1873
Comincia ad entusiasmarsi per gli spettacoli di marionette: questa passione avrà una grande influenza su tutta la sua produzione teatrale, da Arlecchino al Doktor Faust. Nei primi mesi del 1873 Ferdinando finalmente ritorna a Trieste. L'incontro con il padre, narrato nei Frammenti autobiografici, avviene proprio dopo uno spettacolo in un 'Teatro meccanico':

«Indimenticabile mi rimarrà una serata, che deve cadere verso l’autunno del 1872 [in realtà inizio 1883]. Vivevamo tuttora solo a Trieste, io e la mamma, allorché essa - in quella memorabile sera - volle condurmi ad un 'Teatro Meccanico' […]. In quel Teatro, o baracca, si rappresentavano delle scenette eseguite da fantocci, che si muovevano grazie ad un meccanismo interno, senza l’aiuto di fili visibili. Una scena m’impressionò vivamente, quando uno dei personaggi tracannò una bottiglia di vino, in modo che si vedeva diminuire il contenuto di essa, man mano che il liquido passava nella bocca del fantoccio fino a che la bottiglia è vuotata. Finita la rappresentazione, ce ne tornavamo verso casa tranquilli […]. Avevamo fatto una cinquantina di passi, allorché un 'Signore' ci sbarrò la strada […]. Mia madre lo salutò un po’ commossa e un po’ imbarazzata, il Signore mi abbracciò chiamandomi più volte 'Ferruccio' con una voce alterata e precipitata ed io per questi indizii, e per la memoria che mi si risvegliò e che i ritratti e le descrizioni hanno mantenuta viva, riconobbi essere quegli mio padre […]. Da quella sera la mia vita cangiò completamente. [...] Mio padre si mise tosto all'opera coll'insegnarmi il pianoforte, istrumento per il quale avevo dimostrato delle attitudini fin dall'età di 4 anni, suonando 'ad orecchio' e a quattro mani, colla mamma, certi pezzettini di Diabelli. Il padre, che di pianoforte ne sapeva assai poco ed era anche malfermo nella ritmica, supplì a questi difetti con una energia, una severità, una pedanteria indescrivibili, così che fu capace di star seduto accanto a me quattro ore al giorno, controllando ogni nota ed ogni dito, che non v'era scampo di sorta, né pausa, né distrazione immaginabile da parte sua, né altre interruzioni fuorché quelle provocate dagli scoppi del suo temperamento estremamente irascibile; a cui facevano seguito qualche schiaffo, copiose lagrime, le minaccie, le nere profezie, i rimproveri. Il tutto si terminava nella riconciliazione finale, la commozione paterna, le asserzioni di non volere che il mio bene per ricominciare il giorno dopo.» [BII, p. 163-164]

Ferdinando impone alla moglie di lasciare l’abitazione paterna e prende in affitto un appartamento.

Le prime composizioni del figlio risalgono al giugno del 1873: si tratta della Canzone in do maggiore per pianoforte op. 1, KiV 1 e della Berceuse in do maggiore per pianoforte op. 2, KiV 2. Dell'agosto successivo è la Komposition für Pianoforte op. 3, KiV 3. Seguono altre composizioni tutte per pianoforte se si eccettua una Preghiera alla Madonna (Lied für zwei Frauenstimmen mit Pianofortebegleitung) op. 7, KiV 8. [Cfr. KINDERMANN, pp. 21 ss.]

Il 24 novembre del 1873 il piccolo Ferruccio fa la sua prima apparizione pubblica come pianista allo Schiller-Verein di Trieste in un concerto dei genitori: da solo esegue il primo tempo della Sonata in do maggiore di Mozart, Il povero orfanello e Marcia del soldato di Schumann, e la Quarta Sonatina di Clementi. Strepitoso il successo ottenuto e osannanti le recensioni sui giornali di Trieste:

«Per ultimo abbiamo voluto lasciare il giovanetto settenne Ferruccio Weiss-Busoni, che per la prima volta si produsse in pubblico, destando un vero sentimento di stupore ed ammirazione. Questo ragazzino veramente fenomenale, ha suonato sul piano a memoria colle sue manine piccole dei pezzi di Mozart e Schumann, che a non tutti i pianisti già attempati sono accessibili con una sicurezza d'animo ed una precisione di tempi superiore ad ogni elogio. Il piccolo Weiss-Busoni dev'essere stato senza dubbio dotato dalla natura la sua precoce coltura musicale però torna anche grandemente ad onore dell'egregia e fortunata sua madre, che con un'intuizione tutta speciale ne sa dirigere le attitudini eccezionali. Non è a dirsi la festa e gli applausi di cui fu fatto segno il piccolo pianista, che con molto garbo e volonterosità fece a soddisfare l'universale richiesta rimettendosi al pianoforte» [Il Corriere di Trieste, 27 novembre 1873]
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