«Ciò che in tutte l'epoche operarono i riformatori nell'arte musicale, più che propriamente riformare, fu di ricondurre il gusto guastato e lo spirito infiacchito del publico al bello ed al vero.
La storia ci prova, che le massime, i principii di Monteverde, di Lully, di Gluck, di Wagner sono gli stessi; tutti tendono a raggiungere la verità nel dramma, nell'azione, nell'accento, nel carattere della musica. Tutti si adoperano a sbarazzare la scena delle inverosimiglianze ed incoerenze di cui è ingombra; si evita, si toglie ciò che può essere d'impedimento al corso dell'azione; i ritornelli, la troppo frequente ripetizione delle parole vengono aboliti; il coro viene adoperato più parcamente e più a proposito, gl'istrumenti, l'orchestra risorgono a nuova vita ed incominciano a favellare, là dove prima non sapevano che seguire servilmente il canto. Gluck è l'aurora, anzi il pieno giorno d'una nuova era musicale.
Non solamente la Francia, ma anche le altre scuole non si possono sottrarre all'influenza delle sue riforme, delle quali tuttora ne risentono il benefico effetto la forma, lo stile e l'istrumentazione.
Lo spirito di Gluck si riflette nella purezza formale e melodica di Mozart in modo, che ci richiama alla mente le delicate fattezze d'una vergine, animate da espressione severa ed eroica. L' 'Idomeneo', il coro di sacerdoti nel "Flauto magico", la gran scena di Donna Anna nel 'Don Giovanni' ne sono una splendida prova»
[14 giugno 1884, BII, p. 487]