1875
L’8 gennaio del 1875 dà un altro concerto: Preludio e Fuga di Bach, Gavotta con Variazioni di Rameau, Rondò Mignon di Hummel e (per la parte di pianoforte) il Trio in re maggiore di Haydn. Nel maggio dello stesso anno suona per la prima volta con l'orchestra, sotto la direzione del padre: in quell’occasione esegue il Concerto in do minore di Mozart.

«Fin dal mio primo settimo anno i miei genitori cominciarono a porre sopra di me ogni loro interesse, e via via sempre meno sull'attività artistica loro. A sette anni e mezzo io suonavo in pubblico, a otto eseguivo già con molta precisione e finezza di particolari il "Concerto in do minore" di Mozart; un anno dopo suonavo in concerto a Vienna, destando una certa attenzione.» [Due frammenti..., BII, pp. 159-160]

Infatti nell’autunno del 1875 il padre lo porta a Vienna per fargli proseguire gli studi al Conservatorio di questa città e per farlo conoscere a un pubblico più vasto.

«Dopo due anni, egli [il padre] mi considerò maturo e abbastanza 'prodigioso' per portarmi a Vienna come pianista, compositore e improvvisatore, sotto l’usbergo del sonoro nome di Ferruccio Benvenuto Weiss-Busoni; non dimenticando di prendere con sé anche il suo clarinetto, ma d’altra parte coi denari appena indispensabili per il viaggio e senza sapere una parola di tedesco. Scendemmo all’Albergo 'Erzherzog Carl', - l’albergo dei Principi e delle celebrità - e fummo tanto fortunati da incontrarvi Rubinstein.* Mio padre si diede subito d'attorno per presentarmi a lui e 'farmi sentire', come egli si compiaceva esprimersi. Ho ancora negli orecchi quel terrificante 'fargli sentire'. Egli non incontrava alcuno, al caffè o per la via, senza parlargli di 'mio figlio'. E finiva sempre per portare la nuova conoscenza all’albergo, dove irrompeva trascinandola con sé, per gridarmi quelle terribili parole: 'fagli sentire'. Per tutta la mia infanzia e per tutta la mia gioventù io dovetti penare in causa allo stato degli affari, e per quanto riguarda mio padre, tutto ciò non finì mai, come infatti non è ancora finito.» [IBI, p. 164-165]

* Ilya Repin. Portrait of the Composer Anton Rubinstein. 1887. Oil on canvas. The Russian Museum, St. Petersburg, Russia. [SOURCE]

Vasily Perov. Portrait of the Composer Anton Rubinstein. 1870. Oil on canvas, 96x80 cm. The I. M. Glinka Central Museum of Musical Culture, Moscow, Russia. [SOURCE]

Scrive Sergio Sablich sul periodo viennese:

