge a dire che questi esegui il suo concerto con negligenza e con tecnica non abbastanza curata è facile dedurre che non suonò bene. Ma chi ha più diritto di maltrattare le sue composizioni, se non il compositore stesso? [ 27 dicembre 1884, BII, p. 504]

Ho parlato più volte con Brahms. Egli ha l'aspetto di un bravo professore tedesco. Porta barba piena, grigia, capelli piuttosto lunghi, occhiali, veste con trascuratezza, si muove gravemente e con comodo -abitudine che si è appropriata col crescere degli anni e della circonferenza - e passeggia con le mani di dietro. Di temperamento freddo e talvolta ruvido, sa però esser gentile, a modo suo s'intende, e prender parte all'allegria di una buona mensa. Sotto un'apparente modestia, che il suo temperamento mal gli permette di simulare, s'asconde una grand'opinione di se stesso, che è del resto giustificata. Questa finta modestia si esterna nel respingere costantemente ogni lode con una scossa di capo, o col mormorare una parola tronca, o col cangiar repentinamente discorso. Non perché egli si creda immeritevole di tal lode, ma perché la ritiene tributata da parte incompetente. Del pari si astiene da qualunque indicazione sulla esecuzione dei suoi lavori, anche se domandate; non per poca stima delle proprie composizioni, ma perché lo riguarda come tempo perduto. Tale è almeno l'impressione che ne riceviamo. Di quando in quando fa capolino una mal ritenuta ironia, così, per esempio, se fa ad alcuno un complimento non sincero.
Recatomi un giorno a casa sua per consegnargli alcuni lavori di cui gentilmente aveva accettata la dedica, lo trovai al pianoforte, davanti a sé un fascicolo delle Sonate di Scarlatti. Accortomi d'averlo disturbato e dicendomi Brahms voler provare egli stesso le mie cose, anziché udirle da me, tosto mi accomiatai. Fatto il mio inchino e raggiunta la porta, afferrai il saliscendi per uscire. In quel mentre Brahms, facendo atto di accomodare la musica sul leggio, mi gridò: 'Ora mettiamo da parte Scarlatti per sostituirvi Busoni!'.
Avendolo spesse volte trovato a suonare, gli domandai una volta quando si occupava della composizione e se lavorava maggiormente nell'estate. 'Oh, Dio mio, rispose con un cenno noncurante della mano, io compongo assai di rado'. La naturale conseguenza di questa risposta fu di sbarrare tanto d'occhi. Riavutomi un poco, proseguii: 'Ma come allora, maestro, siete giunto a produrre un sì rispettabile numero di lavori?'. Ed egli, affettando una indescrivibile indifferenza, con un tuono annoiato: 'Ah, ciò è venuto così a poco a poco' (! ).» [24 ottobre 1885, BII, 528-529]