"Due frammenti autobiografici", D'Amico, pp164-165

Dopo due anni [nel 1875], egli [il padre] mi considerò maturo e abbastanza «prodigioso» per portarmi a Vienna come pianista, compositore e improvvisatore, sotto l'usbergo del sonoro nome di Ferruccio Benvenuto Weiss-Busoni; non dimenticando di prendere con sé anche il suo clarinetto, ma d'altra parte coi denari appena indispensabili per il viaggio e senza sapere una parola di tedesco. Scendemmo all'Albergo Erzherzog Carl, - l'albergo dei Principi e delle celebrità - e fummo tanto fortunati da incontrarvi Rubinstein. Mio padre si diede subito d'attorno per presentarmi a lui e «farmi sentire», come egli si compiaceva esprimersi. Ho ancora negli orecchi quel terrificante «fargli sentire». Egli non incontrava alcuno, al caffè o per la via, senza parlargli di «mio figlio». E finiva sempre per portare la nuova conoscenza all'albergo, dove irrompeva trascinandola con sé, per gridarmi quelle terribili parole: «fagli sentire»... Per tutta la mia infanzia e per tutta la mia gioventù io dovetti penare in causa allo stato degli affari [riferimento alle difficoltà finanziarie dovute alla incapacità paterna nell'amministrare il denaro]...