«Va subito detto che il merito (o demerito) del salto precoce nell'agone concertistico era tutto di Ferdinando. Dopo il ritorno in seno alla famiglia, questi si era accollato di diritto il compito di insegnare il pianoforte a Ferruccio 'con una energia, una severità, una pedanteria indescrivibili' [Due frammenti...'], nell'evidente intento di poterlo esibire al più presto, appunto, come 'fanciullo prodigio' pianista, compositore e improvvisatore. Ma non bisogna eccedere nel vedere soltanto i lati più gretti di questo interesse di Ferdinando nei confronti del íiglio. Fino a un certo punto, il loro rapporto parrebbe ricordare quello di Leopold con Wolfgang Amadeus Mozart, anche nelle vicende esterne: i viaggi, le petizioni, le richieste di soldi, i rimproveri, le minacce, le nere profezie, sino all'affrancamento e alla scelta individuale in campo di vita e di arte. Il paragone non regge del tutto. Anzitutto, Ferdinando non aveva la statura morale di Leopold Mozart, né la lungimiranza e la dignità di lui; e poi, i tempi erano molto cambiati, anche se quella Vienna apatica e superficiale, pronta tanto a entusiasmarsi per i prodigi di virtuosi in erba quanto a ripudiare i veri grandi compositori, sembrava esser rimasta al fondo sempre la stessa.
Benché Ferruccio ricordasse per tutta la vita con angoscia quel terribile 'fagli sentire!' con cui il padre lo gettava in pasto a chiunque sembrasse poter riuscire di qualche pratica utilità, [...] l'intervento di Ferdinando fu decisivo per far uscire il figlio dall'ambiente ristretto e ovattato in cui era vissuto fino ad allora e condurlo alla scoperta, certo più di una volta azzardata, di un mondo nuovo, dai vasti orizzonti: quel mondo che tanta parte avrebbe avuto nel progressivo formarsi di una coscienza fra le più capaci e penetranti del declinante Ottocento. Che poi Ferdinando lo facesse per assicurarsi, come amava dire, 'il bastone della vecchiaia', è altro discorso. La chiusa del secondo frammento autobiografico (scritto, non si dimentichi, nel 1909) è soltanto amara: 'Di questo stato di cose ebbi a soffrire tutta la mia fanciullezza e tutta la mia giovinezza, e per quello che si riferisce a Papà esso non cessò mai, né è ancora cessato...'
Fino all'intervento di Ferdinando, il piccolo Busoni si era aperto alla musica sotto lo sguardo maternamente protettivo di Anna, che lo aveva iniziato allo studio del pianoforte [...] in forza della sua buona scuola e delle sue esperienze didattiche. [...] Regolarità costante e impegno assiduo nello studio furono i primi comandamenti da lui appresi: doti che ne contrassegnarono tutta la vita, dando frutti preziosi in quell'ingegno multiforme che egli fu, ai più diversi stadi di maturità. [...] In questo senso, un merito non piccolo, anche se indiretto, a Ferdinando va riconosciuto: fu lui a toglierlo dal limbo in cui la madre si beava di confinare il talento di Ferruccio, un limbo fatto quasi esclusivamente di Thalberg, Czerny e Diabelli nell'amorosa pratica del quattro mani casalingo, per introdurIo ai misteri, forse ancora troppo grandi per lui, ma che certo influirono sul suo sviluppo, di Haydn, Mozart, Schumann e, più tardi, addirittura di Bach: vale a dire dell'artista che più di ogni altro agì sulla formazione e l'opera creativa di Busoni. In modo disordinato, certo, superficiale e arruffone [...]. Seppe però intuire miracolosamente quale nutrimento dare al figlio: pungolato da lui, Ferruccio conobbe così sempre nuovi autori, e quali autori!; fu spinto a comporre, a improvvisare, a verificare sul pianoforte i suoi progressi, ricavandone ammaestramenti che con la sua straordinaria capacità di apprendere lo fecero avanzare con passo sicuro e rapido nei cieli eletti delle sue più intime aspirazioni.
Il viaggio a Vienna, intrapreso col padre nell'autunno 1875 e culminato nel lusinghiero concerto del febbraio '76, aveva per scopo primario l'iscrizione di Ferruccio al Conservatorio di quella città, onde poter continuare là gli studi. Frequentò anche i due successivi semestri invernali, senza però trarne particolari benefici. L'ambiente ufficiale della musica a Vienna lo deluse profondamente, né poteva essere altrimenti [cfr. infra, la lettera alla madre del 20 novembre]. [...] Vienna, comunque, offriva possibilità immense non soltanto di farsi conoscere [...]. Nelle vetrine dei negozi era possibile ammirare, talvolta persino acquistare a poco prezzo, le partiture dei classici; quanto all'attività dei teatri e delle sale da concerto, Ferruccio ne ricavò esperienze indimenticabili e fondamentali per la sua formazione. A Vienna, tra i dieci e i dodici anni, conobbe 'Le nozze di Figaro' e 'Il flauto magico', Rossini e le Sinfonie di Beethoven; poté ascoltare tutti i maggiori nomi della musica europea, da Brahms, che lo deluse come pianista ma lo entusiasmò come compositore, al grande Anton Rubinstein, che rimase per molti anni il suo modello di interprete, al sommo Franz Liszt...» [SABLICH, 'pp. 17 - 20]

In questo periodo si instaura una grande amicizia fra Ferruccio e la famiglia Gomperz, che rappresenta uno dei più importanti centri intellettuali di Vienna, famiglia benestante e dedita all’arte. Theodor Gomperz [cfr. il documento nº XI del mio Archivio] è un filosofo stimato, suo fratello Julius un colto uomo di lettere e la moglie di questi, Carolina Bettelheim, un famoso contralto dell’Opera. Le due sorelle di Theodor e Julius, Giuseppina, sposata von Wertheimstein, e Sofia, sposata al barone Todesco, si occupano con grande dedizione del giovane pianista, guidandolo negli studi e aiutandolo finanziariamente: incantati dal suo talento, evitano che la situazione economica della famiglia, disastrosa per gli sperperi del padre, precipiti definitivamente.

«Lo stato della cassa è e rimase sempre il punto debole dell’amministrazione paterna; e per quanto gli siano passate per le mani somme considerabili, è un costante togliere da una parte per rimediare dall’altra, senza che gli riuscisse mai di rimediare definitivamente.» [Due frammenti..., BII, p. 165]

La madre rimane a Trieste, dove continua ad impartire lezioni private perché la situazione finanziaria della famiglia è molto precaria. Ferruccio ottiene significativi successi soprattutto come solista. Scrive regolarmente alla madre:

