Poco prima di partire da Berlino, precisamente il 17 giugno, Busoni organizza nel suo grande appartamento, alla presenza di alcuni amici tra cui il compositore E. Varèse, il direttore d’orchestra W. Mengelberg, il pianista A. Schnabel, e il violinista A. Serato una esecuzione integrale del ciclo del «Pierrot Lunaire» di Schönberg diretto dall’autore stesso, dinanzi al quadro di Boccioni «La città che sale». [1] Questa composizione lo impressiona fortemente, tanto da definirla "un lavoro nuovo di altissimo ingegno, un insieme perfetto... con alcuni episodi magistrali e alcuni momenti di genio...". Quattro giorni dopo, nella capitale francese, Busoni incontra casualmente nel suo albergo il pittore e Marinetti che lo invitano a una loro conferenza sulla scultura futurista. Il pianista accetta di buon grado l’invito e visita poi la mostra delle sculture boccioniane. Questa volta l’arte di Boccioni lo delude profondamente, come risulta dalla lettera.

Lettera del 19 giugno 1913 a E. Petri (n. 166)

Cfr. AGNESE, pp. 297-315. Si tratta di lavori in gesso quasi tutti eseguiti o portati a termine nel nuovo studio in Bastioni di Porta Romana 35, in un furore creativo impressionante: «La magnifica casa da me presa in affitto prima di partire mi fa sperare in un'annata di lavoro materiale maggiore. Quest'anno il passo, interiormente, è stato enorme!! Sento in me tutta un'anima nuova, una coscienza temprata ad un continuo divenire e la forza di un lavoro inestinguibile. Sento il solito orgoglio quasi selvaggio, che mi afferra quando parlo con gli altri artisti. Ho dell'ebbrezze d'alta montagna o di navigazione aerea... Sento un impeto irresistibile per una vita d'ordine e di lavoro titanico. Costruire, costruire, creare! creare fino alla consumazione! Ma sono ancora troppo borghese, accademico, lento e compassato! Sento un furore rabbioso di rovesciare, di squassare, di violentare, d'assaltare, di ferirmi, tagliarmi, sanguinare! Ci vuol della follia! della follia delirante! delle grida! dei pianti!» (Lettera a V. Baer, 19 febbraio 1913, in Boccioni, Scritti..., p. 366)