«[Nelle righe che seguono, Busoni risponde a un attacco alle sue recensioni sulla 'Carmen' mossogli su un altro giornale triestino da un anonimo recensore.]

Vi sono dei critici, i quali credono d'avere la missione o l'obbligo di lodare tutti gli spettacoli ai quali hanno entrata libera, e di criticare invece coloro, che hanno opinioni diverse in proposito.
Scopo della critica è l'esame scientifico, sia di una creazione, sia della riproduzione della medesima. E' suo scopo il riconoscere pregi e difetti, il trascriverli, l'analizzarli, il secondare moderatamente l'entusiasmo del pubblico, se giustificato, ed il combattere le opinioni erronee del medesimo, quando la coscienza artistica lo impone. Al pubblico poco, anzi nulla importa se la signorina Frandin, in un certo punto, eseguisca due semicrome invece d'una croma, perché la musica, che questi sente, gli è nuova e non ha coscienza della migliore impressione, che riceverebbe, se eseguita come l'autore la prescrive. Se quello svisamento di accento ritmico - venisse udito - dico per citare un esempio - nello 'stride la vampa', sono certo, che l'impressione che produrrebbe sarebbe quella di due buone goccie d'acqua fredda, le quali placherebbero assai l'entusiasmo deg]i uditori elettrizzati e rapiti. Quale penoso contrasto fa, in conseguenza della... svista della signorina Frandin, il solo di violino alla coda di quel periodo; assolo che il mº Cremaschi accenta ed eseguisce perfettamente!
Ma è appunto in merito di piccole, giuste e non maligne osservazioni, che la lode - in una relazione critica - acquista doppio valore, specialmente se queste osservazioni hanno scopo di emendare i minuscoli difetti di un artista da tutti giustamente ammirato e che racchiude in sé tutte le proprietà necessarie ad essere perfetto. Questa impressione ho provata almeno io stesso, quando fu scritto su di me; e nulla mi dava, e mi dà tuttora, più fastidio di certi articoli che hanno per ritornello delle frasi, che il proto tiene già preparate per tutte le occasioni, e che cantano nel seguente tenore: 'Il concertista fu inarrivabile nel tal pezzo, impareggiabile nel tal altro, perfetto nell'esecuzione del tal autore, suonò infine come sa suonar lui, entusiasmò, elettrizzò, rapì lo scelto e numeroso uditorio, e che concludono sempre che 'la fu una festa dell'arte, un'indimenticabile serata', ecc. ecc. Non è adunque pedanteria, che mi fa dire quello che fu pubblicato sulla 'Carmen', ma il sentimento del giusto e del vero. Anch'io ritengo che pedanteria non fu mai né mai sarà un attributo del genio e ritengo però ancora che la mancanza della prima non potrà esser mai prova del secondo. Queste le modeste opinioni di chi non ebbe mai la pretensione di atteggiarsi a genio.»
Ferruccio B. Busoni (Bruno Fioresucci) [20 maggio 1884, BII, pp480-481]