Dunque alla fine del 1914 Busoni prende la decisione di onorare il contratto stipulato con le istituzioni musicali americane, anche per avere il tempo di riflettere sulla sua situazione. Dopo aver concluso con inabituale rapidità e frenesia il libretto del «Doktor Faust» [«Mi è venuto tutto dun fiato e senza esitazioni, come se fossi ispirato», scrive nel suo diario il 2 gennaio], il 3 gennaio parte improvvisamente e precipitosamente [«Ich muss, noch heute, reisen.» (Archivio L. Rodoni, Biasca)] con tutta la famiglia per Genova, nutrendo la speranza che la crisi venga presto superata e che, non appena sia passata, potrà di nuovo condurre, sono parole sue, una vita più consona alle sue inclinazioni e al dovere verso se stesso.È costretto a far tappa a Zurigo. Questa sosta forzata, a cui fa allusione in una lettera a Egon Petri del 10 gennaio, scritta dalla nave, e in cui si augura, a partire dal momento del suo ritorno, di «proseguire soltanto in linea retta», è come un segno del destino, un seme che germoglierà nellautunno successivo, quando la scelta di un luogo dove stabilirsi, di «una piccola isola per salvarsi dal diluvio universale» [Lettera del 29 marzo 1915 a E. Petri, nº 189, p. 277] sarà urgente e improrogabile. Lascia lEuropa con questi incertezze e interrogativi:
Mi metterò in viaggio con sentimenti ben diversi da quelli che nutrivo quando firmai il contratto; prendo con me i miei ragazzi e rimane l'ansiosa domanda: in che stato ritroverò il paese che lascio? Chi mi mancherà? Quando potrò riprendere il filo della mia vita? E infine, come potrà riprendersi l'Europa e quanto tempo ci vorrà? Temo che noi non vedremo il nuovo culmine.
[A Jella Oppenheimer, 11 settembre 1914]
LAmerica lo attira sia perché è lontana dalla guerra, sia per i guadagni che la tournée gli procurerà. Ne è però respinto dalla pericolosità della traversata, dallidea di lasciare a Berlino tutto incustodito [l'appartamento, la biblioteca, i quadri d'autore
], ma soprattutto dal fatto che «nella grande stalla della libertà al di là dell'oceano» [lettera a K. Sobernheim, 16 settembre 1914] non si è mai trovato a proprio agio.
Il 20 gennaio giunge a New York. Il pensiero della guerra lo assilla e lo tormenta in continuazione. Scrive a Egon Petri:
Che cosa ci aspetterà ancora? Questo stato d'incertezza, dopo dieci anni dininterrotto e costruttivo lavoro al clima della mia più vitale energia, è il più duro colpo da sopportare.
L'America fa al Maestro accoglienze grandiose, ma queste non bastano a riconciliarlo con gli americani: «Anche in guerra, l'Europa è di gran lunga migliore!». A New York trova le cose ancora peggiorate. Vi sono là più di venti grandi pianisti (fra cui Bauer, Friedberg, Grainger, Hambourg, Hofmann, Joseffy e persino Saint-Saëns), col risultato che «nessuno va più a sentir concerti di pianoforte».
DallAmerica scrive agli amici europei lettere intrise di nostalgia, delusione, amarezza, dubbi:
[...] non riesco a vincere la sensazione di perdere qualcosa di insostituibile, e la Sua descrizione dello splendore di Berlino mi rende insopportabile il mio detestato esilio.
