«La sala di concerto, come principale luogo di scatenamento degli elementi musicali, è un tratto caratteristico della Germania, che in ciò diversifica dagli altri paesi (ed in ispecial modo dall'Italia) in cui il teatro è perennemente l'eroe della stagione, che assorbe interamente l'interesse del publico e forma l'unica occupazione della critica.
A Vienna il teatro è il pane quotidiano (e non sempre di fresca cottura), i concerti, all'invece, sono il resto del cibo, le vivande piccanti, che aguzzano il palato e danno vigoroso alimento all'organismo musicale. Un piatto altrettanto gustoso e rinforzante, quanto frizzante e originale, fu per noi la venuta di Bülow, in qualità di direttore della cappella del duca di Meiningen. [...]
Soltanto un uomo di così pochi mezzi termini, come lo è Bülow, poteva raggiungere un così splendido risultato con tali forze al suo comando; il lavoro dovette essere dapprima enormemente faticoso, ma egli seppe assoggettarsi i suoi suonatori in modo, che sembra essi possano seguire senza la menoma difficoltà o titubanza ogni capriccio del momento del loro direttore, il quale adopera la sua orchestra a mo' di un mostruoso istrumento, che venga suonato a cenni di bacchetta. Non ci possiamo mai immaginare che quei musicisti vengano svogliati alla prova, o che vi manchino o che, durante l'esecuzione, s'indispettiscano per la lunghezza del pezzo, invece di accudire con accuratezza alla loro parte. Questo è purtroppo l'uso dei nostri professori d'orchestra, e giornalmente ne vediamo i tristi effetti. Ogni membro d'un'orchestra dovrebbe figgersi in capo l'idea, che da lui solo dipende il buon andamento di tutto il lavoro: - diffatti una falsa entratura del clarinetto, una schincata del corno, un colpo di timpani fuori di luogo possono distruggere l'impressione del tutto; ma la frequente mancanza di amor proprio in quei signori toglie loro ogni scrupolo ed essi conducono una pacifica esistenza nella certezza che lode e biasimo, ambi si riversano sulle spalle del povero direttore, il quale spesso vive nella crudele illusione, che la sua testa si sia presa la libertà di andare a passeggiare, ed invano si smania, urla, geme, si contorce e rompe bacchette sul leggío, che non ne ha colpa alcuna. [...]
L'intendente generale Dr. Hans de Bülow è un uomo piccino, magro, tutto nervi, tutto ritmo, tutto musica, ha una faccia tutt'altro che geniale, ma con degli occhietti vivi, aguzzi, intelligenti, che par che indovinino, e danno allo sguardo un'espressione penetrante. Il suo modo di presentarsi al pubblico ha qualcosa di un atto di sfida; sembra che dica a tutti: 'l'avete da far con me'; nel suonare e nel dirigere osserva spesso gli astanti oltre l'occhialino, ed i frequenti cenni del capo, i sorrisetti di compiacenza, certi sguardi pieni di approvazione per se stessi danno ad intendere chiaramente al pubblico i punti che debbono essere specialmente ammirati. [...]
Negli ultimi anni Bülow esercita con vera abnegazione il culto di Brahms, e ciò ch'egli operò per la propagazione delle opere di questo autore non è poco. Egli diede, e come pianista e come direttore, dei concerti, i cui programmi si componevano esclusivamente di composizioni di Brahms e giunse a tanto, da far eseguire una sinfonia due volte nella stessa sera: un esperimento che arrischiò anche con la 9ª sinfonia di Beethoven. Un altro beniamino di Bülow è Gioacchino Raff - autore valente, che si guadagnò meritatamente la considerazione del mondo musicale.
Bülow, che dapprima fu entusiastico progugnatore delle tendenze wagneriane, ed a cui si devono delle rappresentazioni - modello delle opere di quel maestro, dopo l'apparizione dei Niebelungen dichiarò di non intendersela più con quei principi - forse per la troppa ammirazione che ne dimostrò sua moglie.
Bülow è il vero tipo dello scienziato musicale - non di quelli che impiantano delle teorie, che non hanno valore pratico; i suoi commenti alle sonate di Beethoven hanno aperto gli occhi a molti e gli hanno resa fama di argutissimo analizzatore. [...]
La sua memoria fenomenale gli rende possibile la direzione ed esecuzione di lunghissimi programmi senza aiuto della musica. Si racconta ch'egli sappia citare al momento qualunque composizione di Beethoven, di Brahms, o di Wagner. Da ciò ne nasce una sicurezza, e da questa, una calma, che vi garantiscono il buon andamento dell'esecuzione. [26 dicembre 1884, BII, pp. 498-502]

Fu dopo uno dei suoi concerti orchestrali a Vienna che l'editore G. mi portò nel camerino degli artisti, dove Bülow, attorniato da una moltitudine di ammiratori, tutto agitato, irrequieto, a tratti ridendo, a tratti irritandosi, lanciando a destra un motto di spirito, a sinistra una sferzata, fumando, gesticolando, si rivolgeva a tutti e non parlava a nessuno. Giunse finalmente il G. ad abbrancarlo e presomi per mano: 'Permettete, gli disse, di presentarvi un giovane compositore' con quel che segue. Ebbe Bülow udite appena le parole 'giovane compositore' che tutto fuori di sé cominciò a borbottare: 'Giovane compositore - eseguire i suoi lavori - niente -impossibile', e voltoci le spalle ricominciò là dove lo avevamo interrotto. 'E un originale', osservò il G. - 'Difatti», risposi, ma internamente pensai che altri lo avrebbero giudicato meno benignamente. [24 ottobre 1885, BII, p. 528]

L'orchestra di Bülow <suonò> le variazioni di Brahms sopra un tema di Haydn in modo da far 'balzare il cuore in petto' dal piacere e dalla soddisfazione. Poche composizioni di stile severo si prestano così a far figurare un'orchestra, come queste variazioni, le quali nel loro genere sono veri modelli e vanno annoverate fra le più geniali creazioni di Brahms, e della nostra epoca in generale.
Le doti ammirabili di quell'orchestra si confermarono anche nell'esecuzione delle ouvertures Faust di Wagner e Corsaro di Berlioz. Virilità, energia, robustezza sono qualità proprie ad ambedue. Ma quanto diversa la composizione di Wagner, piena di slancio, di passione, di melodia, da quella di Berlioz, che le soventi spezzature e la sterilità d'invenzione disfigurano penosamente!
Con la freschissima sinfonia ottava di Beethoven fu dato termine a questo ciclo monumentale, che - anche in età matura - dovrò annovera re fra le più grandi e più grate impressioni della mia gioventù.» [27 dicembre 1884, BII, p. 505]