«Il Conservatorio è 3 volte alla settimana e non mi esaminano che una o due volte al più (alla settimana). Perciò tu puoi vedere che se non ci fosse papà potrei ricavar assai poco frutto e invece di far dei progressi far dei regressi. Gli studi di Cramer sono per me assai facili e adesso facendomi far le sonate di Clementi non andiamo neppur a quelli avanti. Per questo anno gli studi son per me assai facili e avrei potuto entrar in 3za tanto più che Epstein [il titolare della classe di pianoforte] aveva detto che se non era la poca forza fisica, che mi faceva entrar nell'ultima classe. Così dovrò star cinque (5) anni al Conservatorio. Qui a Vienna hanno dato (da quando che sono arrivato) già due volte il Faust e in tutte due volte mi scappò l'occasione di andarci (la qual cosa mi dispiacque), ma però andai alla Dinorah [di Meyerbeer] l'altra sera la quale l'esecuzione non mi piacque molto ma le scene erano fatte al vero. Nell'atto secondo quando si spezza il ponte tutta una cateratta d'acqua vera balzò fuor della scena sicché quel che era stato rovinato pareva proprio vero. L'altra sera feci acquisto di altre opere per piano e canto sicché da 4 che ne avevo quando son partito da Trieste adesso ne ho 12 (una dozzina). [...] Ho cominciato una sinfonia [Ouverture, cfr. infra] a 4 mani della quale il primo tempo l'ho già finito.» [Vienna, ottobre 1875, BI, p. 26]

«Cara Mamma, Papà ha ricevuto la lettera di questa mattina coll'annunzio che gl'invierai 34 fl: per la pigione, e te ne ringrazio anticipatamente. Egli di salute sta benissimo; meno che di malumore e non ha torto. Questa sera Sabato 20 Novembre egli doveva suonare al Kunstler-Abend dove guadagnava 50 fl. Domani sera Domenica 21 Novembre doveva io e lui suonare al "Glub" [sic] dei Nobili! e questo e l'altro tutti e due rimessi ad un'altra volta! mentre questi due guadagni papà ne aveva fatto calcolo per pagare tutto quello che a noi è abbisognato in questo mese. Lo stipendio dovevamo averlo di già riscosso; ma anche lì il diavolo ha messo la coda per cui dobbiamo aspettare. In quanto alla Signora Contessa [la baronessa Sophie von Todesco] che sta in campagna; ella verrà ad abitare per due mesi in Vienna. Frattanto sa benissimo papà che la Contessa non ha nessun maestro né maestra; e lo stipendio di 130 o 150 fl: al mese non è esagerato perché ogni straccina di maestra non dà lezione a Vienna meno di 2 o 3 fl: 1'ora; anzi papà si è maravigliato avendo sempre tu detto che a Vienna si pagano poco le lezioni. Tu hai tanta paura di Vienna e io ti dico che la musica vien eseguita a braccia come i mercanti vendono le stoffe, cioè sempre contando ein, zwei, drei, vier, e così finisce. Se tu venissi a Vienna e che tu suonasse [sic] un pezzo di Litollf [sic; Henry Litolff (1818 - 1891) editore e compositore tedesco] con orchestra o di altro autore faresti un gran effetto; perché i più stupidi (come ho visto l'altra sera di un violinista che stonava e della sorella pianista che pastrocchiava) fanno i più grandi effetti e sono applauditi a più non posso! Ma tu vuoi star a Trieste e restaci.
L'altra sera ho sentito Bramhs [sic]; ma non mi ha piaciuto niente affatto, ma le sue composizioni sì; così il quartetto [op. 60] mi piacque molto, il quale, a papà gli ha fatto l'effetto contrario cioè che è molto al disotto del quartetto fiorentino. Oggi non ho altro da dirti, senonché, che, l'altro giorno, ho mostrato il mio spartito al professore di armonia, il quale disse che era benissimo fatto [frammento di un'Ouverture, KiV 51].» [Vienna, 20 novembre 1975, BI, pp. 26-27]

«Cara Mamma, dopo tanto tempo che non ti scrivo, trovato oggi un po' di tempo, mi son messo a scriverti. Io faccio molti progressi nella lingua tedesca, e ora [da questo punto la lettera procede in tedesco] studio anche il francese. Mi piace molto stare a Vienna perché Vienna è una città molto bella. Credo che tu vuoi venire qui a Vienna e sarò molto contento quando tu sarai venuta qui a Vienna. L'insegnamento della scuola di pianoforte del Conservatorio non mi piace, e credo che sarà finito subito o in pochi mesi. Adesso studio gli Studi di Cramer, le scale di Schmitt, le Invenzioni a due voci di Bach e le Sonate di Clementi, ma ho visto che Papà m'insegna molto meglio del professore del Conservatorio. Adesso studio anche il Bolero di Schopin [sic] che è molto bello da suonare perché Papà me lo insegna così bene. La mia Ouverture va sempre avanti e sempre meglio e credo che sia composta molto bene, e che sarà molto bella. Ho composto anche un Presto che ti manderò. Adesso comincio una Sonata con violino. Oggi non ho più niente da dirti, perciò Addio con molti baci che ti manda il tuo figlio Ferruccio.» [BI, p. 28]
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