[A E. Andreae, 23 giugno]
In questo momento a Berlino è sera, tra le 9 e le 10. La vedo girare langolo del Nollendorfplatz e mi rammarico (tanto!) di non poterLa incontrare. [A H. Leichtentritt, 15 agosto]
Je souffre de ne pouvoir revoir mon habitation, qui contient tout ce que jai ramassé pendant 20 ans de séjour à Berlin; de voir interrompre lexécution de projets bien initiées, qui représentaient le fruit dun temps aussi longue, on peut dire le résultat dune vie. [A Isidor Philipp, 27 maggio]
Non può immaginare quanto limitato e limitativo sia questo paese. Dover trovare sempre e soltanto in se stessi ogni stimolo, ogni bellezza, ogni umanità, produce una rabbia dolorosa, tutto quel che ne vien fuori è grigio, non dissimile dalla teoria, senza vita e senza scopo. [A E. Andreae, 23 giugno]
Quando non si è più padroni dei propri movimenti, la vita non è più nulla. Non importa se ciò sia dovuto a malattia, età, carcere o... ai mezzi gloriosi dei tempi presenti. [Ibidem]
Sono tanto solo e isolato. [A H. Lanier, 2 luglio]
Oui, jai travaillé et je travaille. Je ne peux pas en faire moins, et au même temps ce continuel travail abstrait, à lazur (comme on dit en italien) mexaspère. [A I. Philipp, 27 maggio ]
Per quanto tempo dovrò continuare a condurre questa triste esistenza? È molto dura. [A E. Petri, 12 aprile]
In una lettera a I. Philipp del 15 maggio parla di «indécision orageuse et opprimante pour tous ceux qui sentent et pensent». Tuttavia, mantiene fermi propositi di portare a compimento i suoi progetti artistici:
Cerco di lavorare, ma il lavoro rifugge da me. Ho però progetti ben fermi. [A Émile Blanchet, 17 marzo]
Non sono ancora abbastanza vecchio per rinunciare, non più abbastanza giovane per perdere le occasioni. Non mi rassegnerò mai a questa criminale amputazione della mia vita. [A E. Andreae, 23 giugno]
Néammoins je ne desespère pas. [...] Cest curieux à voir, et même surprenant, comment lart ne se laisse abattre, et comment, seule, elle survit les époques historiques, qui, delles, prendent leurs noms. Ainsi la Renaissance et lEmpire. - Et lamitié, et lamour et lavenir perpetuel - voilà qui ne cesse jamais. [A I. Philipp, 15 maggio]
Je continue à travailler, (je mêne la vie dun savant) mais cette application mobsède... [A I. Philipp, 5 luglio.]
Compone durante la primavera il «Rondò arlecchinesco» op. 46, KiV 266, dopo aver terminato la seconda parte del «Clavicembalo ben temperato», KiV B 25 e altre Bearbeitungen bachiane. Inoltre rivede la «Fantasia Indiana» per pianoforte e orchestra, op. 44, KiV 264, iniziata nel 1913, conclusa nel 1914 ed eseguita per la prima volta a Berlino nel marzo del '14:
Jai presque terminé un Rondeau harlequinesque pour orchestre, morceau quon pourrait appeler carricature sérieuse comme lest Don Quijotte ou sont les compositions de Goya.[Lettera a I. Philipp, 5 luglio]
Uno dei motivi per cui trascorre lestate in America è proprio la stampa del «Clavicembalo
», col quale credeva «di aver concluso il lavoro della sua vita su Bach.» [A H. Leichtentritt, 15 agosto].
Limpossibilità di allestire «Arlecchino» a New York lo induce alla decisione di lasciare al più presto lAmerica:
[...] questa, e altre delusioni, mi hanno convinto a rimanere fermo nel mio proposito di lasciare il Suo paese. [...] la partenza, quando avverrà, sarà definitiva. [Ad H. Lanier, 17 maggio].
Ainsi je ne pense quà revenir en Europe, pour travailler aux fortification artistiques, autant quil mest donné de le faire.
[A I. Philipp]
Che io possa restare in America ora è escluso e anche, come temo, che possa rientrare a Berlino.
[A H. Leichtentritt, 15 agosto]
Il soggiorno americano gli è stato talmente insopportabile da essere definito nella lettera del 23 giugno a Edith Andreae «esilio detestato». Il bilancio negativo non riguarda solo la sua quinta e ultima tournée, bensì tutte le precedenti quattro:
Ognuna delle cinque visite è stata una delusione, e ogni volta sono tornato con fede e aspettative rinnovate. Ho cercato di dare il meglio di me, ma l'hanno rifiutato pretendendo la mediocrità. Il risultato (e non poteva essere altrimenti) è stato insoddisfacente per ambedue le parti.
[A H. Lanier, 6 agosto]
Allinizio di settembre torna in Europa con Gerda e il secondogenito Raffaello. Benvenuto resta invece negli USA perché, essendo nato a Boston, ha la doppia nazionalità. |